Hermes - Aracne editrice

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Hermes
Sezione I: Saggi di estetica ed etica
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Collana fondata da
Alberto GeSSAnI e Alessia LIGuorI
Dico che il buono
è il bello.
Platone, Liside, 216 d
A11
61
Direttori
Alberto GESSANI
Alessia LIGUORI
Università degli Studi Roma Tre
Comitato scientifico
Paolo NEPI
Vittorio STELLA
Gennaro Giuseppe CURCIO
Comitato di redazione
Paolo MAROLDA
Veronica REGOLI
Hermes
Hermes è il dio del movimento, del passaggio, dell’inventiva;
gioca con le cose, con gli altri, con se stesso, facendo emergere le
potenzialità degli enti, costruendo ciò che prima non era al mondo.
L’essere è offerta continua e sfida all’intelligenza: esige, per essere compresa, che si comprendano o si instaurino relazioni tra gli
individui e tra i generi. Come dio della relazione e dell’invenzione,
Hermes è guida dell’interprete e del ricercatore che non accetta
divisioni di campi e di scopi: rispetta ciò che è, ma sa che rispetto
significa oltrepassamento del dato puro e semplice.
Questa collana vuole ispirarsi a Hermes proprio in quanto intende accogliere lavori che istituiscano rapporti o riscoprano l’unità fra temi del sapere diversi, che tentino nuove prospettive di indagine, che offrano al lettore strumenti fondamentali per l’esercizio
del sapere e del pensiero.
Stefano orofino
Estetica e educazione in Theodor W. Adorno
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: agosto 2011
L’arte… è prassi come educazione alla coscienza
T.W. Adorno
INDICE
PREMESSA……………………………………………………….p. 9
CAPITOLO I. L’arte e l’estetica nella teoria critica di Adorno
1.1. La paradossalità della dialettica negativa…............................p. 13
1.2. Sulla mimesi…………………………………………………p. 39
1.3. L’arte vicaria della praxis. Critica del godimento artistico….p. 77
CAPITOLO II. La funzione pedagogica dell’arte
2.1. Critica della teoria dell’impegno……………………….….…p. 95
2.2. Critica della teoria dell’art pour l’art e del realismo di Lukács……………............................................................................p. 119
CAPITOLO III. Arte e pedagogia critica
3.1. Contro l’industria culturale. L’arte ermetica come educazione alla
coscienza critica………………………………………….……...p. 147
3.2. La teoria dell’ascolto strutturale. Pedagogia musicale e pedagogia
critica…………………………………………………….………p. 166
3.3. Fantasia e razionalità……………………………………..…p. 196
CONCLUSIONE. Il concetto adorniano di “educazione estetica”……………………………………………………………….p. 227
APPENDICE. Adorno classicista e idealista?...........................p. 263
BIBLIOGRAFIA………………………………………..…...…p. 283
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PREMESSA
Ai temi riguardanti l’arte e l’estetica Theodor W. Adorno ha destinato
una parte molto consistente della sua produzione intellettuale; e
all’estetica adorniana sono stati dedicati, negli ultimi decenni, innumerevoli volumi, articoli e conferenze. Della tematica pedagogica, invece, il teorico della Scuola di Francoforte si è occupato, quasi en passant, solo in alcune, rare, conferenze pubbliche. E su questa parte,
quantitativamente esigua, del suo poliedrico impegno intellettuale è
stato scritto davvero ben poco. È per molti versi curioso e interessante
far notare che, sia che scriva – in un linguaggio da più parti ritenuto
eccessivamente criptico - dei poderosi tomi sull’arte sull’esperienza
estetica; sia che comunichi oralmente, in un modo per lui insolitamente semplice e chiaro, le sue tesi sull’educazione, in entrambi i casi, a
esprimersi è comunque sempre lo stesso intellettuale, critico radicale
della società tardocapitalistica. Orbene, come si evince già dal titolo
che si è scelto per il volume, il presente lavoro cerca di mostrare in
cosa consista il punto di congiunzione, nel pensiero adorniano, fra discorso estetico e discorso pedagogico. Più precisamente, lo scopo che
ci si prefigge in questa sede è quello cercare di mettere in evidenza
come dell’estetica adorniana si possa fornire una lettura in chiave pedagogica.
