dilatazione termica e temodinamica

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Dilatazione termica e principi della termodinamica
Dilatazione termica nei solidi
Se consideriamo un metallo e lo sottoponiamo a variazione di temperatura, potremo notare in esso
una variazione delle sue dimensione che dipenderà dalla forma dell’oggetto.
In tutte le considerazioni successive la temperatura di riferimento è t = 0 , quindi a tale valore
corrispondono le misure di riferimento di lunghezza, superficie e volume l 0 , S 0 , V0 .
Dilatazione lineare: si ha questo fenomeno quando la variazione coinvolge soltanto la lunghezza
dell’oggetto che si considera.
Lunghezza a temperatura 0
Lunghezza a temperatura t
La variazione soddisfa la relazione
∆L
= λ∆T , quindi la lunghezza finale vale:
L
∆L
= λ∆T ∆L = L0 λ∆T L − L0 = L0 λ∆T
L0
L = L0 (1 + λ∆T )
Legge di dilatazione lineare
Dilatazione superficiale: si ha questo fenomeno quando la variazione coinvolge due dimensioni
dell’oggetto che si considera.
Superficie a temperatura 0
La variazione soddisfa la relazione
Superficie a temperatura t
∆S
= 2λ∆T , quindi la superficie finale vale:
S0
S = S 0 (1 + 2λ∆T )
Legge di dilatazione superficiale
Dilatazione cubica: si ha questo fenomeno quando la variazione coinvolge le tre dimensioni
dell’oggetto che si considera.
Volume a temperatura 0
Volume a temperatura t
La variazione soddisfa la relazione
∆V
= 3λ∆T , quindi il volume finale vale:
V0
V = V0 (1 + 3λ∆T )
Legge di dilatazione cubica
La considerazione che è stata fatta è che il legame tra le dimensioni lunghezza - superficie - volume
è del tipo:
lunghezza
l
superficie
l2
volume
l3
Quindi elevando al quadrato e al cubo la legge di dilatazione lineare si ottengono anche le altre due.
Nell’esempio è stato utilizzato il quadrato e il cubo, ma il procedimento effettuato può essere
generalizzato superando il carattere specifico di quanto illustrato.
Riportiamo una tabella con alcuni coefficienti di dilatazione lineare:
sostanza
Coefficiente di dilatazione lineare α in °C −1
Alluminio
24 ⋅ 10 −6
Ferro e acciaio
12 ⋅ 10 −6
Ghiaccio
52 ⋅ 10 −6
Cemento o mattoni
12 ⋅ 10 −6
Ottone
19 ⋅ 10 −6
Rame
17 ⋅ 10 −6
vetro
9 ⋅ 10 −6
Osservazione
Poiché nei coefficienti di dilatazione lineare l’ordine della potenza di 10 −6 , quando si eleva al
quadrato (per la superficie) o al cubo (per il volume) l’unico termine che ha importanza che
contiene λ è quello elevato ala prima, gli altri diventano molto piccoli che possono essere
trascurati.
Osservazione: dilatazione nei liquidi
Nel caso di un liquido si parla soltanto di dilatazione volumica, in quanto esso no ha forma propria
ma quella del contenitore che lo racchiude, inoltre è possibile osservare che i liquidi si dilatano
maggiormente dei solidi (a causa anche del diverso stato di aggregazione molecolare della materia).
Dilatazione nei gas
I termometri più precisi per misurare la temperatura sono i termometri a gas, poiché hanno tra i vari
pregi quello di liquefarsi a temperature molto basse, pertanto sono in grado di rilevare valori della
temperatura che i termometri a liquido non sono in grado di misurare in quanto rischiano di
solidificarsi.
Inoltre nei termometri a liquido la dilatazione dipende dal liquido considerato, mentre un
termometro a gas restituisce sempre la stessa temperatura indipendentemente dal gas utilizzato (a
basse temperature si verifica sperimentalmente che i gas si comportano in modo estremamente
simile).
