il centro storico - Terra di Guglielmo

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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
LA CITTA' DEI GONZAGA
Remotissime sono le origini di Mantova. Diventò città sotto gli Etruschi dei quali la popolazione mantovana
conservò a lungo sangue e spirito civile, nonostante la successiva permanenza dei Galli, sostituiti, sul finire del III°
secolo a.C., dai conquistatori romani. Al tempo di Augusto nacque il poeta Virgilio in un borgo chiamato Andes
situato nel luogo in cui oggi, poco lontano da Mantova, è la frazione di Pietole appartenente al comune che porta il
nome del poeta.
Caduto l'impero romano, anche Mantova subì le invasioni barbariche. Vuole la tradizione che sia stato in territorio
mantovano, presso Governolo, che papa Leone Magno indusse Attila ad interrompere la marcia verso Roma.
Dopo questo cupo periodo Mantova venne inclusa nell'immenso feudo di Canossa, la potente famiglia di cui
Matilde fu l'ultima e più illustre rappresentante. Morta la famosa contessa (1115) il popolo mantovano instaurò il
governo comunale, durato fino a quando le lotte intestine non favorirono le ambizioni di Pinamonte Bonacolsi che
nel 1276 si fece proclamare Capitano generale perpetuo di Mantova. Ma nel 1328 i Gonzaga ordirono una
congiura e, cacciati i Bonacolsi, si impadronirono del potere che tennero fino al 1707. Poi, salvo la parentesi
napoleonica tra il 1797 e il 1814, il territorio mantovano fu soggetto all'Austria fino al 1866 quando diventò parte
dell'Italia unita.
Numerosi monumenti attestano la feconda operosità del periodo comunale, il solenne prestigio della famiglia
Bonacolsi, la prestigiosa magnificenza di casa Gonzaga.
ITINERARI PROPOSTI
IL CENTRO STORICO
L'itinerario di visita della città non può che iniziare da Piazza Sordello, che con i suoi dintorni costituisce il nucleo
antico, su quella che fu l'isola originaria, e che rappresenta ancora oggi il cuore della città.
Piazza Sordello, dedicata al poeta mantovano ricordato da Dante nel VI canto del Purgatorio, fu creata nel corso
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del '300; era il "centro" della vita religiosa e politica dove prima i Bonacolsi, poi i Gonzaga fecero costruire
imponenti palazzi.
La piazza ha forma rettangolare ed è delimitata a Nord dal Duomo.
Il lato orientale di piazza Sordello, a destra guardando il Duomo, è delimitato dagli edifici di Palazzo Ducale: in
particolare da due edifici porticati, fatti costruire dai Bonacolsi alla fine del '200 - la Magna Domus e il Palazzo del
Capitano.
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Più arretrato si trova il Castello di San Giorgio, fatto costruire verso la fine del XIV da Francesco Gonzaga che
voleva ampliare il palazzo del Capitano e munirlo di un possente baluardo. L'edificio è un imponente fortezza in
cotto a pianta quadrata, rafforzata da quattro possenti torri angolari sporgenti e circondata da un fossato.
In Piazza Sordello, sul lato opposto a quello di Palazzo Ducale, si ergono antichi palazzi: il Palazzo Vescovile,
Palazzo degli Uberti, Palazzo Castiglioni, Palazzo Acerbi.
Il Palazzo Vescovile fu costruito tra 1776 e il 1786, appartenente alla famiglia dei marchesi Bianchi che lo
abitarono fino a quando, nel 1823, divenne sede episcopale. La facciata è caratterizzata da due poderosi telamoni
ai lati dell'ingresso che reggono una balconata marmorea.
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Palazzo degli Uberti, sull'angolo di vicolo Bonacolsi, di costruzione tardogotica, fu fondato dal ramo mantovano
della famiglia fiorentina da cui prese il nome. Conserva tracce delle originarie strutture trecentesche,
successivamente inglobate dai vari rifacimenti, soprattutto nelle finestre che danno sul vicolo.
Segue Palazzo Castiglioni, detto anche Bonacolsi. Ritenuto dimora dei Bonacolsi, fatta erigere da Pinamonte
nel 1281, sembra possa essere stato costruito per volontà di Luigi Gonzaga dopo la conquista del potere intorno al
1340.
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Il Palazzo, dal 1808, è di proprietà dei conti Castiglioni, discendenti dal famoso Baldassarre, autore de Il
Cortegiano. L'ampia superficie in cotto, sormontata da merli ghibellini, è scandita, nell'ultimo piano, da finestre con
arco bicolore, in cotto e in marmo, contenente il motivo di una trifora. Nel piano inferiore vi è una serie più fitta di
monofore, oggi quasi tutte chiuse. Al piano terra sull'estremo lato sinistro, l'originario portone dell'ingresso ha un
grande arco sesto acuto bicolore e decorato con scudi con stemma dei Bonacolsi.
L'attuale portone d'ingresso, al centro della facciata, e il balcone sovrastante sono modifiche avvenute nel corso
dell''800. Del complesso fa parte anche la casatorre, visibile dal cortile e da vicolo Bonacolsi.
Accanto a Palazzo Castiglioni si trova Palazzo Acerbi, una delle dimore dei Bonacolsi, sopra il quale emerge la
torre più alta di Mantova, detta della Gabbia.
La torre fu chiamata così da quando Guglielmo Gonzaga, nel 1576, mise un gabbione di ferro che era utilizzato
come un vero e proprio carcere all'aperto.
Situato a pochi metri dal Duomo, in Via Cairoli, si erge il Palazzo del Seminario. La facciata neoclassica fu
ricostruita nel 1825 su progetto di Giovan Battista Vergani.
Proseguendo per Via Cairoli, si arriva in Piazza Virgiliana. Quella che oggi è l'area della piazza era anticamente
un'insenatura del lago di Mezzo, progressivamente prosciugata tra la seconda metà del '700 e i primi anni del
secolo successivo. Fu sistemata secondo il progetto di Paolo Pozzo e dedicata a Virgilio. Dell'impronta
neoclassica di un tempo, rimane qualche edificio sui bordi della Piazza che fu trasformata a giardino negli anni
Trenta. Il monumento a Virgilio fu inaugurato nel 1927: il disegno architettonico è di Luca Beltrami, la statua in
bronzo di Emilio Quadrelli, i gruppi marmorei laterali di Giuseppe Menozzi. Uscendo da via Cairoli, proseguendo
sulla sinistra, si può visitare il Museo Diocesano "Francesco Gonzaga", che espone preziosi oggetti d'arte di
epoca Gonzaghesca oltre al complesso, unico al mondo, delle armature dei Missaglia provenienti dal Santuario di
Santa Maria delle Grazie.
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L'itinerario prosegue per Piazza Broletto, alla quale si accede da Piazza Sordello, passando sotto il Voltone di
San Pietro, che fu una delle porte di Mantova nell'età più antica.
Appena oltre il Voltone di San Pietro iniziano i portici rinascimentali di Mantova sorretti da colonne con capitelli
di epoche diverse e di varia provenienza. Percorso un breve tratto di tali portici si giunge in Piazza Broletto. Creata
verso il 1190, quando la città fu ampliata al di là del primitivo nucleo storico, è attorniata dagli edifici del periodo
comunale.
Di fronte si trova il Palazzo del Podestà. Costruito nel 1227, come informa una lapide sulla facciata dell'edificio, il
palazzo era destinato ad ospitare il Podestà, massima autorità del Comune. L'edificio fu in parte distrutto da
diversi incendi e ricostruito con diverse modifiche. Il cortile interno, accessibile attraverso il Sottoportico dei
Lattonai, è munito di una suggestiva scala tardogotica.
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Sul lato che si affaccia su piazza Broletto, l'Edicola di Virgilio è contemporanea alla costruzione del palazzo: il
poeta è rappresentato seduto in cattedra sotto un baldacchino, col capo coperto dalla berretta dei dottori
medievali.
A sinistra si stacca il grande arco a tutto sesto dell'Arengario, costruito intorno al 1300 per congiungere il Palazzo
in cui risiedeva l'autorità podestarile con quello della Masseria, l'ufficio che registrava le entrate e le uscite del
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comune. L'arco è sormontato da due eleganti trifore, e da una galleria formata da archi e colonne. Dal loggiato si
proclamavano i bandi e le sentenze dei magistrati. Sotto al grande arco sono ancora visibili quattro grossi anelli di
ferro a cui si attaccavano le corde per i condannati alla tortura dei "squassi di corda".
Proseguendo lungo i portici di via Broletto ci si porta in Piazza Erbe, così chiamata perché ospita da tempo il
mercato di frutta e verdura. Chiusa a nord dalla parte posteriore del Palazzo del Podestà, vi si affacciano il
Palazzo della Ragione e l'attigua Torre dell'Orologio. La Torre fu costruita a pianta rettangolare nel 1472 su
progetto di Luca Fancelli; vi fu collocato nel 1473 l'orologio a funzionamento meccanico di Bartolomeo Manfredi.
Nella nicchia sotto il quadrante, ricavata nel 1639, una statua della Madonna Immacolata.
Oltre la Torre dell'orologio si affaccia su piazza Erbe la Rotonda di San Lorenzo, la più antica chiesa esistente a
Mantova.
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Sul retro della Rotonda si apre Piazza della Concordia. A destra, in via
Spagnoli, si trova il Palazzo della Camera di Commercio, interessante edificio
in stile Liberty progettato dall'architetto mantovano Aldo Andreani agli inizi del
'900.
Si ritorna in Piazza Erbe, chiusa sul lato meridionale dalla Casa di Boniforte
(detta anche Casa del Mercante). Fatto costruire nel 1455 da un ricco mercante
brianzolo - Giovanni Boniforte da Concorezzo - l'edificio spicca con la sua
preziosa facciata, che presenta una commistione di motivi ornamentali
eterogenei; il portico è sorretto da robuste colonne corinzie.
Attigua alla Casa del Mercante, si erge la Torre del Salaro, costruita nel secolo
XIII; venne successivamente utilizzata come deposito di sale.
Adiacente a Piazza Erbe si trova Piazza Mantegna, sulla quale si erge la
solenne facciata della Basilica di Sant'Andrea. La chiesa è la più grande di
Mantova e merita un'accurata visita anche all'interno, ricco di straordinarie opere
d'arte.
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DAL CENTRO STORICO A PALAZZO TE: "IL PERCORSO DEL PRINCIPE"
Il secondo percorso parte da Piazza Marconi, cinta su due lati da portici rinascimentali. In piazza Marconi è
visibile Casa Lanzini, una tipica dimora di un ricco mercante rinascimentale, eretta verso il 1460. La facciata, con
le finestre incorniciate in cotto, è sovrastata da merlature.
I portici continuano in Corso Umberto I
per sboccare in Piazza Cavallotti sulla
quale si affaccia il Teatro Sociale.
Ispirato agli schemi del teatro d'opera
di gusto neoclassico, il teatro fu
costruito tra il 1818 e il 1822 su
progetto dell'architetto Luigi Canonica.
