metamorphoseon - Aracne editrice

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METAMORPHOSEON
COLLANA DI STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE

Direttore
Paolo Aldo R
Storia della scienza e delle tecniche
Università di Genova
Comitato scientifico
Evandro A
Adolfo F
Universidad Autónoma Metropolitana de México
Presidente dell’Académie Internationale de Philosophie
des Sciences (AIPS)
Professore emerito dell’Università di Genova
Neurologia
Criminologia e difesa sociale
Università dell’Insubria
Davide A
Storia della scienza e delle tecniche
Università di Genova
Valeria Paola B
Ivan I
Direttore del Dipartimento di Bioetica e Diritti Umani della
Lubelska Szkoła Wyższa di Ryki
Ida L V
Storia della scienza e delle tecniche
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
Storia del pensiero medico e biologico
Università di Genova
Liceo Artistico Statale “Paul Klee” di Genova
Sonia Maura B
Carlo M
Filologia romanza
Università di Genova
Storia della scienza e delle tecniche
Università di Genova
Luisella B
Valerio M
Filosofia morale
Università di Genova
Direttore dell’Istituto Italiano di Bioetica
Filosofia teoretica
Università di Bari “Aldo Moro”
Patrizia C
Iconografia e iconologia
Università di Ferrara
Dino C
Storia del pensiero politico
Università di Genova
Mauro F
Matematica
Università di Torino
Oscar M
Estetica
Università di Genova
Roberta P
Storia della scienza e delle tecniche
Universtià di Milano-Bicocca
Lourdes V G
Bioetica
Universidad Anáhuac de México Norte
Universidad Pontificia de México
METAMORPHOSEON
COLLANA DI STORIA DELLA SCIENZA E DELLE TECNICHE
L’aver riconosciuto che il divenire del mondo rappresenta l’estrema minaccia in quanto in esso abitano le metamorfosi, le nascite e le morti, l’uscire dal Nulla e il rientrare nel Nulla, ha portato di necessità l’Occidente a percorrere la strada dell’episteme,
della scienza che tende a costruire una conoscenza incontrovertibile, ossia un sapere che “sta fermo” (episteme) nella verità.
L’iridescenza proteiforme del cosmo indifferenziato, i fenomeni cangianti, le apparizioni e le sparizioni, le metamorfosi degli
oggetti provocano nell’uomo che li vive lo stupore ammirato:
il thaumazein. Il farsi altro dall’apeiron è percorrere i sentieri della metamorfosi, le strade dell’apparire e dello scomparire, del
nascere e del morire (l’origine da – l’annullarsi in). In definitiva
è l’ingresso nella storia e il sottomettersi al destino.
In “Metamorphoseon” sono pubblicate opere di alto livello scientifico, anche in lingua straniera per facilitarne la diffusione internazionale. I direttori approvano le opere e le sottopongono
a referaggio con il sistema del “doppio cieco” (double blind peer review process) nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore, sia dei due revisori che scelgono: l’uno da un elenco deliberato
dal comitato di direzione, l’altro dallo stesso comitato in funzione di revisore interno. I revisori rivestono o devono aver rivestito la qualifica di professore universitario di prima fascia
nelle università italiane o una qualifica equivalente nelle università straniere. Ciascun revisore formulerà una delle seguenti valutazioni: a) pubblicabile senza modifiche; b) pubblicabile
previo apporto di modifiche; c) da rivedere in maniera sostanziale; d) da rigettare; tenendo
conto della: a) significatività del tema nell’ambito disciplinare prescelto e originalità dell’opera; b) rilevanza scientifica nel panorama nazionale e internazionale; c) attenzione adeguata alla
dottrina e all’apparato critico; d) adeguato aggiornamento normativo e giurisprudenziale; e)
rigore metodologico; f ) proprietà di linguaggio e fluidità del testo; g) uniformità dei criteri
redazionali.
Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta da uno
dei direttori, salvo casi particolari in cui i direttori provvederanno a nominare tempestivamente un terzo revisore a cui rimettere la valutazione dell’elaborato. Il termine per la valutazione
non deve superare i venti giorni, decorsi i quali i direttori della collana, in assenza di osservazioni negative, ritengono approvata la proposta. Sono escluse dalla valutazione gli atti di
convegno, le opere dei membri del comitato e le opere collettive di provenienza accademica. I direttori, su loro responsabilità, possono decidere di non assoggettare a revisione scritti
pubblicati su invito o comunque di autori di particolare prestigio.
La ragione curiosa
Atti del convegno in memoria di Paolo Rossi
a cura di
Davide Balzano
Davide Bigalli
Prefazione di
Davide Balzano
Davide Bigalli
Contributi di
Carlo Altini
Davide Balzano
Lina Bolzoni
Roberto Bondì
Matteo Borri
Giuseppe Cacciatore
Giulio Giorello
Stefano Miniati
Laura Nicolì
Yamina Oudai Celso
Emanuele Ronchetti
Maria Pia Vannoni
Andrea Vestrucci
Copyright © MMXIV
ARACNE editrice S.r.l.
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
Alla radice di ciò che chiamiamo ricerca storica sta il gusto della ricerca, il
piacere di scoprire, mettere in relazione le idee fra loro e le idee con i fatti,
soprattutto e prima di ogni altra cosa il piacere di organizzare un percorso
non già interamente noto e per intero codificato.
Paolo R, Una difesa della spazzatura.
Cosa è diventata la mia storia delle idee, “Philosophia”, V, , 
Indice

