“CULTURA E CLASSI SOCIALI

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“CULTURA E CLASSI
SOCIALI”
PROF. SSA GRAZIA GADDONI
Università Telematica Pegaso
Cultura e classi sociali
Indice
1
INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
MARX E IL MATERIALISMO STORICO ------------------------------------------------------------------------------ 4
2.1.
2.2.
2.3.
2.4.
3
IL CONCETTO DI CULTURA --------------------------------------------------------------------------------------------------- 7
RIASSUMENDO MARX -------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8
3 TESI SULL’EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ MODERNA:------------------------------------------------------------------- 8
CRITICHE AL MARXISMO: ---------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
WEBER ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
3.1.
3.2.
3.3.
LA FONDAZIONE DELLA SOCIOLOGIA COME SCIENZA AUTONOMA --------------------------------------------------- 10
LA COMPRENSIONE DEL SENSO DELL'AGIRE ----------------------------------------------------------------------------- 12
CRITICHE A WEBER --------------------------------------------------------------------------------------------------------- 13
4
LA TEORIA CRITICA DELLA SOCIETÀ ----------------------------------------------------------------------------- 15
5
GLI STUDI DI P. BORDIEAU E IL RAPPORTO TRA CLASSE SOCIALE E CULTURA ----------------- 17
5.1.
5.2.
ALCUNI CONCETTI ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 20
LA LOGICA DEI CAMPI ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 22
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Introduzione
Marx ed Engels erano interessati al dibattito filosofico tra idealismo e materialismo.
Premessa di fondo dell'idealismo è che la cultura sia la materializzazione di idee, e bellezza
universale (artistotelica). E' quindi separata e autonoma dall'esistenza materiale o terrena.
Kant: la mente umana potrà ricevere significati dal mondo esterno perchè dotata a priori di
concetti come spazio e tempo.
Hegel: idealismo come principio della storia universale--> uno spirito del mondo che
avanzava verso il suo compimento alla fine della storia. La storia avanza tra conflitti di forze
inconciliabili.
Se l'idealismo da precedenza all'immateriale di fronte al materiale allora il materialismo
inverte tale consecuzio. Come disse Marx i materialisti assumono che la direzione sia dalla terra al
cielo e non dal cielo alla terra
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2 Marx e il materialismo storico
L'idea che i pensieri, i sentimenti, le opinioni, e più in generale il modo di essere e di sentire
degli individui, siano espressione delle condizioni di vita e della rete delle relazioni sociali nelle
quali gli individui vivono viene espressa nella sua forma più compiuta nell'ambito del materialismo
storico. La formula marxiana secondo la quale "non è la coscienza che determina la vita, ma la vita
che determina la coscienza" (Marx e Engels, 1845-46/1967, p.13) pone le basi per un radicale
ripensamento non solo dei fenomeni che possiamo classificare come culturali, ma anche degli stessi
contenuti della mente.
"Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono .... come
emanazione diretta del loro comportamento materiale. Ciò vale allo stesso modo per la produzione
spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della
religione, della metafisica, ecc. di un popolo" (ibidem).
Con questa impostazione, in maniera più o meno diretta, dovranno necessariamente
confrontarsi tutte le correnti di pensiero che negli anni successivi, con la maturazione delle scienze
sociali, andranno a riflettere sulle relazioni che legano gli aspetti strutturali di una società, i
fenomeni culturali e le dinamiche psicologiche individuali.
Uno dei nodi problematici fondamentali riguarda quello che si può definire il livello di
autonomia della sovrastruttura ideologico-culturale. Se è vero che all'impostazione marxista spetta
il merito di aver ancorato la dimensione psico-culturale alle condizioni storico-sociali e alle pratiche
di vita materiale, ad essa è stato contestato di aver sottovalutato il possibile effetto di retroazione
della causalità, cioè il fatto che la sovrastruttura ideologico-culturale possa a sua volta condizionare
lo sviluppo dei rapporti materiali. In altri termini, è stata contestata la necessarietà quasi meccanica,
di tipo unidirezionale, del legame tra struttura economica e sovrastruttura ideologico-culturale, che
escluderebbe ogni autonomia di quest'ultima rendendo di fatto inutile, se non fuorviante, un suo
studio specifico, indipendente dalle analisi socio-economiche.
Su questo punto, evidentemente molto delicato, occorre chiarire innanzitutto che agli stessi
fondatori non sfuggiva affatto la complessità del legame fra i due livelli, e che la loro enfasi sul
ruolo della dimensione economico-strutturale rispondeva anche a finalità di tipo argomentativo,
vale a dire alla necessità di affermare con forza ciò che nelle interpretazioni precedenti era stato
sottovalutato. Ciò è espresso con molta chiarezza, ad esempio, da Engels in una lettera a Joseph
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Bloch: "Che i giovani diano talvolta al lato economico un peso maggiore di quanto non gli spetti, lo
si deve in parte a Marx e a me. Di fronte agli avversari, noi avevamo il dovere di mettere in risalto il
principio fondamentale da essi negato, e non sempre v'era tempo, luogo od occasione per assegnare
il posto dovuto agli altri fattori coinvolti nell'azione e reazione reciproca" (Engels 1890/1982, p.
26).
•
Secondo Karl Marx La coscienza sociale è condizionata dalle condizioni materiali di
vita degli individui e dalla loro pratica sociale. La variabilità di valori e di concezioni del mondo è
legata alle classi sociali
•
le classi sociali dipendono dalle forme di proprietà che caratterizzano le relazioni di
produzione
•
Nelle società moderne le classi sono essenzialmente due, quella dei capitalisti e il
proletariato
•
La “classe in sé” indica l’insieme delle condizioni oggettive che definiscono una data
classe; la “classe per sé” indica la coscienza soggettiva che questa classe possiede
•
La coscienza di classe si forma attraverso l’attività pratica, che implica interazione
tra gli individui (interpretazione non deterministica di Marx)
Il punto di partenza di ogni analisi marxiana è sempre l'homo faber, uomini che lavorano per
sostenersi attraverso la produzione e la riproduzione.