Le grandezze che descrivono dal punto di vista macroscopico un gas sono pressione, volume
temperatura.
Per quanto riguarda una descrizione a livello microscopico, vedremo il comportamento del gas più
avanti. Le leggi che seguono sono tutte leggi sperimentali.
Trasformazione a temperatura costante
Se consideriamo un gas chiuso in un recipiente e ne manteniamo costante la temperatura, se
facciamo variare pressione o il volume del gas otteniamo la seguente relazione
pV = costante
Legge di Boyle
Legge di Boyle: a temperatura costante il prodotto della pressione per il volume è costante
Trasformazione a pressione costante
Se consideriamo un gas chiuso in un recipiente e ne manteniamo costante la pressione, se facciamo
variare la temperatura o il volume del gas otteniamo la seguente relazione
V = V0 (1 + αt )
Legge di Charles
Legge di Charles: a pressione costante il volume di un gas varia al variare della temperatura.
α è una costante uguale per tutti i gas, che dipende leggermente dalla temperatura, il cui valore è
α=
1
°C
273,15
Trasformazione a volume costante
Se consideriamo un gas chiuso in un recipiente e ne manteniamo costante il volume, se facciamo
variare la temperatura o la pressione del gas otteniamo la seguente relazione
p = p 0 (1 + αt )
Legge di Gay-Lussac
Legge di Gay-Lussac: a volume costante la pressione di un gas varia al variare della temperatura.
Formulazioni alternative delle leggi (“per gli esercizi”)
Premettiamo la seguente considerazione: se consideriamo due stati diversi corrispondenti a due
momenti distinti in cui si evolve il gas è possibile individuare delle grandezze che rimangono
costanti durante queste trasformazioni. Pertanto si possono scrivere le equazioni precedenti
sfruttando questa osservazione per legare tra loro due momenti diversi di una trasformazione di un
gas.
Legge di Boyle
La legge di Boyle afferma che a temperatura costante si ha
pV = costante
Se facciamo variare la pressione cambia il volume, ma il loro prodotto resta costante, quindi è
possibile scrivere:
all’istante t1 si ha p1V1 = costante
all’istante t 2 si ha p 2V2 = costante
poiché i prodotti dei primi membri sono uguali segue che
p1V1 = p 2V2
Legge di Boyle per gli esercizi
Legge di Charles
La legge di Charles afferma che a pressione costante si ha
V = V0 (1 + αt )
Se facciamo variare la temperatura cambia il volume, ma il loro rapporto resta costante, quindi è
possibile scrivere:
all’istante t1 si ha
V1
= costante
T1
all’istante t 2 si ha
V2
= costante
T2
poiché i prodotti dei primi membri sono uguali segue che
V1 V2
=
T1 T2
Legge di Charles per gli esercizi
Legge di Gay-Lussac
La legge di Gay-Lussac afferma che:
p = p 0 (1 + αt )
Se facciamo variare la temperatura cambia la pressione, ma il loro rapporto resta costante, quindi è
possibile scrivere:
all’istante t1 si ha
p1
= costante
T1
all’istante t 2 si ha
p2
= costante
T2
poiché i prodotti dei primi membri sono uguali segue che
p1 p2
=
T1 T2
Legge di Gay-Lussac per gli esercizi
Gas perfetti
Definizione: un gas ideale o gas perfetto è un modello ideale di gas per cui valgono
contemporaneamente la legge di Boyle, la legge di Charles e la legge di Gay-Lussac.
L’equazione di stato dei gas perfetti è
pV
= costante
T
L'equazione di stato dei gas perfetti descrive bene il comportamento dei gas reali per pressioni non
troppo elevate e per temperature non troppo vicine alla temperatura di liquefazione del gas
La sua formulazione alternativa (“per gli esercizi”) che permette di mettere in relazione due
momenti diversi in cui si trova il gas è:
p1V1 p 2V2
=
T1
T2
L'equazione di stato dei gas perfetti descrive le condizioni fisiche di un "gas perfetto" o di un gas
"ideale", mettendo in relazione tra loro le grandezze descrittive caratteristiche.