È ovvio che un’operazione del genere richieda che si dia, in via preliminare, un ampio spazio all’analisi della collocazione che l’arte e la
teoria estetica occupano nell’impianto concettuale complessivo della
teoria critica di Adorno. A questo argomento è dedicata, infatti, la
prima parte del presente studio. Compiuto questo indispensabile passaggio, si passa poi, in maniera più diretta, a verificare la plausibilità
dell’ipotesi di fondo della ricerca, e cioè se possano essere individuati
dei risvolti pedagogici nell’estetica adorniana Quel che si cercherà di
appurare, in sostanza, è se si possa estrapolare dagli scritti estetici di
Adorno un particolare modello di “educazione estetica”. È sulla base
di questo particolare taglio di lettura pedagogico che viene ripreso, in
questa sede, un argomento su cui tanto si è dibattuto, soprattutto in
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Premessa
ambito teorico marxista: il raffronto fra la teoria estetica di Adorno e
quelle di due grandi autori a lui coevi, Brecht e Lukács, fautore, l’uno,
dell’arte socialmente impegnata, l’altro della concezione realistica
dell’arte, due visioni nei cui confronti Adorno si è sempre mostrato
alquanto critico. Proprio dalle obiezioni che il filosofo francofortese
rivolge alle suddette teorie, emergono i primi spunti per comprendere
entro quali termini e in quale misura egli attribuisca all’arte un fine
pedagogico.
La presente ricerca, comunque, ruota soprattutto intorno a due fuochi:
in primo luogo l’analisi del rapporto fra ragione e sensibilità, fra intelletto e fantasia – tema che è centrale già nel discorso schilleriano
sull’educazione estetica, una teoria con cui pertanto le tesi di Adorno
sull’argomento devono essere inevitabilmente messe a confronto; in
secondo luogo la teoria adorniana dell’ascolto “strutturale” della musica, teoria che in verità Adorno concepisce esclusivamente come modello di pedagogia musicale alternativo a quello dominante nell’epoca
in cui egli visse. Nell’ambito del presente lavoro, invece, ci si propone
di evidenziare come tale modello possa essere assunto quale paradigma per un’idea di pedagogia – intesa in senso generale - pienamente
conforme agli assunti fondamentali della teoria critica di Adorno. Dalla teoria dell’“ascolto strutturale” viene fuori, cioè, in che modo l’arte
possa contribuire concretamente alla formazione di una “coscienza
critica”, che è poi il fine che il teorico francofortese attribuisce
all’educazione, come si ricava dai suoi interventi sulla tematica pedagogica.
Tuttavia, se è vero che Adorno conferisce una funzione educativa
alla musica e all’arte in generale, è altrettanto vero che, secondo la sua
visione, è solo con le avanguardie del primo Novecento che essa pare
assumere scientemente su di sé questa capitale responsabilità nei confronti degli uomini. Cionondimeno, esiste una lettura, per quanto minoritaria, che presenta l’estetica di Adorno come una teoria che – al di
là delle intenzioni dello stesso teorico francofortese – si rivelerebbe
sotterraneamente, ma nella sua sostanza più intima, classicistica e idealistica, dunque politicamente conservatrice. Ebbene, per evidenziare i
punti deboli di questa interpretazione dell’estetica di Adorno, al seguente studio è stata aggiunta un’appendice, dedicata per l’appunto alla critica di siffatta lettura “revisionistica” dell’estetica di Adorno.
