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viaggio nel tempo
raccontando vecchi e
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numero
8 / anno 1
dicembre 2010
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in copertina vincenzo maggiore, di brindisi. foto di virginia frigione - afi
numero
8 / anno 1
chiuso il 28 dicembre 2010
Testata registrata presso il Registro Stampa
del Tribunale di Brindisi n. 14/2009
dicembre 2010
Redazione:
Via F. Carena (c/o imprendigiovani.it)
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Editore:
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(Ass. di Promozione Sociale)
Direttore Responsabile:
Serena Passarelli
14
Impaginazione e Grafica:
Stefano Ranalli (Quadra)
Segreteria di Redazione:
Ilaria Passarelli
Stampa:
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In redazione:
Italo Bernardi
Massimiliano Gatti
Francesco Piccinin
Maura Gatti
Emanuele Vasta
Giovanni Membola
Gabriele Ciullo
Virginia Frigione
Monica Cucinelli
Michele Cavallo
Roberto Spagnoletto
Claudia Corsa
Maura Cesaria
Marco Falcone
Vincenzo Maggiore
DIETRO LE QUINTE
rassegna stanca
antonio de vitis, campione con i guantoni
16
le arti divinatorie: un patrimonio perduto
22
uccio lu vasciu: due chiacchiere con coco la fungia
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domotica: la casa del futuro atterra a brindisi
EDITORIALE
Cari lettori di CicloStyle,
il nostro affascinante viaggio tra i talenti , in questo
numero, si affianca a un viaggio, altrettanto
affascinante, tra i mestieri. Dal vecchio al nuovo, dal
passato al futuro. Dove il passato è il presente e il presente ha il fascino
suggestivo di ciò che è stato. Parola dopo parola, gli ultimi superstiti
di mestieri ormai quasi del tutto scomparsi, ci hanno fatto riscoprire
la straordinarietà di una cultura brindisina conservata nei loro ricordi.
Epoca dove il niente era tutto e il tutto erano i valori.
Epoca in cui il ragazzo di bottega era trattato come un figlio dalla
famiglia del “Principale”, epoca in cui la dedizione alla famiglia e al
lavoro contava al punto da sentirsi, solo per questo, veri “uomini” e vere
“donne”. L’epoca del fare senza dire, dell’apprendere senza ostentare il
sapere, del trasmettere senza confidare.
Eppure quello che è stato veramente straordinario, in questo viaggio,
è stato scoprire le capacità che alcuni giovani hanno avuto di rendere
estremamente moderno ciò che faceva parte del passato.
Ragazzi che, attraverso creatività e impegno, stanno rispolverando i
resti di quella cultura. Tutto questo perché nello spettacolo che vede
Brindisi pronta ad accogliere grandi nomi dell’arte, i giovani che ne
costruiranno il futuro, non si sentano relegati ai margini della realtà
della quale sono già attori protagonisti.
Buona lettura.
Serena Passarelli, Direttore Responsabile Ciclostyle
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numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 3
di giovanni membola > [email protected]
CICLOSTYLE - storie da copertina
in foto vincenzo maggiore.
lo scatto è di virginia frigione - afi.
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iscoprire, conservare ed appropriarsi dell'esperienza del passato per
non dimenticare gli aspetti della
nostra cultura popolare. Un affascinante
viaggio nel tempo: nel passato, attraverso
i racconti di coloro che sono gli ultimi depositari dei mestieri “di una volta” destinati inesorabilmente a scomparire, inghiottiti dal tempo e dalla modernità; nel futuro,
attraverso i racconti di giovani talenti che,
grazie ad oggetti ed esperienze che vengono dal passato, si sono “inventati” un
business estremamente moderno.
VIAGGIO NEL PASSATO
A spasso nel passato attraverso i ricordi di
uomini che continuano a mantenere accesa l’ultima fiammella di una tradizione
ormai segnata, per raccontare l’audacia
del lavoratore di un tempo, abituato alla
fatica, al sacrificio e perciò capace di dare
la giusta importanza al denaro, ottenuto
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con il reale “sudore della fronte”. Una narrazione che non vuole abbandonarsi ad
un malinconico amarcord e alla nostalgia
per la realtà lavorativa di una volta, ma
aspira a ricordare certi aspetti di un’epoca
ormai superata, richiamando quelle figure
abili nel riparare, esperti nel realizzare e
generosi nel donare consigli e saggezza.
Storie di lavoro, di fatica e anche di sfruttamento, che possono risultare utili non
solo per garantire la giusta salvaguardia
della memoria storica e delle antiche tradizioni, ma anche per dare uno spunto di
riflessione che coinvolga l’universo giovanile, e magari permetta di capire e vivere
in modo più consapevole il presente. I motivi che hanno determinato la scomparsa
di tanti antichi mestieri sono da ricercare
principalmente nel processo di industrializzazione avvenuta a partire dalla metà
del XIX secolo, quando il progresso e le
tecnologie più sofisticate, accompagnate
dalla prospettiva - e talvolta l’illusione di un nuovo impiego meno faticoso e più
remunerativo rispetto al passato, hanno
portato un repentino cambiamento delle
mansioni di numerosi operai ed artigiani,
specialisti di un settore che veniva considerato ormai sorpassato dall’avvento dei
nuovi processi industriali. Un’epoca di profonde trasformazioni economiche e sociali, che ha registrato la silenziosa perdita
di professioni secolari, come carrettieri,
vinaioli, bottai, craunari, molinari, calderai,
arrotini, ombrellai, lavandaie, cantastorie,
impagliatori, banditori, acquaioli, spazzacamini… una lista davvero lunga e per
niente facile da completare.
Successivamente ci ha pensato (e continua a farlo) il consumismo a rifinire l’opera: meglio acquistare che riparare; è preferibile un prodotto dozzinale a quello unico
ed artigianale.
Anche oggi non è semplice concorrere con
il progresso e con l’economia globale, è
una battaglia perduta in partenza. (Le interviste da pagina 6)
VIAGGIO NEL FUTURO
Nuove professioni e mestieri da riscoprire,
guardando al futuro senza dimenticare il
passato. È una delle scelte lavorative che
tanti giovani intraprendenti hanno deciso
di attuare, tra passione e rilancio di antiche professioni, per guardare oltre la crisi
ed aprirsi al mercato globale.
Ispirarsi al vecchio ed adeguarlo all’attuale, è questo lo spirito giusto che ha permesso e guidato tanti ragazzi a proporsi
come nuovi specialisti, rispondendo anche al bisogno di consolidamento di professioni antiche. Secondo uno studio della
Coldiretti, tra i mestieri che hanno preso
spunto dal passato e che si sono proposti con successo nei giorni nostri ci sono:
il falconiere, che garantisce la sicurezza
degli aeroporti; il consulente a domicilio
per la coltivazione dei tartufi; l’affinatrice
di formaggi che lavora il latte per conciarlo e garantirgli il gusto tipico ed esclusivo
del territorio. Ma esistono anche corsi per
riproporre le antiche tecniche come la decorazione murale (affresco, pittura a secco e graffito) e la lavorazione della pietra,
entrambe molto richieste. Gli specialisti
sono tutti concordi nell’affermare che per
le nuove-vecchie professioni l’importante
è seguire la regola base: la qualità, sempre e comunque. (da pag 24)
numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 5
di giovanni membola > [email protected]
di serena passarelli > [email protected]
CICLOSTYLE - storie da copertina
Pino Pennetta,
l’ultimo
Scardalana
CICLOSTYLE - storie da copertina
pino pennetta mentre lavora
FOTO E RITOCCO: AMORE DA
NOZZE
D’ORO
pino stasi: segreti e trucchi di un
mestiere che continua ad esistere
sfioccava la lana per ridare morbidezza a materassi e guanciali
L
o scardalana era quell’abile artigiano che con la sua inseparabile macchina sfioccava la lana per ridonare
ossigeno alle fibre e la giusta morbidezza
al materasso e ai guanciali. L’ultimo testimone di questa speciale lavorazione
è Giuseppe “Pino” Pennetta, avviato dal
padre a questo mestiere prima del 1948,
anno di acquisto del cardo (o scardasso)
ovvero l’apparecchiatura che gli ha permesso, per oltre mezzo secolo, di lavorare
a servizio di numerose famiglie brindisine.
