METAMORPHOSEON COLLANA DI STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE Direttore Paolo Aldo R Storia della scienza e delle tecniche Università di Genova Comitato scientifico Evandro A Adolfo F Universidad Autónoma Metropolitana de México Presidente dell’Académie Internationale de Philosophie des Sciences (AIPS) Professore emerito dell’Università di Genova Neurologia Criminologia e difesa sociale Università dell’Insubria Davide A Storia della scienza e delle tecniche Università di Genova Valeria Paola B Ivan I Direttore del Dipartimento di Bioetica e Diritti Umani della Lubelska Szkoła Wyższa di Ryki Ida L V Storia della scienza e delle tecniche Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Storia del pensiero medico e biologico Università di Genova Liceo Artistico Statale “Paul Klee” di Genova Sonia Maura B Carlo M Filologia romanza Università di Genova Storia della scienza e delle tecniche Università di Genova Luisella B Valerio M Filosofia morale Università di Genova Direttore dell’Istituto Italiano di Bioetica Filosofia teoretica Università di Bari “Aldo Moro” Patrizia C Iconografia e iconologia Università di Ferrara Dino C Storia del pensiero politico Università di Genova Mauro F Matematica Università di Torino Oscar M Estetica Università di Genova Roberta P Storia della scienza e delle tecniche Universtià di Milano-Bicocca Lourdes V G Bioetica Universidad Anáhuac de México Norte Universidad Pontificia de México METAMORPHOSEON COLLANA DI STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE L’aver riconosciuto che il divenire del mondo rappresenta l’estrema minaccia in quanto in esso abitano le metamorfosi, le nascite e le morti, l’uscire dal Nulla e il rientrare nel Nulla, ha portato di necessità l’Occidente a percorrere la strada dell’episteme, della scienza che tende a costruire una conoscenza incontrovertibile, ossia un sapere che “sta fermo” (episteme) nella verità. L’iridescenza proteiforme del cosmo indifferenziato, i fenomeni cangianti, le apparizioni e le sparizioni, le metamorfosi degli oggetti provocano nell’uomo che li vive lo stupore ammirato: il thaumazein. Il farsi altro dall’apeiron è percorrere i sentieri della metamorfosi, le strade dell’apparire e dello scomparire, del nascere e del morire (l’origine da – l’annullarsi in). In definitiva è l’ingresso nella storia e il sottomettersi al destino. In “Metamorphoseon” sono pubblicate opere di alto livello scientifico, anche in lingua straniera per facilitarne la diffusione internazionale. I direttori approvano le opere e le sottopongono a referaggio con il sistema del “doppio cieco” (double blind peer review process) nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore, sia dei due revisori che scelgono: l’uno da un elenco deliberato dal comitato di direzione, l’altro dallo stesso comitato in funzione di revisore interno. I revisori rivestono o devono aver rivestito la qualifica di professore universitario di prima fascia nelle università italiane o una qualifica equivalente nelle università straniere. Ciascun revisore formulerà una delle seguenti valutazioni: a) pubblicabile senza modifiche; b) pubblicabile previo apporto di modifiche; c) da rivedere in maniera sostanziale; d) da rigettare; tenendo conto della: a) significatività del tema nell’ambito disciplinare prescelto e originalità dell’opera; b) rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; c) attenzione adeguata alla dottrina e all’apparato critico; d) adeguato aggiornamento normativo e giurisprudenziale; e) rigore metodologico; f ) proprietà di linguaggio e fluidità del testo; g) uniformità dei criteri redazionali. Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta da uno dei direttori, salvo casi particolari in cui i direttori provvederanno a nominare tempestivamente un terzo revisore a cui rimettere la valutazione dell’elaborato. Il termine per la valutazione non deve superare i venti giorni, decorsi i quali i direttori della collana, in assenza di osservazioni negative, ritengono approvata la proposta. Sono escluse dalla valutazione gli atti di convegno, le opere dei membri del comitato e le opere collettive di provenienza accademica. I direttori, su loro responsabilità, possono decidere di non assoggettare a revisione scritti pubblicati su invito o comunque di autori di particolare prestigio. La ragione curiosa Atti del convegno in memoria di Paolo Rossi a cura di Davide Balzano Davide Bigalli Prefazione di Davide Balzano Davide Bigalli Contributi di Carlo Altini Davide Balzano Lina Bolzoni Roberto Bondì Matteo Borri Giuseppe Cacciatore Giulio Giorello Stefano Miniati Laura Nicolì Yamina Oudai Celso Emanuele Ronchetti Maria Pia Vannoni Andrea Vestrucci Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: dicembre Alla radice di ciò che chiamiamo ricerca storica sta il gusto della ricerca, il piacere di scoprire, mettere in relazione le idee fra loro e le idee con i fatti, soprattutto e prima di ogni altra cosa il piacere di organizzare un percorso non già interamente noto e per intero codificato. Paolo R, Una difesa della spazzatura. Cosa è diventata la mia storia delle idee, “Philosophia”, V, , Indice Prefazione Davide Balzano, Davide Bigalli Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza Giulio Giorello Il Telesio di Bacon Roberto Bondì Viktor von Weizsäcker e la crisi della medicina scientifica. Medici e pazienti nella Germania di Weimar Stefano Miniati Idee per la storia della filosofia. Paolo Rossi: istruzioni per l’uso Emanuele Ronchetti Una teoria che fece scandalo: Isaac La Peyrère e i Preadamiti Maria Pia Vannoni Idolatria e politeismo da Bayle ai philosophes Laura Nicolì Indice Cosa abbiamo dimenticato sulla memoria? Le ricerche di Paolo Rossi e la situazione attuale degli studi Lina Bolzoni Leggere e dimenticare: Alzheimer e la Memoria Matteo Borri Emozioni, memoria implicita e inconscio psicodinamico Yamina Oudai Celso Paolo Rossi storico del presente Giuseppe Cacciatore Libertà come servo arbitrio. Sul senso teologico di un paradosso Andrea Vestrucci Moderni e antimoderni. La critica dell’idea di progresso in Karl Löwith e Leo Strauss Carlo Altini Ernesto De Martino: per un esame di coscienza dell’Occidente Davide Balzano Gli Autori La ragione curiosa ISBN 978-88-548-7880-8 DOI 10.4399/97888548788081 pag. 11–12 (dicembre 2014) Prefazione D B, D B Il settembre si è tenuta, presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Milano, una giornata di studi in ricordo di Paolo Rossi. L’iniziativa, promossa dalla cattedra di Storia della Filosofia I, con il sostegno del Dipartimento di Filosofia e del Rettore, ha avuto il patrocinio della rivista “Philosophia”, del Museo “Galileo” — Istituto e Museo di Storia della Scienza, dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, dell’Istituto “Antonio Banfi”, della Società Italiana di Storia della Filosofia, della Società Filosofica Italiana. Il senso dell’iniziativa è stato di operare una prima — incompleta — ricognizione della poliedrica personalità intellettuale, del percorso scientifico, dei molteplici interessi e campi di intervento di Paolo Rossi, la cui vasta ricerca ha avuto l’indubbio merito di fornire spunti d’indiscutibile originalità allo studio della storia del pensiero filosofico e dell’analisi culturale, permettendo lo sviluppo di un approccio eclettico, ma sempre coerente, difficile da rintracciare in altri autori del panorama internazionale. Nella struttura della giornata si sono individuati quattro momenti forti nella definizione del suo profilo intellettuale: così, alla relazione di Giulio Giorello sulla attività di Rossi come storico della scienza, sia nella sua dimensione rinascimentale e protomoderna sia contemporanea, si Prefazione è saldata la relazione di Emanuele Ronchetti sulla introduzione e traduzione operata da Rossi della History of