Prefazione
Davide Balzano, Davide Bigalli

Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza
Giulio Giorello

Il Telesio di Bacon
Roberto Bondì

Viktor von Weizsäcker e la crisi della medicina
scientifica. Medici e pazienti nella Germania di
Weimar
Stefano Miniati

Idee per la storia della filosofia. Paolo Rossi: istruzioni per l’uso
Emanuele Ronchetti

Una teoria che fece scandalo: Isaac La Peyrère e i
Preadamiti
Maria Pia Vannoni

Idolatria e politeismo da Bayle ai philosophes
Laura Nicolì


Indice

Cosa abbiamo dimenticato sulla memoria? Le
ricerche di Paolo Rossi e la situazione attuale degli
studi
Lina Bolzoni

Leggere e dimenticare: Alzheimer e la Memoria
Matteo Borri

Emozioni, memoria implicita e inconscio psicodinamico
Yamina Oudai Celso

Paolo Rossi storico del presente
Giuseppe Cacciatore

Libertà come servo arbitrio. Sul senso teologico
di un paradosso
Andrea Vestrucci

Moderni e antimoderni. La critica dell’idea di
progresso in Karl Löwith e Leo Strauss
Carlo Altini

Ernesto De Martino: per un esame di coscienza
dell’Occidente
Davide Balzano

Gli Autori
La ragione curiosa
ISBN 978-88-548-7880-8
DOI 10.4399/97888548788081
pag. 11–12 (dicembre 2014)
Prefazione
D B, D B
Il  settembre  si è tenuta, presso il Dipartimento di
Filosofia dell’Università di Milano, una giornata di studi in
ricordo di Paolo Rossi. L’iniziativa, promossa dalla cattedra
di Storia della Filosofia I, con il sostegno del Dipartimento
di Filosofia e del Rettore, ha avuto il patrocinio della rivista
“Philosophia”, del Museo “Galileo” — Istituto e Museo
di Storia della Scienza, dell’Istituto Nazionale di Studi sul
Rinascimento, dell’Istituto “Antonio Banfi”, della Società
Italiana di Storia della Filosofia, della Società Filosofica
Italiana.
Il senso dell’iniziativa è stato di operare una prima —
incompleta — ricognizione della poliedrica personalità
intellettuale, del percorso scientifico, dei molteplici interessi e campi di intervento di Paolo Rossi, la cui vasta
ricerca ha avuto l’indubbio merito di fornire spunti d’indiscutibile originalità allo studio della storia del pensiero
filosofico e dell’analisi culturale, permettendo lo sviluppo
di un approccio eclettico, ma sempre coerente, difficile da
rintracciare in altri autori del panorama internazionale.
Nella struttura della giornata si sono individuati quattro
momenti forti nella definizione del suo profilo intellettuale: così, alla relazione di Giulio Giorello sulla attività di
Rossi come storico della scienza, sia nella sua dimensione rinascimentale e protomoderna sia contemporanea, si


