la ghiandola pineale - Liceo "Salvatore Di Giacomo"

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LA GHIANDOLA PINEALE
Ghiandola pineale hai presente? è una ghiandoletta tonda
alla base del cervello. Pi-ne-a-le. Dai, possibile che non
ricordi la ghiandola pineale di Cartesio? Il punto di raccordo tra corpo e anima, lo snodo di comunicazione tra
l’uno e l’altra …?
David Foster Wallace
I. DEL RACCONTO FONDATIVO
Così Nietzsche in Su verità e menzogna in senso extramorale:
In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi
solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della “storia del mondo”: ma
tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.1
Nietzsche costruisce con la sapienza del filosofo e la forza intuitiva del poeta il racconto fondativo
del nichilismo e mostra attraverso un’immagine formidabile e rivoluzionaria il senso della sua filosofia. I grandi pensatori hanno fornito racconti di tal genere, dando vita a epoche nuove, inedite culture, inizi sorprendenti.
L’intenzione di questo breve saggio è di mostrare che il logos consiste nel creare racconti fondativi
e nel riconoscerli quando si trova al cospetto di culture specifiche. Questo saggio soprattutto è un
tentativo ironico di svelare il racconto fondativo della modernità.
1
Friedrich Nietzsche, Su verità e menzogna in senso extramorale in Friedrich Nietzsche, La filosofia nell’epoca tragica
dei greci e scritti 1870-1873, trad. it. Giorgio Colli, Adelphi, Milano, 2000, p. 225.
!1
Oratio … lumen adhibere rebus debet.
Cicerone
2. DEL LOGOS
Vittima della ferocia nazista, sotto il cui colpo moriva nel 19422, Bruno Schulz ci ha donato in coda
alla celebre raccolta di racconti color cannella una profonda meditazione dal titolo La mitizzazione
della realtà. Già l’incipit è stupefacente.
Essenza della realtà è il senso. Ciò che non ha senso, per noi non è reale.3
E il senso della realtà è la parola. Il Logos primordiale.
Il popolo ebraico infatti è il popolo della parola e la superiorità della parola rispetto alle creature è
tale che esse devono materialmente custodirla in astucci e portarla con sé, i filatteri, affinché non si
provochi l’Altissimo. Porrete dunque nel cuore e nell'anima queste mie parole recita il Deuteronomio.
Facendo le dovute distinzioni tra religione e filosofia, in questa sede si intende affermare la sostanziale differenza tra logos e tecnica e riconoscere il primato del primo rispetto alla seconda.
La tesi del prof. Carlo Sini esposta alla lezione introduttiva delle Romanae Disputationes afferma
che non vi sia differenza tra logos e tecnica, che senza l’uno non ci sia l’altra e viceversa. Egli intende il logos come elevazione raffinata della mano a idea. Tuttavia questa tesi sembra negare la
differenza ontologica tra logos e tecnica: il logos è il senso della realtà e la tecnica uno strumento.
La differenza implica una dipendenza della tecnica dal logos, dipendenza della tecnica che corre il
rischio di essere dimenticata e allora la tecnica si sottrae al fine per cui è stata creata dal logos e pericolosamente si emancipa come scienza indipendente. Tuttavia il richiamo del logos è troppo forte
e come il corpo squartato del serpente della leggenda, i cui pezzetti si cercano reciprocamente nell’oscurità4 , e cercano la luce del senso come unità del corpo, così la tecnica brancolando al buio
cerca la luce del logos come unità del senso.
2
Si può asserire verosimilmente che il racconto fondativo della postmodernità sia la Shoah. Non è tuttavia scopo del
presente studio indagare tale importantissimo fenomeno storico.
3
Bruno Schulz, La mitizzazione della realtà in Bruno Schulz, Botteghe color cannella, trad. it. Anna Vivanti Salmon,
Vera Verdiani, Andrzej Zielinski, Einaudi, Torino, 2008, p. 409.