L'imponente facciata è caratterizzata
dal pronao a frontone triangolare
sorretto da sei colonne ioniche poste
su un alto podio; la sala è a cinque
ordini e conserva eleganti decorazioni.
Percorrendo, a sinistra, Corso della
Libertà si arriva in Piazza Martiri della
Libertà e si percorre, a destra, via
Chiassi, fiancheggiata da edifici antichi.
Si segnalano: al n.17 un palazzo con
un tondo cinquecentesco raffigurante
una Madonna col Bambino; al n.20 il
cinquecentesco Palazzo Aldegatti,
con un bel portale marmoreo.
Più avanti la Chiesa di S. Maurizio, progettata all'inizio del '600 dal cremonese Antonio Maria Viani, con interno a
navata unica e cupola ellittica.
Al n.24 una piccola casa del 1724, caratterizzata da un frontone sagomato; al n.42 il palazzo dei conti Cantoni
Marca, coronato da merlature quattrocentesche; al n.59 un edificio con portale marmoreo degli inizi del '500 e al
n.61 il palazzo che apparteneva ai marchesi Nerli Ballati, della fine del XVII secolo
In piazza Bazzani, sull'incrocio con via Poma, sorge la Chiesa di San Barnaba. L'attuale edificio è un rifacimento
settecentesco di una precedente costruzione di cui si ha notizia fin dal 1268. L'interno a navata unica, con
profonda abside e tre cappelle su ciascun lato, presenta eleganti stucchi che incorniciano tele di diversi pittori
settecenteschi.
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In via Poma si trova, al n.18, la Casa di Giulio Romano, che l'artista abitò negli ultimi anni della sua vita. Giulio
Romano acquistò l'edificio nel 1538 dagli eredi di Ippolito degli Ippoliti, che lo aveva costruito agli inizi del
Cinquecento. La casa fu trasformata a partire dal 1540 dallo stesso Giulio Romano. Egli ricostruì completamente
la facciata, in intonaco, stucco e cotto, con basamento a bugne: al piano terreno tra le bugne sono aperte finestre
con sottostanti prese di luce per le cantine, il portale è ad arco ribassato e sovrastato da una nicchia in cui è posta
una statua di Mercurio; al secondo piano le finestre sono delimitate da mostre concluse da frontoni all'interno di
archi, decorati con grosse maschere; nella cornice superiore festoni si intrecciano con corna di arieti, scandendo
l'apertura di finestre circolari. All'interno il salone della casa, affrescato da Giulio Romano, ha come protagonisti
divinità olimpiche e personaggi del mito greco latino.
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Dall'altra parte della strada il Palazzo di Giustizia, fatto costruire dai Gonzaga di Vescovato all'inizio del '600 su
progetto di Antonio Maria Viani. La facciata è scandita da dodici gigantesche figure reggenti i capitelli
dell'architrave.
Al termine di via Poma, sulla sinistra
via Principe Amedeo, con il Palazzo
del Governo, costruito per i
marchesi
Guidi
di
Bagno
e
caratterizzato da una maestosa
facciata del 1857, e, al n.29, un
palazzo tardo cinquecentesco con un
bel portale marmoreo; sulla destra
inizia via Acerbi sulla quale si
affacciano la Casa del Mantegna e il
Tempio di San Sebastiano.
La costruzione della Casa del
Mantegna ebbe inizio nel 1476, ma
nel 1494 non era ancora terminata.
Risulta occupata dall'artista solo nel
1496, ma già nel 1502 egli fu
costretto a venderla a Francesco II.
La costruzione è a forma di cubo,
con ciascun lato di 25 metri; si
sviluppa su tre piani ed è delimitata
da una cornice superiore. Al centro
della casa si trova la famosa
"rotonda", un cortile circolare del
diametro di 11 metri.
Sul lato opposto della strada, in Largo
XXIV Maggio, si erge il Tempio di San
Sebastiano progettato da Leon
Battista Alberti.
Più avanti, all'incrocio con viale
Risorgimento,
si
incontra
il
gonzaghesco
Palazzo
di
San
Sebastiano. Recentemente restaurato,
Palazzo San Sebastiano è oggi sede
della Sezione Storica del Museo della
Città.
Usciti dall'antica Porta Posterla,
attraversando viale Risorgimento si
arriva nella località del Te che era nei
secoli scorsi un'isola situata a sud di
Mantova. Era separata dalla città da un
canale e circondata dal lago del Paiolo,
interrato sul finire del '700. Su
quest'area i Gonzaga fecero costruire
quel
capolavoro
dell'arte
cinquecentesca che è il Palazzo Te.
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I PALAZZI DELLA CULTURA
L'itinerario che segue vuole sottoporre all'attenzione del visitatore i luoghi della cultura, caratterizzati
prevalentemente da edifici seicenteschi e settecenteschi.
L'itinerario può iniziare da via Ardigò, alla quale si può arrivare da Piazza Broletto, passando sotto l'arco
dell'Arengario.
Si può ammirare la
facciata
della
ex
Chiesa della SS.
Trinità. La Chiesa fu
costruita nel 1587 per
i Gesuiti, ma la
facciata
fu
manomessa in epoca
ottocentesca.
Nella
cappella
maggiore
erano esposte tre
celebri tele, opera
dell'inizio del '600 di
Pietro Paolo Rubens:
il Battesimo di Cristo
e la Trasfigurazione sottratte alla fine del
'700
da
soldati
francesi - ora nei
musei di Anversa e di
Nancy; e la pala
raffigurante
La
famiglia Gonzaga in
adorazione della SS
Trinità, conservata in
Palazzo Ducale.
Proseguendo via Ardigò si arriva in
Piazza Dante sulla quale si
affacciano il Palazzo degli Studi,
con l'ingresso della Biblioteca
Comunale,
e
la
sede
dell'Accademia Virgiliana.
Il Palazzo degli Studi era di
proprietà dei Gesuiti e ospitava
l'Istituto
Universitario
quando
l'architetto
bolognese
Alfonfo
Torreggiani lavorò, tra il 1753 e il
1763, per ricostruirne la facciata
secondo i canoni neoclassici. Nel
1780 fu istituita per volontà
dell'imperatrice
Maria
Teresa
d'Austria la Biblioteca Pubblica
che
per
questo
motivo
è
comunemente detta "Teresiana".
In via Accademia, si può ammirare
la facciata principale del Palazzo
dell'Accademia,
di
origine
medioevale, già sede di una
Accademia di studiosi denominata
degli Invaghiti, e della Accademia
degli Invitti (denominata in seguito
dei Timidi).
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Le accademie nel corso del '700 furono
rinnovate
e
confluirono
nella
"Reale
Accademia di Scienze, Lettere e Arti" per
volere di Maria Teresa d'Austria. Fu deciso di
rinnovare anche l'intera sede dell'Accademia.
Il piano di trasformazione coinvolse per primo il
teatro rinascimentale - il Teatro del Bibiena. Il
progetto del nuovo teatro, commissionato
all'architetto emiliano Antonio Galli Bibiena,
venne portato a termine nel dicembre del 1769.
La costruzione del Palazzo Accademico venne
invece affidata, nel 1772, all'architetto di scuola
neoclassica Giuseppe Piermarini. L'architetto
Paolo Pozzo che diresse i lavori, progettò
anche l'elegante sala, detta Sala Piermarini, in
cui sono esposti tre ritratti, dipinti a Vienna nel
1770 da Hubert Maurer: Maria Teresa, il marito
Francesco I di Lorena e il figlio Giuseppe II.
L'itinerario prosegue, a destra, per via Pomponazzo dove si trova il Palazzo della Finanza. Già convento
dell'ordine dei Carmelitani, fu ristrutturato nel 1787 dall'architetto Andrea Pozzo: la facciata del palazzo fu
trasformata secondo i canoni neoclassici, e vi furono inseriti due portali cinquecenteschi.
Di fronte al Palazzo della Finanza si trova quello che un tempo era il quartiere ebraico, entro il quale gli ebrei
della città furono confinati nel 1612.
Importante testimonianza degli edifici del ghetto è il Palazzo del Rabbino, in via Bertani, costruito nella seconda
metà del '600. Di grande interesse i pannelli a stucchi, realizzati tra le finestre del piano terra e quelle del primo
piano, che mostrano suggestive vedute di città.
Tornando in via Pomponazzo, sorge al n.23 il Palazzo Sordi: fu costruito nel 1680 per volontà del marchese
Benedetto Sordi su progetto dell'architetto fiammingo Franz Geffels. Sull'angolo destro della facciata, a conci
bugnati alterni vi è il busto del committente e l'epigrafe con il nome dell'architetto e la data della costruzione. Il
portale d'ingresso è sovrastato da un balcone, a sua volta sormontato da un frontone semicircolare che include
una Madonna con Bambino ad alto rilievo.
Più avanti si può ammirare la Chiesa di San Martino, di fondazione medievale ma
ricostruita in gran parte nel 1737. Sul portale d'ingresso un pregevole altorilievo
raffigura S.Martino a cavallo e il povero.
Attraversato il Rio al n.8 di via Trieste c'è la Casa di G.B. Bertani, progettata e
realizzata dall'architetto nel '500. Modificata nel corso del secolo scorso, conserva sulla
facciata due lapidi originali e le colonne ioniche ai lati del portone.
DAL CENTRO
CERESE
STORICO
A
PORTA
L'itinerario inizia dalla zona affacciata sul
Rio, in prossimità di Piazza Martiri di
Belfiore. Qui sono visibili, a cavallo del
canale, le Pescherie realizzate nel 1534, su
progetto di Giulio Romano: disposte su un
doppio porticato bugnato ad archi tondi; era
il luogo destinato al commercio del pesce.
Nelle immediate vicinanze, vicino ai giardini
che costeggiano il tratto del Rio, sorge
isolato il campanile della Chiesa di San
Domenico, unico resto della costruzione
sacra.
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Percorrendo via Mazzini si possono ammirare palazzi cinquecenteschi e, più avanti, la Chiesa di Santa Teresa,
eretta nel 1668 accanto al convento omonimo.
Girando a sinistra in via Giulio Romano si incontra, sull'angolo con via N. Sauro, la Chiesa, sconsacrata, del
Carmelino, chiesa settecentesca, annessa al vicino chiostro dell'ex convento.
Girando a destra in
via Vittorino da Feltre,
nel punto in cui la via
si allarga in una
piazza,
si
può
ammirare la Chiesa
di Santo Spirito.
La chiesa è stata
completamente
rimaneggiata in epoca
recente;
all'interno
presenta
resti
di
decorazioni pittoriche
risalenti alla fine del
'400. Nella piazzetta
una lapide ricorda il
grande
umanista
Vittorino da Feltre,
vissuto alla corte dei
Gonzaga dal 1423 al
1446.
Tornando indietro in via Giulio
Romano si raggiunge via Isabella
d'Este, dove si trova la Chiesa di S.