Ideas, dove gli spunti seminali di Arthur O. Lovejoy hanno conosciuto, nel corso di una riflessione continuata negli anni, trasformazioni originali con apporti di altri ambiti disciplinari, nel nome di quella ragione curiosa che è stata assunta a cifra della giornata; hanno fatto seguito la relazione di Lina Bolzoni su un altro fondamentale ambito degli studi di Paolo Rossi, quell’arte della memoria che non è mai stata mera ricognizione di una vicenda del passato, ma si è coniugata a un’attenzione sempre viva per le dimensioni antropologiche e psicologiche del ricordare e del dimenticare; laddove la relazione di Giuseppe Cacciatore metteva in luce un altro degli aspetti dell’attività intellettuale di Paolo Rossi: la volontà e la capacità di intervenire nel dibattito culturale odierno, qualità che lo hanno portato a definire efficacemente il quadro della vita intellettuale del nostro tempo, con importanti messe a punto. A queste relazioni-cardine si è accompagnata una serie di interventi affidati a giovani studiosi e ricercatori in vario modo legati all’attività scientifica e didattica di Rossi, testimonianza di quella sua alta capacità di cogliere e sollecitare le promesse delle generazioni emergenti, con una generosità di insegnamento che rimane uno dei punti più significativi della sua personalità. La varietà dei temi toccati da questo ambito di relazioni, idealmente connesse con le macro-aree presentate dai relatori precedentemente citati, sta a indicare la già ricordata poliedricità di interessi dello studioso, una poliedricità che — attraverso il trascorrere delle generazioni — alimenta ancora alcuni dei momenti più significativi della ricerca storiografica nelle nostre istituzioni culturali. La ragione curiosa ISBN 978-88-548-7880-8 DOI 10.4399/97888548788082 pag. 13–23 (dicembre 2014) Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza G G Forme tra le nuvole A volte vediamo una nuvola in forma di drago o una nebbia che sembra ora un orso, un leone, una cittadella alta di torri, ora una roccia a picco, una montagna a semiluna, un promontorio azzurro denso d’alberi e fronde che oscillano come a salutare il mondo e con l’aria ingannano i nostri occhi. Anche tu hai visto queste apparenze: sono il corteo del triste crepuscolo. Così Marco Antonio nella scena XIV del Quarto Atto di Antony and Cleopatra di William Shakespeare . Paolo Rossi (–) compendiava questa epistemologica considerazione con la scherzosa battuta per cui le nuvole del cielo sembrano prima dei coccodrilli, poi le fattezze delle belle ragazze; e ciò capitava ogni volta che qualcuno pretende di aver compreso il fine (o la fine) della storia. E si disegnava sul viso dello studioso un sorriso tra il malizioso e lo scettico. Nell’elegante volumetto Speranze lui citava una poesia di Eugenio Montale: « La storia [. . . ] si sposta . S W., Teatro completo, a cura di M G., vol. V, I drammi classici, trad. it. di S. Quasimodo, Mondadori, Milano . pp. –. Giulio Giorello di binario e la sua direzione non è nell’orario » — come quel bizzarro treno che Topolino ha preso nel corso di una delle sue avventure irlandesi, nonostante un tabellone lo avesse avvisato che quel treno era segnato con “Partenza: ora” e “Arrivo: forse” (per la cronaca, si tratta di La scarpa magica, del ). Come dire che l’inizio è sempre adesso e il destino non è mai compiuto. Nel Rossi ha pubblicato (presso Raffaello Cortina, Milano) un ampio affresco del Rinascimento visto come Il tempo dei maghi, ove ricostruiva come in quell’epoca ancora dominasse la convinzione che recitare una giusta formula permettesse di cambiare il corso degli eventi ! Due anni dopo () ammoniva che quel tempo non era finito, almeno non per tutti. Anche da noi abbondavano — e abbondano tutt’ora — personalità di spicco che, per esempio, lamentano il dominio della tecnica, annunciano la guerra tra le civiltà o rilanciano il Tramonto dell’Occidente. Sono dei