LA TESTIMONIANZA
“Quando si andava nelle abitazioni dei signori di Brindisi (i benestanti dell’epoca,
Ndr) che ci commissionavano la cardatura di tutti i loro materassi, a volte anche più di dieci, spesso ci veniva offerto
un pasto o delle speciali pietanze, visto
che si trascorreva quasi l’intera giornata
nella loro casa. Era una singolare forma
di rispetto che ci veniva riservata e della
quale andavamo orgogliosamente fieri”,
racconta scrutando lontano come per rivedere il passato. L’operazione andava
ripetuta ogni due o tre anni, ma c’era chi
la richiedeva anche ogni sei mesi. Il lavoro
consisteva nello scucire un lato del materasso e tirare fuori la lana, stenderne una
quantità giusta sul pezzo fisso del cardo,
mentre l’altro pezzo sovrapposto veniva
movimentato, avanti ed indietro, dalle
braccia dell’operatore. Su entrambe le parti del macchinario erano fissate delle punte metalliche uncinate utili a “pettinare” la
lana che poi veniva spinta verso l’esterno
pronta per essere rimessa nel materasso.
pag 6
| DICEMBRE 2010 | numero 8
In funzione del tipo di vello, il pezzo
mobile del cardo poteva essere regolato in altezza (gradazione): era
l’esperienza dello scardalana a permettere la giusta collocazione e la
forza da imprimere al pezzo mobile.
Ogni materasso conteneva dai 12 ai
18 kg di lana (un kg per ogni cm di
altezza).
“C’erano famiglie che avevano materassi
che raggiungevano anche i 35 kg”, ricorda Pino. Lui conserva, come un moderno
database, le usanze e le abitudini di tutti
i suoi principali clienti. Il compenso richiesto per ogni singolo materasso inizialmente era di 50 lire, per poi aumentare negli
anni passando da 100 e 200 lire sino ad
arrivare ad oltre 50-60mila lire degli anni
'90. Coadiuvava il lavoro dello scardalana
un’altra figura dell’epoca, la materassaia,
che aveva il compito di ridisporre la lana
nel materasso e nei guanciali in maniera
uniforme, per poi ricucire i bordi aperti
con l’ausilio di lunghi aghi e di un robusto
spago. Un materasso “normale” veniva
foto di virginia frigione - afi
un esempio di fotoritocco e colorazione di una foto
completato in circa 30 minuti e talvolta
era possibile lavorare anche più di 25 materassi al giorno.
“Era un lavoro stagionale – racconta – che
si svolgeva solitamente da giugno a settembre, mesi di lavoro quasi ininterrotto
considerato che ci commissionavano la
cardatura dei materassi anche nelle caserme della Guardia di Finanza e dell’Aeroporto militare. Si partiva da casa presto
con la pesante attrezzatura, talvolta da
trasportare anche ai piani alti e sui terrazzi degli edifici. Poteva essere questa la
parte più faticosa del lavoro, il motivo che
poi mi ha indotto a lasciare, considerata
anche l’età che avanza”. Ma nonostante
gli anni Pino Pennetta continua a svolgere con la sua solita operosità alcuni lavori
nell’ambito dell’edilizia privata, una seconda attività svolta soprattutto nei periodi di
“fermo”, quando scarseggiavano le richieste di cardatura e quindi era necessario
trarre un guadagno da un’altra mansione.
Il mestiere dello scardalana, incalzato dalle moderne tecnologie e dai materiali alternativi, è destinato a scomparire inesorabilmente, una privazione ancora maggiore
se si perdesse anche quella memoria storica e artistica di una parte interessante
della nostra cultura popolare.
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A
veva 12 anni quando riuscì a diventare il garzone di uno dei fotografi
più bravi di Brindisi. Giuseppe Stasi,
Pino per parenti e amici, era il ragazzo di
bottega del fotografo Zaccaria al quale,
nello studio si corso Roma, rubò arte e mestiere senza fare domande per diventare
fotografo, stampatore e ritoccatore. Uno
degli ultimi ancora in vita.
Il racconto incanta come la più bella delle
favole dove l'amata è una macchina fotografica, il castello incantato è la sala posa.
Appena ventenne, al grande amore della
sua vita si aggiunge Enza che lo fa papà
di 5 figlie, nonno di 9 nipoti e bisnonno di
altri due. “Subito dopo il matrimonio, partii
per il servizio di leva. Tornato, stentavo a
trovare un lavoro ma non volevo ne sapevo fare altro”, racconta.
Fu Vincenzo Isceri, “fotografo e ritoccatore di alto livello che nello studio alle spalle
dell’ex Upim riparava anche le macchine
fotografiche”, a fargli conoscere Argese. “Cominciai a lavorare a San
Vito dei Normanni. Con una famiglia
a cui pensare, non mi restavano i
soldi per poter comprare la macchina. Così, una vigilia di Pasqua, Argese mi mandò a casa con un pacco.
Dentro c’era la macchina fotografica,
l’ingranditore, il flash, pellicola e carta. Iniziai a lavorare a Brindisi appoggiandomi al negozio di Isceri”.
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Ma quando una persona è convinta delle
sue potenzialità, non può non puntare in
alto. Aprì lo studio a Torre Santa Susanna,
in società con suo cognato. E fu subito successo. Lo stesso giorno in cui alzava per la
prima volta la saracinesca, si tenevano le
Cresime. Una strategia di marketing e divenne subito il fotografo del paese: scattò
foto a tutti i cresimandi consegnando loro
il bigliettino da visita e promettendo lo sviluppo gratuito. “Mio cognato non credeva
potesse funzionare. Alle 8 di sera ancora
non si vedeva nessuno. Da lì a poco iniziammo a scattare foto in studio fino alle
5 di mattina raccogliendo solo di acconti
250 mila lire e incassando, a lavoro finito,
un milione e mezzo”, confida.
Nel 1962 tornò a Brindisi per far contenta
sua moglie. Vista la concorrenza, pensò
bene di cercare l'alleanza che lo portò a
sviluppare e ritoccare per tutti – o quasi- i
fotografi dell’epoca.
“La cosa importante, in una fotografia di
studio o esterno, è capire la fonte luminosa. Un buon fotografo deve quindi conoscere la luce e saper ritoccare. Io ero molto
bravo in questa cosa, cercavo sempre di
attenuare eventuali imperfezioni senza
stravolgere l’immagine di una persona.
Questo mi aiutò molto", confessa.
La fotografia non è stato un lavoro per lui
ma passione pura e arte. La fotografia allora era in bianco e nero e le possibilità,
limitate. “Il trucco era fare in modo che il
rullino fosse esposto, allo stesso modo,
sia in studio che in esterna perché non ci
fosse, in fase di stampa, spreco di carta”.