I principi della termodinamica.
Definizione: si definisce termodinamica quella parte della fisica che studia quei processi in cui
avviene la trasformazione di calore in lavoro e viceversa.
Definizione: un sistema termodinamico è una parte di spazio materiale (tridimensionale) separata
dall’ambiente esterno (universo) mediante una superficie di confine, detta anche bordo
(del sistema), essa può essere una superficie reale oppure virtuale.
Il sistema così definito può essere sede di trasformazioni interne oppure di scambi di materia,
energia con l’ambiente esterno (intendendo con ambiente esterno qualunque grandezza esterna al
sistema in grado di interagire con esso).
E’ possibile individuare tre classi di sistemi termodinamici: aperto, chiuso e isolato
Definizione: un sistema si dice aperto se consente scambi (massa/energia) con l' ambiente esterno.
Definizione: un sistema si dice chiuso se consente un flusso di energia con l' ambiente esterno ma
non permette scambi di massa.
Definizione: un sistema si dice adiabatico quando non può scambiare calore con l’esterno.
Definizione: un sistema si dice isolato se non consente scambi né di energia né di massa.
La termodinamica classica utilizza un punto di vista macroscopico per il sistema che si esamina,
infatti dato un sistema il suo stato viene descritto da variabili termodinamiche, dette anche variabili
di stato, come la temperatura, la pressione, il volume, la composizione chimica.
Primo principio della termodinamica
Gli scambi possono avvenire sotto forma di calore o lavoro. Questi due concetti non sono delle
proprietà intrinseche del sistema, ma sussistono nel momento in cui esso interagisce con l'ambiente,
cioè scambia energia con l'esterno. Quindi un sistema non possiede calore o lavoro, bensì energia;
ogni variazione di energia è poi esprimibile in termini di calore (se il passaggio di energia è dovuto
ad una differenza di temperatura tra ambiente e sistema) e lavoro (per qualunque variazione
energetica che non sia dovuta alla differenza di temperatura, come ad es. una forza meccanica che
provochi uno spostamento, un trasferimento di energia elettrica o elastica).
A tal riguardo consideriamo il sistema seguente, costituito da un gas, racchiuso in un recipiente, la
cui superficie superiore sia libera di muoversi, su di essa, infine, sia posizionata una massa.
Allo stato 1) il sistema sia in equilibrio; successivamente allo stato 2) si fornisca calore al gas
tramite la sorgente di calore posta alla base del contenitore. In questo modo si aumenta l’energia
cinetica delle particelle del gas.
Gas
Gas
Sorgente di calore
Sorgente di calore
Analizziamo i cambiamenti che avvengono:
allo stato 1) il gas ha una precisa configurazione di pressione, temperatura e volume che permette al
gas di bilanciare la forza peso dovuta alla massa dell’oggetto. Pertanto il gas possiede una
determinata energia interna, che chiamiamo U 1 .
Allo stato 2) viene fornito calore al gas, per il quale:
aumenta la temperatura
aumenta la velocità della
particelle del gas
vi < v f da cui segue che
E Ci =
aumenta l’energia interna del
gas
Ciò provoca una dilatazione del
gas che fa innalzare la superficie
superiore sui cui si trova il corpo
l’energia interna del gas compie
lavoro contro la forza peso dovuta
alla presenza della massa
Dall’equivalenza tra calore ed energia possiamo scrivere:
∆Et la variazione di energia (termica) del gas
∆U la variazione di energia interna del gas
∆E g la variazione di energia potenziale gravitazionale del corpo
1 2 1 2
mvi < mv f = EC f
2
2
Osservazione
Se la superficie del contenitore ha massa m, anche quest’ultima deve essere considerata nella
variazioni di )energia (espansione del gas, relativo innalzamento, variazione di energia potenziale
gravitazionale.