Anche l'immateriale come la coscienza è prodotto sociale, lo stesso può dirsi di tutto ciò che
chiamiamo cultura.
Politica, religione, governo, cultura ecc. Sono tutte sovrastrutture poste sulla baste di forze
di produzione..su fondamenta economiche--> mutamenti alla base portano a mutamenti nelle
sovrastrutture.
Le idee dominanti in una società sono quelle della classe dominante cioè di quella detentrice
dei mezzi di produzione.
Marx non vuole fondare un nuovo materialismo che rifaccia le teorie dell’illuminismo
settecentesco. Gli è estranea, benché partecipi della stessa temperie scientista della sua epoca, ogni
tentazione positivista o naturalista.
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Marx ha come preoccupazione principale quella di spiegare non come agisce il mondo della
materia o la materia nel mondo ma il movimento storico. Afferma perciò soprattutto nel Manifesto
che le forme giuridiche, letterarie, artistiche, filosofiche (dette anche sovrastruttura) di una
determinata epoca sono strettamente dipendenti dalla base materiale ( o struttura) della società,
ossia da una parte dalle forze produttive (classi sociali: borghesia, proletariato ecc) e dall’altra dai
rapporti di produzione (di tipo schiavistico, feudale, capitalistico ecc).
Il rapporto tra struttura e sovrastruttura, si sforzano di precisare i fondatori del materialismo
storico (Marx ed Engels), - non è di tipo meccanico e deterministico. Pur nel quadro di dipendenza
della sovrastruttura dalla struttura, a più riprese i teorici del m.s. (soprattutto Engels) si sforzarono
di attribuire alla sovrastruttura una relativa autonomia.
«La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza è in primo luogo
direttamente intrecciata all’attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, linguaggio della
vita reale. Le rappresentazioni e i pensieri, lo scambio spirituale degli uomini appaiono ancora come
emanazione diretta del loro comportamento materiale, Ciò vale allo stesso modo per la produzione
spirituale, quale essa si manifesta nel linguaggio della politica, delle leggi, della morale, della
religione, della metafisica ecc. di un popolo. Sono gli uomini i produttori delle loro
rappresentazioni, idee, ecc. ma gli uomini reali, operanti così come sono condizioniate da un
determinato sviluppo delle loro forze produttive e dalle relazioni che vi corrispondono fino alle loro
formazioni più estese. La coscienza non può mai essere qualche cosa di diverso dall’essere
cosciente, e l’essere degli uomini è il processo reale della loro vita. Se nell’intera ideologia gli
uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal
processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva da
loro immediato processo fisico.
Esattamente all’opposto di quanto accade nella filosofica tedesca, che discende dal cielo
sulla terra, qui si sale dalla terra al cielo».
Il fondamento della critica religiosa è l’uomo fa la religione e non la religione l’uomo. […]
La religione è la teoria generale di questo mondo, il suo compendio enciclopedico, la sua logica in
forma popolare, il suo point d’honneur spiritualistico, il suo entusiasmo, la sua sanzione morale, il
suo completamento solenne, la sua fondamentale ragione di consolazione e di giustificazione. Essa
è la realizzazione fantastica dell’essenza umana, poiché l’essenza umana non possiede realtà. La
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lotta contro la religione è quindi, indirettamente, la lotta contro quel mondo del quale la religione è
l’aroma spirituale.
La miseria religiosa esprime tanto la miseria reale quanto la protesta contro questa miseria
reale. La religione è il gemito dell’oppresso, il sentimento di un mondo senza cuore, e insieme lo
spirito di una condizione priva di spiritualità. Essa è l’oppio del popolo.
[…]
È dunque compito della storia, una volta scomparso l’al di là della verità, di ristabilire la
verità dell’al di qua. È innanzi tutto compito della filosofia, operante al servizio della storia, di
smascherare l’autoalienazione dell’uomo nelle sue forme profane, dopo che la forma sacra
dell’autoalienazione umana è stata scoperta. La critica del cielo si trasforma così i critica della terra,
la critica della religione nella critica del diritto, la critica della teologia nella critica della politica.
2.1.
Il concetto di cultura
Marxista: l'istruzione è un'arma nelle classi dei proprietari dei mezzi di produzione, che se
ne servono per mantenere l'ordine sociale esistente. Studiosi marxisti (dagli anni '70) pensano che
per capire come sono nati, come operano e perché possono cambiare i sistemi scolastici moderni è
necessario guardare non ai "bisogni del sistema sociale o alla domanda di qualificazione, ma ai
rapporti di produzione e alla lotta fra classi sociali. La scuola perpetua disuguaglianze esistenti tra
classi.
Weberiana: l'istruzione è al centro di una lotta che avviene fra classi, ceti e gruppi di potere.
E' impossibile secondo Weber analizzare i sistemi d'istruzione e i mutamenti che essi hanno subito
nel corso del tempo, senza tener conto della stratificazione sociale. Vi sono diversi tipi di potere. La
configurazione dei titoli di studio serve alla formazione di un ceto privilegiato negli uffici e nelle
amministrazioni contabili. Il suo possesso sorregge la pretesa soprattutto alla monopolizzazione
delle posizioni di vantaggio sociale ed economico a favore degli aspiranti muniti di titolo di studio.