E così con i segreti che aveva rubato, sperimentando, aprì l'ultimo negozio chiamandolo "Foto 2000”, anno programmato
per l’inizio della pensione. E lì, trascorreva
le sue giornate tra sala posa e camera
oscura fino a quando non arrivò a
colorare le foto in bianco e nero. “Diluivo il colore in un piattino di acqua
intingendolo nei fogli di carta colore
arrivati dalla Germania”, spiega. Un
reperto di oltre 50 anni, che ancora
oggi conserva insieme ai tanti “trucchi del mestiere” che tanto contavano prima che la saracinesca del suo
negozio si abbassasse. L’ultima volta,
per sempre.
numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 7
di Michele Cavallo > [email protected]
di emanuele vasta > [email protected]
CICLOSTYLE - storie dA copertina
CICLOSTYLE - storie da copertina
L’arte di un artigianato
che rischia
di scomparire
Mestru
Miminu lu
ferracavaddi
francesco cavallo e le
armi segrete del liutaio
valore transitati dalle mani di Francesco
spesso arrivati in condizioni disperate e
riportati al primordiale splendore. Diverse
sono anche le sue creature che oggi girano nelle varie orchestre sinfoniche per
mano di musicisti rapiti dal suono dei suoi
violini. La sua umiltà e il rispetto per i suoi
clienti, lo porta a custodire gelosamente
i nomi di quei grandi musicisti. Strumenti
mai uno uguale all’altro. Alcuni esemplari, inoltre, sono stati realizzati con legni
non rispondenti alla tradizione. Insomma
anche una sorta di rivoluzione liuteristica
sempre molto apprezzata da tutti gli interpreti del panorama musicale. Un impegno
a tutto tondo nel ristretto panorama della
liuteria che lo ha portato anche a realizzare dei rivoluzionari modelli di mandolini
che, nelle varie mostre per artigiani, hanno sempre riscosso molti consensi. Arte
di un artigianato che, dopo di lui, rischia di
scomparire. Certo resterà il suono dei suoi
violini, dolci melodie per la nostra anima.
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pag 8
| DICEMBRE 2010 | numero 8
I
l mestiere del maniscalco, una delle
più importanti figure tra gli artigiani, è
quasi scomparso dalla realtà economica italiana, ma rimane tra i ricordi più cari
degli anziani. Nei ricordi dei brindisini, invece, c’è “Lu fèrracàvàddi”, nella persona
di “Mèstru Miminu” alias Cosimo Suma,
che durante un periodo di tre anni della
sua carriera, può vantare di essere stato
l’unico maniscalco in attività nella regione
Puglia. Maniscalco brindisino encomiabile,
della rispettosa età di ottantun’anni, conosciuto da tutti per la sua arte, tramandata con dedizione a soli due apprendisti
e senza l’uso di alcun libro.
“Nel 1953, dopo il servizio di leva, mi trasferì a Brindisi da San Michele Salentino
per aprire la bottega che mi avrebbe reso
celebre”, svela Cosimo. Gli brillano gli occhi, la voce trema dall’emozione mentre le
sue parole raccontano più di cinquant’anni di premiata solerzia al servizio di cavalli
e cavalieri. Ancora oggi indossa un grem-
biule in pelle. Svolgeva la sua attività nel
laboratorio di via Bastioni San Giacomo,
unica via di collegamento tra nord e sud
di Brindisi. Da lì passavano numerosi forestieri che divenivano puntualmente suoi
clienti. All’epoca, i più facoltosi disponevano di almeno un cavallo, nonostante
l’avvento delle Fiat. Il lavoro era sempre in
crescendo ma il salario era limitato.
Imparò a ferrare nel suo paesino, da un
grande maniscalco, che lo prese sotto la
sua “incudine protettiva” fin dall’età di 6
anni, insegnandogli tutto. “Iniziai osservando, azionando il ventilatore e schiacciando le mosche. Apprendevo, ma non
pretendevo”, ricorda Cosimo.
Celati dal silenzio, segreti gelosamente
riservati, ne distinguono l’attività. “Per
tenere l’animale fermo si usa la pastora
(cinghia di cuoio che trattiene le zampe
del cavallo, Ndr) e se è possibile lo si fa
con l’aiuto di un’altra persona”, racconta.
“Quando ero giovane, ferrare male un cavallo era una tragedia: l’animale rischiava
di zoppicare o di sentire un dolore lancinante dopo tutti i chilometri che doveva
percorrere”. Oggi, fortunatamente, all’animale viene fatta un’iniezione e i ferri si
producono in serie.
“Preparavo a mano i ferri dai lunghi rita-
gli di navi, li arroventavo sul fornello e poi
martellavo sull’incudine”, spiega. Ogni
volta il suo lavorare, aveva tutto il fascino
della foggia di pezzi unici.
“Impiegavo un paio d’ore per fabbricarne
quattro, li appendevo per tenerli pronti
all’uso, erano il mio colpo in canna. Non mi
sottraevo mai, anche quando già sapevo
che quel cliente m’avrebbe ricompensato
con un fiasco di olio o un litro di vino. Capite perché mi stimano in qualunque ceto
sociale?”, garantisce sorridendo.
“Una volta, quando i cavalli stavano male,
mi chiamavano di notte per soccorrerli;
mi precipitavo senza lucro. Quella era la
mia più grande dichiarazione d’amore per
quell’animale.”
Qualunque veterinario neolaureato,
nell’approccio con l’equino, non avrebbe
certamente la sicurezza di Mèstru Mìminu.
“Giro ancora l’Italia, per dispensare consigli ai più giovani, ma oggi uso i 'cavalli
motore'. In casa conservo ancora quelle
staffe rare che nella vita tanta fortuna
m’hanno portato”.
leggi l’intervista completa su:
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L
a sua attività rappresenta una delle
più pure forme di raro artigianato
esistenti nella nostra provincia: è
l’attività svolta da Francesco Cavallo, liutaio fasanese. Una passione, la musica,
diventata una scelta di vita. Francesco,
infatti, ha trasformando il suo innato talento musicale realizzando quel violino,
che sin da giovane età, lo ha proiettato
nel mondo della musica. Oggi è un’arte
certosina quella che, quotidianamente,
l’ormai 82enne, porta avanti nella sua piccola bottega realizzando pezzo per pezzo i
suoi piccoli gioielli musicali. Una passione,
quella di Francesco per la liuteria, nata in
tarda età dopo una vita spesa per il lavoro,
la famiglia e la musica. Una vita che lo ha
portato a vivere e lavorare per ben 25 anni
(dal 1961 al 1986) nella bella ed incantevole Lucerna (Svizzera), come operario
specializzato, senza mai dimenticare la
grande passione per la musica e per l’amato violino. Quello strumento dell’anima
ha accompagnato sempre la sua vita, anche quando ha avuto la possibilità di accarezzare il successo discografico diventando parte di diversi gruppi musicali come
bassista e organizzatore di numerosi
eventi musicali per i tanti emigranti italiani che, dal 1960 al 1990, hanno popolato
lo stato elvetico. Il primo amore, si sa, non
si scorda mai e così, quando la carriera di
musicista sembrava ormai a un bivio, arriva la grande occasione della vita: un corso per liutaio. Il sogno di costruire quello
che da sempre era stato lo strumento più
amato della sua vita divenne realtà. Pochi
anni di corso e di studio e le sue mani ben
presto diventano arnesi preziosi, capaci di
trasformare dei pezzi di legno in pregiati
violini. Scalpelli, forme, resine, vernici e
soprattutto tanto lavoro e tanta certosina
pazienza: queste le armi di Francesco che,
rientrato a Fasano, ben presto diventò
punto di riferimento per tanti musicisti che
a lui affidarono- e ancora oggi affidano- i
loro strumenti per apportare riparazioni e
modifiche. E sì, perché il lavoro del liutaio
va oltre la creazione di un nuovo violino, e
passa soprattutto per il restauro e la manutenzione di tutti i liuti come violini, viole, violoncelli. E poi ancora chitarre, mandolini e banjo. Numerosi i pezzi di grande
la leggenda del maniscalco brindisino
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| DICEMBRE 2010 | pag 9
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Bando, Regolamento del Concorso e Scheda di Partecipazione
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RASSEGNA STANCA - l'altra faccia della veritÀ
RASSEGNA STANCA - l'altra faccia della veritÀ
L'altra faccia
della musica
silvia sciarra, paola petrosillo
e francesca pergola: una realtà
in fermento fra alti e bassi
paola petrosillo
U
na realtà in fermento fatta di alti e
bassi, di serate nei pub, di pochi
spazi pubblici e rare occasioni per
esibirsi. Un mondo di concerti pagati pochi euro a fronte di cari sacrifici. Dove la
cultura dei grandi (accomodati su morbide poltrone) è lontana da quella dei piccoli
(relegati alle panche di un pub), e gli artisti locali sono considerati alla stregua di
hobbisti. Silvia Sciarra, Paola Petrosillo e
Francesca Pergola, tre musiciste brindisine, fanno sentire la loro voce su un tema
caro a molti: la scena musicale locale.