4
Ivi.
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Questo organismo della parola, sbriciolato in migliaia di frammenti ma integro, è
stato lacerato in espressioni singole, in suoni, nel linguaggio corrente, e in questa
nuova forma è impiegato per le necessità della pratica, è ormai giunto a noi come
organo di comunicazione. […] Ma quando le imposizioni della pratica allentano i
rigori, quando la parola è lasciata in balia di se stessa e restituita alle proprie leggi, allora in essa ha luogo una regressione, una corrente a ritroso, la parola allora
anela agli antichi vincoli, a completarsi nel senso - e questo anelito della parola è
la poesia.5
Schulz dice che la tecnica sta alla pratica comunicativa, nella quale la parola è separata dal suo luogo natale per svolgere una funzione utile ed efficace a quello che Heidegger definisce il commercio
intramondano, così come il logos sta alla poesia, inteso come origine mito-poietica di civiltà, racconto ancestrale. Il linguaggio della comunicazione pratica si avvale di parole-tessere di un antico
mosaico, come case moderne costruite con le pietre di antichi templi. Le parole hanno perso l’autentica potenza espressiva come un affresco di una basilica paleocristiana che viene valutato per
l’uso del colore, la forma dei corpi, l’assenza della prospettiva e non per il senso che rappresenta, la
vittoria di Cristo sul mondo, per esempio.
5
Ivi.
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La nostra ragione non può assolutamente trovare il
vero se non dubitando; ella si allontana dal vero
ogni volta che giudica con certezza; e non solo il
dubbio giova a scoprire il vero, ma il vero consiste
essenzialmente nel dubbio, e chi dubita sa, e sa il
più che si possa sapere.
Leopardi
3. DELLA GHIANDOLA PINEALE
Cartesio è il genio della modernità. Nel Discorso sul metodo il grande filosofo e matematico francese del XVII secolo ha elaborato la grande narrazione moderna.
Fin dall’infanzia sono stato allevato nello studio delle lettere, e poiché mi persuadevo che erano il mezzo per acquisire una conoscenza chiara e sicura di tutto ciò
che è utile nella vita, avevo un estremo desiderio di acquistarne la padronanza. Ma
non appena ebbi compiuto tutto il corso di studi in capo al quale, di solito, si viene
accolti nel numero dei dotti, mutai completamente opinione. Infatti mi ritrovai sotto
il peso di tanti dubbi ed errori che mi sembrava di avere tratto dal mio tentativo di
istruirmi un unico utile: la crescente scoperta della mia ignoranza.6
L’ignoranza cartesiana si differenzia sia dal non sapere socratico che da quello scettico. Socrate afferma io so di non sapere e Apollo per questo dichiara che è il più sapiente degli ateniesi. Socrate sa
qualcosa che è celato ai presunti sapienti e che paradossalmente è rivelato ai semplici.7 Gli scettici
negano invece che l’uomo possa conoscere alcunché perché la verità è inaccessibile. Vale a tal proposito il motto di Sesto Empirico bene navigavi, naufragium feci a significare l’insensata condizione umana che nonostante gli sforzi di ben condurre la vita è necessariamente destinata al fallimento,
perché manca una destinazione finale, un compimento. In Cartesio non accade niente di simile. La
sua ignoranza afferma che bisogna superare un secolo vetusto e inaugurare il sapere del nuovo secolo. Per compiere questa rivoluzione epocale occorre dunque una nuova narrazione con la quale immedesimarsi: il racconto è in prima persona e accattivante nella forma. Un ragazzo molto studioso e
6
Cartesio, Discorso sul metodo in Cartesio, Opere filosofiche 1, trad. it. Eugenio Garin, Gallo Galli, Maria Garin, Laterza, Roma-Bari, 1998, p. 293.
7
Platone, Apologia di Socrate, trad. it. Manara Valgimigli, Laterza, Roma-Bari, 2012, p. 15.