Lorenzino. La chiesetta, ora adibita
al culto evangelico, è del 1590 ed è
attribuita
all'architetto
Giuseppe
Dattari.
L'itinerario procede a destra in via
Frattini, sulla quale si affacciano
interessanti abitazioni private. Al n.5
si consideri Casa Menozzi, della
seconda metà del '400, edificata sul
progetto dell'architetto fiorentino Luca
Fancelli.
Al n.7 Palazzo Valenti, che iniziato
nella seconda metà del '600, rimase
incompiuto. L'imponente facciata, a
cinque
ordini
di
finestre,
è
caratterizzata dal contrasto tra gli
elementi in marmo e la superficie
muraria in cotto.
Al n.9 Casa Andreasi, abitazione della beata Osanna Andreasi; l'aspetto attuale dell'edificio si deve al Fancelli
che vi intervenne nella seconda metà del sec. XV. La facciata, su un basamento di mattoni a vista, è articolata su
tre ordini di finestre; la porta d'ingresso è sormontata da un archetto a tutto sesto.
In corso Garibaldi, dietro Piazza dei
Mille, oltre un muro si intravede la
facciata della chiesa del Monastero di
Santa Paola. La chiesa, costruita nella
prima metà del '400 in stile tadogotico,
è oggi chiusa al culto.
Più avanti si incontra la Chiesa di
Santa Caterina, di origine medievale,
ricostruita nel 1738. La chiesa
presenta un elegante facciata dalle
linee mosse; l'antico campanile,
staccato dal corpo dell'edificio, si trova
in un cortile retrostante.
In via Gradaro, la Chiesa di Santa Maria
del Gradaro risale al XIII secolo.
Ritornando in via Corridoni, c'è la Chiesa di
Santa Maria della Carità, di antica origine
fu ricostruita nel 1613 e decorata
internamente a stucchi verso la metà del
XVIII secolo. Il piccolo sagrato sul quale si
eleva la chiesa presenta lapidi e rilievi
antichi ritrovati nel territorio mantovano.
All'interno si possono ammirare una serie di
dipinti di Giuseppe Bazzani.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
DA PORTA PRADELLA A PORTA MULINA
Partendo da Piazza Cavallotti, si percorre corso Vittorio Emanuele II. A destra, all'angolo con via Bonomi, sorge la
Chiesa di S.Orsola, costruita nel 1908 su progetto di Antonio Maria Viani. La chiesa era originariamente unita ad
un monastero demolito nel 1930. L'interno è a pianta ottagonale.
Più avanti, quasi alla fine del corso, la
Chiesa di Ognissanti, di origine
medievale, fu riedificata nel 1752.
All'interno vi sono opere dell'Andreasi
e del Ghisi, del tardo '500, e di
Giuseppe Bazzani; nella cappella dei
Morti
sono
conservati
affreschi
trecenteschi e una pregevole Madonna
e Santi, opera di Nicolò da Verona
della metà del '400. Alla fine di corso
Vittorio Emanuele II ci si trova nella
località di Porta Pradella, che segnava
il confine della città a occidente.
Voltando a destra si passa attraverso Piazza Don Eugenio Leoni, sulla
quale si affaccia la stazione ferroviaria. Percorrendo via Solferino e San
Martino si arriva in via Scarsellini, dove sorge la Chiesa di San
Francesco.
La chiesa fu costruita tra la fine del '200 e l'inizio del '300 sul luogo dove
esisteva già un oratorio fondato da frate Benvenuto, compagno di San
Francesco, al quale la chiesa è dedicata.
Sulla facciata il portale è sormontato da un rosone e affiancato da due
finestre finemente decorate in cotto. L'interno, diviso in tre navate da
pilastri in cotto, è arricchito da parecchie cappelle; quella più nota è la
Cappella dei Gonzaga, in fondo alla navata, dove un tempo erano
ospitate le sepolture dei primi Signori della casata e dove rimangono
imponenti tracce della originale decorazione trecentesca.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
L'itinerario prosegue per Piazza D'Arco sulla quale si
affaccia il Palazzo appartenuto ai conti D'Arco, oggi
sede della fondazione.
Alla costruzione del palazzo provvide nel penultimo
decennio del secolo XVIII l'architetto Antonio Colonna,
coadiuvato da Paolo Pozzo.
Percorrendo via Fernelli, all'incrocio con via Monteverdi
al n.1, si incontra la chiesa sconsacrata di S. Maria
della Vittoria, attualmente in fase di restauro.
Poco più indietro, in via Arrivabene, si segnala, al n.18, Palazzo Arrigoni. Costruito in epoca rinascimentale e
acquisito dai marchesi Arrigoni nel Seicento, è attribuito a Luca Fancelli.
Si arriva in Piazza Matilde di Canossa sulla quale si erge
Palazzo Canossa. I Canossa intrapresero la costruzione
di questo edificio verso la metà del '600. Sulla facciata in
bugnato, la sistemazione delle finestre e le decorazioni
delle cornici risalgono all'impostazione cinquecentesca di
derivazione giuliesca; a pianterreno le aperture sono
sovrastate da timpani spezzati su cui spicca l'arme della
famiglia; il portale d'ingresso è affiancato da colonne
marmoree, che sostengono il balcone sovrastante, sotto
le quali stanno due sculture raffiguranti il cane araldico
dei Canossa. All'interno, uno scenografico scalone
conduce al piano superiore: la struttura si articola in un
solo ampio ambiente a due livelli; la rampa iniziale è
vegliata ancora dai molossi, i cani dei Canossa; le due
successive rampe, impostate perpendicolarmente
rispetto a quella iniziale, sono caratterizzate dalla
presenza di statue che si ergono sulla balaustra.
Di fronte, la Chiesa di Santa Maria del Terremoto
costruita nel 1759 per ricordare il luogo dell'apparizione
della Vergine avvenuta in occasione di un terremoto del
1693.
Nella vicina via Fratelli Bandiera si possono ammirare
al n.32 il Palazzo Ippoliti di Gazoldo, della prima metà
del '700, e al n.18, Palazzo Arrivabene eretto a partire
dal 1481 come si legge da un'epigrafe alla base della
torre angolare, sempre attribuito al Fancelli.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
L'itinerario prosegue verso via
Trento, dove al n.16 sorge il
settecentesco Palazzo Cavriani,
progettato dall'architetto Alfonso
Torregiani
per
la
famiglia
mantovana dei marchesi Cavriani.
Dall'altra parte della strada il
giardino neoclassico, con al centro
la statua di Virgilio e busti di illustri
mantovani
sui
pilastri
della
cancellata, fu realizzato dopo il
1826.
Al termine della strada si incontra la
Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio, che
presenta una facciata ottocentesca,
progettata da G.B. Vergani. Il campanile è
del XII secolo.
Nella zona adiacente Porta
Mulina si segnala la Chiesa di
S.Leonardo,
sulla
piazza
omonima, fondata nel XII
secolo e ricostruita alla fine del
'700.
Proseguendo in direzione Verona, oltrepassato il Ponte dei Mulini, si arriva nel borgo di Cittadella. Qui si erge la
solenne costruzione difensiva di Porta Giulia, fatta costruire a partire dal 1530 da Federico II Gonzaga e attribuita
a Giulio Romano. Di ordine dorico, Porta Giulia è inconsueta per la grande aula interna, strutturata come una sala
classicheggiante.
A sinistra della porta si apre il giardino che conduce al monumento di Andreas Hofer, eroe indipendentista del
Tirolo, fucilato in questo luogo dai napoleonici.
I MONUMENTI
MUSEO CIVICO DI PALAZZO TE - Viale Te, 13
Palazzo Te, "un poco di luogo da potervi andare e ridurvisi tal volta a desinare, o a cena per ispasso" (Giorgio
Vasari).
Palazzo Te, edificato e decorato tra il 1525 e il 1535, è il capolavoro di Giulio Romano (Roma 1499 - Mantova
1546), artefice unico e geniale che la concepì come luogo destinato all'ozio del principe, Federico II Gonzaga, e ai
fastosi ricevimenti degli ospiti più illustri. L'"onesto ozio", esaltato in una scritta dedicatoria della Camera di Psiche,
aveva il significato latino di attività piacevole e raffinata, da coltivare nei momenti liberi dalle gravi occupazioni del
governo.
Il sostantivo TE è toponimo, attestato sin dall'epoca medioevale, nella forma latinizzata Teietum o in quella
troncata attualmente in uso. Teieto o Te era una località di rustiche abitazioni posta a meridione della città, poco
lontano dalle mura. Anticamente situato su un'isola collegata alla città di Mantova dal ponte di Pusterla, Palazzo
Te è uno dei più straordinari esempi di villa rinascimentale suburbana.
La struttura dell'edificio, che ingloba una preesistente scuderia dei Gonzaga, venne conclusa in poco più di un
anno, mentre la decorazione del complesso, avvenuta nello spazio di circa 10 anni (1525-1535), si avvalse della
presenza di qualificati collaboratori di Giulio Romano.
Gli ambienti monumentali si trovano al pianterreno e sono facilmente accessibili anche ai disabili. Tra i più noti: la
Sala dei Cavalli, ove sono ritratti a grandezza naturale i destrieri prediletti del principe; la Camera di Amore e
Psiche, illustrata da numerosi episodi della storia del dio Amore e della sua amata principessa terrena, ispirati alla
narrazione di Apuleio; la Camera dei Giganti, entro la quale lo spettatore viene coinvolto nella tragica rovina dei
Giganti, crudelmente puniti per aver voluto scalare l'Olimpo e attentare al trono di Giove. In un luogo appartato del
complesso, si apre l'Appartamento del Giardino Segreto, detto anche della Grotta, luogo privato di contemplazione
e di riposo, ornato da dipinti e rilievi allusivi alla cultura e alle virtù del mondo classico.
Le Collezioni
Dal 1996 al piano superiore sono aperte, con lo stesso orario del museo, alcune collezioni eterogenee di sicuro
interesse didattico. La loro visita, eventualmente condotta in collaborazione con una guida esperta, può essere
vantaggiosamente utilizzata nell'ambito della visita.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
Le collezioni presenti sono:
Collezione Mesopotamia "Ugo Sissa"
Donazione "Arnoldo Mondadori"
Raccolta Egizia "Giuseppe Acerbi"
Sezione Gonzaghesca
CASTELLO DI SAN GIORGIO – Piazza Castello
Entrando dal Ponte di San Giorgio la mole rossastra del Castello da quasi la sensazione che il tempo si sia
fermato al Medioevo quando regnavano i Gonzaga che per quattrocento anni altalenarono tra glorie e sconfitte.
La costruzione della possente mole del Castello ebbe inizio nel 1395 a opera di Bartolino da Novara. Il Castello
sorse in città e rappresenta una perfetta coniugazione tra necessità di creare una valida difesa e quella di
manifestare la propria potenza.
Bartolino decise di far sorgere il Castello presso l'entrata del ponte per garantirne la sua protezione, per essere un
punto di avvistamento sull'intero bacino lacustre e per diventare un rifugio sicuro in caso di sommosse interne ed
esterne.
