4° lezione 11

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4° lezione 11.11.2008
SCHEDA 5 B LO SVILUPPO STORICO TEOLOGICO DELLA DOTTRINA DELLA CREAZIONE
Lo sviluppo storico della dottrina della creazione è determinato dal periodico affacciarsi di due
problematiche tendenze di pensiero: il monismo e il dualismo. Secondo il monismo tutto deriva da
un unico principio, talmente pervaso in quello che produce al punto da confondervisi, in una sorta di
panteismo. Il dualismo, invece, individua un doppio principio, uno del male accanto a quello del
bene.
Monismo e dualismo sono due particolarità del pensiero occidentale.
Quando il cristianesimo comincia ad espandersi nel bacino mediterraneo e in particolare nell’area
greco-romana, incontra una nuova cultura. Paolo aveva già fatto una sorta di inculturazione del
messaggio cristiano, Paolo annunciando il Vangelo ad alcune comunità come Tessalonica,
Corinto… ne ha assunto il linguaggio non solo dal punto di vista lessicale ma Paolo ha cercato di
assumere la struttura di pensiero della cultura greco-romana e in qualche modo l’ha trasformata
dandole un significato diverso, l’ha riempita di contenuti diversi. Dobbiamo dire però che non
sempre questo suo intento di inculturazione è andato a buon fine (At 17). In ogni caso Paolo
inaugura questo movimento di incontro con la cultura greca.
I cristiani annunciando il vangelo in questo ambiente da una parte dialogano con il mondo grecoromano in quanto trovano delle persone disponibili ad accogliere o comunque a confrontarsi con il
nuovo messaggio. In questo dialogo non solo si scambiano una lingua ma anche una struttura
mentale.
Dall’altra parte il messaggio cristiano va a sbattere contro questa cultura. Alcuni autori hanno
dovuto polemizzare contro gli attacchi che provenivano da questa cultura che rifiutavano il
cristianesimo. La polemica non è solo con i greci ma anche con gli stessi ebrei in quanto ci sono
ebrei che rinunciano ad accettare Gesù e il cristianesimo per cui si scagliano contro i cristiani.
L’incontro con questa cultura inevitabilmente pone dei problemi dottrinali in quanto il messaggio
cristiano va a sbattere contro alcuni elementi forti per esempio il dualismo.
L’idea di creazione non viene percepita con facilità dalla filosofia greca, in particolare dal
platonismo e dallo stoicismo, perché hanno una visione del cosmo di carattere demiurgico, parlano
di materia preesistente, di qualcuno che l’ha plasmata e ne ha dato forma, non c’è un concetto di
creazione dal nulla.
Questo incontro/scontro viene gestito soprattutto dai Padri Apologisti i quali assumono un
atteggiamento di conciliazione (Giustino, Atenagora) o di polemica (Teofilo di Antiochia, Taziano)
e che hanno contribuito allo sviluppo storico-teologico della dottrina cristiana. Da una parte quindi
lo sviluppo storico-teologico è determinato da questo incontro/scontro con la nuova cultura
(approccio apologetico), dall’altra parte anche all’interno della comunità cristiana cominciano a
diffondersi errori che minano la genuina dottrina cristiana, come lo gnosticismo e il manicheismo, di
tendenza chiaramente dualista. Sia gli gnostici che i manichei predicavano un doppio principio uno
buono che avrebbe dato origine alle creature buone, al mondo dello spirito, e un principio cattivo da
cui deriva il demonio e il corpo.
Nella scrittura tutto questo non ha senso perché tutta la creazione gode di un ottimismo
antropologico, non c’è un doppio principio perchè tutto ciò che Dio crea ha una bontà etica positiva.
A queste due eresie si oppongono grandi pensatori come Ireneo e Tertulliano (gnosticismo) e
Agostino (manicheismo). Fa eccezione Origene, il quale tende a conciliare cristianesimo e
gnosticismo, cercando di rileggere in versione ortodossa alcuni principi gnostici.
Per quanto riguarda l’età patristica vanno distinti due momenti:
- l’età subapostolica fino al quarto secolo
- e un secondo periodo fino al settimo secolo.