maghi, se si tratta di politici; si accontentano del ruolo di profeti, se sono degli intellettuali; e Rossi invitava a sospettare di entrambe le categorie (e, se possibile, di farne a meno). Del resto, nel citato Tempo dei maghi aveva icasticamente osservato: Solo se si è disposti a rinunciare a una parte dei nostri desideri infantili — ha scritto una volta Freud — possiamo imparare a tollerare che alcune delle nostre aspettative si rivelino essere delle illusioni [. . . ]. Ma è necessario che la perdita delle illusioni coincida con il desiderio della regressione? . R P., Speranze, il Mulino, Bologna , pp. –. . R P., Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità, Raffaello Cortina, Milano . . Ivi, p. . Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza Il luogo della memoria « Nel corso della mia vita ho vissuto pochi mesi a Urbino, otto anni in Ancona, dodici a Bologna, cinque a Città di Castello, sedici a Milano (dei quali due e mezzo viaggiano tra Milano e Cagliari), due ancora a Bologna, quarantacinque a Firenze ». Così sinteticamente Paolo Rossi ha riassunto il suo “breve viaggio” nell’Accademia italiana, nel suo ultimo volumetto, uscito postumo (e per sua esplicita volontà) presso l’editore Raffaello Cortina . E, preso dal piacere di rammemorare, ha offerto al lettore più di un gustoso aneddoto. La mia cattedra di ruolo [. . . ] la vinsi nel e fui chiamato alla facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari. Quando insegnavo a Sa Duchessa, abitavo — come Aldo Capitani e molti altri colleghi — al Jolly Hotel. Vi incontrai Ernesto De Martino, che aveva allora anni e insegnava alla facoltà di Magistero. Avevo letto i suoi libri, discusso molte volte di lui con Remo Cantoni e con Enzo Paci, e avevo una grande ammirazione, accompagnata da quel tranquillo senso di gratitudine che si prova per gli autori di libri che avvertiamo come decisivi per la nostra vita intellettuale [. . . ]. Una sera, De Martino venne nella mia camera per parlarmi di faccende della sua facoltà. Io ero appena arrivato, stavo disfacendo la valigia e lo ascoltavo mentre riponevo con cura le mie cose qua e là per la camera. Mentre stavo sistemando in un bicchiere dentifricio e spazzolino da denti, De Martino smise di parlare delle grane della sua facoltà e mi disse che, per certi indiani d’America, piantare il totem in uno spiazzo dopo ogni giornata di marcia garantiva che quel luogo, dove erano state erette da poco le tende, era pur sempre e ancora lo stesso identico luogo dell’originaria e perduta patria lontana. Mi disse pure che il mio spazzolino da denti aveva per me la stessa identica funzione di quel totem. . R P., Un breve viaggio e altre storie. Le guerre, gli uomini, la memoria, Raffaello Cortina, Milano , p. . Giulio Giorello Sapendo che, pur provenendo da Milano, non ero milanese, mi chiese quale fosse la mia “patria”. Sono nato a Urbino, uno splendido luogo in cui ho trascorso pochi mesi del mio primo anno di vita. Risposi, senza pensarci molto, “Città di Castello”, e mi accorsi, mentre rispondevo, che quell’inesattezza era una verità. Quella, anche in seguito, è stata la verità, perché nei miei molti spostamenti e traslochi e cambiamenti di casa e di indirizzo e numero telefonico, Castello ha rappresentato e rappresenta l’unico luogo continuo nel tempo e quindi non un luogo, ma il luogo. Ironia Quel “luogo della memoria” era caro a Paolo anche per un motivo squisitamente personale: « Durante uno “struscio” per il Corso, nel , “agganciai” [. . . ] Andreina Bizzarri » , che sarebbe diventata la compagna di tutta una vita. Ma non è certo il caso qui di entrare in questa delicata sfera dei sentimenti. Ci limitiamo a sottolineare un aspetto peculiare della passione di Paolo Rossi non per “l’eterno femminino” bensì per l’insegnamento della Storia della Filosofia. Infatti, in quel suo ultimo libro, ricordava anche che: Ho vissuto a Città di Castello tra il e il . Dopo essermi laureato — a Firenze, con Eugenio Garin, nel — ho insegnato Storia e Filosofia (e, purtroppo, per i miei alunni di allora, anche Storia dell’arte) al liceo classico Plinio il Giovane. In una delle aule di quel liceo (che era allora a San Giacomo) ho tenuto la prima in assoluto delle mie innumerevoli lezioni. In quel luogo ho fatto per la prima volta quella strana esperienza che consiste nel trovarsi da soli, con il compito di parlare, di fronte a una trentina di persone che ti guardano . Ivi, pp. –. . Ivi, p. . Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza non sai mai se con più ironia o più diffidenza. Sai che puoi accrescere quella diffidenza, e che quell’ironia può anche diventare irrisione, ma sai pure che se riesci a superare una specie di indivisibile soglia, puoi perfino riuscire a regalare a quelle giovani vite qualcosa che non dimenticheranno e che farà parte per sempre di ciò che riusciranno a diventare e del loro modo di essere. Ho sempre amato la frase del fondatore dell’Accademia dei Lincei (il principe Federico Cesi) secondo la quale chi sia maestro dev’essere sempre anche discepolo. Fui subito costretto a diventarlo, e imparai subito qualcosa di importante, quando un ragazzo dai capelli rossi, al termine della lezione sui presocratici, mi chiese se io davvero credessi che l’acqua è il principio di tutte le cose. Lo scambio di battute tra maestro e allievo tocca un punto fondamentale. Quando si tratta di storia delle idee, è sempre autorizzata l’irriverente questione: “Ma ci credevano davvero?” La risposta ironica è No, specie se giudichiamo orientandoci con la costellazione dei nostri principi e dei nostri valori (o magari dei nostri pregiudizi). Ma lo storico non ha invece il compito di dissolvere tale ironia, non diversamente da un antropologo (come il già ricordato Ernesto De Martino). Come quest’ultimo si addentra in uno spazio sconosciuto, idealmente separato dal continente da cui proviene, così lo storico si trova a investigare usi, costumi, istituzioni e credenze di un tempo così lontano da costituire un paese remoto. Eppure, per altri versi, l’ironia è anche un’arma conoscitiva, che Paolo sapeva esercitare mirabilmente, soprattutto quando aveva a che fare non con i “buoni” selvaggi di uno spazio–tempo remoto, ma con quelli che infestavano in modo più o meno petulante la sfera della cultura a lui contemporanea. Come indicano non poche pagine di Un breve viaggio, Rossi era lucidamen. Ivi, pp. –. Giulio Giorello te spietato con tutti quei maghi e profeti “appassionati e confusionari” che — delusi dalle pretese illuministiche che giudicavano eccessive — non esitavano a processare l’intera epoca moderna alla luce di principi non meno assolutistici di quelli che pretendevano di demolire. Tra costoro spiccavano non pochi esponenti della “scolastica marxista italiana”, in particolare quei “cattivi maestrini” che liquidavano l’impresa tecnico–scientifica degli ultimi tre o quattro secoli come mera espressione del capitalismo più o meno avanzato . Già in un fondamentale lavoro del , Rossi aveva osservato: Sono convinto che le specifiche teorie che costituiscono il nocciolo duro di ogni scienza non siano affatto il riflesso di determinate condizioni storico–sociali. Sono invece convinto — e tutto il lavoro che ho fin qui svolto si è osso in questa direzione — che la storia abbia molto a che fare con le immagini della scienza (vale a dire i discorsi su ciò che la scienza è e deve essere) che sono presenti nella cultura. In molti casi quelle immagini esercitano un peno non trascurabile sulla accettazione o sul successo delle teorie. Sulla base di una determinata immagine della scienza vengono infatti spesso definite le frontiere della scienza, i criteri per distinguere la scienza dalla magia o dalla metafisica o dalla religione. Qui l’ironia di Rossi non era solo destruens, ma indicava in positivo la pars construens di un programma di ricerca che io ritengo, tra l’altro, particolarmente utile per la stessa disciplina che insegno: infatti, Rossi invitava a ritrovare nella sua indagine della memoria storica premesse e mo. Ivi, pp. –. . R P., La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza, Roma– Bari (nuova edizione ), p. XX. Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza dalità di alcuni dei grandi problemi che hanno per decenni appassionato i più diversi esponenti della Filosofia della Scienza: giustificazione dell’induzione, demarcazione fra scienza e metafisica, modalità della convenzione, struttura dell’osservazione e dell’esperimento intrisa di teoria, dinamica delle cosiddette rivoluzioni scientifiche, e connessione tra crescita della conoscenza e libertà intellettuale e politica . L’Europa come patria della scienza L’ultima citazione del paragrafo precedente è tratta dal volume La nascita della scienza moderna in Europa, che era stato commissionato a Rossi da Jacques Le Goff (–) per la collana “Fare l’Europa”, nata dall’iniziativa di cinque editori di lingue e nazionalità differenti (Beck di Monaco di Baviera, Basil Blackwell a Oxford, Crítica a Barcellona, Laterza a Roma e Bari, Seuil a Parigi). Il rapporto tra il nostro continente e l’impresa tecnico–scientifica era, per Rossi, nient’affatto contingente: Non c’è, in Europa, un “luogo di nascita” di quella complicata realtà storica che chiamiamo oggi scienza moderna. Quel luogo è l’intera Europa. Vale la pena di ricordare anche le cose che tutti sanno: che Copernico era polacco, Bacone, Harvey e Newton inglesi, Cartesio, Fermat e Pascal francesi, Tycho Brahe danese, Paracelso, Keplero e Leibniz tedeschi, Huygens olandese, Galilei, Torricelli e Malpighi italiani. Il discorso di ciascuno di questi personaggi fu legato a quello degli altri, in una realtà artificiale o ideale, priva di frontiere, in una Repubblica della Scienza che si costruì faticosamente un suo . Per tutti questi temi rimandiamo a G D., G G., La filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza, Roma–Bari (ultima edizione ). Giulio Giorello spazio in situazioni sociali e politiche sempre difficili, spesso drammatiche, talora tragiche. Vengono spontanei alla mente i tetri bagliori dei roghi di Michele Serveto e di Giordano Bruno o la cupa atmosfera del processo a Galileo Galilei. La costituzione di quella “Repubblica della Scienza” si è rivelata, sul lungo periodo, la miglior risposta ai dispositivi dell’oppressione a scala continentale (e, per certi versi, anche fuori d’Europa, ovvero nel cosiddetto Nuovo Mondo). Ancor prima che si definissero quei confini nazionali e linguistici che hanno poi scandito la storia europea degli ultimi secoli. Rossi non ha mai dimenticato che si è trattato di un grande processo di emancipazione intellettuale che si è imperniato sul carattere pubblico e controllabile dell’impresa scientifica: sotto questo aspetto, un insieme di costellazioni d’idee e di pratiche ben diverse e talora antitetiche a quelle della magia o della stessa religione. Quella che ha innervato l’Europa è stata una vera e propria rete di conoscenze empiriche, che fu anche rete di individui e istituzioni. Così Rossi ricordava che, nonostante numerose e non piccole differenze fra i vari paesi europei, fra Cinquecento e Seicento le Università avevano cessato di essere il principale centro propulsivo della crescita della conoscenza, cedendo il passo in tale funzione alle accademie. Per dirla con le sue parole, “la scienza” si era ormai trasformata “in una attività sociale organizzata e si dette sue proprie istituzioni”; non solo strutture per la diffusione del sapere, ma soprattutto istituti di ricerca: « Luoghi dove venivano scambiate informazioni, discusse ipotesi, analizzati e realizzati in comune esperimenti, soprattutto emessi valutazioni e giudizi su . R P., La nascita della scienza moderna in Europa, cit., p. IX.