Contadini ricchi? Neanche per sogno

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Contadini ricchi?
Neanche per sogno
BENIAMINO GRETTER
on sono per nulla
N
d'accordo sui presunti
privilegi fiscali e non
fiscali dei contadini, come
sostenuto dalla Uil.
Alcune proposte per
perequare l'imposizione
fiscale non sono sagge,
non hanno fondamento
economico e, per ora,
nemmeno giuridico.
Il ricavo ettariale in
frutticoltura non è di
30.000 euro/ha in media.
Tale valore di ricavo va
Il tutto a prescindere dall'aspetto
finanziario. Questi 4.000 euro/ha possono
essere disaggregati in reddito da lavoro,
2.500 euro/ha, reddito da capitale
immobile, 800 euro/ha, reddito da
capitale circolante e mobile, 700 euro/ha.
In viticoltura i ricavi ed i redditi del
viticoltore sono pressoché gli stessi.
Mi sono chiesto come possa essere
uscito alla Uil quel dato lordo ed ho
ipotizzato che possa essere stato
ottenuto rapportando la sommatoria dei
fatturati delle cooperative con la
sommatoria delle superfici agrarie
utilizzabili oppure, con il dato aggregato
della produzione frutticola e/o frutticola
provinciale, noto il tonnellaggio ettariale
medio. Ma neppure così operando si
arriverebbe a risultati così lusinghieri.
Se il dato lordo in questione fosse stato
ottenuto come anzi detto, occorre
ricordare che andrebbe depurato da tutti
i costi della trasformazione nello spazio e
nel tempo effettuata a livello di
magazzino ortofrutticolo privato o
cooperativo e/o di cantina sociale o
privata. In un sistema di tassazione a
bilancio, come quello francese, sistema
implicitamente suggerito dalla Uil,
l'imponibile ettariale medio sarebbe
all'incirca questo, 4.000 euro/ha,
addirittura di moltissimo
oltre i ricavi ottenibili in
casi eccezionali, nei quali
casi si potrebbe arrivare
appena a 20.000 euro/ha.
La realtà è purtroppo ben
diversa.
Sulla base di diversi dati
che possiedo, il ricavo
ettariale in frutticoltura,
per frutteti in piena
produzione, è dell'ordine
di circa 10.000 euro/ha in
media.
Sulla base dei criteri
normalmente adottati, il
reddito ettariale in
frutticoltura, ossia quanto
rimarrebbe in tasca al
proprietario e
frutticoitore, tolti tutti gli
esborsi reali, si attesta su
circa 4.000 euro/ha in
media.
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comprensivo di reddito patrimoniale, da
capitale e da lavoro, per frutteti e/o
vigneti in piena produzione.
Rimarrebbero comunque i problemi:
della disaggregazione di questo reddito,
fra lavoro e capitale; della riduzione per
tener conto dei frutteti e dei vigneti in
allevamento e delle tare improduttive;
della diversificazione in base a zone
produttive.
Se non che, per ora, la tassazione sul
reddito agricolo si basa sul sistema delle
tariffe di Reddito Dominicale (reddito
patrimoniale) e di Reddito Agrario
(reddito da lavoro), elaborate sulla
scorta di bilanci e sull'attribuzione a
ciascuna particella fondiaria di un
Reddito Dominicale ed di un Reddito
Agrario imponibili ai fini dell'Irpef e di
altre imposte sul reddito. Attualmente,
per avere un ordine di grandezza medio, i
due redditi sono dell'ordine di 500
euro/ha e 300 euro/ha rispettivamente.
Tale sistema è equo e democratico, il
linea di principio, a giudizio di molti,
perché mira a porre una imposta sui
redditi dei terreni agrari -risorsa
strategica ai fini dell'interesse nazionale
come sancisce anche il Codice Civile,
indipendentemente dal fatto che quei
terreni siano coltivati o meno. La
bellissima conseguenza di tale sistema di
tassazione è questa: un ipotetico
proprietario e/o possessore di un terreno
agricolo, con una data potenzialità
produttiva, con degli imponibili
patrimoniali e di reddito, deve versare le
imposte anche se non lo coltiva e di
conseguenza non lo mette a disposizione,
indirettamente, della collettività, creando
lavoro, impiegando capitali e
contribuendo al gettito fiscale. Prima o
poi, il proprietario ignavo e svogliato
dell'ipotesi testé profilata sarebbe
costretto a liberarsi di tale terreno.
Se si applicasse il sistema francese,
occorrerebbe per lo meno rimuovere il
sistema delle tariffe. Applicando un
sistema quale quello francese alla
situazione italiana, dove abbonda
l'abbandono dei terreni agricoli, si
verificherebbe che chi non lavorasse o
non facesse lavorare la terra, non
contribuirebbe al gettito fiscale, pur
detenendo una risorsa strategica
nazionale. Il legislatore sarebbe costretto
ad inventarsi delle particolari leggi
patrimoniali od ingegnosi sistemi, per
esempio uno studio di settore per i
terreni abbandonati.
È vero che le tariffe ed i redditi imponibili
catastali italiani sono spesso, non
sempre, sperequati. Ma la strada è quella
dell'aggiornamento degli imponibili
catastali, applicando le norme vigenti. Le
categorie dei forestali, degli agronomi e
dei periti agrari sarebbero felici di
lavorare in sinergia con
l'amministrazione catastale in tal senso.
Il valore dei terreni agricoli riportato
nell'articolo, pari a di 50 euro/m2, non
può essere usato per inferire in ordine
alla natura od all'entità dei privilegi
fiscali sul lavoro e sul patrimonio.
Spesso si incontrano dei frutteti e/o
vigneti che sul mercato valgono 10
euro/m2 se non meno. Spesso si
incontano dei terreni, regolarmente a
frutteto ed a vigneto, che gli strumenti
urbanistici hanno incluso in aree di
espansione edilizia od industriale e che
valgono almeno 500 euro/m2.
La frutticoltura e la viticoltura ed i loro
imprenditori sono le prime vittime di tale
mercato immobiliare: per esempio
quando vogliono ampliare la piccola
proprietà diretto coltivatrice con
l'acquisto o con l'acquisizione di quote
dai coeredi. È ora di convincersi che per i
frutticoitori e viticoltori occorra
ragionare in termini di valore di reddito,
come in altre realtà d'oltralpe che hanno
per di più maggiori superfici agricole. Ho
appurato personalmente che i generosi
contributi elargiti agli imprenditori
agricoli generano investimenti in altri
settori, secondo un moltiplicatore che
vale 5 (cinque).
Se poi si pensa che, in aggiunta a 1 euro
investito dall'ente pubblico c'è anche 1
euro investito dallo stesso frutticoitore
e/o viticoltore, si capisce che tale
moltiplicatore di natura keynesiana, con
riferimento all'ente pubblico, vale 10
(dieci).
Quegli investimenti generano redditi
patrimoniali, da capitale e da lavoro e
conseguente gettito fiscale. Per quale
motivo a fronte di grande disponibilità di
terra da coltivare in Italia, di un sistema
creditizio disponibile, di contributi
pubblici ed agevolazioni fiscali, si
incontrano pochissime persone che
abbiano in animo di fare gli imprenditori
agricoli?
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