L'esame è oggi il mezzo universale di questa monopolizzazione. Lo sviluppo dell'istruzione che si è
avuto nella società moderna non è dovuto tanto all'aumento della domanda di qualificazione tecnica
proveniente dall'economia, quanto piuttosto alle azioni condotte dai cari ceti sociali per mantenere e
migliorare la propria posizione nel sistema di stratificazione (credenzialismo: uso inflazionato dei
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titoli di studio come mezzi per controllare l'accesso alle posizioni chiave nella divisione del lavoro.)
I ceti cercano di massimizzare le ricompense restringendo gli accessi alle risorse ad un numero
limitato di persone
2.2.
-
Riassumendo Marx
Comincia con analisi della crescente contraddizione nella società industriale tra forze
di produzione e rapporti di produzione = tra organizzazione della produzione e organizzazione della
società
-
Concetti di alienazione, sfruttamento del proletariato, del lavoro salariato, coscienza
di classe, …
-
Manifesto come versione moderna di rivelazione, verità rivelata, poiché in virtù di
questo sapere gli sfruttati potranno superare questa loro condizione nella rivoluzione guidata dal
proletariato
-
Capitalismo = sistema destinato all’autodistruzione in quanto contiene in sé una
contraddizione (tra forze produttive universalistiche e rapporti di produzione particolaristici)
risolvibile solo mediante una rivoluzione violenta
-
Propongono teoria della storia in termini di lotta di classe e di coscienza di classe
-
Operai devono mobilitarsi non per difendere salario MA per esplicitare il carattere
universalmente umano del lavoro, dei mezzi di produzione e della rivoluzione
-
Il capitale è un prodotto collettivo e può essere messo in moto solo dall’attività
comune di moti membri della società: se capitale diventa proprietà comune non significa che si
trasformi in proprietà personale MA si trasforma soltanto il carattere sociale della proprietà, che
perde il suo carattere di classe
2.3.
1.
3 tesi sull’evoluzione della società moderna:
La proprietà dei mezzi di produzione è la forma di controllo sociale da cui dipende
ogni potere nella società
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2.
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L’epoca borghese si distingue perché ha semplificato gli antagonismi di classe
riducendo la società intera a due grandi schieramenti, eliminando le classi intermedie: i grandi
capitalisti che possiedono tutti i mezzi di produzione e la classe di coloro che non posseggono
niente
3.
La legge dei salari sostiene che il prezzo del lavoro è strettamente determinato dal
costo di riproduzione della forza-lavoro. Quindi il lavoratore non percepirà per il so lavoro più di
quanto sia necessario a questo scopo, ossia il minimo necessario per il suo sostentamento.
2.4.
Critiche al marxismo:
concetto deficitario dello Stato ha avuto conseguenze negative sullo sviluppo del marxismo:
1.
Incapacità di vedere nello Stato un’istituzione capace di governare l’economia, di
introdurre nel sistema i vincoli ispirati ai valori di giustizia sociale, uguaglianza e partecipazione
2.
La stratificazione sociale della società industriale non si è sviluppata secondo lo
schema antagonista di Marx
3.
La società capitalista è diventata una società dei consumi il che smentisce la teoria
pessimista sulla legge ferrea dei salari. I salari crescono, si diffonde il benessere, la qualità della vita
diventa un problema più importante del livello della vita
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3 Weber
Con Weber l’analisi delle classi sociali e del rapporto con la cultura risulta affinata rispetto
all’analisi marxiana
La classe secondo Weber si costituisce nel tentativo da parte di vari gruppi di acquisire il
controllo di un mercato particolare. Egli pone l’accento sulla distribuzione piuttosto che sulla
produzione.
Alla nozione di classe Weber affianca quella di ceto, inteso come comunità di individui che
hanno in comune uno stesso stile di vita, stessi gusti e preferenze, una stessa cultura
Il ceto può fondarsi su una situazione di classe, ma non basta che esista una struttura di
classe perché si sviluppi su di essa un ceto specifico. Se una classe vuole acquisire il potere, però,
deve trasformarsi in ceto
Weber ha studiato l’esistenza di rapporti (definiti di “affinità elettive”) tra strati sociali
(classi e ceti) e diverse forme di religiosità, sottolineando il carattere non deterministico, ma
reciproco e bilaterale tra realtà economico-sociale e specifiche configurazioni culturali
Weber individua una particolare configurazione di valori che chiama “spirito del
capitalismo”, che avrebbe avuto un ruolo determinante nello sviluppo capitalistico delle società
occidentali, un ethos tipico di alcuni strati sociali
Il ceto portatore di questo nuovo tipo di ethos viene individuato da Weber nella media
borghesia industriale, impregnata delle dottrine protestanti e calviniste.
Di nessun altro sociologo esiste in Italia una divulgazione del pensiero così ampia come
quella di Max Weber (1864-1920).
3.1.
La fondazione della sociologia come scienza autonoma
Con un forte interesse verso la politica fin dalla giovinezza, dovuto all'influenza del padre,
deputato nazional-liberale, Weber trae dall'attualità problemi da analizzare nell'attività scientifica.
Nel 1894 riceve l'incarico di una nuova inchiesta sulla situazione dei lavoratori agricoli dal
Congresso evangelico-sociale. La valutazione statistica dei dati, l'interpretazione dei risultati delle
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interviste di queste inchieste costituiscono un primo passo verso un metodo e una tecnica della
ricerca sociale empirica. Le grandi inchieste sulla situazione economica e sociale che venivano
svolte in Germania, come in Italia, nella seconda metà dell'Ottocento, costituiscono una delle
matrici della sociologia come scienza autonoma. Dopo aver superato un lungo periodo di crisi, nel
1902 Weber riprende il lavoro scrivendo i primi saggi sul metodo delle scienze storico-sociali,
senza per questo avere l'intenzione di costruire un sistema di logica. Nell'arco di dieci anni sviluppa
la riflessione metodologica, a partire dall'esperienza concreta dei problemi della ricerca empirica,
avendo come interlocutori i partecipanti alla controversia sul metodo (Methodenstreit) in corso in
Germania. Della scuola tedesca del neokantismo condivide il rifiuto della pretesa di dominio delle
scienze naturali 'esatte', con la separazione tra le scienze naturali e le scienze umane, criticando sia
il 'naturalismo' sia lo 'storicismo'.