Il Castello è stato progettato a pianta quadra, con quattro torri angolari e controtorri che difendono le tre porte di
ingresso munite di ponti levatoi.
Il Castello non fu adibito solo a scopo difensivo, ben presto cominciò a diventare parte integrante del più ampio
Palazzo Ducale.
L'architetto fiorentino Luca Fancelli realizzò l'elegante portico rinascimentale che cinge il Castello sui due lati
settentrionali che cingono il cortile del Castello di San Giorgio.
Dal piano terra una scala a chiocciola conduce alla vasta Sala degli Stemmi parallela al Salone degli Affreschi
dove si possono osservare raccolte grottesche di mostri e centauri, tipici del gusto anticheggiante del Mantegna.
Da questo salone andando a destra si arriva nella Sala delle Sigle, camera nuziale di Isabella dalle volte a
crociera tapezzate dai monogrammi "F" e "IS" di Francesco e Isabella ed alla Sala del Fregio dove si intrecciano
fogliami e volute d'oro su un fondo azzurro.
Andando a sinistra si arriva alla Sala dei Soli, decorata con motivi vegetali e due soli al centro e la famosissima
Camera degli Sposi che diventò la meta di illustri visitatori quali Lucrezia Borgia, il duca D'Este e tanti altri.
PALAZZO DEL PODESTA’ – Piazza delle Erbe
Palazzo del Podestà o anche chiamato palazzo Broletto: chiude la piazza delle Erbe in uno dei suoi lati più brevi e
si affaccia su di questa con la parte posteriore, mentre quella principale si colloca sulla attigua piazza Broletto.
La struttura principale del palazzo è medievale e l'anno di costruzione è il 1227.
Nel Palazzo ebbe sede per molti anni il governo comunale di Mantova.
L'edificio per volere del duca Ludovico Gonzaga fu trasformato da Luca Fancelli, difatti oggi si leggono i due
momenti creativi di cui palazzo del Podestà fu oggetto: un primo semplice ma allo stesso tempo rozzo, potente ed
un secondo che prende spunto dall'arte umanistico-rinascimentale che si era affermata in area toscana. Sul lato
che si affaccia su piazza Broletto vi è in una nicchia la statua raffigurante Virgilio in cattedra.
BASILICA DI SANT’ANDREA – Piazza Leon Battista Alberti
E' una delle più belle e grandiose Chiese d'Italia ed è sicuramente il monumento architettonico più importante di
Mantova. Disegnata da Leon Battista Alberti che non vide l'inizio dei lavori perché morì a Roma nel 1472 mentre si
stava demolendo la precedente Chiesa, ormai fatiscente. Nel giugno dello stesso anno, con la direzione di Luca
Fancelli, allievo dell'Alberti, iniziarono i lavori. Lunga e travagliata la sua costruzione, ostacolata da mancanza di
fondi prima e, successivamente dalle innumerevoli guerre che si combatterono in città. Dopo la morte del Fancelli
(1495) i lavori ripresero solo con l'arrivo del Viani nel 1598. Subirono poi, una sosta di quasi un secolo per esser
ripresi dal bolognese Giuseppe Torre nel 1697 che deformò alcuni parti del progetto albertiano, sognando
trasformazioni barocche che, fortunatamente non vennero eseguite. Altro stop tra il 1708 e il 1732 , anno in cui
ebbero inizio i lavori della cupola, disegnata da Filippo Juvarra, terminata nel 1782. Paolo Pozzo nel 1772,
nominato maestro dell'Accademia di Mantova, fece risorgere lo stile dell'Alberti storpiato dagli interventi degli anni
precedenti e portò a termine, dopo trecentoventotto anni, la costruzione della Chiesa. Una cosa che molti non
sanno è della presenza della scritta "1550, Bernardino Giberto", firma lasciata dal capomastro che costruì questa
parte della Chiesa, visibile ad occhio nudo alzando lo sguardo verso la parte alta (mancante dei decori) nel pronao
dell'uscita in piazza L.B.Alberti. Da questo lato la chiesa è spoglia, vi sono due lapidi che ricordano i Sacri Vasi ai
lati della porta, monumenti funebri e lapidi ottocentesche
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
PALAZZO DI SAN SEBASTIANO - Museo della Città - Sezione di Storia Urbana - Largo XXIV Maggio, 12
Il palazzo, edificato e decorato tra il 1506 e il 1508, fu dimora signorile di Francesco II Gonzaga, che vi risiedette
dal 1512. Deve il suo maggior valore al fatto di aver ospitato la celebre serie dei nove Trionfi di Cesare di
Andrea Mantegna. Situato al margine meridionale della città, il palazzo si trovava in una prestigiosa simbiosi
urbanistica e monumentale con la chiesa albertiana di San Sebastiano, la Casa del Mantegna e il Palazzo Te.
Dopo la morte di Francesco II, il palazzo venne dato in uso a nobili mantovani e a rami cadetti dei Gonzaga: Luigi,
il futuro santo, cedette qui la propria primogenitura al fratello Rodolfo il 12 novembre 1585.
Nel XVIII secolo il palazzo era chiamato “delle bugandere” visto che le lavandaie vi stendevano i panni lavati nella
vicina fossa magistrale. Al pianterreno erano collocate la Camera del Sole, la Camera del Crogiuolo, la Camera
del Porcospino o Camera dell'Arma del re di Francia e la Camera dell'Imperatore, ora non più visibile.
Al primo piano si trovava la Sala dei Trionfi di Cesare , lungo vano rettangolare (31,50 x 7,25) finestrato sul lato
nord e decorato solo nella parte alta. Attualmente l'originaria Sala dei Trionfi è divisa in due parti da un solaio, che
ha permesso di ricavare un ulteriore vano dove si possono ancora vedere gli affreschi seicenteschi con paesaggi
inquadrati da cornici a volute e racemi.
Il palazzo ha oggi il compito di custodire i reperti storico-artistici di proprietà civica legati alle diverse epoche della
storia della città, ovvero una significativa campionatura delle collezioni già documentate presso l'ottocentesco
Museo Civico. Le opere ordinate e riproposte all'interno di percorsi storico-tematici sono l'espressione alcuni delle
più importanti fasi della vita e dell'evoluzione storica della città di Mantova, dalle sue origini al Settecento.
PALAZZO DEL CAPITANO - Museo della città - Sezione Risorgimentale - Piazza Sordello, 42/A
Il museo è collocato nel centro storico della città, in Piazza Sordello, ospitato al piano terra del Palazzo del
Capitano, negli stessi locali che hanno ospitato l'ex Museo Civico del Risorgimento e della Resistenza
Renato Giusti. Anche grazie al nuovo materiale documentario individuato in questi ultimi anni di ricerca,
illustra il ruolo ed il contributo dato dal Risorgimento mantovano al processo di liberazione e unificazione
dell'Italia evidenziando in quale misura e in che modo i mantovani vissero gli avvenimenti di cui furono
partecipi e testimoni durante il Risorgimento.
Il museo è organizzato secondo concetti storiografici di assoluta attualità, in modo da privilegiarne la
funzione didattica. Il nuovo allestimento copre in ordine cronologico il periodo che va dall'arrivo dei francesi a
Mantova nel 1796 all'unione di tutto il mantovano all'Italia nel 1866; in particolare i principali fatti politici locali
e l'evoluzione urbanistica, economica e sociale della città fra la fine del Settecento e la metà dell'Ottocento.
L'esposizione, attraverso dipinti, armi, uniformi, bandiere, oggetti "patriottici", modellini, giornali, manifesti,
stampe, opuscoli e l'utilizzo di moderni supporti informatici, si articola cronologicamente in cinque aree
tematiche:
• l'età napoleonica
• la restaurazione e il 1848
• la congiura di Belfiore
• gli ultimi anni della dominazione austriaca: la seconda guerra di Indipendenza (1859), la spedizione dei
Mille e l'unione di tutto il Mantovano all'Italia
• la città durante i decenni del Risorgimento.
Il museo attualmente è chiuso per allestimento.
TEMPIO DI SAN SEBASTIANO - Largo XXIV Maggio
Il Tempio a croce greca fu progettato da Leon Battista Alberti nel 1460 e successivamente realizzato da Luca
Fancelli.
Consacrata nel 1529, la chiesa subì un primo restauro nel 1600; nel 1706 la cripta venne usata come magazzino
militare e nella seconda metà dell'Ottocento come deposito di foraggio.
La facciata, dotata di un vestibolo a cinque fornici, era impreziosita dall'affresco della Madonna in trono con San
Sebastiano, San Fabiano e Francesco II del Mantegna, ora degradato.
L'originaria concezione architettonica della chiesa, ricca di colti riferimenti classici, è stata decisamente stravolta
da un restauro realizzato nei primi anni del '900 che ha previsto l'aggiunta di due scalinate. L'altare
cinquecentesco è circondato da quattro colonne toscane. Attualmente raccoglie i plastici in legno della mostra
dedicata a Leon Battista Alberti nel 1994.
Il tempio, adibito a Famedio dei caduti per la Patria, ospitava un monumento dedicato ad alcuni martiri di Belfiore.
Recentemente riedificato, il monumento è ora collocato nella Valletta di Belfiore, mentre nel tempio rimane un'urna
contenente i resti di alcuni martiri.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
PALAZZO DELLA RAGIONE - Piazza Erbe
Il palazzo fa parte di quel nucleo di edifici cittadini sorti in epoca medioevale. Citato più volte in documenti
dell'epoca come Palatium Novum del Comune, il palazzo venne edificato intorno al XI-XII secolo per assolvere alle
funzioni civili pubbliche e destinato ad accogliere le assemblee e le adunanze cittadine o, in caso di cattivo tempo,
il mercato che si teneva nella piazza sottostante.
L'edificio fu più volte oggetto di modifiche, fin dalla metà del tredicesimo secolo. Nel XV secolo vennero eretti i
portici e nel 1472 fu innalzata la Torre dell'Orologio, realizzata su disegno di Luca Fancelli. L'anno dopo la Torre fu
arricchita da un pubblico orologio ideato dal matematico ed astrologo Bartolomeo Manfredi. L'orologio dava conto
delle ore del vulgo, delle posizioni dei pianeti, del crescere e del calare del giorno, dei segni zodiacali, delle fasi
lunari, dei giorni favorevoli per far salassi, seminare, partire per viaggi e di altre cose "uteli in questo mondo".
L'orologio funzionò sicuramente fino agli inizi del Settecento. In seguito fu trasformato in un normale meccanismo
per il sole e per i minuti.
Nel 1700, su progetto dell'architetto Doricilio Moscatelli, furono chiuse le trifore duecentesche ed aperte ampie e
luminose finestre. Nella prima metà del '900, il palazzo fu riportato alla sua struttura originaria dall'architetto
mantovano Aldo Andreani, eliminando le sovrapposizioni barocche.