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umile non trova la verità che cerca nella scuola, allora la cerca nel mondo e si mette in viaggio. Ma
neanche il mondo risponde al suo desiderio di verità, allora la ricerca continua dentro di sé, all’interno di una stanza chiusa al calore di una stufa. Qui nell’intima crisi di un cuore inquieto si palesa
un’intuizione capace di sbaragliare l’atroce dubbio: esiste qualcosa di cui non si può dubitare. Il fatto che chi dubita sono io e che dubitare è pensare: ego cogito ergo sum! Un racconto fenomenale e
irresistibile letto e amato da tutte le generazioni a seguire, le quali si sono sentite chiamate a rispondere alla domanda sollevata da Cartesio: sei sicuro di ciò in cui credi? Perché se nutri dei dubbi
posso consigliarti un metodo che con me ha funzionato e posso garantirti che ti troverai bene. In
questo paragone alcuni hanno sentito una corrispondenza altri no, ma tutti hanno accettato di muoversi all’interno di questo nuovo orizzonte storico, il quale è definito nel presente saggio come il
secolo della ghiandola pineale.
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Di solito ci si convince meglio con le ragioni
trovate da se stessi che con quelle venute in
mente ad altri.
Pascal
4. DEL METODO
La scienza nel XVII secolo con Galilei elabora un procedimento euristico noto come metodo sperimentale. I risultati non tardano ad arrivare e sono sbalorditivi, una rivoluzione culturale che supera i
confini della scienza e della tecnica per farsi visione del mondo. La gioventù intellettuale è in preda
ad un ebbro entusiasmo, nulla sembra come prima, uno iato divide la storia in un prima superstizioso e ignorante e in un dopo luminoso. Il disorientamento è formidabile e come un vento impetuoso
spazza via la tradizione. I figli guardano con smorfie sarcastiche alle parole dei padri, autorità essiccate al fuoco della giovanile modernità.
La filosofia abbandona la scuola e invaghita del laboratorio si schiera con la scienza.
Cartesio è un geniale matematico ed epistemologo. Comprende con un acume senza pari che la
scienza moderna sperimentale necessita di un fondamento filosofico. Il suo metodo modellato sul
procedimento della matematica consta di quattro punti: evidenza, analisi, sintesi ed enumerazione.
Ecco che applicando il metodo il filosofo finalmente può asserire che l’uomo è una macchina e che
nel punto più profondo del cervello esiste una piccola ghiandola che ha la funzione di conciliare il
pensiero e l’estensione. L’evidenza implica la visione fenomenica, l’analisi la scomposizione dell’estensione nelle sue parti semplici, senza saltare il minimo passaggio grazie all’enumerazione, infine
la visione sintetica riunifica il molteplice. Così la generazione meccanica della memoria per esempio:
[…] Mi limiterò a esporvi come si formano le idee nella parte interna del cervello
dove si trova la sede della memoria.
A tal fine dovete tener presente che gli spiriti provenienti dalla ghiandola pineale,
dopo avervi ricevuto l’impressione di qualche idea, passano di là, attraverso i
tubi, nei pori o intervalli frapposti ai piccoli filamenti di cui si compone questa
parte del cervello; e che hanno la forza di slargare un po' tali intervalli, di piegare
e disporre diversamente i piccoli filamenti che incontrano sul loro cammino, secondo le diverse maniere in cui si muovono e le diverse aperture dei tubi per cui
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passano: di guisa che anche qui tracciano delle figure corrispondenti a quelle degli oggetti; non, tuttavia, così facilmente, né con tanta immediata perfezione come
sulla ghiandola, ma poco per volta, con graduale miglioramento, a seconda della
forza dell’azione e della sua durata o del suo ripetersi. Perciò queste figure si
cancellano più difficilmente: esse durano, in modo che, per loro mezzo, le idee che
in precedenza sono state sulla ghiandola ci si possono riformare parecchio tempo
dopo, senza richiedere la presenza degli oggetti a cui si riferiscono. In ciò consiste
la memoria.8
Anche se la descrizione non appare molto chiara, descrizione che nell’originale Cartesio correda
con un disegno del cervello umano, della sezione del cervello all’interno della quale è presente
come una noce o minuscola pigna, da cui pineale, la ghiandola e intorno filamenti e tubi, tale descrizione tuttavia rende perfettamente l’idea di come sia mutato il modo di raccontare la verità sull’uomo. La visione tecnica moderna è già qui.