Nel saggio del 1904, Die 'Objektivität' sozialwissenschaftlicher und sozialpolitischer
Erkenntnis (L''oggettività' conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale), Weber
introduce i presupposti fondamentali della sociologia:
•
il postulato dell'assenza dei giudizi di valore,
•
il concetto del comprendere,
•
il concetto del tipo ideale.
Con l'assenza dei giudizi di valore nella scienza Weber intende la distinzione tra il conoscere
e il valutare, cioè tra "il compimento del dovere scientifico di vedere la verità dei fatti ed il
compimento del dovere pratico di difendere i propri ideali", in quanto non è compito di una scienza
empirica formulare ideali per l'azione pratica. Nella prolusione accademica Der Nationalstaat und
dieVolkwirtschaftspolitik (Lo Stato nazionale e la politica economica tedesca), tenuta a Friburgo
nel maggio 1895, aveva così dichiarato la sua posizione scientifica e politica: "Io sono un membro
della classe borghese, mi sento tale e sono stato educato alle sue vedute e ai suoi ideali. Ma è
compito della nostra scienza dire ciò che non si ascolta di buon grado, e quando mi domando se la
borghesia tedesca oggi è matura per diventare la classe politica dirigente della nazione, allora a
tutt'oggi non sono in grado di rispondere affermativamente".
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3.2.
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La comprensione del senso dell'agire
Con il concetto del comprendere, sviluppato in seguito nel saggio del 1913 (Alcune
categorie della sociologia comprendente), Weber propone di comprendere l'agire sociale attraverso
un procedimento interpretativo, che include uno studio del 'senso orientante', per spiegarlo quindi
causalmente nel suo corso e nei suoi effetti.
Il procedimento metodologico della comprensione del senso dell'agire è strettamente
connesso con il procedimento analitico-causale, in quanto il comprendere deve essere sempre
verificato con i mezzi di imputazione causale.
In risposta all'esigenza di utilizzare strumenti teorici chiari al fine di ordinare il caos
disordinato della realtà storica dei fatti, Weber elabora il procedimento del tipo ideale per rilevare
delle caratteristiche ricorrenti, per esempio la razionalità nell'agire economico. Accentuando gli
elementi causali essenziali, questo procedimento formula una costruzione logica priva di
contraddizioni, da utilizzare per la ricerca empirica.
Le costruzioni tipico ideali dei fatti storici con il fluire della cultura sono destinate a essere
superate da altre sempre nuove.
Weber è diventato famoso per il lavoro Die Protestantische Ethik und der Geist des
Kapitalismus (L'etica protestante e lo spirito del capitalismo), pubblicato fra il 1904 e il 1905, dove
affronta il tema del sorgere del capitalismo in relazione alla religione riformata e alla razionale
condotta di vita del moderno homo oecomonicus. La sua sociologia della religione comprende
anche ampi saggi relativi alla Cina, al Giappone, all'India, all'ebraismo, all'Islam. La sua opera
Wirtschaft und Gesellschaft (Economia e società) rimase incompiuta e uscì postuma nel 1922.
Weber - L'etica professionale del protestantesimo ascetico
Per tutto il Medioevo la coscienza dell'unità europea fu fondata sulla comune fede cristiana e
sull'organizzazione della chiesa: l'Europa si identificava con la cristianità. La rottura religiosa
provocata dalla Riforma protestante fu anticipata da numerosi segnali di insofferenza e trovò le sue
radici in differenze che preesistevano e che si sarebbero manifestate nella divisione fra paesi
cattolici e protestanti. Ancora maggiori, tuttavia, furono le differenze (culturali, sociali,
economiche) che si crearono all'interno dell'Europa come conseguenza della divisione religiosa.
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All'esame di una di queste differenze è dedicato lo studio di Max Weber L'etica protestante e lo
spirito del capitalismo, pubblicato nel 1904-1905. Il titolo riflette la sua tesi di fondo.
Fra la Riforma e la "modernità" esiste un nesso fondamentale, che si manifesta nel
contributo che l'etica protestante ha dato a ciò che Weber chiama "spirito del capitalismo", cioè la
mentalità e la cultura che fanno da base all'economia moderna. Tale"spirito" del capitalismo è dato
dalla piena autonomia assunta dalle funzioni economiche: il lavoro, la produzione, il risparmio,
l'accumulo dei capitali, il profitto, la razionalizzazione delle attività produttive, la capacità di
monetizzare con rigore tutti i momenti della propria vita economica facendoli entrare fra i costi e i
ricavi. Non c'è dubbio - sostiene Weber - che, rispetto ai paesi che aderirono alla Riforma nella sua
versione calvinista, quelli rimasti cattolici siano arrivati in ritardo a formare lo spirito del
capitalismo.
In particolare:
•
la dottrina luterana della vocazione (beruf) svaluta l’ascesi monacale e rivaluta il
lavoro professionale come cammino di salvezza
•
la dottrina calvinista della predestinazione, in base alla quale solo pochi sarebbero
già stati scelti da Dio per essere salvati, produce, come effetti imprevisti (non intenzionali), un
grande attivismo in campo economico, perché gli individui cercano di dedurre dal successo negli
affari la grazia divina e dunque l’appartenenza al gruppo degli eletti
In una celebre metafora Max Weber comparò il ruolo della cultura con quello di uno
scambista ferroviario per esprimere una sottigliezza del discorso sul significato: sono gli interessi
materiali e ideali e non le idee a dominare immediatamente l'agire dell'uomo; la cultura, come uno
scambista ferroviario non fa che orientare la scelta del binario lungo il quale l'individuo cercherà di
soddisfare il suo interesse.