Prefazione
è saldata la relazione di Emanuele Ronchetti sulla introduzione e traduzione operata da Rossi della History of
Ideas, dove gli spunti seminali di Arthur O. Lovejoy hanno
conosciuto, nel corso di una riflessione continuata negli
anni, trasformazioni originali con apporti di altri ambiti disciplinari, nel nome di quella ragione curiosa che è
stata assunta a cifra della giornata; hanno fatto seguito la
relazione di Lina Bolzoni su un altro fondamentale ambito degli studi di Paolo Rossi, quell’arte della memoria
che non è mai stata mera ricognizione di una vicenda del
passato, ma si è coniugata a un’attenzione sempre viva
per le dimensioni antropologiche e psicologiche del ricordare e del dimenticare; laddove la relazione di Giuseppe
Cacciatore metteva in luce un altro degli aspetti dell’attività intellettuale di Paolo Rossi: la volontà e la capacità
di intervenire nel dibattito culturale odierno, qualità che
lo hanno portato a definire efficacemente il quadro della
vita intellettuale del nostro tempo, con importanti messe
a punto. A queste relazioni-cardine si è accompagnata una
serie di interventi affidati a giovani studiosi e ricercatori in
vario modo legati all’attività scientifica e didattica di Rossi,
testimonianza di quella sua alta capacità di cogliere e sollecitare le promesse delle generazioni emergenti, con una
generosità di insegnamento che rimane uno dei punti più
significativi della sua personalità. La varietà dei temi toccati
da questo ambito di relazioni, idealmente connesse con le
macro-aree presentate dai relatori precedentemente citati,
sta a indicare la già ricordata poliedricità di interessi dello
studioso, una poliedricità che — attraverso il trascorrere
delle generazioni — alimenta ancora alcuni dei momenti più significativi della ricerca storiografica nelle nostre
istituzioni culturali.
La ragione curiosa
ISBN 978-88-548-7880-8
DOI 10.4399/97888548788082
pag. 13–23 (dicembre 2014)
Paolo Rossi tra biografia
e passione per la conoscenza
G G
Forme tra le nuvole
A volte vediamo una nuvola in forma di drago o una nebbia che sembra ora un orso, un leone, una cittadella alta di
torri, ora una roccia a picco, una montagna a semiluna, un
promontorio azzurro denso d’alberi e fronde che oscillano
come a salutare il mondo e con l’aria ingannano i nostri occhi.
Anche tu hai visto queste apparenze: sono il corteo del triste
crepuscolo.
Così Marco Antonio nella scena XIV del Quarto Atto di
Antony and Cleopatra di William Shakespeare . Paolo Rossi
(–) compendiava questa epistemologica considerazione con la scherzosa battuta per cui le nuvole del cielo
sembrano prima dei coccodrilli, poi le fattezze delle belle
ragazze; e ciò capitava ogni volta che qualcuno pretende
di aver compreso il fine (o la fine) della storia. E si disegnava sul viso dello studioso un sorriso tra il malizioso
e lo scettico. Nell’elegante volumetto Speranze lui citava
una poesia di Eugenio Montale: « La storia [. . . ] si sposta
. S W., Teatro completo, a cura di M G., vol. V,
I drammi classici, trad. it. di S. Quasimodo, Mondadori, Milano . pp.
–.


Giulio Giorello
di binario e la sua direzione non è nell’orario » — come
quel bizzarro treno che Topolino ha preso nel corso di una
delle sue avventure irlandesi, nonostante un tabellone lo
avesse avvisato che quel treno era segnato con “Partenza:
ora” e “Arrivo: forse” (per la cronaca, si tratta di La scarpa
magica, del ). Come dire che l’inizio è sempre adesso e
il destino non è mai compiuto.
Nel  Rossi ha pubblicato (presso Raffaello Cortina,
Milano) un ampio affresco del Rinascimento visto come
Il tempo dei maghi, ove ricostruiva come in quell’epoca
ancora dominasse la convinzione che recitare una giusta
formula permettesse di cambiare il corso degli eventi !
Due anni dopo () ammoniva che quel tempo non era
finito, almeno non per tutti. Anche da noi abbondavano
— e abbondano tutt’ora — personalità di spicco che, per
esempio, lamentano il dominio della tecnica, annunciano
la guerra tra le civiltà o rilanciano il Tramonto dell’Occidente. Sono dei maghi, se si tratta di politici; si accontentano del ruolo di profeti, se sono degli intellettuali; e
Rossi invitava a sospettare di entrambe le categorie (e, se
possibile, di farne a meno). Del resto, nel citato Tempo dei
maghi aveva icasticamente osservato:
Solo se si è disposti a rinunciare a una parte dei nostri desideri
infantili — ha scritto una volta Freud — possiamo imparare
a tollerare che alcune delle nostre aspettative si rivelino essere delle illusioni [. . . ]. Ma è necessario che la perdita delle
illusioni coincida con il desiderio della regressione?
. R P., Speranze, il Mulino, Bologna , pp. –.
. R P., Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità, Raffaello
Cortina, Milano .
. Ivi, p. .
Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza

Il luogo della memoria
« Nel corso della mia vita ho vissuto pochi mesi a Urbino,
otto anni in Ancona, dodici a Bologna, cinque a Città di Castello, sedici a Milano (dei quali due e mezzo viaggiano tra
Milano e Cagliari), due ancora a Bologna, quarantacinque
a Firenze ». Così sinteticamente Paolo Rossi ha riassunto
il suo “breve viaggio” nell’Accademia italiana, nel suo ultimo volumetto, uscito postumo (e per sua esplicita volontà)
presso l’editore Raffaello Cortina . E, preso dal piacere
di rammemorare, ha offerto al lettore più di un gustoso
aneddoto.
La mia cattedra di ruolo [. . . ] la vinsi nel  e fui chiamato alla facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari. Quando
insegnavo a Sa Duchessa, abitavo — come Aldo Capitani e
molti altri colleghi — al Jolly Hotel. Vi incontrai Ernesto De
Martino, che aveva allora  anni e insegnava alla facoltà di Magistero. Avevo letto i suoi libri, discusso molte volte di lui con
Remo Cantoni e con Enzo Paci, e avevo una grande ammirazione, accompagnata da quel tranquillo senso di gratitudine
che si prova per gli autori di libri che avvertiamo come decisivi
per la nostra vita intellettuale [. . . ]. Una sera, De Martino venne nella mia camera per parlarmi di faccende della sua facoltà.
Io ero appena arrivato, stavo disfacendo la valigia e lo ascoltavo
mentre riponevo con cura le mie cose qua e là per la camera.
Mentre stavo sistemando in un bicchiere dentifricio e spazzolino da denti, De Martino smise di parlare delle grane della sua
facoltà e mi disse che, per certi indiani d’America, piantare il
totem in uno spiazzo dopo ogni giornata di marcia garantiva
che quel luogo, dove erano state erette da poco le tende, era
pur sempre e ancora lo stesso identico luogo dell’originaria e
perduta patria lontana. Mi disse pure che il mio spazzolino da
denti aveva per me la stessa identica funzione di quel totem.
. R P., Un breve viaggio e altre storie. Le guerre, gli uomini, la memoria,
Raffaello Cortina, Milano , p. .
Giulio Giorello

Sapendo che, pur provenendo da Milano, non ero milanese,
mi chiese quale fosse la mia “patria”. Sono nato a Urbino, uno
splendido luogo in cui ho trascorso pochi mesi del mio primo
anno di vita. Risposi, senza pensarci molto, “Città di Castello”,
e mi accorsi, mentre rispondevo, che quell’inesattezza era una
verità. Quella, anche in seguito, è stata la verità, perché nei
miei molti spostamenti e traslochi e cambiamenti di casa e
di indirizzo e numero telefonico, Castello ha rappresentato e
rappresenta l’unico luogo continuo nel tempo e quindi non
un luogo, ma il luogo.
Ironia
Quel “luogo della memoria” era caro a Paolo anche per un
motivo squisitamente personale: « Durante uno “struscio”
per il Corso, nel , “agganciai” [. . . ] Andreina Bizzarri » , che sarebbe diventata la compagna di tutta una vita.
Ma non è certo il caso qui di entrare in questa delicata sfera dei sentimenti. Ci limitiamo a sottolineare un aspetto
peculiare della passione di Paolo Rossi non per “l’eterno
femminino” bensì per l’insegnamento della Storia della
Filosofia. Infatti, in quel suo ultimo libro, ricordava anche
che:
Ho vissuto a Città di Castello tra il  e il . Dopo essermi laureato — a Firenze, con Eugenio Garin, nel  — ho
insegnato Storia e Filosofia (e, purtroppo, per i miei alunni di
allora, anche Storia dell’arte) al liceo classico Plinio il Giovane.
In una delle aule di quel liceo (che era allora a San Giacomo) ho tenuto la prima in assoluto delle mie innumerevoli
lezioni. In quel luogo ho fatto per la prima volta quella strana
esperienza che consiste nel trovarsi da soli, con il compito di
parlare, di fronte a una trentina di persone che ti guardano
. Ivi, pp. –.
. Ivi, p. .
Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza

non sai mai se con più ironia o più diffidenza. Sai che puoi
accrescere quella diffidenza, e che quell’ironia può anche diventare irrisione, ma sai pure che se riesci a superare una
specie di indivisibile soglia, puoi perfino riuscire a regalare a
quelle giovani vite qualcosa che non dimenticheranno e che
farà parte per sempre di ciò che riusciranno a diventare e del
loro modo di essere. Ho sempre amato la frase del fondatore
dell’Accademia dei Lincei (il principe Federico Cesi) secondo
la quale chi sia maestro dev’essere sempre anche discepolo.
Fui subito costretto a diventarlo, e imparai subito qualcosa di
importante, quando un ragazzo dai capelli rossi, al termine
della lezione sui presocratici, mi chiese se io davvero credessi
che l’acqua è il principio di tutte le cose.
Lo scambio di battute tra maestro e allievo tocca un
punto fondamentale. Quando si tratta di storia delle idee, è
sempre autorizzata l’irriverente questione: “Ma ci credevano davvero?” La risposta ironica è No, specie se giudichiamo orientandoci con la costellazione dei nostri principi e
dei nostri valori (o magari dei nostri pregiudizi). Ma lo storico non ha invece il compito di dissolvere tale ironia, non
diversamente da un antropologo (come il già ricordato Ernesto De Martino). Come quest’ultimo si addentra in uno
spazio sconosciuto, idealmente separato dal continente da
cui proviene, così lo storico si trova a investigare usi, costumi, istituzioni e credenze di un tempo così lontano da
costituire un paese remoto. Eppure, per altri versi, l’ironia
è anche un’arma conoscitiva, che Paolo sapeva esercitare
mirabilmente, soprattutto quando aveva a che fare non
con i “buoni” selvaggi di uno spazio–tempo remoto, ma
con quelli che infestavano in modo più o meno petulante
la sfera della cultura a lui contemporanea. Come indicano
non poche pagine di Un breve viaggio, Rossi era lucidamen. Ivi, pp. –.

Giulio Giorello
te spietato con tutti quei maghi e profeti “appassionati e
confusionari” che — delusi dalle pretese illuministiche
che giudicavano eccessive — non esitavano a processare
l’intera epoca moderna alla luce di principi non meno
assolutistici di quelli che pretendevano di demolire. Tra
costoro spiccavano non pochi esponenti della “scolastica
marxista italiana”, in particolare quei “cattivi maestrini”
che liquidavano l’impresa tecnico–scientifica degli ultimi
tre o quattro secoli come mera espressione del capitalismo
più o meno avanzato .
Già in un fondamentale lavoro del , Rossi aveva
osservato:
Sono convinto che le specifiche teorie che costituiscono il
nocciolo duro di ogni scienza non siano affatto il riflesso di determinate condizioni storico–sociali. Sono invece convinto —
e tutto il lavoro che ho fin qui svolto si è osso in questa direzione — che la storia abbia molto a che fare con le immagini della
scienza (vale a dire i discorsi su ciò che la scienza è e deve essere)
che sono presenti nella cultura. In molti casi quelle immagini
esercitano un peno non trascurabile sulla accettazione o sul
successo delle teorie. Sulla base di una determinata immagine
della scienza vengono infatti spesso definite le frontiere della
scienza, i criteri per distinguere la scienza dalla magia o dalla
metafisica o dalla religione.
Qui l’ironia di Rossi non era solo destruens, ma indicava
in positivo la pars construens di un programma di ricerca
che io ritengo, tra l’altro, particolarmente utile per la stessa disciplina che insegno: infatti, Rossi invitava a ritrovare
nella sua indagine della memoria storica premesse e mo. Ivi, pp. –.
. R P., La nascita della scienza moderna in Europa, Laterza, Roma–
Bari  (nuova edizione ), p. XX.
Paolo Rossi tra biografia e passione per la conoscenza