Adibito per secoli all'amministrazione della giustizia, dal 1997 è divenuto prestigiosa sede espositiva dei Musei
Civici di Mantova, ospitando numerose ed importanti esposizioni d'arte organizzate dall'amministrazione
comunale.
Nell'ampio salone, di imponenti volumetrie, sono visibili sulle pareti di testa i resti di notevoli affreschi che
raffigurano episodi bellici databili intorno alla fine del XII secolo, oltre a personaggi di storia sacra firmati dal
parmense Grisopolo e databili alla metà del duecento. Al piano terra l'edificio ospita numerosi negozi e ristoranti.
TEATRO SCIENTIFICO BIBIENA - Via Accademia 47
Costruito tra il 1767 e il 1769, il gioiello settecentesco della città fu progettato dal parmense Antonio Galli Bibiena
su commissione del rettore dell'Accademia dei Timidi, conte Carlo Ottavio di Colloredo, con la finalità di ospitare
principalmente adunanze scientifiche, ma aperto anche a recite e concerti.
Il teatro, non più a gradinata come quelli rinascimentali, presenta una pianta a forma di campana ed è disposto su
più ordini di palchetti lignei, secondo il genere di struttura inventato nel Seicento e che ormai imperava.
Con vivacità prodigiosa pari alle risorse dell'estro, l'architetto Bibiena adempì in soli due anni all'obbligo che nel
1767 aveva contratto coi Timidi: ideò lo speciale teatro, ne diresse i lavori di fabbrica ed infine, con abilità di pittore
oltre che di architetto, affrescò personalmente gli interni dei numerosi palchetti con figurazioni monocrome,
anch'esse documento prezioso dell'attività artistica dell'insigne maestro.
La classica facciata fu invece realizzata da Giuseppe Piermarini da cui trae il nome il salone posto al primo piano
del teatro.
Lo "scientifico", finito di tutto punto, il 3 dicembre 1769 poteva essere ufficialmente inaugurato: risultava essere un
gioiello squisito per gli equilibri fra movimento ed eleganza e una delle formulazioni architettoniche più significative
del tardo Settecento europeo.
Poco più di un mese dopo l'inaugurazione, il 16 gennaio 1770 il giovinetto Wolfgang Amadeus Mozart, appena
quattordicenne, giunto a Mantova nel giro della sua prima tournée italiana, consacrava l'incipiente vita del
leggiadro teatro "scientifico" dandovi insieme al padre Leopold un memorabile concerto.
Tuttora il teatro viene utilizzato per ospitare rassegne musicali, concerti e convegni di alto livello.
(ex) CHIESA DI SANTA MARIA DELLA VITTORIA - Via Claudio Monteverdi, 1
Santa Maria della Vittoria, consacrata nel 1496, è un edificio votivo voluto da Francesco II Gonzaga, IV marchese
di Mantova, per celebrare la vittoria sul re di Francia Carlo VIII nella battaglia di Fornovo (6 luglio 1495). Dal 1499 i
frati Eremitani di San Gerolamo si presero cura del tempietto, cui fu annesso un convento.
Nel 1797, durante l'occupazione francese, la chiesa fu adibita a scopi militari e la pala del Mantenga trafugata a
Parigi.
Nel 1877 il Genio Militare Italiano rimaneggiò pesantemente l'interno suddividendolo in due piani destinati a
magazzino.
Dal
1899
quello
superiore
è
occupato
dall'asilo
Strozzi
Valenti
Gonzaga.
Il piano inferiore, dopo varie utilizzazioni, divenne sede, dal 1942 al 1986, di un laboratorio di verniciatura e
cromatura.
Nel 2001 l'associazione di volontariato culturale Amici di Palazzo Te e dei Musei Mantovani ha stipulato col
Comune di Mantova, una convenzione di concessione, a fronte della quale s'impegna a far eseguire a proprie
spese il progetto approntato dall'Amministrazione civica per il recupero di Santa Maria della Vittoria come museo
di se stessa e come sala per conferenze, concerti, piccole mostre temporanee.
Esternamente, il piccolo manufatto si prospetta in sobrie forme tardo gotiche affini ad altri edifici sacri mantovani
come Santa Maria degli Angeli, Santa Maria delle Grazie, la sagrestia del Duomo.
Probabilmente il progetto è da assegnare a Bernardino Ghisolfo, Superiore delle Fabbriche gonzaghesche dal
1490.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
L'interno, a navata unica, conserva un apparato decorativo rinascimentale d'ambito mantegnesco. Una stretta
relazione col gusto di Andrea Mantenga per l'antichità classica e per i marmi romani è, infatti, riscontrabile
nell'effetto illusionistico della pittura di marmi preziosi e di candelabri che caratterizza l'aula.
La parete di fondo mostra ancora parti di una raffinata tappezzeria a finto cuoio cordovano. Contro di essa
s'innalzava la grandiosa pala della Madonna della Vittoria, capolavoro dipinto dal Mantenga nel 1496, ora esposta
al Louvre. Il soffitto ligneo della navata, l'apertura delle finestre e del portale su via Fernelli risalgono al tardo
Ottocento.
Nella parete di sinistra si aprono due minuscole cappelle: una affrescata con scene e simboli della Passione, l'altra
decorata a stucco.
PALAZZO DUCALE - Piazza Sordello, 40
Il complesso di Palazzo Ducale, celebre residenza dei Gonzaga e nucleo centrale dell'allora vita politica
mantovana, si estende su un'area di circa 32000 mq. tra l'attuale piazza Sordello ed i laghi. E' costituito da un
articolato complesso di edifici, cortili e giardini sviluppatosi fra il XIV ed il XVIII secolo, attorno al Palazzo del
Capitano e alla Magna Domus che rappresentano il primo e più antico nucleo costruito dalla famiglia dei
Bonacolsi.
Nel 1328, quando Luigi Gonzaga conquistò il potere, furono aggiunti altri edifici tra cui il palazzetto dove il
Pisanello dipinse, nel secolo successivo, il famoso ciclo cavalleresco.
Sul finire del secolo venne edificata, di fronte all'omonimo ponte, l'imponente struttura del Castello di San Giorgio,
notevole esempio di fortificazione urbana tardogotica realizzata dall'ingegnere militare Bartolino da Novara tra il
1395 e il 1406, eletta a residenza principale dal marchese Ludovico II nella metà del Quattrocento.
Nel tempo la reggia divenne anche simbolo del gusto squisito dei Signori che l'abitavano. Nella torre di nord-est
Andrea Mantegna, tra il 1465 e il 1474, affrescò interamente la celebre Camera Picta o Camera degli Sposi. Nei
primi anni Ottanta del Quattrocento, Federico I Gonzaga fece edificare un nuovo nucleo di fronte al lago, la Domus
Nova, affidandone il progetto all'architetto toscano Luca Fancelli, mentre Federico II fece costruire da Giulio
Romano l'appartamento di Troia che rappresentò, nei pressi del castello di San Giorgio, il primo nucleo della
cosiddetta Corte Nuova. Il duca Guglielmo tra il 1576 e il 1582, provvide al rinnovo di un'estesa parte della Corte
Vecchia per costruire gli ambienti della sua nuova residenza, nota nel Settecento come Appartamento Verde.
Solo nella seconda metà del Cinquecento, tramite una vasta campagna edilizia condotta dal duca Guglielmo, i
diversi corpi di fabbrica fin qui costruiti in maniera non coordinata vennero finalmente uniti ed il complesso di edifici
diventò realmente una città-palazzo, le cui parti furono collegate da gallerie, portici e piazze monumentali. Centro
ideale del complesso era ed è tutt'ora la chiesa di Santa Barbara, progettata dall'architetto Giovan Battista Bertani.
Ancora oggi il palazzo conta circa 500 ambienti, 15 cortili, piazze e giardini interni.
MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE - Piazza Castello
Attualmente sono aperte alla visita solo le sale di esposizione temporanea. Il Museo è ancora in fase di
allestimento. E' stato situato in quello che fu il Mercato dei Bozzoli di Mantova. L'area sulla quale si trova
attualmente l'edificio è inscritta nel perimetro di Palazzo Ducale, vantando un glorioso passato: dalla metà del '500
alla fine dell''800 fu sede del Teatro di Corte dei Gonzaga e poi dell'impero asburgico.
Il territorio dell'attuale provincia di Mantova si presenta, da un punto di vista archeologico, come uno dei più ricchi
della Lombardia.
L'ordinamento e i supporti didattici presenti attualmente rispecchiano quelli del futuro museo. Il sistema adottato
segue, infatti, sia criteri cronologici che topografici; la storia dell'intero territorio mantovano viene portata
all'attenzione del visitatore, partendo dalla preistoria fino ad arrivare al Medioevo. Al termine del percorso si
incontra la sezione dedicata alla città di Mantova, straordinario palinsesto in cui sono sovrapposte tracce di gran
parte delle fasi storiche succedutesi nel territorio: dalla città etrusca alle testimonianze longobarde e
rinascimentali. E' previsto un sistema di rotazione dei materiali esposti.
Attualmente il visitatore, dopo aver potuto osservare, nell'ingresso, il plastico del futuro museo, entrando nella sala
inizia la visita, a sinistra, con la sezione dedicata al territorio.
MUSEO DIOCESANO DI ARTE SACRA "F. GONZAGA" - Piazza Virgiliana, 55
Il Museo Diocesano d'arte sacra nasce in risposta a due esigenze importanti: da un lato come tutela della vasta
quantità di oggetti sacri e arredi liturgici confluiti in sacrestie e oratori in seguito a riforme religiose, estinzioni di
confraternite, abbandoni di chiese e cappelle, dall'altro come strumento divulgativo al pubblico del patrimonio
artistico ecclesiastico inteso come rapporto tra cultura, arte e liturgia. Raccogliendo in un'unica sede espositiva il
patrimonio artistico, culturale e religioso di tutto il territorio della Diocesi mantovana, il Museo assolve da una parte
la fondamentale funzione di conservazione e di catalogazione dell'opera d'arte, dall'altra quella non meno
importante di esporre l'opera stessa alla fruizione pubblica.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
Inserendo le opere d'arte sacra (tele, statue, oreficerie, corali miniati, paramenti) in un percorso museale viene
conservato il riferimento alla chiesa d'origine e alla memoria della devozione popolare, e si sottolinea la continuità
storica della Chiesa sul territorio.
Numerose opere affluite dalle parrocchie della Diocesi, che ne rimangono proprietarie, sono non di rado utilizzate
per le liturgie solenni.
L'idea di adibire parte del monastero di Sant'Agnese dei Padri Agostiniani a sede espositiva nacque grazie
all'interessamento di monsignor Luigi Bosio negli anni Settanta e all'impegno di monsignor Ciro Ferrari nel
decennio successivo.
La mostra del 1974 "Tesori d'arte nella città dei Gonzaga" rivelò la straordinaria ricchezza del patrimonio artistico
della Diocesi di Mantova, ponendosi come antecedente della formazione del Museo Diocesano di Arte Sacra. La
fondazione del museo risale al 18 marzo 1983.