I Padri dei primi 4 secoli sostanzialmente sono fedeli al dato biblico in riferimento alla creazione,
questi Padri affermavano quindi il rapporto tra creazione e salvezza, la salvezza nella Bibbia viene
vista come il primo momento della predestinazione per cui inevitabilmente la creazione va associata
al tema della salvezza. Si ribadisce quindi il ruolo di Cristo, Cristo salvatore, mediatore della
creazione, la prospettiva teologica di fondo è cristocentrica, soteriologica.
Il secondo momento possiamo dire che comincia con Agostino, anche se Agostino fa da sparti
acque tra i due momenti. Questi autori cominciano ad abbandonare la prospettiva biblica, non
perché non vogliono essere più fedeli alla Bibbia ma perché ci sono delle esigenze di carattere
filosofico. Quando questi Padri parlano della creazione tendono a parlare della creazione in se per
sé, si fermano sulla dimensione ontologica e filosofica della creazione. Se accentuo quindi la
dimensione filosofica automaticamente mi allontano dal linguaggio biblico che è dinamico che è
annuncio quindi la prospettiva non è più cristocentrica.
Questo accade perché in questo periodo ci sono gli anticreazionisti ovvero coloro che non ne
vogliono proprio sapere della realtà creata ma sottolineano l’opera demiurgica della divinità, non ne
vogliono sapere che la materia, l’uomo e tutto quello che lo circonda possa venire da un principio
alto che si chiama Dio, sostengono invece il processo di emanazione da una divinità o da una
materia divinizzata. Gli anticreazionisti sostengono quindi il panteismo, quando io parlo di una
realtà creata emanata dal divino non ho posto una distinzione tra il divino e l’esistente. Anche
Tommaso D’Aquino utilizza come principio ermeneutico della sua filosofia Aristotele ma possiamo
dire che lo cristianizza ovvero lo utilizza con altre finalità che sono tipiche della dottrina cristiana.
A causa di ciò il discorso sulla creazione si sposta su un piano ontologico, come emerge nella
riflessione di Tommaso che produce un cambiamento di prospettiva nell’approccio al tema della
creazione: “dal suo nativo inquadramento teologico verso un orizzonte filosofico, che farà di essa
un discorso sempre più razionale e meno di fede” (Ruiz de la Peňa). Occorre comunque sottolineare
che la terminologia “meno di fede” vuole solo significare una minore ambientazione nella
prospettiva storico-salvifica.
Tommaso da un punto di vista teologico ha come sfondo l’aristotelismo ma da un punto di vista
dottrinale in riferimento alla creazione ripete Agostino ma a sua differenza utilizza l’Aristotelismo e
non il platonismo.
Dobbiamo però dire che intorno all’XI secolo si sviluppa una eresia che fa fare un salto in avanti
alla dottrina della creazione. Questa eresia nasce nei paesi balcanici ma ben presto si trasferisce
nell’occidente europeo, trovando una grande diffusione nel sud della Francia (particolarmente ad
Albi), nel nord della Germania (in Renania), e nell’Italia settentrionale. I componenti di questa setta
si definiscono “puri” oppure “albigesi” dalla cittadina francese di Albi, loro centro di riferimento,
questa eresia verrà chiamata catara o albigese.
La tesi centrale di questo movimento era sostanzialmente dualista, sostenevano che quanto si
riferisce alla materia ha una valenza etica malvagia e deriva da un principio cattivo eterno; opposto
alla materia c’è il mondo dello spirito, che proviene da un principio buono anche lui eterno.
All’inizio di tutto, perciò, secondo questa eresia c’è una duplicità di principi che origina le cose
materiali e spirituali, contro la dottrina cristiana che riconosce un unico principio creatore.
L’eresia albigese è molto importante perché provoca il 1° intervento straordinario del Magistero sul
tema della creazione che si trova nella costituzione De fidae catholica del Concilio Lateranense IV,
svoltosi nel 1215, dove nella parte sulla creazione ci si oppone alla tendenza dualistica catara.
