educazione informale e giochi nelle ricerche sull`apprendimento

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EDUCAZIONE INFORMALE E GIOCHI NELLE RICERCHE
SULL’APPRENDIMENTO
Marisa Michelini1, Lorenzo Santi1, Alberto Stefanel1,
Alessandra Mossenta2, Rossana Viola2, Mario Colombo2
Vi è un’enorme influenza del momento ludico nello sviluppo del soggetto (Vygotskij). Il contesto ludico offre un’occasione di decontestualizzazione rispetto all’attività scolastica, la definalizzazione motiva ed attiva processi di apprendimento personali e realizza la connessione con abilità ludico-simboliche. Il momento ludico ha
natura transizionale tra la concretezza dell’azione e il pensiero totalmente svincolato dall’azione: la capacità di astrarre. Esso assume il ruolo di lavoro per l’apprendimento (Bondioli, 2002) in cui si identificano attività che coinvolgono in modo profondo (non meccanico) il soggetto. Le idee di base, la creatività e le esperienze pregresse determinano un apprendimento informale che innesca un processo in cui ogni esperienza riceve qualcosa da quelle che l’hanno preceduta e modifica in qualche modo quelle che seguiranno; le regole del gioco, che non possono mancare, si relazionano con la sfera affettiva, diventano una meta (lavoro) ed
un apprendimento. Il gioco di esplorare fenomeni fa costruire le regole e i modelli interpretativi in un fertile scambio tra operatività manuale ed intellettuale. La
transizione dall’azione all’astrazione è un processo interno, che permette di sviluppare la memoria logica ed il pensiero astratto svincolandosi con spontaneità dal
reale. La percezione è la molla che spinge ad agire per questa transizione. Il giocare aumenta il grado di consapevolezza relativa alle proprie azioni, le regole inoltre rendono sempre più attraente il gioco. L’attività ludica permette di sperimentare svariate cornici e/o condizioni (modelli mentali e ragionamenti sui fenomeni)
senza condizionamenti e di fare esperienza di diversi stili/modi di pensare. Il soggetto amplia così la sua visione del mondo e «apprende il modo di strutturarsi del
pensiero nei confronti dell’universo» e quindi il luogo di sperimentazione diventa
luogo di apprendimento (Bateson, 2002).
Queste consapevolezze sono state confermate da ricerche effettuate mediante la-
1
2
Dipartimento di Fisica, Università di Udine.
Unità di ricerca di Udine.
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Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel, Alessandra Mossenta, Rossana Viola, Mario Colombo
boratori cognitivi in campo scientifico in due principali contesti: a) il Centro Laboratorio per la Didattica della Fisica (CLDF), struttura universitaria fondata nel
1994 ed ancora unica nel suo genere per la natura di laboratorio in cui operano
pariteticamente3 insegnanti e ricercatori universitari per la ricerca didattica in
campo scientifico; b) la mostra Giochi Esperimenti Idee (GEI), volutamente realizzata4 con materiali poveri, ma non banali (sensori on-line con l’elaboratore ne
fanno ad esempio parte) di dimensioni tali da poter essere gestiti su tavoli per costituire la palestra di apprendimenti informali durante una esibizione e diventare
il laboratorio esplorativo in classe.
Ogni anno dalla fondazione del CLDF, per tre settimane a marzo, una cinquantina di scuole collaborano con l’università di Udine per realizzare una manifestazione di diffusione culturale, concepita per la scuola e con la scuola5. Essa integra
lo scambio di esperienze con la ricerca didattica, utilizzando il contesto di GEI e
i materiali di ricerca sviluppati in un contesto interdisciplinare. Vi partecipano circa 4000 studenti e 200 insegnanti esperti e novizi (o in formazione), che insieme
esplorano proposte innovative per la didattica scientifica. L’apprendimento ‘informale’ si realizza in tali contesti come esito intrinsecamente connesso al prendere
parte a situazioni. Apprendere facendo implica relazioni concettuali, che i ragazzi
devono imparare operando e collocare all’interno di quello che Bakhurst (2001)
chiama ‘spazio di ragioni’, usando concetti (teorici) per mediare la comprensione
delle esperienze ed usare queste ultime per ripensare ai concetti teorici. Alcuni
principali studi ci hanno permesso di individuare il ruolo dell’operatività nell’organizzazione dell’esperienza e i modi in cui si attiva in forma finalizzata alla comprensione di fenomeni in contesti ludici (Michelini, 2004a; 2006). È determinante
il modo in cui i ragazzi alcune volte utilizzano il linguaggio per cogliere gli eventi
concreti, ad esempio per rendere simbolico un evento concreto attraverso l’uso di
una metafora, che permetta loro di attribuire a questo evento un significato più
ampio, collegandolo con una immagine visiva astratta del processo. Gli apprendimenti scientifici e tecnologici in particolare si portano dietro una natura locale e
in parte tacita e non possono realizzarsi solo attraverso comunicazioni (descrizioni) scritte o verbali (Collins, 1992; Cambrosio, Keating, 1995). Lavoro intellettua-
3
Nel CLDF insegnanti e ricercatori universitari accedono a ugual titolo ai fondi di ricerca e partecipano alle decisioni sulla gestione e i programmi di lavoro: il raccordo tra la scuola e l’università è realizzato in termini di collaborazione, quando non addirittura condivisione di obiettivi, programmi e
lavoro.