3.3.
Critiche a Weber
Le visioni classiche del modello del riflesso sono state in questi anni duramente attaccate,
molti sociologi oggi ritengono che connessioni tra MS e OC siano piuttosto lente e che l'immagine
offerta da Weber sia fuorviante.
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Due sono le critiche generali:
1 – l'approccio di Weber è troppo soggettivo, chiede ai sociologi di entrare nella mente di
ogni persona. E i sociologi non dovrebbero provare a essere psicanalisti.
2 – le persone si comportano in modi contraddittori e non sempre guidati dalla propria
cultura, è meglio quindi parlare in termini di schemi culturali: presupposti informali che sottendono
regole più formali
Ann Swidler sostiene che le culture assomigliano più a cassette degli attrezzi dalle quali le
persone estraggono questa o quella competenza culturale all'occorrenza finendo anche per
contraddirsi senza troppi traumi ne devianza.
L'idea di una cultura forte ha quindi lasciato il posto ampiamente a una concezione che
assume le relazioni tra cultura e azione come deboli e contingenti.
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4 La teoria critica della società
Riallacciandosi alle teorie di Feuerbach e di Marx che definiscono l'individuo come un
insieme di relazioni sociali, la teoria critica della società cerca di interpretare la soggettività nella
prospettiva dei rapporti di produzione, analizzando il riflesso storico specifico di bisogni e
motivazioni (la "natura interna"), struttura di classe e relazioni economiche (v. Sève, 1972).
Richiamandosi alla tradizione della Scuola di Francoforte, Lorenzer (v., 1972) ha affermato
che il sistema biologico delle pulsioni innate non può essere separato dallo sviluppo della
personalità nel contesto storico delle condizioni di vita concrete. Sulla base di questi presupposti, la
teoria critica della socializzazione considera quali elementi fondamentali del processo di
formazione del soggetto le condizioni di vita e le relazioni di potere che entrano in gioco
nell'interscambio tra individuo e società. La socializzazione è concepita come un processo dialettico
consistente nel connettere motivazioni e bisogni individuali alle strutture sociali determinate dai
rapporti di produzione. Ciò significa interpretare la famiglia non solo come un sistema sociale, ma
anche come un agente di socializzazione inserito in uno specifico contesto socioeconomico, e porre
alle radici dello sviluppo della personalità determinate forme di interazione genitore/figlio legate ai
processi di produzione. Mentre le teorie psicologiche e gli approcci che fanno riferimento alla
classe sociale e alla struttura economica tendono ad analizzare la socializzazione in modo
unilaterale, Lorenzer (v., 1972) e Oevermann (v., 1979) hanno proposto un'analisi criticoermeneutica delle strutture sociali e individuali che studia lo sviluppo della personalità in un
contesto di rapporti familiari determinato da fattori storici e sociali.
Gli studi interculturali condotti per oltre 25 anni da Melvin Kohn e dai suoi collaboratori (v.
Kohn, 1969; v. Kohn e Schooler, 1983) hanno cercato di dimostrare che la posizione dell'individuo
nel sistema sociale diviso in classi è connessa alla struttura occupazionale, e che l'ambiente di
lavoro è la principale forza socializzante nello sviluppo della personalità, in quanto influenza la
percezione della realtà sociale da parte del soggetto. Le esperienze nel mondo del lavoro influiscono
sui valori e sugli orientamenti dei genitori, i quali tendono a trasmettere le loro concezioni del
mondo ai figli. Poiché l'educazione è connessa all'assolvimento di compiti complessi che richiedono
e nello stesso tempo permettono la flessibilità intellettuale, i genitori della classe media favoriscono
orientamenti più indipendenti e pongono scopi intellettuali di livello più elevato rispetto ai genitori
delle classi inferiori. La posizione nella struttura di stratificazione fornisce quindi il contesto
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socioeconomico della socializzazione - opportunità educative e occupazionali, nonché esperienze di
apprendimento e di lavoro di tipo autodiretto oppure restrittive.
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5 Gli studi di P. Bordieau e il rapporto tra classe
sociale e cultura
Gli studi del sociologo francese Pierre Bordieau hanno rinnovato l'analisi marxista delle
classi, andando oltre una definizione solo economica. La Distinzione (1979) rappresenta il lavoro
principale in cui egli delinea il rapporto tra classe sociale e cultura, basandosi una ricerca empirica
condotta in Francia negli anni 60. Pur essendo influenzato sia da Marx che da Weber, B. definisce
le classi in termini più generali e multidimensionali.
Identifica infatti tre diverse forme di capitale:
1)
capitale economico, che si riferisce alla proprietà e al reddito;
2)
capitale sociale, costituito dalle reti di relazione sociale in cui sono inseriti gli
individui;
3)
capitale culturale, nelle due componenti di capitale scolastico e capitale ereditato,
cioè costituito sia dal grado d'istruzione e conoscenze personali acquisito nell'istruzione scolastica,
sia dalle conoscenze e competenze accumulate attraverso la socializzazione familiare.
Per collocare le persone nella distribuzione di classe bisogna tener conto dei modi in cui si
combinano i diversi tipi di capitale, cioè delle dimensioni complessive del capitale. Ad un polo
troviamo i liberi professionisti che appartengono alla classe superiore, e che possiedono sia capitale
economico che capitale culturale; all'altro polo troviamo chi non possiede nell'uno ne l'altro e sono
sia le classi popolari (operai e salariati agricoli), sia la frazione inferiore dei ceti medi, cioè gli
impiegati di ufficio, con scarsi titoli di studio, poco reddito e pochi consumi. Secondo B, così come
per Marx, anche a livello culturale le classi sociali dominanti cercano di affermare i propri interessi
di classe.