Infatti nel primo articolo si esprime che Dio è l’unico principio creatore di tutto ciò che esiste e che
la creazione è opera comune del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, cioè dell’unica sostanza
divina.
Ecco il testo del documento: “Crediamo fermamente e confessiamo semplicemente che uno solo è il
vero Dio, eterno e immenso, onnipotente e ineffabile. Padre, Figlio e Spirito Santo….unico
principio di tutto, creatore di tutte le cose, visibili e invisibili, spirituali e materiali; con la sua
onnipotente virtù, insieme, all’inizio del tempo, ha creato dal nulla l’una e l’altra creatura, quella
spirituale e quella materiale, cioè gli angeli e il mondo, e poi l’uomo, in certo modo partecipe di
entrambe, composto di anima e corpo. Il diavolo, infatti, e gli altri demoni sono stati creati da Dio
buoni per natura, ma sono diventati malvagi da sé stessi. E l’uomo ha peccato per suggestione del
diavolo”.
L’analisi del testo presenta cinque elementi fondamentali.
1. L’unità del principio creatore, per cui, nonostante le persone divine siano diverse, a creare è
l’unica sostanza divina.
2. Il secondo punto è la temporalità dell’atto creatore, la creazione nel tempo in quanto il tempo
inizia con la creazione. La creazione ha la caratteristica della semplicità, secondo l’espressione
“simul ab initio temporis” (l’atto della creazione pone in essere il tempo). Dire che Dio ha creato
nel tempo non significa che Dio ha creato mentre il tempo già esisteva, ma che nell’azione c’è la
creazione di tutto e quindi anche l’inizio della temporalità.
3. Per la prima volta in un documento magisteriale si trova la formulazione della creatio ex nihilo
(creazione dal nulla) pur se vari scrittori ecclesiastici la ammettevano implicitamente nei loro
scritti. L’affermazione della creazione dal nulla va contro l’idea che Dio ha creato le cose da una
materia preesistente, in quanto non esisteva nessuna materia dalla quale potesse venire plasmata
l’intera creazione.
4. L’atto creatore si estende ugualmente agli esseri spirituali e agli esseri materiali, ossia Dio è
creatore di tutto quanto esiste.
5. L’origine del male è di natura morale e non è di natura ontologica, perché Dio ha creato tutto
buono (ottimismo antropologico),sono i demoni che, creati buoni, hanno preso la strada del male,
pervertendo la loro azione.
Queste definizioni fondamentali vennero redatte in forma molto lineare e precisa, senza ulteriori
commenti magisteriali, e risulteranno di tale importanza che i concili seguenti nel trattare
l’argomento della creazione non sentiranno il bisogno di usare altre formulazioni, tanto che il
Concilio Vaticano I nel 1870 quando parla della creazione rimanda esattamente al Concilio
Lateranense IV.
Le affermazioni fondamentali sono formulate da un punto di vista filosofico, però il Concilio
Lateranense IV in modo intelligente ha preso questi elementi e li ha centralizzati all’interno di una
professione di fede, tanto che all’inizio del documento è scritto “crediamo fermamente e
confessiamo semplicemente”. Quindi nella formulazione conciliare c’è un incontro di fides e ratio,
una forte simbiosi tra la contestualizzazione storico-salvifica e quella filosofica.
La seguente età moderna è caratterizzata da grandi mutamenti culturali, che divengono determinanti
in ordine allo sviluppo di alcuni temi teologici. Il motivo di tali cambiamenti va ricercato nelle
scoperte geografiche ed astronomiche in quanto mettono in discussione la visione del mondo,
nell’affermarsi del pensiero antropocentrico, nell’abbandono della metafisica classica di stampo
platonico e aristotelico, nella nascita del pensiero secolare, nella comparsa del protestantesimo,
nello sviluppo della cultura illuminista. L’approccio razionale si estremizza perché si vive in un
contesto culturale in cui la ragione viene deificata (pensiamo a Cartesio); di conseguenza la
dialettica si attua nel linguaggio della razionalità. La creazione non si studia più come dono, come
primo momento storico-salvifico, ma si esamina in sé e per sé, nell’ambito della cosiddetta teologia
naturale.