4
La sua prima realizzazione (in collaborazione con l’AIF) nel 1994 comprendeva 60 esperimenti
ideati da Marita Bosia, Maria Carla Mazzadi, Marisa Michelini e Maria Luisa Scillia. Essa conta oggi 250 esperimenti in 4 copie prestate gratuitamente alle scuole.
5
Nel sito www.uniud.it/cird sono descritte alcune delle manifestazioni realizzate.
Educazione informale e giochi nelle ricerche sull’apprendimento
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le socialmente condiviso, organizzato attorno ad una congiunta realizzazione di
compiti è la caratteristica prevalente dei programmi educativi mirati ad insegnare
abilità di pensiero di ordine superiore o prestazioni cognitive (Resnick, 1987). Per
questo motivo si propone il gioco di esplorare diversi mondi e diversi modi di
guardarli, con ipotesi che creano altri mondi (modelli) per interpretarli. È quindi
importante non perdere l’occasione ludica per offrire contesti di costruzione dell’apprendimento. Nella ricerca ‘F21’ sono stati svolti nel contesto della mostra
GEI studi basati sull’educazione informale, in cui attività laboratoriali di problem
solving in ambienti complessi sembrano offrire occasioni per superare i limiti di
realtà semplificate (Tramm, 1996) ed orientare in senso formativo. Nelle attività
svolte, l’interazione di diverse prospettive (o scopi) porta chi apprende ad usare i
concetti per interpretare le esperienze quotidiane o a riesaminarli alla luce della loro adeguatezza ad interpretare le situazioni che esplora. L’attenzione alle modalità
con cui i concetti vengono ‘risituati’ ci permette di distinguere tra l’impiego di conoscenza e l’utilizzo dei problemi che sorgono durante lo svolgimento di un compito per sviluppare un nuovo schema interpretativo in un nuovo contesto. Si parte da alcuni concetti chiave e si studiano le modalità di raccordo tra conoscenza
quotidiana e scolastica, secondo le proposte teoriche di Guile (2004).
È utile guardare alle connessioni, piuttosto che alle differenze tra apprendimento
formale, non formale e informale. Per questa ragione le attività informali in mostra GEI sono laboratori su ‘micro-step’ concettuali con specifici angoli di attacco
a fenomenologie. Una strategia di coinvolgimento ed esplicitazione su cui si è puntato con i ragazzi di livello L1 è stata quella dei giochi di ruolo (Blatner, 2002). Tra
i diversi tipi di gioco di ruolo, di cui sono stati sviluppati alcuni esempi di attività
nel campo della fisica, si è scelto quello in cui i partecipanti assumono i ruoli delle parti del sistema e collaborativamente creano storie, interpretazioni. Significativi risultati si sono ottenuti con tale strategia nell’ambito delle interazioni magnetiche e dei fenomeni elettrostatici (Mossenta et al., 2007).
I laboratori cognitivi realizzati in questo ambito per lo studio dei modi in cui si attua la costruzione di ragionamenti scientifici a partire dalla conoscenza comune
sono tre: mappe, CLOE e contesti. Per ragioni di spazio si illustra in questa sede
solo il secondo. Nel Laboratorio CLOE (Laboratorio Cognitivo di Esplorazione
Operativa) l’attività è condotta da un ricercatore su una specifica tematica, seguendo un protocollo di intervista semi-strutturata: si utilizza una traccia di lavoro aperta, che consente di seguire i percorsi concettuali dei ragazzi sulla base di
stimoli offerti su situazioni. Scenari di vita quotidiana introducono l’esplorazione
delle idee dei ragazzi sui nodi concettuali, che vengono successivamente indagati
con proposte sperimentali e/o operative. I laboratori CLOE hanno offerto ai ragazzi e insegnanti la possibilità di avvicinarsi a contesti non considerati nella scuola di base, perché ritenuti complessi. Hanno costituito momento significativo per
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Marisa Michelini, Lorenzo Santi, Alberto Stefanel, Alessandra Mossenta, Rossana Viola, Mario Colombo
la formazione insegnanti in servizio e iniziale, come esemplificazione di come possono essere affrontate le tematiche proposte. Hanno infine fornito ai ricercatori indicazioni sui percorsi concettuali dei ragazzi e sulle modalità con cui essi formalizzano le conoscenze.
Gli strumenti di documentazione per le analisi sono stati diversi6, prodotti dai ricercatori e dagli stessi ragazzi, su supporto cartaceo e magnetico (audio-video), di
natura elaborativa ed interviste.
6
I principali strumenti di analisi sono stati: audio-videoregistrazione, annotazioni libere e su griglia
da parte di un ricercatore-osservatore, disegni e risposte su schede di domande stimolo, grafici previsti/osservati, diario di bordo, annotazioni e sintesi dei ragazzi (che cosa abbiamo imparato), mappe spontanee dei concetti (termini e verbi), interviste semi - strutturate ed interviste rogersiane.
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PER L’INSEGNAMENTOAPPRENDIMENTO DELLA FISICA
A LIVELLO PREUNIVERSITARIO,
DAL PROGETTO PRIN ‘F 21’
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