PALAZZO D'ARCO - Piazza Carlo d'Arco, 4
Il Palazzo, splendida residenza dei conti d'Arco, come oggi si presenta nella sua imponente facciata e nelle
strutture interne, fu eretto fra il 1784 e gli anni immediatamente seguenti dall'architetto neoclassico Antonio
Colonna per un ramo della casata trentina dei conti d'Arco.
A Mantova la presenza e l'importanza dei conti d'Arco erano rilevanti già prima del Rinascimento. Nel 1740 un
ramo della famiglia era venuta ad insediarsi stabilmente, avendo ereditato in questa città la dimora dei conti
Chieppio, che si trovava nel luogo stesso in cui ora si erge la parte anteriore del Palazzo d'Arco.
L'idea di una ricostruzione radicale dell'edificio dove avevano abitato i Chieppio si affacciò poco dopo il 1780 nella
mente del conte Giovanni Battista Gherardo d'Arco. La bella facciata si ispira all'arte del Palladio. Mostrano
soluzioni d'arte pure interessanti e solenni l'atrio d'ingresso, il cortile, lo scalone e gli ambienti interni. Chi percorre
poi l'adiacente via Portazzolo può vedere lungo il fianco del Palazzo i resti di strutture precedenti al rinnovamento.
Nel secolo scorso e precisamente nel 1872 la proprietà corrispondente alla vecchia residenza dei Chieppio fu
ampliata da Francesco Antonio d'Arco che acquistò dai marchesi Dalla Valle l'area situata al di là dell'esedra, che
comprende il giardino e alcuni corpi di costruzione rinascimentale.
Recentemente, come viene ricordato dalla lapide applicata nell'atrio, Giovanna dei conti d'Arco, per matrimonio
marchesa Guidi di Bagno, con illuminato atto testamentario ha voluto che l'assieme costituito dal Palazzo e dalle
raccolte in esso contenute divenissero un pubblico Museo, a beneficio della città e del mondo della cultura.
L'edificio è stato legato alla città di Mantova attraverso una fondazione che ne mantiene inalterato il fascino setteottocentesco di dimora patrizia. E' completamente arredato come ai tempi dell'ultima discendente della nobile
famiglia. Di notevole valore artistico e storico la pinacoteca. Interessante la cucina ottocentesca ricca di oggetti di
rame. Al di là dell'inusuale esedra che chiude il cortile d'onore è visitabile il grande ciclo di affreschi della Sala
dello Zodiaco opera di G.M. Falconetto degli inizi del XVI secolo.
ACCADEMIA NAZIONALE VIRGILIANA DI SCIENZE, LETTERE E ARTI - Via Accademia, 47
Sulla base di antiche accademie gonzaghesche, l'Accademia Nazionale Virgiliana rinacque per determinazione
dell'Imperatrice Maria Teresa d'Austria datata 9 novembre 1767. La sua denominazione era Reale Accademia di
Scienze e Belle Lettere ed era articolata in quattro facoltà: filosofica, matematica, di fisica sperimentale e di belle
lettere. Nel 1769 le furono aggregate altre due istituzioni culturali: la Regia Teresiana Accademia di Pittura,
Scultura ed Architettura e la Colonia Filarmonica. Nel 1770 furono assegnati all'Accademia i terreni demaniali del
Te e della Favorita perché vi compisse sperimentazioni agrarie. Nel medesimo anno il governo decideva di
rinnovare radicalmente la sede accademica conservando in essa il Teatro Scientifico nato nel 1769 per opera
dell'architetto Antonio Galli Bibiena. A Milano Giuseppe Piermarini, primario architetto della Lombardia Austriaca,
preparava i disegni del nuovo edificio, quello attuale. La costruzione di questo - la cui proprietà fu riconosciuta poi
all'Accademia - si svolse dal 1773 al 1775 sotto la direzione di Paolo Pozzo. Nel 1774 il prefetto dell'Accademia fu
dichiarato soprintendente agli studi, e la sua autorità fu estesa anche al Regio Ginnasio abilitato a conferire lauree
dottrinali in teologia e filosofia, in legge e in medicina. Era palese l'intenzione di trasformare l'Accademia in una
vera Università. Nel 1787 l'autorità del prefetto accademico fu estesa al Museo d'Antichità e alla Biblioteca
Pubblica. Nell'anno 1797 l'Accademia assunse, su idea del colto comandante francese della piazza di Mantova
generale Miollis, l'appellativo di Virgiliana che tuttora conserva.
Nel 1923 fu riconosciuta Ente di alta Cultura da parte dello Stato Italiano e dal 1984 può fregiarsi, per Decreto del
Presidente della Repubblica, del titolo Nazionale.
L'Accademia celebra periodicamente convegni frequentati da studiosi eminenti e cicli di conferenze di vario
indirizzo e di alta specializzazione culturale.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
MUSEO TAZIO NUVOLARI E LEARCO GUERRA - Piazza Broletto, 9
Preziosa struttura museale, unica nel genere in Italia, dedicata al ricordo di un indimenticabile campione
dell'automobilismo: Tazio Nuvolari (Castel d'Ario 1892 - Mantova I953): per Ferdinand Porsche e per Enzo Ferrari,
il più grande pilota di tutti i tempi.
Il museo raccoglie i trofei, le targhe e le coppe vinte nell'intero arco della sua attività sportiva (1920-1950) nonché
77 medaglie d'oro, testimonianze preziose delle sue innumerevoli vittorie. Ad ogni coppa o trofeo è stato abbinato
un breve racconto. Di grande impatto emotivo sono poi i numerosi effetti personali lasciati dal campione: caschetti,
guanti, occhiali, tute e l'inseparabile maglia gialla che Nuvolari utilizzava in corsa. In evidenza anche la famosa
"tartaruga d'oro" ("All'uomo più veloce, l'animale più lento") che Gabriele d'Annunzio regalò a Nuvolari poco prima
che vincesse la targa Florio del 1932. In apposite teche sono conservati attestati di benemerenza, lettere
autografe, documenti e numerosi effetti personali, mentre in una sala è stato ricostruito con i mobili originali il suo
studio privato. Di grande rilevanza il materiale iconografico e bibliografico, in parte esposto, in parte consultabile
facendone preventiva richiesta. Su un grande schermo viene proiettato in continuazione un inedito film di circa 30
minuti che documenta la carriera sportiva del campione. A rotazione, nella sala centrale, viene sempre presentata
una vettura o una moto utilizzata da Nuvolari in corsa. Tutte le sue auto sono comunque documentate da una
esposizione di preziosi modellini in scala.
Il Museo, recentemente rinnovato e arricchito, è situato nell'antico Palazzo del Podestà di Mantova.
Una seconda sezione ospita anche memorie e cimeli di un altro grande campione mantovano: il ciclista Learco
Guerra, soprannominato la "locomotiva umana". Anche qui, in grandi teche, le maglie "rosa" da lui vinte nel Giro
d'Italia e nel Campionato del mondo, le bici utilizzate, fotografie, cimeli.
La gestione del Museo, nato nel 1985 sulla base di un lascito dello stesso Nuvolari, è affidata a un Comitato
rappresentato da ACI Mantova, Comune di Mantova e A.P.T.
ROTONDA DI SAN LORENZO - Piazza Erbe
E' la chiesa più antica della città, fondata tra la fine del XI secolo e l'inizio del XII, probabilmente per volere di
Matilde di Canossa. Ispirata alla Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme e dedicata a San Lorenzo (martire
romano del III secolo), la rotonda è a pianta centrale, con soprastante matroneo. Un deambulatorio precede e
circonda la navata, caratterizzata da otto colonne e un piccolo abside. E' costruita in cotto, secondo la tradizione
lombarda del periodo, ma osserva due colonne di marmo, alcune formelle e pilastrini in pietra di epoca precedente
(VI-VIII secolo) provenienti da edifici scomparsi.
Originariamente era completamente affrescata, ora rimangono molti lacerti, in particolare sono leggibili quelli di
alcune volticelle: per lo schema rigido della composizione e della decorazione degli abiti e l'espressione astratta e
idealizzata dei volti, si può dedurre che l'autore sia un maestro dell'XI secolo, ancora legato alla scuola bizantina.
Nell'abside un frammento più tardo rappresenta San Lorenzo sulla graticola (XV secolo).
Nel 1579 la chiesa fu chiusa al culto per volere di Guglielmo Gonzaga e per oltre trecento anni, alterata e coperta
da superfetazioni murarie, fu adibita ad abitazioni e negozi. Essendo caduta la cupola, la navata veniva usata
come cortile.
"Ritrovata" nel 1906, fu liberata dalle parti architettoniche non pertinenti, restaurata e riaperta al culto. E' chiesa
sussidiaria della Parrocchia di Sant'Andrea, e da questa affidata alla Fraternità Domenicana dal 1926. Viene
conservata, tutelata e aperta al pubblico dall'Associazione per i Monumenti Domenicani.
GALLERIA "ARTE E ARTI". Il patrimonio artistico della Camera di Commercio - Via Pier Fortunato Calvi, 28
Nel palazzo liberty di via Calvi, progettato dall'architetto mantovano Aldo Andreani nel 1913, sede centrale della
Camera di Commercio di Mantova, è stata collocata la significativa collezione d'arte di proprietà camerale.
Si tratta di un prestigioso gruppo di dipinti antichi e di una sostanziosa raccolta di quadri e sculture del XX secolo,
testimonianza della vita artistica mantovana intesa nella sua linea maggiore.
Le opere d'arte della collezione camerale sono l'autobiografia di una cultura, di un'epoca, di una città, Mantova,
che è un esempio particolare della congiunzione tra cultura ed economia.
Le opere antiche sono composte dai Ritratti dei Consoli dell'anno 1450, affreschi attribuibili a Gerolamo di
Giovanni da Camerino, che traggono ispirazione diretta dai modelli aulici degli "Uomini illustri"; dalle Cinque figure
allegoriche dipinte da Giorgio Anselmi negli anni 1772-1773 per celebrare il governo virtuoso ed illuminato di Maria
Teresa d'Austria; dal Cristo morto di Felice Campi del 1794.
La collezione del '900 annovera molti dei nomi eccellenti della pittura e della scultura mantovana del secolo.
Evidente è la predilezione per il paesaggio ed i soggetti lombardi che attraversa le scuole e tutti gli orientamenti
della pittura locale: il novecentesimo anni Venti, il realismo elegiaco, il chiarismo, le nuove tendenze degli anni
Sessanta. Infine è presente una cospicua serie di opere di ispirazione astratta.