Per il principio di conservazione dell’energia si ha:
∆Et = ∆U + ∆E g
Cioè l’energia fornita dalla sorgente di calore viene utilizzata per:
far aumentare al temperatura del gas e quindi per far aumentare al sua energia interna;
per far innalzare la massa posta sopra la superficie superiore (cioè per compiere lavoro
contro la forza gravitazionale).
Allora possiamo scrivere la relazione precedente come segue:
Q = L + ∆U
Primo principio della termodinamica
Osservazione
Nelle considerazioni fatte si è assunto che
Il calore è positivo, cioè esso viene fornito al sistema
Il lavoro è positivo, cioè viene prodotto dal sistema.
Se avviene l’evento contrario (la massa comprime il gas) si ha che:
il sistema cede calore, pertanto Q < 0 ;
il diminuisce la capacità del sistema di compiere lavoro, pertanto L < 0 .
Le considerazioni fatte possono essere generalizzate a sistemi generali, pertanto possiamo
considerare validi in generale i risultati ottenuti.
Osservazione
Il primo principio della termodinamica rappresenta il principio di conservazione dell’energia
applicato scambi di calore, energia interna e lavoro svolto.
Trasformazioni reversibili ed irreversibili
Uno stato di un gas ideale è descritto dai valori che assumono in quella precisa configurazione le
variabili P,V , T .
Definizione: si definisce variazione di stato per un gas ideale qualunque variazione dei valori di
P,V , T .
E’ possibile schematizzare il passaggio da una configurazione ad un’altra come:
1. una successione di stati di equilibrio termodinamico per il gas, per i quali vale la relazione
P0V0 P1V1
=
;
T0
T1
2. una successione tra stati che non si trovano in equilibrio termodinamico, per i quali non vale
la relazione
P0V0 P1V1
=
.
T0
T1
Definizione: si definisce trasformazione reversibile ogni trasformazione del tipo 1), mentre si
definisce trasformazione irreversibile ogni trasformazione dl tipo 2).
Per avere una trasformazione reversibile si dovranno avere stati di equilibrio in cui valga
P0V0 P1V1
=
, cioè il calore fornito dovrà distribuirsi uniformemente, pertanto la variazione di calore
T0
T1
dovrà avvenire in maniera molto lenta.
Per avere una trasformazione irreversibile il calore dovrà essere fornito in modo rapido, in modo
tale che non possa distribuirsi uniformemente, si avranno allora zone in cui la temperatura avrà
valori diversi e quindi l’equazione
P0V0 P1V1
=
non descriverà correttamente il legame tra le
T0
T1
variabili di stato.
Trasformazioni nei gas ideali
1. Trasformazione a volume costante (trasformazione isocora)
Definizione: si definisce isocora una trasformazione per un gas ideale in cui rimane costante il
volume.
2. Trasformazione a pressione costante (trasformazione isobara)
Definizione: si definisce isobara una trasformazione per un gas ideale in cui rimane costante la
pressione.
3. Trasformazione a temperatura costante (trasformazione isoterma)
Definizione: si definisce isoterma una trasformazione per un gas ideale in cui rimane costante la
temperatura.
Pertanto in questo caso accade che ∆T = 0 e dall’equivalenza esistente tra:
Energia interna di un gas (U)
Temperatura del corpo (T)
4. Trasformazione senza scambio di calore (trasformazione adiabatica)
Definizione: si definisce adiabatica una trasformazione per un gas ideale in variano i valori per le
grandezze di stato P,V , T senza che avvengano scambi di calore con l’ambiente
esterno.
