La Chiesa di papa Francesco

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empi di fraternità
COSE DALL’ALTRO MONDO
La Chiesa di papa Francesco
Nel numero di gennaio 2014 abbiamo pubblicato un intervento di Don Guido Doglione,
astigiano, da molti anni in servizio missionario quale piccolo fratello di Charles de Foucauld
in Viet Nam, Spagna e vari altri paesi di tutto il mondo.
In questo numero pubblichiamo un nuovo contributo che ci ha spedito dal Messico, dove vive
da oltre 20 anni.
di Guido
Doglione
A
vevo promesso, nel mio precedente
intervento sul tema della”patria”, di
continuare il dialogo con la rivista.
Ed avevo pensato di scegliere il
tema della Chiesa. Ma all’accingermi al compito, mi avevano scoraggiato da
un lato la vastità e complessità del tema e dall’altro il fatto di trovarmi di fronte a una valanga di scritti e di discorsi dedicati al tema in
questione.
Non vedevo in che spazio mettere il mio piede
né l’utilità di proporre una riflessione in più.
Nel frattempo mi è arrivata, due mesi fa, la
Esortazione Apostolica di papa Francesco
“Evangelii Gaudium” (di fatto risalente a novembre 2013).
E lì mi è parso di scorgere un piccolo spazio
per una altrettanto piccola riflessione.
Non intendo mettere in risalto ciò che suddetto documento ha di positivo: è molto, sia
sulla forma che sulla sostanza.
Vorrei piuttosto esprimere lo scontento su tre
punti che mi paiono basilari e su cui non noto
novità.
La Chiesa che si percepisce dietro al documento continua ad essere una Chiesa
monarchica, clericale e maschile.
Accetto che modelli che risalgono a più di
mille anni di storia non si possano superare in
una generazione, malgrado tutta la buona volontà.
Eppure, se vogliamo una Chiesa veramente nuova, ispirata alle parole ed alla prassi di
Gesù, dobbiamo rimettere in discussione non
solo il “modo”, ma la concezione che gli è
anteriore.
Giugno - Luglio 2014
Una Chiesa Monarchica
Nel n.32, papa Francesco dice: “Anche il papato e le strutture centrali della Chiiesa universale hanno bisogno di ascoltare la chiamata ad una conversione pastorale”.
Detto in parole povere, ciò vuol dire che non
c’è da toccare la concezione teologica del papato, ma solo l’esercizio pastorale.
Non mi pare corretto: un vero servizio pastorale suppone una corretta teologia, se no facciamo solo folklore o poco più.
Il modello monarchico imperante non è coerente con le parole e la prassi di Gesù, il cui
regno non è una struttura di autorità, ma: “Giustizia, pace ed allegria nello Spirito Santo”
(Rom 14,17).
La regalità di Cristo non si è mai manifestata come autorità, ma come servizio che trova il suo apice sulla croce, come dono totale
della sua vita, ritrovata in pienezza nella Risurrezione.
Gesù è in mezzo a noi come colui che serve
la comunione, non come un re con la sua corte
(di cui lo stesso autore del documento si è lamentato!).
Se non abbiamo il coraggio di superare il modello monarchico, restiamo lontani dal Vangelo e conserviamo la porta aperta ad altri Pio
IX, Pio XII, Giovanni Paolo II, per fare l’esempio di quelli più vicini a noi nel tempo.
Una Chiesa clericale
Anche sotto questo aspetto non vedo un cambio sostanziale nel documento.
La Chiesa continua ad essere fondata sulla gerarchia e su chi ne fa parte: è la presenza della
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gerarchia e l’obbedienza alla stessa che fonda la
Chiesa e non la fedeltà all’ascolto della Parola.
La comunità chiede ad alcuni dei suoi
membri di servire l’unità, la comunione, dando testimonianza dell’amore di Cristo. Questi non possono diventare i “padroni del vapore” e costituirsi come garanti unici della
comunità.
Basterebbe rileggere alcune pagine del Codice di Diritto Canonico per rendersi conto che
tutte le istanze ecclesiali, fino alle più piccole
e locali, sono strettamente sotto l’autorità del
clero che, in tutto, ha l’ultima parola.
Il laicato continua, di fatto, ad essere “vulgus
pecus”, che ha bisogno di pastori per assumere un minimo di legittimità.
Non serve a nulla parlare di promozione del
laicato con tali presupposti teologici.
O forse abbiamo da tempo dimenticato che
Gesù fu un laico, senza nessun tipo di copertura sacerdotale o rabbinica.
Una Chiesa maschile
E viene l’ultimo aspetto del mio scontento:
quello che si riferisce alla visione e pratica
maschiliste della Chiesa che non viene messa
in dubbio da papa Francesco.
Nella sua struttura gerarchica che, come ho
appena riferito, è il fondamento della Chiesa
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secondo la concezone clericale, non c’è posto
per la donna: è cosa di soli uomini.
Non si tratta unicamente dell’acceso delle
donne al presbiterato (che pure si dovrebbe poter dibattere a fondo), ma piuttosto constatare
con tristezza che duemila anni di storia sono
passati quasi invano e la struttura patriarcale
della Chiesa segue imperterrita il suo camino.
E così continuiamo con una Chiesa mutilata,
e in più ipocrita, visto che esalta la donna ma la
tiene lontana dalle responsabilità ecclesiali.
E in più si priva della ricchezza propria del
femminile.
Un posto a tavola
Queste osservazioni, affrettate e senza pretesa, vogliono solo manifestare uno scontento
di fronte ad una Chiesa che non ha voglia di
cambiare sul serio, che si accontenta di cosmesi
e di sentimento, cose da non disprezzare, ma
da non confondere con la novità del Vangelo,
con la chiamata di Gesù a creare una comunità
libera da schemi politico-sociali passati o tuttora in corso, disposta a fondarsi sulla Parola e
sull’amore.
Una comunità dove il più importante è il più
debole, il più rispettabile è il più disprezzato,
dove donne e uomini, a parità di condizioni,
abbiano il loro posto a tavola.
Giugno - Luglio 2014
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