Con l'istituzione del Premio "Camera di Commercio - Francesco Bartoli", alla memoria del grande studioso e critico
d'arte mantovano, l'Ente acquisisce ogni anno, a seguito di una valutazione autorevole ed autonoma di una
commissione di esperti, opere nuove che vanno ad arricchire ulteriormente la collezione.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
CASA DELLA BEATA OSANNA ANDREASI - Via Pietro Frattini, 9
La Casa della Beata Osanna Andreasi è un raro esempio di abitazione quattrocentesca rimasta pressoché integra
nei secoli. La facciata è fancelliana, gli ambienti interni non hanno subito trasformazioni di rilievo e offrono
un'atmosfera di raccoglimento e spiritualità. La casa si sviluppa su tre piani, oltre alla cantina ed alla soffitta. Al
piano terra, la sala conferenza, affrescata a "grottesche", può ospitare settanta persone. Al mezzanino, una
cappellina consacrata ed uno "studiolo" con armadiature dipinte.
Il piano nobile è costituito di quattro vani, di cui uno con pareti interamente affrescate, a trompe l'oeil, con
architetture di colonne e balaustre e cartigli con massime latine.
In un'altra stanza sono custoditi ricordi della Beata Osanna Andreasi (1449-1505). Nel cortile, tra rose, ortensie ed
officinali, un leggiadro porticato le cui colonne quattrocentesche in marmo rosa recano lo stemma Andreasi. Gli
affreschi della Casa sono del '400 e del '500 e, sopra un camino, anche del '600; i soffitti sono in legno a
cassettoni, in parte ancora decorati, i pavimenti e le scale sono in cotto, le belle porte sono in legno. Acquistata dal
nobile Niccolò Andreasi alla metà del Quattrocento come dimora della sua famiglia, la casa subì interventi non
invasivi all'inizio del '500, dopo che la figlia Osanna fu beatificata.
La Casa è stata di proprietà degli Andreasi per secoli, nel 1780 passò alla famiglia Magnaguti a seguito di un
matrimonio. Il conte Alessandro Magnaguti (1887 - 1966) la lasciò alla Provincia Domenicana Utriusque
Lombardiae perché fosse perpetuato il ricordo e il culto della Beata Osanna che fu Terziaria dell'ordine e che qui
visse.
Dal 1935 è sede della Fraternita Domenicana, che l'ha conservata, restaurata e resa un centro religioso per la
divulgazione della spiritualità domenicana e culturale per lo studio della filosofia tomistica, e che ha fondato nel
1993 l'Associazione per i Monumenti Domenicani.
La Casa continua così la sua vocazione filosofica, culturale e mistica: vi si tengono corsi di filosofia e arte, di
confronto religioso, conferenze, presentazione di libri e mostre.
CASA DEL MANTEGNA - Via G. Acerbi, 47
Eretta a partire dal 1476 sul terreno donato all'artista dal Marchese Ludovico II Gonzaga, la casa si presenta molto
semplice all'esterno con una volumetria cubica, entro la quale è inserito un cortile cilindrico, quasi una piccola
piazza di sobria ed austera eleganza. Attorno a questo cortile, sono disposte le stanze, oggi adibite
dall'Amministrazione Provinciale di Mantova a spazi espositivi.
La singolare concezione dell'edificio fa ritenere che l'autore del progetto sia stato lo stesso Mantegna. In pianta il
cerchio si inscrive nel quadrato: l'evidente allusione alla simbologia del divino rimanda alle teorizzazioni dell'Alberti
e allo spirito ricettivo dell'artista, una dimensione che è anche sottilmente suggerita dal motto Ab Olympo che
troviamo iscritto sopra uno dei portali. L'intera costruzione sembra dunque ruotare intorno a questo nucleo rotondo
che, per la sua forma, si distacca da ogni altro cortile della Rinascenza e sottolinea ulteriormente l'originalità del
Mantegna.
ASSOCIAZIONE ASTROFILI MANTOVANI - OSSERVATORIO ASTRONOMICO PUBBLICO
Stradello Gorgo, 36 - S.Benedetto Po (Mantova)
ABBAZIA DI S. BENEDETTO IN POLIRONE
LA BASILICA E I CHIOSTRI ABBAZIALI
San Benedetto Po, anticamente S. Benedetto in Polirone in quanto il
primo insediamento attorno all'anno 1000 sorgeva sopra un'isola tra il
fiume Po ed un suo ramo chiamato Lirone (oggi scomparso), è il
punto cruciale del nostro itinerario.
Chi entra in paese da via Battisti, lasciando la statale Romana, si
trova di fronte alle piazze Teofilo Folengo e Matilde di Canossa, che
racchiudono l'imponenza dell'ex Monastero Polironiano. La Basilica
abbaziale, con il sagrato delimitato da una balaustra su cui si ergono
7 statue settecentesche che raffigurano alcuni apostoli, è stata
riedificata tra il 1540 ed il 1544 sulle preesistenti strutture dal grande
Giulio Romano. Le porte lignee sono del 1547 e mostrano scene
agiografiche di pregevole fattura. All'interno della Basilica, a 3 navate
con soffitto a crociera e cupola sull'altare maggiore, affrescata da
allievi di Giulio Romano, si possono ammirare 32 statue di Santi del
modenese Antonio Begarelli, pregevoli mosaici dell'XI secolo, della
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
precedente Chiesa di Santa Maria, un imponente altare maggiore ed il coro ligneo del 1550 di Vincenzo Rovetta.
Solenne e luminosa la grande sacrestia con armadi lignei del 1563 di Giovanni Maria Piantavigna, contenenti una
notevole collezione di paramenti sacri che vengono esposti al pubblico in occasione di eventi eccezionali. In una
delle cappelle di sinistra si può ammirare il tesoro spirituale della Basilica, che contiene un corale miniato del XVI
secolo.
Da ricordare anche l'organo settecentesco, la pala d'altare di Girolamo Bonsignori rappresentante la fede, vista
come una figura femminile acefala, e l'urna che contiene il corpo di S. Simeone.
Uscendo dalla basilica si nota la facciata neoclassica del palazzo degli abati, sulla quale troneggia la statua di
Matilde di Canossa vestita da guerriero con la spada sguainata. Si entra nel chiostro dei secolari del '400 e si vede
la fontana seicentesca ricostruita ed integrata nel 1994. Nella Sala consiliare vi sono i resti di un imponente
affresco di epoca mantegnesca raffigurante la scena della Crocifissione; nella parete di fronte la grande allegoria
della morte. Nella Sala civica al centro della volta ad ombrello i resti del grande Trigramma di S. Bernardino. Sotto
il portico Sud, in una nicchia, c'è la statua secentesca di Tedaldo di Canossa fondatore del Monastero. Sul lato
settentrionale del chiostro compare il grande scalone decorato a stucco da Gian Battista Barberini nel 1674, che
porta al Museo della cultura popolare padana.
Passando dietro l'abside della Basilica si giunge al Chiostro di San Simeone, eretto in stile tardogotico nel 1450.
Nelle lunette si possono ammirare gli affreschi attribuibili a pittori di scuola fiamminga raffiguranti la storia del
Santo mentre nei sottarchi sono dipinti busti di Vescovi e Papi. Dal lato ovest si può accedere alla Sala del
Capitolo, centro direttivo del Cenobio, all'interno del quale sono stati trovati otto sepolcri cinquecenteschi di abati e
tracce di fondazioni presumibilmente di età romana.
Si passa quindi al Chiostro di S. Benedetto, adiacente alla Basilica e costruito intorno al 1450, di cui rimangono il
lato Est ed il lato Nord (oggi sede dell'oratorio e abitazione delle Suore Canossiane); il lato Sud venne tolto da
Giulio Romano nel 1539 per edificare le cappelle di sinistra della Basilica mentre il lato Ovest, sede della
celleraria, fu abbattuto alla fine del XIX secolo.
Usciti dal chiostro, sulla destra si staglia l'edificio del refettorio monastico, sede del Museo dell'Abbazia, nel quale
si può ammirare sulla parete di fondo il grande affresco attribuito al Correggio giovane; nel mezzo di quest'opera
era collocata la preziosa tela di Girolamo Bonsignori (oggi al museo di Badia Polesine) raffigurante l'ultima cena.
Costeggiando il refettorio si giunge ad un vasto cortile in fondo al quale sorge il fabbricato settecentesco dell'ex
infermeria nuova, attualmente adibito a "casa albergo" con 54 posti letto per l'accoglienza dei visitatori del
complesso monumentale polironiano. Pregevole è la bifora monumentale che guardava all'interno del cosiddetto
"quarto chiostro".
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
I CANOSSA E POLIRONE
Il Monastero venne fondato da Tedaldo di Canossa nel 1007, il quale riservò a sé ed ai suoi successori la nomina
dell’abate; fu poi Bonifacio a potenziarlo, sollecitando ed ottenendo da papa Benedetto VII la canonizzazione di un
monaco armeno, Simeone, che aveva scelto Polirone per porre fine alla sua lunga esperienza di eremitismo
peregrinante; infine Matilde, con le sue ricche donazioni, ne fece una delle più importanti abbazie del nord Italia.
Durante la lotta per le investiture il cenobio polironiano, il monastero divenne un sicuro punto di riferimento e di
aggregazione del “partito” riformatore; qui si ritirò Anselmo per liberarsi della colpa di avere accettato l’investitura
imperiale della cattedra episcopale di Lucca, e ne rimase tanto edificato da sceglierlo come sua ultima dimora.
Bernardo di Villaombrosa, legato pontificio al tempo di Pasquale II, lo sostenne in diverse occasioni.
A seguito dell’annessione a Cluny, l’abbazia divenne un centro culturale e liturgico di primaria importanza.
Prima del 1077 il monastero di San Benedetto di Polirone non era che una delle tre fondazioni benedettine che i
Canossa dislocarono lungo il corso del Po per controllare la navigazione fluviale e le principali vie di
comunicazione.
Nel febbraio del 1077, subito dopo l’incontro di Canossa, che aveva visto riuniti alla corte di Matilde assieme alle
massime potenze del mondo medievale anche l’abate di Cluny, Ugo, e forse, anche il cluniacense Guido, da poco
nominato abate di Polirone, il cenobio padano venne donato da Matilde di Canossa al papa Gregorio VII, da questi
aggregato a Cluny.
Lo scontro fra impero, papato e Canossa, durato decenni, l’aggregazione del monastero a Cluny, la volontà, a
volte la necessità, forse, di famiglie comitali e signorili di opporsi alla preponderanza imperiale, insieme al
fenomeno generale delle fondazioni monastiche signorili, orientarono fondatori laici verso il monastero polironiano,
non solo perché esso aveva assunto una forza maggiore di attrazione e di espansione, derivatagli dall’ingresso
nella congregazione cluniacense, ma soprattutto perché la donazione dei beni terrieri e ancor più
l’assoggettamento di monasteri e chiese a San Benedetto come alla Chiesa romana significavano un preciso
orientamento politico all’interno dell’ampio conflitto fra impero e papato.