Premessa
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Nel concludere questa premessa, mi corre l’obbligo di precisare che
il testo che viene ora pubblicato coincide sostanzialmente - a parte alcune revisioni, per lo più stilistiche - con quello della tesi con cui ho
conseguito, nel corso del 2009, il dottorato di ricerca in “Teoria e storia della storiografia filosofica” presso l’Università della Calabria (solo l’appendice poc’anzi menzionata è frutto di un’elaborazione successiva). Nello svolgimento della mia ricerca, pertanto, ho ricevuto il
sostegno da parte del Dipartimento di Filosofia dell’Unical, ma soprattutto del docente di estetica, il prof. Romeo Bufalo, che ha seguito con
pazienza il mio lavoro, non solo durante i tre anni di dottorato, ma anche successivamente, fino alla stesura finale del testo, che deve, pertanto molto ai suoi consigli e suggerimenti. Molti argomenti discussi
in questa sede erano già stati affrontati in altre mie pubblicazioni, ma
in maniera molto più succinta rispetto alla trattazione presente. Nelle
mie precedenti pubblicazioni sull’estetica di Adorno, soprattutto, non
venivano in alcun modo discussi né la nozione adorniana di “ascolto
strutturale”, né l’analisi che il filosofo compie nelle sue opere del rapporto fra ragione e sensibilità, intelletto e immaginazione. Ora, è proprio quest’ultimo uno dei temi fondamentali – se non “il” tema fondamentale - degli scritti di estetica del professor Bufalo. Tali scritti
sono dedicati ad altri pensatori - quali Diderot, Dewey e Della Volpe
in particolare – fautori della tesi secondo cui la produzione artistica è
frutto, per l’appunto, della cooperazione fra l’immaginazione e
l’intelletto, la sensibilità e la ragione, due facoltà che invece sono state
considerate rigidamente contrapposte dalla corrente dominante del
pensiero occidentale. È proprio la lettura di questi testi ad avermi fornito lo spunto per porre l’attenzione sulla visione di Adorno
sull’argomento, riscontrando, tra l’altro, almeno su questo particolare
tema, un’identità di vedute piuttosto sorprendente fra i filosofi summenzionati e il teorico francofortese. Per tutti questi motivi, pertanto,
al Dipartimento di Filosofia dell’Unical, e soprattutto al prof. Romeo
Bufalo, vanno i miei ringraziamenti più sentiti e sinceri.
CAPITOLO I
L’ARTE E L’ESTETICA NELLA TEORIA CRITICA DI
ADORNO
1.3. La paradossalità della dialettica negativa
Nella “nota” dei curatori di Teoria estetica, testo che Adorno lasciò
incompleto a causa della sua morte improvvisa (avvenuta nell’agosto
1969), si legge che «l’opera restò, come complesso, un torso che accanto alla Dialettica negativa e a un progettato libro di filosofia morale doveva, secondo la volontà di Adorno, “esporre ciò che ho da gettare sulla bilancia”»1.
Lo stesso Adorno, dopo aver terminato la stesura di Dialettica negativa, pubblicata nel 1966, aveva dichiarato che il lavoro che si riprometteva di intraprendere da quel momento in avanti si sarebbe
concentrato “prevalentemente su questioni artistiche”2. È ben vero che
l’ultimo libro da lui pubblicato in vita fu Parole chiave. Questo, però,
è in realtà una raccolta di saggi, tratti per lo più da una serie di conferenze che il filosofo tenne dal 1965 al 1969 (tranne una risalente al
1958)3. Pertanto, le ultime due opere concepite da Adorno come testi
unitari fin dall’inizio della loro stesura sono Dialettica negativa e Teoria estetica, che già in uno studio di Fredric Jameson del 1971 erano
definite le opere “più sistematiche e filosoficamente tecniche”4 di A1
“Nota dei curatori all’edizione tedesca” di: T.W. ADORNO, Teoria estetica, trad. it. E.
De Angelis, Einaudi, Torino 1977, p. 605.