Diversamente da Marx, concentra la sua teoria non su dottrine e ideologie esplicite, ma sui
gusti, che considera delle vere le proprie pratiche culturali, cioè come dei comportamenti che
incorporano la cultura della società, in quanto attraverso essi si manifestano concretamente i valori
etici e giudizi estetici. È attraverso i gusti, ossia le preferenze di consumo, che nelle società
capitaliste contemporanea si combatte una lotta da parte delle classi superiori per distinguersi dalle
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altre e per affermare il proprio sistema di classificazione sociale. Il gusto trasforma le cose e gli
oggetti di consumo in segni distinti e distintivi, ed è dunque una vera e propria arma sociale.
Bourdieau mostra, attraverso l'indagine statistica, l'esistenza di una netta diversificazione di
classe dei consumi in una serie di ambiti, dall'alimentazione alla cura del corpo, alla cultura in senso
stretto. Dalla netta diversificazione delle spese tra 3 gruppi occupazionali interni alla borghesia,
rileva l'esistenza di tre diverse maniere di affermare la propria distinzione rispetto alla classe
operaia. Le strutture di consumo assumono, tra i professori da un lato, gli industriali e i grossi
commercianti dall'altro, forme inverse che rispecchiano le strutture dei rispettivi capitali. Mentre le
spese dei professori sono molto elevate per quanto riguarda la cultura, basse per i consumi
alimentari e intermedie per la cura personale e la rappresentanza, il contrario avviene tra gli
industriali e i grossi commercianti. A questi poi si contrappongono i liberi professionisti, che
destinano all’alimentazione una quota del loro bilancio pari a quella dei professori, mentre alla cura
personale e alla rappresentanza dedicano la percentuale più elevata tra tutti i gruppi sociali.
Pierre Bourdieu apporta delle innovazioni all’analisi marxiana delle classi:
•
definizione articolata di classe, in termini di capitale economico (risorse materiali),
capitale sociale (reti di relazioni), capitale culturale (istruzione, educazione)
•
introduzione della nozione di gusti (preferenze di consumo), intesi come pratiche
culturali attraverso le quali si sviluppa il conflitto di classe (lotta da parte delle classi superiori per
affermare il proprio sistema di classificazione sociale)
•
introduzione della nozione di habitus, mediatrice tra dimensione soggettiva e
dimensione oggettiva, che unifica in uno stile di vita l’insieme dei gusti e delle preferenze di un
individuo.
L’habitus è l’insieme di disposizione inconsce di un gruppo sociale, formatosi attraverso
processi di socializzazione e di partecipazione a modi di vita particolari: habitus di classe. Quindi
l’habitus è sia il prodotto della struttura di classe sia un principio autonomo di organizzazione della
percezione e delle pratiche sociali
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Di tutte le forme di “persuasione occulta”, la più implacabile è quella esercitata
semplicemente dall’ordine delle cose. Pierre Bourdieu
Le scienze sociali, secondo Bourdieu, possono dare luogo solo a “concetti aperti”, non
isolabili dal sistema teorico da cui scaturiscono, e non isolabili al contempo da una loro
applicazione empirica volta a dare loro un senso (pratico).
Ciò che maggiormente caratterizza il modello teorico proposto da Bourdieu e per cui
sovente egli viene ricordato nei manuali di sociologia è anzitutto il rifiuto dell’opposizione tra
soggettivismo ed oggettivismo, dall’autore definita come la più fondamentale e rovinosa
opposizione che divide artificialmente la scienza sociale. Bourdieu si pone in maniera critica
rispetto ad entrambe le posizioni, individuando i limiti che a suo parere le caratterizzano.
Tutta l’opera di Bourdieu è tesa a mettere in evidenza l’importanza del simbolico, cercando
di sottolineare come i rapporti di senso non siano semplicemente il riflesso di rapporti di forza
economici e politici, ma derivino dalla lotta tra i gruppi ed i soggetti diversamente collocati nella
struttura di potere e diversamente dotati delle diverse specie di capitale. “Con la parola “simbolico”
– scrive infatti Anna Boschetti (2003: 31) – Bourdieu designa l’insieme delle dimensioni,
strettamente intrecciate, messe in luce dalle diverse tradizioni cui si rifà: il simbolico come attività
cognitiva (senso) contrapposta ai rapporti di forza; come sfera del “soggettivo” (percezione)
contrapposta all’”oggettivo” (struttura); infine come forma di valore non riconducibile al valore
economico”. I concetti di capitale simbolico e di violenza simbolica –sono infatti centrali nel
pensiero di Bourdieu: il primo per mettere in evidenza i limiti già ricordati della teoria della scelta
razionale e per tracciare una teoria alternativa, il secondo per render conto della strutturazione e
delle forme in cui si manifestano i rapporto di potere, e quindi del rapporto tra quelli che lui chiama
i dominanti e i dominati.
Nel chiudere questa breve premessa sui presupposti teorici del modello proposto da
Bourdieu, è infine necessario riprendere alcune sue considerazioni che potremmo far ricadere
nell’ambito della sociologia della conoscenza.
1.
Nei suoi scritti, infatti, Bourdieu ritorna più volte sul rapporto tra scienziato sociale e
conoscenza del mondo sociale, criticando l’idea di una posizione di osservatore “oggettivo”, sopra
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le parti, da lui definita una “illusione scolastica”. Per superare questo limite della conoscenza
scientifica, infatti, secondo Bourdieu occorre analizzare il rapporto soggettivo intrattenuto dallo
scienziato con il mondo sociale, avendo sempre a mente che ogni oggetto di conoscenza è costruito,
e non semplicemente registrato o descritto;
2.