dalità di alcuni dei grandi problemi che hanno per decenni
appassionato i più diversi esponenti della Filosofia della
Scienza: giustificazione dell’induzione, demarcazione fra
scienza e metafisica, modalità della convenzione, struttura dell’osservazione e dell’esperimento intrisa di teoria,
dinamica delle cosiddette rivoluzioni scientifiche, e connessione tra crescita della conoscenza e libertà intellettuale
e politica .
L’Europa come patria della scienza
L’ultima citazione del paragrafo precedente è tratta dal
volume La nascita della scienza moderna in Europa, che era
stato commissionato a Rossi da Jacques Le Goff (–)
per la collana “Fare l’Europa”, nata dall’iniziativa di cinque
editori di lingue e nazionalità differenti (Beck di Monaco
di Baviera, Basil Blackwell a Oxford, Crítica a Barcellona,
Laterza a Roma e Bari, Seuil a Parigi). Il rapporto tra il
nostro continente e l’impresa tecnico–scientifica era, per
Rossi, nient’affatto contingente:
Non c’è, in Europa, un “luogo di nascita” di quella complicata
realtà storica che chiamiamo oggi scienza moderna. Quel luogo è l’intera Europa. Vale la pena di ricordare anche le cose
che tutti sanno: che Copernico era polacco, Bacone, Harvey
e Newton inglesi, Cartesio, Fermat e Pascal francesi, Tycho
Brahe danese, Paracelso, Keplero e Leibniz tedeschi, Huygens
olandese, Galilei, Torricelli e Malpighi italiani. Il discorso di
ciascuno di questi personaggi fu legato a quello degli altri,
in una realtà artificiale o ideale, priva di frontiere, in una Repubblica della Scienza che si costruì faticosamente un suo
. Per tutti questi temi rimandiamo a G D., G G., La
filosofia della scienza nel XX secolo, Laterza, Roma–Bari  (ultima edizione
).

Giulio Giorello
spazio in situazioni sociali e politiche sempre difficili, spesso
drammatiche, talora tragiche.
Vengono spontanei alla mente i tetri bagliori dei roghi
di Michele Serveto e di Giordano Bruno o la cupa atmosfera del processo a Galileo Galilei. La costituzione di quella
“Repubblica della Scienza” si è rivelata, sul lungo periodo,
la miglior risposta ai dispositivi dell’oppressione a scala
continentale (e, per certi versi, anche fuori d’Europa, ovvero nel cosiddetto Nuovo Mondo). Ancor prima che si
definissero quei confini nazionali e linguistici che hanno
poi scandito la storia europea degli ultimi secoli. Rossi non
ha mai dimenticato che si è trattato di un grande processo di emancipazione intellettuale che si è imperniato sul
carattere pubblico e controllabile dell’impresa scientifica:
sotto questo aspetto, un insieme di costellazioni d’idee e
di pratiche ben diverse e talora antitetiche a quelle della
magia o della stessa religione. Quella che ha innervato
l’Europa è stata una vera e propria rete di conoscenze empiriche, che fu anche rete di individui e istituzioni. Così
Rossi ricordava che, nonostante numerose e non piccole
differenze fra i vari paesi europei, fra Cinquecento e Seicento le Università avevano cessato di essere il principale
centro propulsivo della crescita della conoscenza, cedendo
il passo in tale funzione alle accademie. Per dirla con le sue
parole, “la scienza” si era ormai trasformata “in una attività
sociale organizzata e si dette sue proprie istituzioni”; non
solo strutture per la diffusione del sapere, ma soprattutto
istituti di ricerca: « Luoghi dove venivano scambiate informazioni, discusse ipotesi, analizzati e realizzati in comune
esperimenti, soprattutto emessi valutazioni e giudizi su
. R P., La nascita della scienza moderna in Europa, cit., p. IX.
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