2
Lettera di Adorno a Helene Berg del 6 dicembre 1966, cit. in: S. MÜLLER-DOOHM,
Theodor W. Adorno. Biografia di un intellettuale, trad. it. B. Agnese, Carocci, Roma 2003, p.
579.
3
Cfr., T.W. ADORNO, Parole chiave, trad. it. M. Agrati, SugarCo, Milano 1974. Nella
raccolta furono pubblicati anche due testi inediti, Su Soggetto e Oggetto e Note marginali a
teoria e prassi, dei quali si occupato, fra gli altri, Paolo Pellegrino (cfr. P. Pellegrino, Teoria
critica e teoria estetica in Th. W. Adorno, Argo, Lecce 1996, pp. 117-168). Sul primo di questi due saggi cfr. anche M. JAY, Theodor W. Adorno, trad. it. S. Pompucci Russo, Il Mulino,
Bologna 1987, pp. 61-88).
4
F. JAMESON, “Le metafore storiche di Adorno”, in: ID., Marxismo e forma, trad. it. R.
Piovesan e M. Zorino, rivista da G. Mazzacurati, Liguori, Napoli 1975, p. 70.
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Capitolo I
dorno. Una definizione, questa, che qui si condivide, con la precisazione, però, che l’aggettivo “sistematico” può essere adoperato riguardo al pensiero del teorico francofortese solo in senso molto particolare, visto che proprio Dialettica negativa è da lui presentata come il
suo “antisistema”5, ossia come opera che si oppone all’idea stessa di
“sistema”, inteso questo come intero conchiuso e repressivo nei confronti del particolare.
Ebbene, l’arte costituisce indubbiamente uno dei temi dominanti
dell’intera produzione di Adorno: già negli anni Venti, infatti, quando
era poco più che ventenne, egli pubblicò molti saggi di critica musicale, in un alcuni dei quali, tra l’altro - come si avrà modo di notare anche in questa sede -, venivano anticipati alcuni motivi teorici poi ripresi e approfonditi nella critica sociologica della musica che lo studioso francofortese avrebbe approntato nella sua maturità6. Tuttavia, è
altrettanto vero che è solo nella “connessione immanente”7 fra Dialettica negativa e Teoria estetica che si chiarisce in modo preciso il ruolo
che egli attribuisce all’arte e all’estetica nell’ambito del suo pensiero.
Probabilmente nei due testi suddetti non sono espresse delle tesi
nuove rispetto a quelle sostenute nei lavori precedenti del filosofo, ma
è certo che solo in essi viene presentata in forma generale quella teoria
critica che nella sua vasta e poliedrica produzione precedente era stata
applicata concretamente all’analisi di oggetti specifici e particolari, discussi per lo più in saggi brevi, seguendo il metodo micrologico che
egli aveva ereditato da Benjamin. Sulla rilevanza di questo metodo nel
pensiero di Adorno è esemplare un’affermazione come la seguente,
contenuta in Dialettica negativa: «quanto più socializzato è il mondo,
quanto più fittamente i soggetti sono intessuti di determinazioni generali, tanto più tendenzialmente […] la singola fattispecie è immedia-
5
Cfr. T.W. ADORNO, Dialettica negativa, cit., p. XII.
Su questi aspetti cfr. S. MÜLLER-DOOHM, op. cit., pp. 111-160.
7
Di «connessione immanente in Adorno di dialettica negativa e teoria estetica» ha parlato
il già citato Paolo Pellegrino (cfr. P. PELLEGRINO, op. cit., p. 63). Più di recente, invece, Fabrizio Desideri, nel segnalare a sua volta questa connessione, la ha giudicata però in modo negativo, parlando di “circolo mai perfetto, costitutivamente incompiuto, tra Dialettica negativa
e Teoria estetica” (F. DESIDERI, “Filosofia atematica e nominalismo estetico. Adorno e Benjamin”, in: AA. VV., Th. W. Adorno 1903-2003. Una ragione per la musica, CUEN, Napoli
2006, pp.43-58. Il passo citato è a p. 44).
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