MATILDE E LE SUE CHIESE
Fu Matilde di Canossa, detta "la Grancontessa" o anche la "Contessa guerriera", per le sue battaglie contro gli
eserciti invasori, a rendere famoso il Monastero di Polirone (fondato nel 1007 da Tedaldo di Canossa). Nel 1077,
in occasione del famoso incontro di Canossa tra Papa Gregorio VII ed Enrico IV imperatore, Matilde affidò
l'abbazia di Polirone al pontefice, il quale la aggregò alla Congregazione benedettina di Cluny in Borgogna. Alla
sua morte, avvenuta nel 1115, la contessa volle essere sepolta nel Monastero di S. Benedetto Po, ma nel 1632 le
sue spoglie furono traslate a Roma in S. Pietro per ordine del papa Urbano VIII; nella Basilica, vicino alla
sagrestia, resta il sarcofago vuoto, in alabastro, sorretto da 4 leoncini di marmo rosso. Su di esso era esposto il
quadro del Farinati, raffigurante la contessa a cavallo, ora custodito nel Tesoro Spirituale della Basilica; oggi si
può ammirare un dipinto ritraente Matilde, opera dell'artista contemporaneo Lanfranco. L'abbazia benedettina di
Polirone fu soppressa nel 1797 da Napoleone Bonaparte, che disperse i monaci e si appropriò delle terre e del
patrimonio librario e artistico.
A testimonianza della profonda fede religiosa di Matilde restano sul territorio mantovano alcune chiese e pievi:
Santa Maria di Valverde, situata a breve distanza dal cenobio sambenedettino; San Fiorentino di Nuvolato, che
presenta alcuni elementi originari interessanti; Santa Maria Assunta di Pieve di Coriano, che insieme a San
Lorenzo di Pegognaga costituisce forse l'esempio più insigne di pieve del basso mantovano; Santa Maria di
Felonica, di antichissima fondazione e ricostruita in epoca matildica; Santa Croce di Sermide; San Benedetto di
Gonzaga databile intorno al 1082; La Rotonda di San Lorenzo di Mantova, la più antica chiesa cittadina, e, nell'alto
mantovano, La Pieve di Cavriana ; La Pieve di Santa Maria di Medole.
MUSEO DELLA CULTURA POPOLARE PADANA
E' situato al primo piano del Chiostro di S. Simeone. Vi si accede dallo scalone del Barberini e anticamente vi
erano situati lo scrittorio/biblioteca, le celle dei monaci, la biblioteca settecentesca e l'appartamento dell'abate e
dei Gonzaga. Con oltre 10.000 pezzi suddivisi in 34 sezioni è uno dei maggiori musei etnografici d'Italia.
Attualmente è in fase di restauro.
MUSEO DELL'ABBAZIA DI POLIRONE
E' posto all'interno del refettorio monastico e vi si conservano testimonianze e reperti archeologici dell'antica
abbazia benedettina. Si può ammirare: l'albero genealogico degli abati; un altorilievo in marmo greco con i mesi di
Novembre e Dicembre attribuiti a Wiligelmo; una Madonna col Bambino del Begarelli; un busto in marmo bianco di
S. Bernardino del XV secolo; una testa femminile forse di età romana e molte ceramiche rinvenute negli scavi dei
chiostri.
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
PERCORSI NATURALISTICI
La natura rigogliosa e pianeggiante di questa zona si presta
particolarmente per itinerari in bicicletta o a cavallo, sugli argini del Po e
del Secchia o costeggiando le numerose bonifiche. Un interessante
itinerario, per gli appassionati della bici, è quello che da San Benedetto
Po passa per Motteggiana ed arriva a Luzzara, dopo circa 35
chilometri. Partendo presso l'attracco fluviale di San Benedetto Po si
percorre la strada arginale sino a Portiolo costeggiando le zone della
bonifica del Po e di qui, dopo un breve tratto sulla strada provinciale
fino a Motteggiana, si torna sull'argine sino a Torricella, in un punto del
fiume di particolare suggestione perché contrassegnato da notevoli
isole di sabbia. Si prosegue poi per Tabellano accompagnati dal colpo
d'occhio di sontuose ville e corti rurali , raggiungendo, nei pressi dell'abitato di Riva di Suzzara, un complesso
naturalistico di notevole estensione, il Parco di San Colombano. Ancora pochi chilometri ed ecco Luzzara, in cui
merita una visita il Museo dei Naif.
Non sarà difficile procurarsi una bicicletta perché esistono centri di noleggio tanto a San Benedetto, quanto a
Portiolo e Motteggiana.
San Benedetto Po è anche un importante riferimento, con l'attracco in località ponte nuovo, per le escursioni
fluviali che partendo da Mantova percorrono il Mincio e, dopo le chiuse di Governolo, il Po ed arrivano fino al delta
del fiume e a Venezia.
Esiste anche un porticciolo privato sul Po al Cornione di Mirasole, per imbarcazioni da pesca o da diporto di
piccole dimensioni.
MANTOVA CITTA' GOLOSA
Mantova città d'arte e cultura, Mantova città che nutre mente e spirito, ma anche Mantova capitale del
gusto e della cucina italiana.
Al centro della ricca Pianura Padana, Mantova si distingue per le diversità che la storia e la condizione geografica
hanno creato dentro una marca di confine con altre 7 province. La Lombardia qui è all'estremo sud-est, mentre
Veneto ed Emilia sono sull'uscio. L'acqua e la terra sono il cuore di Mantova e della sua cucina che, tra i fasti delle
tavole gonzaghesche e i sapori della tradizione popolare ("cucina di prìncipi e di popolo"), sa proporre un gran
numero di piatti tipici e una vasta offerta di ricette originali o rivisitate con grande capacità e fantasia dai cuochi
virgiliani. Mettendosi a tavola, ci si accorge sempre di essere a Mantova per la particolarità dei profumi e dei
sapori, pieni e fragranti, e per la genuinità e la generosità dei prodotti offerti.
Il pranzo tradizionale mantovano, che viene accompagnato dall'inizio alla fine da una vastissima gamma di pani
tradizionali dalle forme più svariate, si apre con un assaggio di grépole (ciccioli di maiale), o di polenta e gras
pistà (fettine di polenta abbrustolita, con sopra del lardo pestato e insaporito con prezzemolo e poco aglio) e di
squisiti salumi, fra i quali troneggia il salame mantovano, con la sua particolarità di insaccato profumato con
l'aglio; ad accompagnarli, in stagione, ottimi meloni, che in questa provincia sono prodotti nei tre grandi distretti di
Viadana, Sermide e Rodigo.
Fra i prodotti tipici del mantovano, occorre ricordare la chisolìna (piccola schiacciatina friabile prodotta dai
fornai ) e la chisòla (focaccia) nelle sue varie versioni, comunemente usate per gustose colazioni o merende, ma
anche servite per accompagnare gli antipasti.
Seguono le deliziose e profumate minestre, di cui gli agnolini (pasta sfoglia ripiena di carni miste brasate e
macinate) sono la più rinomata e alta espressione, come le finissime tagliatelle in brodo di carne o i maltagliati in
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PEDALANDO E NAVIGANDO TRA ARTE E NATURA
minestrone rustico di fagioli. La pasta sfoglia dà origine anche alle ottime foiade col nèdar o col pisùn (fettuccine
con sugo di anitra o di piccione) o a pappardelle con sughi di selvaggina (lepre, fagiano).
Fra le paste ripiene, i tortelli di zucca, inconfondibili per l'armonia di sapore dolce-salato, rimandano alla
tradizione del mangiare di magro, ma oggi sono emblema della cucina mantovana. Notevoli anche le paste fatte
col torchio, come i maccheroni con pancetta e fagioli o con sugo di stracotto d'asino e i bìgoi con sardèle
(spaghettoni conditi appunto con sardelle o acciughe salate, sciolte in olio). L'esclusività però è rappresentata dai
risotti, grazie anche alla tipica produzione del riso vialone nano nel territorio della sinistra Mincio, fra i quali il più
famoso è cucinato alla pilota, cioè secondo l'uso degli antichi pilatori del riso, condito con pesto di carne di maiale
e accompagnato dal pontèl, braciola o costina di maiale in umido.
Ma unici e squisiti sono anche i risotti coi "frutti" della risaia: col pesce gatto, con la carpa, con la tinca, con la
psina (piccoli pesci d'acqua dolce, ben fritti e croccanti) o con i saltarèi (gamberetti di fosso), oppure con le rane
e con le lumache. Tipiche e buonissime anche le proposte di riso e zucca, riso e verze, riso e cipolle.
Fra i secondi piatti si può scegliere tra gli animali da cortile, generalmente arrosto, e le carni di maiale variamente
proposte, dove si distingue per bontà il tipico cotechino, ma la tradizione propone principalmente lo stracotto
d'asino o di cavallo, accompagnato da polenta gialla fumante in un sugo di verdure e vino rosso.
La tipicità, frutto del particolare ambiente lacustre, è però rappresentata soprattutto dall'appetitoso luccio in salsa,
lessato e condito con un trito di capperi, acciughe, peperoni e prezzemolo, oppure con olio, grana e limone, e
servito con polenta abbrustolita. Una menzione particolare per la trippa (di manzo o di maiale) che nel mantovano
è uso mangiare "fuori pasto", per colazione o per merenda, ma che viene comunemente offerta anche come
"antipasto" o secondo. Dopo questa varietà di sapori, non bisogna mancare di assaporare qualche scaglia di
formaggio grana, padano o parmigiano, che nel territorio mantovano trovano la maggior quantità di produzione,
magari esaltato dalla piccante mostarda mantovana o semplicemente accompagnato con una delle varietà di
pera prodotte nel territorio mantovano. Le produzioni di pere William, Conference, Decana del Comizio, Abate
Fetel e Kaiser che si producono nel Mantovano usufruiscono del marchio I.G.P. - Indicazione Geografica Protetta.
Tra le tante proposte di dolci, da forno e da pasticceria, si distinguono la torta Sbrisolona, fatta con farina gialla,
mandorle e strutto, l'Anello di Monaco, dolce lievitato e farcito, la Torta di Tagliatelle, la raffinata Helvetia , il
rustico e tradizionale Bussolano, l'esclusiva Millefoglie, la particolare Torta di Zucca o la stupenda, se ben fatta,
Torta delle Rose. E poi un dessert suggestivo, il sùgol, budino fatto col mosto di uva, vera leccornia.
A coronare la mensa ci sono i vini, che stanno riscuotendo sempre maggiori riconoscimenti, anche per il grande
lavoro sulla qualità impostato da alcune aziende. Ottimi i rossi Cabernet, Merlot, Rubino, e i bianchi
Chardonnay, Tocaj, Pinot, Riesling, prodotti a DOC e a IGT dell'Alto Mincio e dei Colli Morenici Mantovani del
Garda. Da provare assolutamente, per le qualità che lo differenziano da quelli modenesi e reggiani e per lo
spontaneo abbinamento a tanti dei piatti sopra citati, il Lambrusco Mantovano DOC, prodotto nell'area
Viadanese-Sabbionetana e in quella dell'oltrePo.
FONTI DOCUMENTARIE:
http://www.liberatiarts.com/
http://www.comune.mantova.it/
http://it.wikipedia.org/wiki/Mantova
http://www.turismo.mantova.it/itinerari/oraetlabora_i.htm
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