Il quadro è questo: la musica a Brindisi è un
universo sommerso che ha molte potenzialità per crescere, “sfondare” e alimentare circoli virtuosi. Purtroppo mancano i
canali giusti per farlo. Tuttavia la musica
qui è come una donna forte, ostinata e in
grado di partorire grandi figli. Ecco perché,
anche se la musica le porterebbe lontano,
Paola, Francesca e Silvia, hanno deciso di
restare. Gli anni trascorsi sui palchi regalano un grande bagaglio di esperienze e
lucide osservazioni. Paola, voce e chitarra acustica dei MarinAria, dopo dieci anni
a Bologna, è ritornata con un progetto in
cui si fondono jazz, rock e dialetto brindisino. Silvia è rientrata dopo aver vissuto
a Roma. È la cantante dei Cats’N’Joe, figli
del ricco panorama rock locale. Francesca, flautista dei Malaussene, vive a Bari
ma con un piede nella sua città per fare
musica. Tutte e tre condividono un’idea:
Brindisi è un centro vivo dal punto di vista musicale e artistico. Lo spiega Paola:
“C’è molta musica inedita, più che nel resto del Salento. E non è un caso perché la
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BIOGRAFIE
Paola Petrosillo è una compositrice,
cantante e chitarrista brindisina. Dal
2009 insegna Propedeutica Musicale
nella scuola di musica “Saint Louis”,
dove studia canto moderno. Sin da
bambina ama la musica e la chitarra.
Sul palco dal 2000. Si laurea nel 2005
in Etnomusicologia con uno studio
sulle tradizioni musicali del Sud Italia.
Da qui parte la passione per la ricerca
e la riproposta della musica tradizionale in chiave contemporanea, studio
che la porta a comporre musiche e testi in dialetto brindisino con il sestetto
MarinAria.
Francesca Pergola suona il flauto
traverso sin da bambina, grazie alla
passione profusa dal maestro Artur
Xheraj. Nel 2009 si diploma presso
il Conservatorio di Bari e si laurea in
Comunicazione. A soli 14 anni inizia
a suonare dal vivo con i Malaussene
con i quali incide due album, partecipa a importanti concorsi e condivide i
palchi di grandi della musica italiana,
tra i quali Max Gazzè, Folkabbestia e
Bandabardò.
Silvia Sciarra voce graffiante e accattivante dei Cats’N’Joe dal 2006, viene
rapita dalla trascinante passione per
la musica e il canto spinta dalla curiosità e dalla voglia di comunicare. Ama
scrivere. Con la sua band sforna brani
rock che mantengono alto il nome della tradizione indipendente brindisina
e accolgono consensi da ogni parte.
Calca decine di palchi e suona come
backing band per i Marta sui Tubi.
Dopo alcuni anni di università a Roma
torna a Brindisi. Tra i vari progetti collabora con Roberto D’Ambrosio.
francesca pergola
silvia sciarra
musica esprime anche la rabbia verso la
propria città”.
Scoprire l’altra faccia della musica mostra
tante potenzialità. Quello che manca è il
contorno: luoghi, educazione e proposte
di qualità.
“È scandaloso vedere come in una città
con un liceo musicale e artistico, e decine di band, non ci sono modi di sfogare
la creatività, mancano realtà professionalizzanti e luoghi in cui esibirsi”, dichiara
Francesca. I mecenate della musica locale, ad oggi, sono i proprietari dei pub. Offrono spazi per esibirsi ma senza troppe
pretese economiche, da parte di nessuno. Eppure la situazione di Brindisi è migliore rispetto a quella di altre città.
Ad oggi è una delle poche province con
una sala prove comunale.
“Il discorso dei pub funziona – spiega
Francesca - ma ci vorrebbero iniziative e
concerti di spessore”. “Ma è possibile che
non si possano organizzare eventi pubblici per promuovere gli artisti locali?”,
domanda Silvia. “Proporre musica inedita non è facile – continua Paola – ma la
decisione di spingere le band spetta solo
ai privati. Alcuni eventi potrebbero essere
organizzati dal Comune in collaborazione
con le associazioni, come accade da anni
in Emilia Romagna”.
Insomma la marcia è ingranata (da un
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po’), le idee ci sono e non manca la collaborazione. Ogni settimana i pub accolgono le più disparate proposte musicali.
Ma, nella città che nel 2019 ambisce al
titolo di Capitale della Cultura Europea,
non sarebbe il caso di curare ogni forma di
espressione culturale?
Ma quale musica maestro?
A Brindisi manca un'orchestra che
rappresenti la città dal punto di vista
musicale, non solo nelle grandi occasioni. Per questo il Comune si rivolge
a quella di Lecce o Monopoli. Eppure
la scuola di musica Frescobaldi
qualche tempo fa ha avanzato una
proposta, mettendo a disposizione
venti e più professionisti in grado di
parlare linguaggi classici e moderni.
Maestri e allievi che rappresenterebbero al meglio la nostra città.
Come è andata a finire?
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numero 8
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di emanuele vasta > [email protected]
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RASSEGNA STANCA - l'altra faccia della veritÀ
L’importante campagna di comunicazione dell’ E.A.C. di Brindisi ha acceso i
riflettori sugli sport minori e sul talento pugilistico brindisino di Antonio De
Vitis in occasione della sua partecipazione al campionato intercontinentale
WBO. “Il pugile sta rappresentando la
tradizione locale di questo sport, vincendo i titoli più importanti”, è quanto
ha rivelato Olivier Cannarile, referente
dell’associazione “Olivier”, presieduta da Giusy Patronelli. Il loro intento è
di esibire a Brindisi il miglior pugilato,
inaugurando nel 2011 una palestra che
possa coinvolgere i ragazzi in questo
sport, lavorando attivamente nel sociale. Reduce dalla conquista del titolo
di campionato intercontinentale WBO al
Palazumbo di Brindisi, Antonio De Vitis
si è raccontato così.
L'INTERVISTA
Quando è nata la passione verso la boxe?
Nel 1993 grazie al compianto Sergio Ragno, un caro amico scomparso a Firenze
per un tragico incidente. Francesco De
Tommaso fu il mio primo maestro. Da
dilettante collezionai 60 combattimenti
e nel 1996 anche qualche presenza in
nazionale. In seguito dovetti emigrare
in Piemonte per lavoro e mi trovai ad un
passo dal decidere di lasciare la boxe.
Lì conobbi degli scaltri allenatori, vinsi
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la vocazione pugilistica e
le vittorie del pugile che
emulava i must
Antonio De
Vitis, campione
con i guantoni
31 combattimenti su 33. Sicché nel 2005
decidemmo di unirci per provare la strada
del professionismo categoria pesi superpiuma di limite di 58,97 kg.
Scegliemmo Rosanna Conte Gavini come
manager e Bruno Vottero come coach.
Dopo aver vinto 7 incontri, occupando
un buon posto in classifica, mi ritennero
pronto per il titolo italiano che vinsi nel
2006 a Piacenza. Nel 2007, in Belgio,
abbiamo tentato il titolo europeo, ma fui
sconfitto per la prima volta con un verdetto abbastanza discutibile. Nel 2008 però
vinsi il titolo del Mediterraneo ed il titolo
Internazionale.
Spiegheresti il vero senso della
“nobile arte”?