Inoltre in questo caso si ha, per il primo principio della termodinamica:
0 = ∆U + L
Cioè:
. L = − ∆U
Cicli termodinamici
Le trasformazioni viste sino ad ora sono state studiate separatamente, in realtà per produrre lavoro
con continuità con una macchina che utilizza le trasformazioni termodinamiche è necessario che tali
trasformazioni riportino il sistema alle condizioni iniziali, per poter ripetere la sequenza delle
trasformazioni e produrre ancora lavoro.
Le trasformazioni che soddisfano tale condizione vengono dette trasformazioni cicliche.
Definizione: si definisce ciclo termodinamico una successione di trasformazioni termodinamiche
che riportano il sistema alle condizioni iniziali di pressione, temperatura, volume.
Osservazioni
Variazione di energia interna e lavoro in un ciclo termodinamico:
una ciclo termodinamico può essere complesso, ma alla fine di un ciclo termodinamico
l’energia interna poiché le variabili di stato hanno il medesimo valore iniziale deve essere
∆U = 0 ;
Le macchine termiche
Definizione: si definisce macchina termica un dispositivo che converte il calore (energia termica) in
lavoro.
Osservazione
Le macchine termiche hanno struttura di lavoro in genere ciclica, quindi sono descritte fisicamente
da un ciclo termodinamico.
Esempio
Il ciclo di Rankine a vapore saturo (o Rankine-Hirn) è un ciclo termodinamico a vapore composto
da trasformazioni adiabatiche e due isobare.
Questo ciclo è stato adottato in passato principalmente nelle centrali termoelettriche con turbine a
vapore
Il ciclo può essere:
aperto: con scarico da vapore in atmosfera (come avveniva nelle vecchie locomotive a
vapore che dovevano trasportare oltre al carbone, l'acqua)
chiuso: come nel caso delle centrali termoelettriche che adottano la cogenerazione,
attraverso la quale si sfrutta il calore residuo del vapore allo scarico attraverso una rete di
teleriscaldamento.
Definizione: si definisce rendimento di una macchina termica il rapporto tra il lavoro meccanico
prodotto e l’energia termica utilizzata
La macchina di Newcomen
La macchina di Newcomen costituisce la prima applicazione del vapore ad un processo industriale
per estrarre l’acqua dalle miniere. Essa è una pompa dotata di pistone azionata da un motore a
vapore a condensazione interna.
bilanciere
acqua di refrigerazione
pistone
4
2
3
1
cilindro
Sorgente di calore
contenitore
Descrizione del funzionamento in base alle valvole 1 - 2 - 3 - 4:
2 aperta, 1 – 3 – 4 chiusa: il vapore entra nel cilindro e solleva il pistone, il contenitore
scende;
3 – 4 aperta, 1 – 2 chiusa: l’acqua di refrigerazione fa condensare il vapore del pistone che
scende e fa salire il contenitore;
2 aperta, 1 – 3 – 4 chiusa: il ciclo termodinamico riparte.
Inconveniente di questa macchina era quello di dover riscaldare e raffreddare il cilindro ad ogni
ciclo con un forte rallentamento del lavoro e con grande spreco di calore.
Per queste macchine il rendimento non superò mai lo 0,5%.
La macchina di Watt
La macchina di Watt migliorò il rendimento della macchina di Newcomen, separando il cilindro di
compressione e separando il successivo raffreddamento del vapore che avviene in un apposito
condensatore.
bilanciere
acqua di refrigerazione
pistone
2
3
1
cilindro
condensatore
uscita del vapore condensato
Sorgente di calore
Descrizione del funzionamento in base alle valvole 1 - 2 - 3:
2 aperta, 1 – 3 chiusa: il vapore entra nel cilindro che si alza facendo ruotare il bilanciere;
3 aperta, 1 – 2 chiusa: il vapore dal cilindro(che si abbassa) si sposta nel condensatore, che
essendo sempre a contatto con acqua fredda fa condensare il vapore.
Il ciclo poi si ripete.