In sintesi è possibile ipotizzare che alla radice del secolo della ghiandola pineale come sede dell’umanità nell’ottica della scienza nuova ci sia il racconto di una crisi esistenziale che colpisce un giovane francese, che rinnega la tradizione, la storia, la poesia, la religione, e, affascinato dalla mathesis, nella solitudine del suo cogito, come un Archimede moderno, getta le basi del mondo oggettivo.
8
Cartesio, L’uomo in Cartesio, Opere filosofiche 1, trad. it. Eugenio Garin, Gallo Galli, Maria Garin, Laterza, RomaBari, 1998, pp. 258-259.
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Tutti i problemi derivano dall’ingenuità con cui la
scienza oggettiva ritiene che ciò che essa chiama mondo oggettivo sia l’universo di tutto ciò che è, senza badare al fatto che la soggettività che produce la scienza
non può essere conosciuta da nessuna scienza oggettiva.
Husserl
5. DELLA TECNICA OVVERO DEL MONDO OGGETTIVO
Ebreo vissuto nella bellissima capitale dell’Impero Austro-Ungarico nella prima metà del ‘900 e
autore del libro di ricordi Die Welt von Gestern, costretto all’esilio in sud America a causa del secondo conflitto mondiale, dove tragicamente, prematuramente e volontariamente trova la morte nell’isolamento, Stefan Zweig racconta in La prima parola che valica l’oceano che la rivoluzione tecnico-scientifica è un momento fatale della storia umana.
Per migliaia e migliaia di anni, da quando quella strana creatura denominata
uomo ha preso a trasferirsi da un luogo all’altro della terra, gli unici parametri
della velocità di movimento sono stati il trotto del cavallo, il girare su se stessa
della ruota, la propulsione impressa alla nave dai remi o dalla vela. […] Gli eserciti di Wallenstein avanzavano non molto più celeri delle legioni di Cesare, l’armata di Napoleone non era più rapida delle orde di Gengis Khan, le corvette di
Nelson solcavano i mari a velocità di poco superiore a quella dei vascelli corsari
dei vichinghi e delle navi mercantili dei fenici. Durante il viaggio del Childe Harold’s Pilgrimage Lord Byron percorre lo stesso numero di nodi al giorno di Ovidio diretto al suo esilio sulle sponde del Ponto, e nel diciottesimo secolo Goethe
non viaggia molto più comodo o più spedito dell’apostolo Paolo all’inizio del primo millennio.9
Non è in discussione il valore della rivoluzione tecnico-scientifica e il miglioramento delle condizioni di vita che generalmente ha prodotto nella società. Nessun uomo di buon senso desidera tornare a condizioni di vita pre-tecnologiche, alla carrozza, alla torcia, alla medicina degli umori e dei
salassi. Tuttavia come ci ricorda l’ironico saggista inglese Gilbert Keith Chesterton l’errore è una
9
Stefan Zweig, Momenti fatali, trad. it. Donata Berra, Adelphi, Milano, 2011, pp. 163-164.
!8
verità impazzita. Quando una verità valida in un determinato ambito di realtà viene utilizzata per
spiegare tutta la realtà si genera l’errore! Pertanto l’errore non si può imputare alla tecnica, momento fatale dell’umanità, ma al tentativo di sottomettere l’intera realtà al discorso tecnico. L’errore
giunge quando la realtà viene raccontata come mondo oggettivo.