L’uomo è il punto di riferimento e le cose prendono valore sempre più in riferimento a lui piuttosto
che a Dio. La cultura antropocentrica mette in evidenza il valore dell’individuo, col passaggio da
una mentalità incentrata sull’oggettivo ad una maggiormente soggettiva. In una cultura
individualista, la prospettiva sostanzialista, essenzialista, tipica della metafisica, entra in crisi, fino
ad essere rifiutata. Nasce il pensiero secolare, compare la crisi protestante che porta nell’ambito
religioso il soggettivismo di fondo, da cui deriva un’interpretazione individualistica della Scrittura.
Successivamente, ad ulteriore scapito della metafisica, c’è il pensiero illuminista, col primato delle
scienze, dell’empirico, dove si considera tutto ciò che esiste sotto il profilo cosmologico, nel senso
stretto del termine; si comincia a sviluppare il pensiero evoluzionistico con Lamarck, cui alcuni
decenni dopo farà seguito la teoria di Darwin.
In questo periodo, XVII secolo, nasce il trattato De Deo Creatore” sul Dio creatore.
De Deo Creatore non è collegato al Dio della grazia, ma è Dio creante et elevante, sono due ordini,
Dio crea e poi eleva non si fa una considerazione che la creazione è già un momento di elevazione, i
due piani quello della natura e quello della grazia vengono giustapposti, sul primo piano quello
della natura si discute, si parla filosoficamente solo sul piano della grazia si parla teologicamente,
questo opera la scissione dovuta soprattutto all’influenza del razionalismo. De Deo Creatore che
argomenta più in senso metafisico che in senso biblico. Quindi questo è il periodo in cui si opera la
scissione tra la fede e la ragione.
Il XIX secolo vede il ritorno dell’impostazione apologetica, la cultura razionalista, il pensiero
secolare, comincia a mettere in questione il dato della fede in sé e il dato della fede concerne anche
la creazione, nonostante sia stata sviluppata in modo naturale viene messa in questione. Il problema
è quello di difendersi dall’attacco dei razionalisti e dei positivisti. Ritorna quindi l’impostazione
apologetica in particolare in questo periodo si fa strada il concordismo (che è una cosa da evitare)
(armonizzazione dei dati scientifici con quelli biblici di Genesi) il concordiamo in altri termini è di
coloro che vogliono far coincidere i dati di fede con i dati scientifici. Il concordismo non vive bene
nè l’esperienza della scienza nè l’esperienza della fede tra l’altro il concordismo è frutto di una
ingenua frattura tra scienza e fede per cui si vogliono ricomporre in un modo troppo semplicistico.
In particolare si distinguono alcuni teologi che vengono detti semirazionalisti (G. Hermes e A.
Gunther).
La teologia sorretta ormai da prelevanti ragioni speculative, si impegna a dimostrare che la
creazione è una verità che si può comprendere con la forza della ragione, in altri termini i
semirazionalisti sono coloro che dicono che la creazione è sicuramente un dato di fede però si può
comprendere sostanzialmente con i campi della ragione. Non sono quindi razionalisti i quali dicono
che se non si comprende con la ragione non serve ma sono quelli che dicono che si può
comprendere in parte con la ragione, tendono quindi a mettere insieme la fede e la ragione però in
modo ingenuo. In questo contesto si situano le definizioni dogmatiche del Concilio Vaticano I che
sostanzialmente ribadisce la dottrina esistente (Concilio Lateranense IV) con l’aggiunta di due
elementi:
- la libertà dell’atto creatore
- la finalità dell’atto creatore (che è la gloria di Dio).