E’ ancora una volta la necessaria rivalutazione del lato pratico come attività
produttrice di sapere – concepita dunque non in opposizione, ma in costante interazione con il lato
teorico – a permettere al pensiero di Bourdieu di evitare questa forma di “deformazione
intellettualistica, che ci spinge a concepire il mondo come uno spettacolo, come un insieme di
significati che chiedono di essere interpretati, più che a cogliervi i problemi concreti che richiedono
soluzioni pratiche” (Wacquant, 1992: 32).
3.
Al contempo, l’attività di conoscenza del mondo secondo Bourdieu richiede allo
scienziato sociale uno sforzo costante di riflessività: una riflessività volta a mettere in luce le
“categorie di pensiero impensate che delimitano il pensabile e predeterminano il pensato”
(Bourdieu, 1988).
4.
Considerazioni, queste, che vanno di pari passo con l’importanza di introdurre nelle
scienze sociali il metodo strutturale, emblematico a tale proposito è proprio il concetto di campo,
volto a tradurre nella pratica il pensiero relazionale.
5.1.
Alcuni concetti
Con i concetti di capitale culturale, sociale e simbolico – e come vedremo anche con quello
di campo – Bourdieu cerca di mettere a punto una teoria alternativa per l’azione sociale ed
economica. Tali concetti, infatti, si contrappongono a quello di capitale umano, e servono a
Bourdieu non solo per evidenziare le ragioni delle differenti traiettorie e delle differenti pratiche
economiche e sociali che caratterizzano gli individui, ma al contempo per posizionarli nello spazio
sociale ed in una determinata struttura di potere.
•
Brevemente, il concetto di capitale culturale viene utilizzato per la prima volta da
Bourdieu e Passeron ne Les héritiers per evidenziare le differenze nella riuscita scolastica di alunni
culturalmente dotati in misura ineguale;
•
quello di capitale sociale per mettere in evidenza le differenze che caratterizzano gli
individui, a partire dalle risorse che questi possono attivare nella loro rete di relazioni;
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•
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a questi si aggiunge il capitale simbolico, che in un certo modo misura l’importanza e
il riconoscimento sociale di cui godono gli individui all’interno di uno specifico campo
Assieme al concetto di potere simbolico, infatti, Bourdieu introduce anche il concetto di
violenza simbolica, come uno dei principali meccanismi di dominio (Bourdieu, 1988). Una violenza
che i dominanti esercitano sui dominati, e che gli stessi dominati – non riconoscendola come
violenza, ma assumendola come ordine delle cose – tendono a legittimare e riprodurre.
Accanto alle tre specie di capitale sopra descritte, nel pensiero dell’autore assume inoltre
una rilevanza centrale il concetto di habitus, definito come
“sistema di disposizioni durature e trasmissibili, strutture strutturate predisposte a funzionare
come strutture strutturanti, cioè in quanto principi organizzatori e generatori di pratiche e
rappresentazioni che possono essere oggettivamente adatte al loro scopo senza presupporre la
posizione cosciente di fini e la padronanza esplicita delle operazioni necessarie per raggiungerli,
oggettivamente “regolate” e “regolari” senza essere affatto prodotte dall’obbedienza a regole e,
essendo tutto questo, collettivamente orchestrate senza essere prodotte dall’azione organizzatrice di
un direttore di orchestra” (Bourdieu, 2005b: 84).
Emerge fin da subito, dunque, la “doppia faccia” dell’habitus: come struttura strutturata
predisposta a funzionare come struttura strutturante o più precisamente come insieme di
disposizioni acquisite predisposte a funzionare come principi generatori. Da un lato, quindi, gli
habitus come insieme di schemi cognitivi, di percezione e valutazione, prodotti della storia e delle
esperienze interiorizzate, quindi storicamente e socialmente situati e dotati di una certa costanza e
regolarità nel tempo necessaria a garantire la vita sociale..
Al contempo, tuttavia, l’habitus è per Bourdieu una struttura strutturante: e questo, quando
“come senso pratico realizza la riattivazione del senso oggettivato nelle istituzioni Ogni istituzione,
infatti, per essere valida deve oggettivarsi non solo nelle “cose”, ma anche nei “corpi”, e quindi
nelle disposizioni; ma è proprio questa oggettivazione nei “corpi” che, se da un lato permette agli
individui di muoversi ed orientarsi nel mondo sociale percependolo come naturale e dato per
scontato, dall’altro permette loro di trasformarlo, di agire su di esso; che conduce gli individui,
dunque, ad essere al contempo prodotto della storia e della cultura, e produttori di storia e di cultura.
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In questo senso Bourdieu si difende dalle accuse di determinismo e da coloro che hanno
interpretato il concetto di habitus come destino, e non come un “sistema di disposizioni aperto,
messo incessantemente a confronto con esperienze nuove e quindi da queste incessantemente
modificato. […] In altri termini, gli agenti sociali determinano attivamente, attraverso categorie di
percezione e di valutazione socialmente e storicamente determinate, la situazione che li determina.
Si può anche dire che gli agenti sociali sono determinati, solo nella misura in cui si determinano”
(1992: 100-102).
Una plasticità dell’habitus, dunque, più o meno elevata a seconda delle traiettorie e del
possesso delle diverse specie di capitale, che viene in evidenza negli studi condotti da Bourdieu; se
gli agenti, infatti, tendono a mettere in atto pratiche coerenti con il proprio habitus, la possibilità di
cogliere le “occasioni potenziali” rimane fortemente connessa alla posizione occupata dagli
individui nella struttura di potere.
5.2.