La tecnica come ci ricorda Aristotele nella Fisica10 si differenzia dalla natura, che ha in se stessa il
principio del mutamento. La tecnica, viceversa, è prodotta dall’uomo e dunque da questi dominata.
Se il discorso tecnico si fa racconto fondativo ed elimina la narrazione della tradizione umanistica,
allora si fa strada la pretesa che l’uomo possa dominare la realtà, come domina gli oggetti in laboratorio. Si passa da una concezione filosofica per la quale veritas est ens ad una concezione filosofica
per la quale veritas est factum. Se il discorso della tradizione afferma il primato della realtà, il discorso della tecnica afferma il primato della produzione.
In questo rovesciamento paradigmatico risiede il senso della Rivoluzione Copernicana di Kant.
Dovrei pensare che gli esempi della matematica e della scienza naturale […] siano abbastanza notevoli, per farci riflettere sulle linee essenziali della radicale trasformazione nel modo di pensare, che è stata tanto vantaggiosa per quelle, e per
far sì che noi le imitiamo in questo campo, per lo meno a scopo di tentativo, in
quanto ciò è permesso dall’analogia di esse, come conoscenze della ragione, con
la metafisica. Si è ritenuto sinora, che ogni nostra conoscenza debba regolarsi secondo gli oggetti: tutti i tentativi di stabilire su di essi, attraverso concetti, qualcosa a priori, mediante cui fosse allargata la nostra conoscenza, caddero tuttavia,
dato tale presupposto, nel nulla. Per una volta si tenti dunque, se nei problemi della metafisica possiamo procedere meglio, ritenendo che gli oggetti debbano conformarsi alla nostra conoscenza.11
E ritenendo che gli oggetti debbano conformarsi alla nostra conoscenza si è compiuta la volontà di
Cartesio, la favola del mondo oggettivo ha sostituito la narrazione classico-umanistica. E l’uomo?
Gli scienziati lo cercano in una minuscola pigna situata nel cervello, la ghiandola pineale.
10 Aristotele,
11
Fisica, Mondadori, trad. it. Antonio Russo, Milano, 2008, p. 85.
Immanuel Kant, Critica della ragion pura, trad. it. Giorgio Colli, Adelphi, Milano, 2004, p. 23.
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BIBLIOGRAFIA
• Aristotele, Fisica, Mondadori, trad. it. Antonio Russo, Milano, 2008.
• Renato Cartesio, Opere filosofiche 1, trad. it. Eugenio Garin, Gallo Galli, Maria Garin, Laterza,
Roma-Bari, 1998.
• Marco Tullio Cicerone, De oratore, BUR, Milano, 2001.
• David Foster Wallace, La scopa del sistema, trad. it. Sergio Claudio Perroni, Einaudi, Torino,
2014.
• Edmund Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, trad. it. Enrico
Filippini, il Saggiatore, Milano, 1997.
• Immanuel Kant, Critica della ragion pura, trad. it. Giorgio Colli, Adelphi, Milano, 2004.
• Giacomo Leopardi, Zibaldone, Mondadori, Milano, 1983.
• Friedrich Nietzsche, La filosofia nell’epoca tragica dei greci e scritti 1870-1873, trad. it. Giorgio
Colli, Adelphi, Milano, 2000.
• Blaise Pascal, Pensieri, trad. it. Carlo Carena, Mondadori, Milano, 2008.
• Platone, Apologia di Socrate, trad. it. Manara Valgimigli, Laterza, Roma-Bari, 2012.
• Bruno Schulz, Botteghe color cannella, trad. it. Anna Vivanti Salmon, Vera Verdiani, Andrzej Zielinski, Einaudi, Torino, 2008.
• Stefan Zweig, Momenti fatali, trad. it. Donata Berra, Adelphi, Milano, 2011.
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