Oltre ai due corpi a sfidarsi sul ring ci
sono due menti. Non si usa solo forza e
coraggio ma l’intelligenza unita a regole
ben precise. Non ci si picchia con cattiveria. Per quale motivo ci dovrebbe essere
rancore? Io dico che ogni combattimento
è un vestito cucito su misura, si studiano
le difficoltà del rivale, lavorando sulle sue
lacune. Bisogna che la collettività smetta
di descriverci come non siamo. Il ragazzo
che ultimamente ha ucciso, si allenava in
una palestra di boxe, ma non era iscritto
alla federazione pugilistica, non era pugile.
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RASSEGNA STANCA - l'altra faccia della veritÀ
Tyson fu provocato volutamente e risarcito
profumatamente per mordere l’orecchio di
Holyfield. Io non ho mai litigato per strada.
Chi ti ha rotto il naso: la vita o la boxe?
In 17 anni di pugilato con 116 match
all’attivo ho il naso ancora integro.
(sorride).
Le caratteristiche di un campione?
Bisogna dimostrarlo prima nella vita.
Sacrifici, vita sana e credere in ciò che fai.
Era questo il futuro che sognavano per
te i tuoi genitori?
Non mi hanno mai imposto nulla. Sicuramente avrebbero voluto studiassi. Mia
madre temeva mi facessi molto male
(sorride).
Sul tuo coinvolgimento quanto hanno
influito gli eroi velleitari come Rocky
Balboa?
Son cresciuto emulando pugili veri come
Trane, Roma, lo stesso Olivier che per me
erano idoli. Rubavo il meglio da ognuno, a
casa cercavo di imitarli.
Hai un appellativo nell’ambiente?
Pittbull, perché sfianco l’avversario aggredendolo da subito. Ma a me piace essere chiamato Antonio De Vitis e stop.
Il tuo asso nel guantone?
Il fiato, perché sono un picchiatore che
non dà tregua all’avversario e il gancio
sinistro che riesco a portare a segno con
disinvoltura da quando mi infortunai il
destro.
Il primo trionfo prestigioso?
Il titolo d’Italia nel 2006 da professionista
a Piacenza, pesi superpiuma, battendo
a casa sua in dieci riprese Massimiliano
Chiofalo. Fu come una duplice vittoria.
Chi è il tuo erede nella boxe brindisina?
Tanti pugili virtuosi hanno inorgoglito la
scuderia di Brindisi. Al momento ci sono
ragazzi abili ma la stoffa nel pugilato va
approvata col tempo.
Cosa manca nel pianeta boxe locale?
Mancano gli sponsor a sostegno dei costi
dei combattimenti e le relative riunioni
pugilistiche delle nuove leve. Non ci si
può allenare a go go senza battersi ufficialmente.
Saresti un campione se fossi rimasto?
Avrei appeso i guantoni al chiodo nel
1999. La gente di Brindisi non risponde
come al Nord dove riempivo un palazzetto
da 4 mila persone.
A che titolo punti?
Il titolo europeo EBU per il quale sono in
finale come sfidante ufficiale.
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| DICEMBRE 2010 | pag 15
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SCOMUNICANDO
LE ARTI
DIVINATORIE:
UN PATRIMONIO
PERDUTO
le tecniche più antiche per
prevedere il futuro
N
el corso dei secoli l’uomo ha sempre cercato di prevedere il
futuro, di entrare in contatto con le entità o gli dei per aver
risposte certe. Non tutti erano capaci, però, di leggere i segni.
Si vennero così a creare quelle figure, temute e cercate, tutt’oggi
immerse nel mistero. Al mondo esistono centinaia di tecniche divinatorie, alcune antichissime, altre più recenti. Ma ormai è difficile
trovare persone in grado di interpretare gli antichi misteri.Dopo le
numerose persecuzioni per stregoneria, infatti, gli uomini hanno
cercato di mantenere segrete certe pratiche, spesso erroneamente
associate al diavolo, per timore di essere giudicati ed emarginati.
Il risultato è stato la perdita, lenta, di un patrimonio inestimabile.
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| DICEMBRE 2010 | numero 8
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SCOMUNICANDO
Ceromanzia
Divinazione tramite la cera di una candela. Particolarmente usata durante la notte
di Capodanno, per scoprire se i progetti
per l’anno nuovo si realizzeranno.
La notte del 31 dicembre si accende una
candela bianca e si lascia colare la cera in
un contenitore, preferibilmente di ottone
o argento, precedentemente riempito di
acqua fredda. A seconda della figura che
si forma si avranno i responsi. Se si forma
una barca, per esempio, significa che per
realizzare i propri sogni bisognerà andare
lontano, una corona significa che si incontrerà una persona importante che favorirà
i propri progetti mentre un cuore simboleggia un'amicizia che si trasformerà in
amore.
Aeromanzia
Divinazione condotta attraverso l’interpretazione delle condizioni atmosferiche,
praticata da Indù, Etruschi e Babilonesi.
Oggi non si utilizzano quasi più queste
arti divinatorie. Ma almeno la scienza ha
riconosciuto l'influenza che il clima ha
su ognuno di noi, definendo una persona
particolarmente sensibile ai mutamenti
climatici come “metereopatica”.
Sticomanzia
Divinazione basata su “l’estrazione a sorte” di una frase. La forma divinatoria più
usata inconsapevolmente al mondo.
Ognuno di noi, almeno una volta nella vita,
ha aperto un libro a caso e ha letto una
frase che ha interpretato in base alla propria situazione (bibliomanzia). Ma la forma più conosciuta di sticomanzia in Italia
sono i biglietti dei Baci Perugina. E nell’era
moderna abbiamo i biscotti della fortuna
virtuali, opzione offerta da Facebook.
Alomanzia: (interpretazione del sale).
Pratica citata da Omero, che definiva il
sale “divino” tra le più antiche e radicate
pratiche divinatorie. Si poteva interpretare in diversi modi: da come si scioglieva
nell’acqua o come reagiva a contatto con
le mani di una persona, interpretando le
forme che si creavano spargendolo su
una superficie piana o da come crepitava
nel fuoco, interpretando eventi casuali
(dimenticare il sale a tavola, rovesciarlo o
addormentarsi sul tavolo prima che le saliere fossero tolte). Da qui la credenza che
rovesciare il sale a tavola porti sfortuna. In
questo caso si getta un po’ di sale sopra
la spalla sinistra “nell’occhio del diavolo”,
che si credeva fosse in agguato sul lato
sinistro. In alternativa lo si prende con la
punta di un coltello.
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di virginia frigione - Accademia Fotografica Italiana - AFI > [email protected]
di redazione > [email protected]
SCOMUNICANDO
SCOMUNICANDO
LA STAMPA
SU CARTA
FOTOGRAFICA
la camera oscura: fascino e mistero
(seconda parte)
N
ella prima parte, pubblicata nel
numero 7 di Ciclostyle, abbiamo
esaminato la prima fase dei procedimenti che avvengono in camera oscura:
lo sviluppo della pellicola.
Una volta terminati tali procedimenti, possiamo passare a quella successiva: la
stampa su carta fotografica.
Anche in questo caso dobbiamo procurarci alcuni semplici oggetti: la luce rossa
di sicurezza (consente di muoverci nella
stanza senza danneggiare la carta, fotosensibile); carta fotografica fotosensibile (in commercio ve ne sono di vari tipi.