La logica dei campi
La nozione di campo, utilizzata per la prima volta da Bourdieu in un articolo del 1966 , è
forse quella che ha ricevuto maggiore riscontro nel campo scientifico, grazie anche alla sua
ricezione ed al suo utilizzo nella Nuova Sociologia Economica.
“Pensare in termini di campo – spiega subito Bourdieu (1992: 66) – significa pensare in
maniera relazionale (..) In termini analitici, un campo può essere definito come una rete o una
configurazione di relazioni oggettive tra posizioni. Queste posizioni sono definite oggettivamente
nella loro esistenza e nei condizionamenti che impongono a chi le occupa, agenti o istituzioni, dalla
loro situazione (situs) attuale e potenziale all’interno della struttura distributiva delle diverse specie
di potere (o di capitale) il cui possesso governa l’accesso a profitti specifici in gioco nel campo, e
contemporaneamente dalle posizioni oggettive che hanno con altre posizioni (dominio,
subordinazione, omologia). Nelle società fortemente differenziate, il cosmo sociale è costituito
dall’insieme di questi microcosmi sociali relativamente autonomi, spazi di relazioni oggettive in cui
funzionano una logica e una necessità specifiche, non riconducibili a quelle che regolano altri
campi”.
E’ a partire da tale concettualizzazione che Bourdieu nei suoi studi si concentra sull’analisi
di diversi tipi di campo – il campo artistico e letterario, delle grandes écoles, scientifico, religioso,
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economico, giuridico e burocratico… – per evidenziare appunto le differenti logiche cui essi
obbediscono.
In ogni campo, infatti, ci sono delle specifiche “poste in gioco”, oggetto di competizione tra
i vari agenti, e delle specifiche convenzioni che regolano tale gioco, spesso date per scontate e
percepite come naturali dai partecipanti.
In ogni campo, inoltre, tende a prodursi un capitale simbolico specifico ed una lotta continua
attorno alla definizione di tale capitale.
In ogni campo, ancora, vige una diversa gerarchia tra le diverse specie di capitale
(economico, culturale, sociale), laddove è proprio il possesso o meno di tali capitali – e del capitale
simbolico specifico sopra descritto – che in un certo modo fa esistere o meno un soggetto in un
campo, gli permette di partecipare al gioco se non perfino di cambiare le regole del gioco stesso:
“Possiamo immaginare – scrive Bourdieu (1992: 69) – che ogni giocatore abbia davanti a sé
pile di gettoni di diversi colori, corrispondenti alle diverse specie di capitale in suo possesso; la sua
forza relativa nel gioco, la sua posizione nello spazio del gioco, come pure le sue strategie nel
gioco, le mosse più o meno arrischiate, più o meno prudenti, più o meno sovversive, più o meno
conservatrici che può fare, dipendono sia dal volume globale dei suoi gettoni, sia dalla struttura
delle pile di gettoni, dal volume globale e dalla struttura del suo capitale”.
Con questa metafora del gioco Bourdieu cerca dunque di spiegare il rapporto tra la diverse
specie di capitale, il capitale globale di cui è dotato un individuo e la sua possibilità di orientarsi,
muoversi e “far valere le proprie carte”: non è sufficiente, infatti, analizzare semplicemente il
capitale globale di cui un individuo dispone, laddove sono soprattutto il possesso del capitale
simbolico specifico di quel campo – frutto delle diverse specie di capitale di cui è dotato e del loro
peso in quel campo specifico – ed il suo habitus – frutto della sua specifica traiettoria sociale – ad
attribuire all’attore la capacità di cogliere i “possibili” e di agire di conseguenza .
Ne consegue che i confini di un campo, chiaramente, non sono dati una volta per tutte, ma
dipendono dalle stesse logiche del campo e dalla competizione che in esso si genera tra i
partecipanti.
Ogni campo, infatti, ha i propri criteri di competenza e di appartenenza, ed i membri di quel
campo lottano per imporre una soglia di accesso sempre più elevata verso l’esterno; in ogni caso,
anche in quei campi maggiormente formalizzati o dotati di precise regole codificate per determinare
i criteri di accesso, nella visione di Bourdieu i confini restano sempre sfumati ed individuabili solo
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attraverso una ricerca empirica; una ricerca che partendo da una analisi delle relazioni tra i diversi
agenti e le diverse istituzioni che costituiscono quel determinato campo, si pone come obiettivo di
individuare se effettivamente la struttura di tali relazioni ha degli effetti su di essi .
In ogni caso, Bourdieu si rifiuta di tracciare un modello teorico volto a descrivere il rapporto
tra i vari campi, pur riconoscendo la supremazia esercitata nella società industriale dal campo
economico. I suoi studi svolti sul campo dell’arte, ad esempio, evidenziano il processo di
autonomizzazione – e quindi di liberazione da committenti, mecenati, accademie – avvenuto tra il
quattrocento e la fine del diciannovesimo secolo, ma al contempo la loro odierna ricomparsa – sia in
termini di attori pubblici che privati – che tende ad invalidare l’idea di un percorso di
autonomizzazione lineare. Un esempio volto a mettere in evidenza la relativa autonomia di cui
godono in ogni caso tutti i campi, ma al contempo l’impossibilità di tracciare una legge trans-storica
volta a descrivere la strutturazione di tali rapporti nel tempo e nello spazio (Bourdieu, 1992: 78).
Il potere simbolico, dunque, è in un certo modo il potere esercitato dall’ordine delle cose; un
ordine che, sradicato dalla sua genesi storica e dal suo rapporto con le forme di dominio, tende ad
essere percepito come naturale, dato per scontato, legittimo. Ne consegue che più l’ordine delle
cose è percepito come naturale e legittimo dai dominati, più facilmente si realizzano forme di
dominio da parte dei dominanti (detentori della potere simbolico di definire e cambiare quell’ordine
delle cose).
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