La costituzione Dei Filius dedica un capitolo all’esposizione della dottrina del Dio creatore,
condannando il panteismo che elimina la distinzione tra il creatore e la creatura, ed il materialismo,
secondo cui tutto esiste indipendentemente da Dio. La costituzione riprende la dottrina della
creazione definita dal Concilio Lateranense IV, precisando gli aspetti che erano stati messi in
questione dal semirazionalismo, ossia il carattere libero dell’atto creatore contro la dialettica
dell’idealismo, la provvidenza e la gloria di Dio intesa come compimento di tutta la creazione
Il ventesimo secolo vede la celebrazione del Concilio Vaticano II, la G.S. N. 34 ss, sviluppa gli
elementi di una dottrina della creazione, la G.S. ha una idea molto dinamica della creazione dove
vede all’opera non solo Dio ma vede il mondo come un processo aperto in cui concordano e
interagiscono due causalità da una parte Dio e dall’altra parte il lavoro dell’uomo nel senso di
partecipazione alla creazione.
Un dato molto importante è che riconosce alle realtà create l’autonomia GS 36 “le creature hanno
delle leggi, dei valori propri”. Si recupera anche la dimensioni storico-salvifica della creazione, la
centralità cristologica, in G.S. 38 si evidenzia l’unità che esiste tra l’inizio, lo svolgersi e il
compimento del mondo creato, unità tra protologia, soteriologia e escatologia in virtù del mistero
della predestinazione. Il vaticano II ha quindi riscattato la dottrina della creazione da quella cornice
razionalistica, ha incentrato il tema biblico della creazione in una prospettiva storico-salvifica.
SCHEDA 5 C
LA DOTTRINA DELLA CREAZIONE: RIFLESSIONE SISTEMATICA
Dal punto di vista teologico come affrontiamo la creazione? Che tipo di discorso dobbiamo fare?
Sicuramente è un discorso storico-salvifico, significa contestualizzare il discorso della creazione
non sul piano razionale, ma sul piano della ragione critica della fede cioè sul piano teologico.
Una sistematica della dottrina della creazione deve avere come riferimento sostanziale la teologia
cristologico-trinitaria. Alla luce della realtà impersonale di Dio, infatti, si possono comprendere la
possibilità e il senso di tutta la realtà creata.
Le ragioni di questa centratura storico-salvifica è esigito per tre ragioni. La prima è di ordine
scritturistico. Infatti la Bibbia si riferisce sempre all’evento Cristo, l’orizzonte cristologico-trinitario
lo rintracciamo già nella Scrittura, intesa ovviamente in senso logico e non cronologico. Per
comprendere il significato della creazione non ci si può fermare solamente al testo della Genesi, ma
occorre guardare anche al ruolo decisivo che Cristo ha assunto nell’atto creatore, come riportato nel
prologo giovanneo e in alcune lettere paoline (Ef, Col, Cor).
Un secondo motivo è di ordine teologico. Il termine creazione rimanda ad una ipotesi di carattere
teologico è un linguaggio. La creazione è un mistero della fede e non una realtà pienamente
comprensibile da un punto di vista razionale. Quindi occorre evitare gli errori del passato quando,
specialmente nel contesto illuminista dominato dalla razionalità, si volle fare teologia naturale,
ricorrendo alle affermazioni filosofiche o della scienza per dimostrare la creazione. Il senso di
questo mistero va sempre cercato nella Parola di Dio e non in una particolare visione scientifica.
L’ultima ragione è di ordine storico. Noi partiamo dal dato di fede e a partire dal dato di fede
illuminiamo la realtà non facciamo il contrario, non facciamo un’osservazione della natura e poi
cerchiamo di spiegarci il perché. Nell’età moderna invece il punto di partenza per illustrare la
creazione era partire dalle cose create e vedere il perché dell’esistenza, andando a ritroso di causa in
causa fino a dire che tutto ha un principio in Dio. Si partiva, perciò, dal fondamento e si cercava di
spiegare tutto in base alla fede.
In una professione di fede esprimiamo un po’ tutto della creazione attraverso queste 3 espressioni
ricavate dal simbolo niceno-costantinopolitano che ogni domenica professiamo:
- Dio come principio di tutto “Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e
della terra, di tutte le cose visibili e invisibili […..]”.
- Cristo è mediatore “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo[…..] per mezzo di lui tutte le
cose sono state create […..]”.
- “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”.
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