È molto importante aprire la scatola solo
in camera oscura e in presenza della luce
rossa di sicurezza); una base d’appoggio
(per gli strumenti di lavoro); l’ingranditore
(permette di proiettare e ingrandire l’immagine sul foglio di carta sensibile); tre
bacinelle; liquidi (sviluppo, arresto, fis-
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| DICEMBRE 2010 | numero 8
tecniche e prodotti per il restyling dell’immagine operato da smoovy look parrucchieri
i ragazzi dell’afi in camera oscura
condi. Con carta baritata, i tempi d’attesa
si allungheranno a circa tre minuti. Successivamente procediamo ad immergere
il nostro foglio nella bacinella contenente
il bagno d’arresto per pochi secondi, per
poter così bloccare lo sviluppo della carta,
e quindi nel fissaggio, per poter congelare
quanto impresso in precedenza. Dopo un
breve lavaggio, potremo esaminare i nostri provini per stabilire quale sia il tempo
di posa da utilizzare e decidere se aumentare o meno il contrasto. Una buona stampa deve mostrare, se presenti nell’immagine, neri profondi, bianchi puliti e una giusta sfumatura di grigi. Grazie all’utilizzo di
appositi filtri, infatti, è possibile aumentare o diminuire il contrasto delle nostre fotografie. Possiamo ora esporre il foglio di
carta nella sua completezza e ammirare
la nostra foto che magicamente prende
vita. Se non siamo ancora soddisfatti, possiamo ancora migliorare la nostra stampa, enfatizzando alcuni particolari, grazie
all’impiego di due tecniche complementari: la ”mascheratura e la bruciatura”, di
cui parleremo nel prossimo numero.
Leggi la prima parte dell’articolo
su: www.ciclostyle.it
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foto di: Marco Tedesco
la foto stampata
saggio). Posizioniamo il negativo dentro il
porta negativi dell’ingranditore e scegliamo l’inquadratura alzando o abbassando
la colonna della testa dell’ingranditore
stesso, regoliamo la messa a fuoco e inseriamo il filtro rosso di sicurezza. A questo
punto possiamo chiudere il diaframma a
f8 e preparare i provini: una serie di esposizioni su una parte dell’immagine che ci
permetteranno di calcolare il tempo giusto di esposizione. Quindi, collochiamo
sotto l’ingranditore un foglio di carta sensibile politenata o baritata ed esponiamo
una piccola striscia di questa, coprendo la
parte restante con l’ausilio di un cartoncino nero, per cinque secondi.
Poi scopriremo un’altra striscia di carta ed
esporremo per altri cinque secondi e così
via fino alla fine del nostro foglio. Alla fine,
l’ultima zona esposta avrà ricevuto soli
cinque secondi di esposizione, la penultima dieci secondi, fino alla prima che avrà
ottenuto la somma di tutte le pose. Fatto
ciò, inseriremo le strisce appena stampate nella bacinella dello sviluppo e agitiamo
il liquido di tanto in tanto. Vedremo così
che la nostra immagine apparirà poco alla
volta. Generalmente, utilizzando ad esempio carta a contrasto variabile politenata,
i tempi d’attesa sono di circa sessanta se-
Modella per un giorno
I lettori cambiano look
fase 1.
veli di luce
fase 2.
riflessante naturale
“M
odelle per un giorno, testimonial per una stagione”: è questo il nome dell’iniziativa ideata e promossa dai parrucchieri di Smoovy
Look, Vetrine Inedite e Virginia Frigione
(Afi). Lidea è quella di rifare il look di aspiranti modelle, tutte brindisine, che diventano poi le testimonial di un campagna di
comunicazione volta a presentare la moda
capelli del momento. La selezione delle
aspiranti modelle che parteciperanno al­
la fase conclusiva avviene, mese dopo
mese, attraverso le pagine di CicloStyle.
Questo mese la candidata di “Modelle per
un giorno” è Maura. Stefano Palmieri, artdirector di Smoovy Look, spiega tutte le
fasi del restyling operate sull’aspirante
modella.
Veli di luce
Per dare luminosità al colore, senza interferire troppo sulla nuance naturale, abbiamo utilizzato dei “Veli di Luce” ottenuti intingendo il pettine nella tintura e lasciando sul capello dei sottilissimi fili di un paio
di tonalità più chiari. Il risultato è molto
naturale e non lascia ricrescita evidente.
Questo ci ha permesso di dare più luminosità al viso e di valorizzare i toni tenui
ma caldi della carnagione e degli occhi di
Maura.
Riflessante naturale
Abbiamo applicato un riflessante naturale
per dare intensità e corposità al capello.
In questo caso rame dorato per mettere in
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fase 3.
taglio
risalto gli occhi verdi senza definire troppo i contorni del viso per non appesantire
l’immagine, molto discreta, di Maura.
Il taglio
Il capello è particolarmente riccio e pesante, tende verso il basso. Per renderlo
più voluminoso, sono state create delle
sconnessioni sulle punte senza toccare la
lunghezza.
L’asciugatura
Nell’asciugatura abbiamo usato il “Frizzy
Hair” di Ap Tricosistem per delineare il
riccio senza indurire i capelli. Abbiamo
optato per un’asciugatura al naturale con
la tecnica dei torcion e del diffusore. Infine, abbiamo formato delle onde con una
piastra Mini Styler GHD che abbiamo poi
spettinato per definire il movimento con
la “Styling Cream” Ap Tricosistem.
Make-up (a cura di Daniela Nigro)
Per un Make-up che valorizzi il soggetto,
è fondamentale creare una base perfetta.
Quando si affronta un trucco non ci si basa
solo sull’anatomia, fisionomia e colori del
viso ma anche sul vestiario. Considerato il colore nero (colore neutro)
degli abiti di Maura mi sono concentrata di più sul mettere in risalto gli
occhi. Si presentano molto grandi
con sfumature dell’iride cangianti di
verde e marrone chiaro. Bisogna ricordare che per ingrandire gli occhi
non si deve mai utilizzare la matita
all’interno o la matita doppia sull’oc-
fase 4.
asciugatura
fase 5.
make-up
chio perché si avrà un effetto contrario.
Vista la grandezza dell’occhio di Maura e
il colore chiaro, abbiamo potuto applicarla
all’interno.
Il trucco è stato eseguito per essere adatto sia di giorno che di sera. Per questo ho
preferito le sfumature di marrone e beige.
Solitamente si distingue tra il trucco per il
giorno, molto più naturale, e il trucco per
la sera, molto più deciso e colorato. Per
il naso si gioca molto con le ombre: per
rimpicciolirlo si devono usare due tonalità di fondotinta e applicare il più scuro
sulla parte che si deve sminuire. Il trucco della bocca è soggettivo. Io preferisco
enfatizzare di più gli occhi che le labbra
per rendere lo sguardo più magnetico ed
il soggetto non volgare. In questo caso ho
mantenuto un trucco naturale sia per gli
occhi che per le labbra. Come linea Makeup uso e consiglio solo TIGI Professional
perché è prodotta solo con sostanze naturali ed ipoallergenica, il prezzo non è alto
ma la qualità sì.
PRIMA
numero 8
DOPO
| DICEMBRE 2010 | pag 19
lo scrittore mimmo tardio
di vincenzo maggiore > [email protected]
di vincenzo maggiore > [email protected]
ne vale la penna
UNA
VIA PER
INDINI
in ricordo di un grande scrittore
brindisino
L
a grande
fantasia artistica e l’abilità con la penna hanno fatto
di Pino Indini un
personaggio storico di Brindisi conosciuto dai più come
“Coco Lafungia”. Questo è il motivo che
spinse molti concittadini e la famiglia con
il supporto della stampa locale, all’indomani della sua morte, a pensare che l’intestazione di una via, “a perenne ricordo di
colui che ha saputo rappresentare l’anima
profonda della sua gente e le tradizioni autentiche della sua terra”, fosse un doveroso omaggio a Indini. Non c’è mai stata una
richiesta ufficiale, eppure l’interesse ad
attivarsi per fare questo regalo postumo
all’artista è un sentimento condiviso. Sul
blog del sito dedicato a Indini spiccano dei
commenti di alcuni consiglieri comunali
che hanno promesso di adoperarsi a tal
fine. “Il posto ideale sarebbe la piazzetta
“Guglielmo da Brindisi”, ubicata al centro
di Largo Guglielmo da Brindisi”, dichiara il
figlio Francesco Indini, che ha realizzato e
curato minuziosamente il sito internet.