Tale macchina aveva un rendimento del 4%
Rendimento di una macchina termica
Durante le prime fasi di studio delle macchine termiche si studiava la possibilità di convertire tutto
il calore assorbito in lavoro, cioè di costruire un congegno che non disperdesse calore. I dati
sperimentali dimostravano però che i tentativi fatti non andavano vero questa direzione. A tal
riguardo Sadi Carnot sintetizzò il principio di funzionamento di una macchina termica
dall’osservazione fondamentale che una macchina termica deve operare con almeno due sorgenti di
calore una ad alta temperatura e una a bassa temperatura:
una macchina termica operante tra due sorgenti di calore è una struttura che assorbe una
quantità di calore Q2 dalla sorgente più calda e cede alla sorgente più fredda una quantità di
calore Q1 < Q2 , realizzando una lavoro L = Q2 − Q1 .
Su quanto affermato il rendimento può essere espresso dalla relazione
η=
Q
L Q2 − Q1
= 1− 1
=
Q2
Q2
Q2
Osservazione
Q1 non può mai essere nullo in quanto non si può cedere calore ad una sorgente fredda
Nella formula quando si considerano i dati, Q1 va tenuto in considerazione in valore assoluto.
Questo risultato è ovviamente in accordo con il secondo principio della termodinamica (che
vedremo tra breve)che vieta la possibilità di produrre il moto perpetuo di seconda specie.
Importante conseguenza degli studi di Carnot: il calore è una forma di energia di seconda specie
poiché non si può trasformare interamente in altre forme di energia.
Ciò significa che al suo interno l’energia termica contiene una parte che non è utilizzabile per altri
scopi e viene dissipata.
Pertanto possiamo affermare anche:
Tutte le macchine termiche ideali reversibili che lavorano tra due sorgenti uguali devono avere lo
stesso rendimento
In queste due proposizioni nasce l’idea del secondo principio della termodinamica, cioè il fatto che
esiste un limite superiore per il rendimento di una macchina termica.
Osservazione: il ciclo refrigerante
Se invertiamo il verso di percorrenza delle trasformazioni di una macchina termica operante da una
sorgente più calda verso una sorgente più fredda avremo come risultato un prelievo di calore Q1
dalla sorgente a temperatura T1 e un a cessione di calor Q2 alla sorgente di temperatura T2 .
Si avrebbe una cessione di calore dalla sorgente più fredda alla sorgente più calda (in contrasto con
l’evolversi dell’energia e di un sistema verso una situazione di equilibrio, cioè temperature uguali).
Questo deve essere per forza conseguenza di un lavoro L compiuto sul sistema.
Si ottiene quindi un ciclo refrigerante.
Definizione: si definisce coefficiente di prestazione CP l’efficienza di un ciclo refrigerante, esso è
determinato dal rapporto tra la quantità di calore assorbito dalla sorgente a temperatura
inferiore e il lavoro impiegato il tale operazione.
CP =
Q1
L
Su tale ciclo funzionano ad esempio i frigoriferi ed i condizionatori, la cui pompa di calor deve
essere esterna per non re-immettere nella stanza il calor estratto.
Il secondo principio della termodinamica
Riprendiamo alcune considerazioni
il calore fluisce dal corpo più caldo al corpo più freddo
per trasformare calore in lavoro servono almeno due sorgenti a temperature diverse
nessuna macchina termica può avere un rendimento del 100%
il calore non passa mai spontaneamente da un corpo più freddo ad un corpo più caldo
Riportiamo la formulazione del’enunciato in due modi equivalenti:
Formulazione di Kelvin
Non è possibile alcun processo ciclico il cui risultato sia la trasformazione in lavoro di
un’equivalente quantità di calore sottratta ad un’unica sorgente
Formulazione di Clausius
Non è possibile realizzare una macchina frigorifera il cui unico risultato sia quello di trasferire
calore dalla sorgente più fredda alla sorgente più calda.
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