-Era un luogo molto importante per mio
padre che sarebbe stato felice di questo
prestigioso tributo”. D’altro canto l’artista
brindisino aveva capito con largo anticipo
che sarebbe entrato nella memoria della
sua amata città soltanto dopo la morte,
con la previdenza che è concessa a pochi
eletti. Senza alcuna presunzione, perché
“l’umiltà e i buoni sentimenti erano il suo
pane quotidiano”, come racconta Francesco. Quando parla del padre scrittore,
scomparso prematuramente nel 2006
dopo una lunga malattia, gli si illuminano
gli occhi, in un vortice di ricordi numerosi più dei suoi scritti. “È sempre riuscito a
infondere in tutta la famiglia un senso di
sicurezza e di grande unione che ancora
oggi viviamo grazie a lui”.
Era un tipo silenzioso Pino Indini, studioso dei classici e bibliotecario per un ventennio, poco propenso alla mondanità,
sempre volontariamente lontano da una
partecipazione attiva alla politica cittadina nonostante in molti premessero per
coinvolgerlo. Preferiva starsene a casa, a
fumare le sue amate “Nazionali”, a scrive-
ne vale la penna
re di Brindisi, dei brindisini e della brindisinità, dividendo la penna e la sigaretta con
il suo alter ego letterario, Coco Lafungia.
Da un lato del tavolo il poeta, dall’altro una
figura grottesca e surreale che con un gergo a dir poco strampalato ne ha avute da
dire su tutti, senza remora alcuna di infastidire i potenti. Indimenticabili le sue lettere pubblicate periodicamente su diverse
testate locali che hanno fatto sorridere i
suoi concittadini ma che hanno anche regalato loro molteplici spunti di riflessione.
Indimenticabile il sarcasmo congenito nelle sue battute, le stesse che impedivano a
giornalisti affermati di mantenere la serietà durante le interviste di cui è stato protagonista. La maschera di Coco Lafungia
ha accompagnato l’artista per molti anni,
fino a quando Indini incominciò a soffrirne
la presenza ingombrante. Da qui l’idea bizzarra di disfarsene e di affiggere per tutta
la città manifesti funebri che ne annunciavano l’avvenuta morte. Episodio che risale
al 1989.
“Non ricordo quante telefonate di cordoglio
abbiamo ricevuto a casa per lo scomparso
Coco Lafungia, molti brindisini erano convinti ormai che mio padre si chiamasse
così-, ricorda Francesco. -Se ne avesse
avuto la possibilità avrebbe addirittura
inscenato un vero e proprio funerale, durante il quale sarebbe risuscitato per dare
simbolicamente il via a nuova vita artistica”. Roba da teatro d’avanguardia, ma
anche da reato per vilipendio religioso. Dovette desistere dal suo goliardico intento.
Se Pino Indini era un personaggio amato
da molti, era scomodo per altri. “Ha fatto tremare più volte le mura del palazzo
comunale, perché le sue erano denunce
pronunciate senza peli sulla lingua-, continua Francesco Indini. -Basti pensare alla
“Brindisiade”, in cui qualcuno vi ha voluto
vedere un’insofferenza di mio padre verso
la città. Niente di più sbagliato. Pino Indini
amava Brindisi come se stesso”.
Forse dedicargli una strada sarebbe il
modo migliore per ricordare quel legame
indissolubile.
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pag 20
| DICEMBRE 2010 | numero 8
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TITTY EVENTI
venti poesie di pino indini pubblicate dalla “hobos”
R
egalo natalizio in vista per gli estimatori dello scrittore Pino Indini, meglio
conosciuto come Coco Lafungia. È
imminente l’uscita di una plaquette contenente venti poesie inedite dell’artista, curata dallo scrittore Mimmo Tardio con il contributo del figlio Francesco Indini. Il libro,
che sarà pubblicato dalla “Hobos” dell’editore Vittorio Bruno Stamerra, potrebbe
rappresentare un primo passo importante
nell’operazione di riscoperta e valorizzazione dell’artista. “Pino Indini è stato il più
grande cantore della brindisinità, che ha
raccontato Brindisi con la sagacia propria
dei grandi”. Un quadro preciso quello proposto dal docente e scrittore Mimmo Tardio,
conoscitore attento dell’anima artistica e
poetica di Indini. “Resto sbalordito nel pensare che in molti lo ricordino solo per la sua
maschera più caratteristica, quella di Coco
Lafungia. Indini era tanto altro. Era soprattutto un grande scrittore in lingua italiana
conosciuto in tutta la penisola, vincitore di
numerosi premi e riconoscimenti per la sua
produzione. Un suo volume di poesie, recensito da Evgenij Evtusenko, è stato tradotto
in lingua russa e numerosi suoi scritti sono
inseriti in svariate antologie italiane e straniere”. Pino Indini ha pubblicato, durante la
sua vita, ventitré opere tra narrativa, poesia,
saggistica, teatro e satira popolare, più volte
esaurite e ristampate. In molti si sono interessati ai suoi scritti, tra cui Vittorio Sgarbi,
Giorgio Barberi-Squarotti, Raffaele Nigro,
Carlo Bo, Michele Dell’Aquila, Daniele Giancane. “Rappresenta, senza alcun dubbio, un
“caso letterario” intrigante e complesso. Era
un poligrafo che ha voluto con ogni probabilità camuffare (in una sorta di contrappasso) la sua grande sapienza poetica e
narrativa proprio attraverso la maschera di
Coco Lafungia, che contraddiceva la natura
letteraria e colta del suo mondo culturale e
anticipava il “dialetto reinventato” di Andrea
Camilleri nel suo Montalbano”. Ma Coco Lafungia ha giocato un brutto scherzo a Pino
Indini, accaparrandosi le luci della ribalta,
offuscando la profondità e la bravura del poeta, sia in lingua italiana che in dialetto.
Per saperne di più è possibile visitare la pagina web www.pinoindini.it.
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viale porta pia, 24
Brindisi
cell. 349.4111167
Organizzazione eD animazione feste e
ricorrenze con personaggi dei cartoon,
trucco decorativo, effetti speciali…
# Intrattenimento baby e doposcuola;
# Disegno;
# Corsi di recitazione;
# Canto e insegnamento strumenti musicali;
# Corsi di Ballo (Salsa, bachata, merengue, rumba,
rueda de casino, tango argentino, liscio, danza
del ventre, pizzica pizzica, balli di gruppo e
divertentismo);
# Organizzazioni di eventi, feste, congressi,
mostre;
GULP!!
# Servizio hostess, promoter, guide turistiche;
# Lezioni di lingue, servizio di traduzioni ed
interpretariato.
numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 21
di Roberto Spagnoletto > [email protected]
di Roberto Spagnoletto > [email protected]
ne vale la penna
ne vale la penna
DUE
CHIACCHERE
CON LA FUNGIA
continuano le storie
di ucciu lu vasciu
"ucciu lu vasciu" in un'interpretazione
di massimiliano gatti
N
u giurnu ti fini acostu mugghierima
e nipotima Oresti sta giraunu intra
casa, iu cangiava e scangiava canali alla tilivisioni: no sapiumu ce cazzu
erumu a fari. Gira e vota, vota e gira, mi
venni l’infilici idea cu sciamu allu cimiteru
cu sce truvamu li “muerti nuestri”.
Assìu l’apicedda, ‘ndi sistimammu e ‘ndi
vviammu versu lu Pirrinu.
Trasuti allu cimiteru, comu sempri, m’agghiu dummandatu pi ce cazzu hannu
scrittu “Risorgeranno”.
Erunu pututu mettiri armenu nu puntu
interrogativu vistu ca iu non d’aggiu vistu
assiri mai muerti ca hannu bivisciutu ti da
intra.
Infatti nonnuma ticia: “quandu aggiu
muertu, piscimi an facci”.
Maria simbrava nu curru m’pacciutu scia ti
na tomba all’atra e ogne tanto ticia: “Ucciu
a vistu ci è muertu! Amposta avi assai ca
no lu vitiumu”.
Parlandu parlandu e caminandu caminandu amu rrivvatu allu cimiteru nuevu cu li
pag 22
| DICEMBRE 2010 | numero 8
tombi a condominiu.
A nu certu puntu mi n’daccorsi ca intra lu
cimiteru non ci stava n’anima viva - e non
è na battuta- si sintiunu soltantu li tacchi
ti Maria senza sobbratacchi. Uardau l’orologiu mia, nu 'Rolecchisi'.
"No' mi pigghiati pi 'gnoranti stai scrittu
propia cussini, l’aggiu cattatu alla cinesi ti
la chiazzodda ca m’e’ dittu: Questo essele
Lolecchisi oliginale e essele pule laccato
d’olo solo cinque euli”.
Iu facia li cinqu e menza e subbutu aggiu
pinsatu ca la staggioni, lu cimiteru, chiuti
alli setti. Lu soli mi sta paria assai vasciu,
ca iu so villanu e capescu quando la sciurnata sta spiccia. Vabbhè! Amu fattu tutti
sti cazzu ti giri e poi la verità amu sbattutu
nu picca cu truvamu l’assuta. Amu rrivvatu allu Crucifissu, tutti e treti ‘ndamu vutatu e ‘ndamu fattu lu Segnu ti la Croci ca
cussini si usa pirceni li spaddi a Cristu no
si votunu mai puru ca iddu certi voti a nui
‘ndi li vota.
“Marì mi sta pari ca lu cancellu stai chiusu,
ma ce ora faci tui”?
“Li setti e menza”, risposi Maria.
“Li setti e menzaaaaaaaa? Mannaggia li
muerti ti la cinesi, l’orologiu n’ora andretu
s’è pigghiatu, amu rimastu chiusi intra lu
cimiteru e moi comu cazzu ama fari?”.
Maria simbrava ca l’era pizzicata la tarantula e cuminzau, a usu sua, a ucculari:
“Aaiiuutttoooooooo!!!!!!!!!!!! Abbiamo rimasti chiusi dentro lo cimitero e ci stiamo
prendendo paura asssaaaaiiiiiii!!!”.
“Calma, calma. Oré no tieni lu tilifuninu?
Chiamamu la polizia”, ‘nci dissi.
Oresti trimulandu mi risposi:
“L’aggiu lassatu a casa ca quando vau alla
Chiesa no mi lu portu mai”.
“E chitemmuertu quai alla chiesa stamu?”
Di dà nanzi, non ci passava anima viva
pi chiediri aiutu. Lu soli si n’dera sciutu e
amu dicisu cu n’di mittimu a nu postu rimiggiatu cu passamu la nuttata. Chianu
chianu Maria e Oresti si durmiscera.
Iu stava ti uardia mai sia quarchetunu si
n’vicinava, (ca poi ci cazzu s’era n’vicinari
ci erunu tutti muerti). Totta na vota intra lu
silenziu sintiu na voci:
C: “Ucciu lu Vasciu”!
Mi sintiu squagghiari li ‘ntrami.
C: “Iu sacciu tuttu ti tei”, tissi la voci e iu
risposi:
U: “Allora sai puru ca vau ti pressa, buonanotti”.
C: “No fari lu spiritosu cu mei. Saccio che
appena hai trasuto hai letto la scritta in
faccia al cancello 'BIVISCERANNO' e accome hai cercato di passare il pisulo hai
truppicato che per un picca non te ne vai
di faccia a terra come un carniale. Meno
male che stava quel santo vagnoni ti nipotita che ti ha mantinuto ci no, a quest’ora,
non ci stavi quai stavi allu Di Summa”.
U: “E com’èti ci ca sai tuttu, no sai ca l’uspitali vecchiu l’annu cangiatu”, tissi iu.
C: “Statti cittu e no mi contraddiri ci noni
mo’ ti lu mollu un bel ricchiale”.
Intantu sintia n'addori ti pippa e di intra
all’ombra no vi putiti immaginari ci assiu
cu la coppula e la pippa an bocca: Lu cumpari ti li cumpari, lu megghui, lu crandi…
Coco Lafungia.
Rimasi a vocca aperta e no sapia ce dicia,
quand’era chiu’ vagnoni era lettu tutti li
n’furrati ca era cappatu e mi facia ritiri assai.
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U: “Ma Cocu la Fungia sinti ssignuria?”, furunu li primi paroli ca mi assera ti la vocca.
“Ma no ieri muertu?”
C: “La titta giusta! La scritta 'Bivisceranno' in faccia al cancello è vera solo che
bivisciamo a tanti alla vota se no se bivisciamo tutti a una fiata qua succede una
confusione. Pratticamente uno bivesce e
l’altru si durmesce”, rispundiu Coco.
U: “E cazzu cazzu cu tanta ca ‘nci ‘ndeti
propria tui ieri a bivesciri?
Noni pi nienti ma ci tu tuerni, iu no nci diventu importanti?”
C: “Sapevo che stavi qua e allora ho dummandatu il permesso di bivescere io. Le
storie che stai cappando mi piacono assai
ma vedi connossia ti allarghi troppo e ‘ndi
approfitti quasi ca io non ci stau.
Iu ti sobbra all’astricu uardu tuttu quiddu
ca faci. La verità alli tiempi mia era chiù facili cu faci ritiri li cristiani. Mo’ vanno tutti
come cani rragiati che sembra che tutta a
una vota gli sono morti mammisa, ttanusa e puramente i frati.
U: “No mi pirmittia mai cu mi mettu a paraconi cu Signuria ca pi mei atu statu e sariti sempri lu megghiu Cumpari”.
C: “Comunque Ucciu ti sta cosa ca ha vistu, non di parlare cu nisciunu, ca sacciu
ca tieni la lengua longa quantu via Lata”.
U: “Signor Coco, ci tu mi vvisi ogne quantu bivisci, la prossima vota, ti portu nu cornettu ti lu Peddy e magari ‘ndi pigghiamu
nu cafei anziemi”.
C: “Va beni cumpa”.
“Cumpa! Cumpa! Cumpa!”, mi sintiu scutulari, apriu li uecchi e di fronti a mei stava
lu uardianu ti lu cimiteru.
Allora pinsau: “Maggiu sunnatu tutti cosi”
e mi venni nu scurimientu ti cori. ‘Nci tessi nu carzaloni allu Uardianu e ‘nci tissi:
“Comu cazzu, chiuti e no sueni mancu la
sirena?”
Pigghiammu l’apicedda e ‘ndi avviammu
versu casa. Comunque ti quiddu giurnu,
iu pi scrupulu, lu cornettu n’ci lu portu e la
matina va spiu e non ci stai chiui.
Vabbhè ca certi rubunu puru alli muerti!
LEGENDA
U: Uccio;
c: Coco La Fungia.
Tutte le storie di Uccio su:
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numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 23
di giovanni membola > [email protected]
di Marialba Guadalupi > [email protected]
vetrine inedite
vetrine inedite
Esperti in Beni
Culturali, il successo
della passione
in foto: annachiara guadalupi, daniele spedicati e chiara mazza
N
pag 24
| DICEMBRE 2010 | numero 8
prattutto quando le autorità
credono nel progetto”.
Un successo annunciato
che ha superato ogni aspettativa. Il tour ha confermato, ancora una volta, come i
beni culturali possono essere una valida risorsa economica da valorizzare.
“La minicrociera è stata una
sfida riuscita bene – confermano – ci dispiace per le
oltre 400 persone che non hanno potuto
del maniero e l’attualità artistica della mopartecipare agli eventi (i posti in barca
stra di arte contemporanea “Intramoenia
erano limitati), tra loro anche i nostri geExtra Art”.
nitori e parenti. Applausi, strette di mano,
“Fondere arte ed architettura è stata la
ringraziamenti sinceri al termine delle vichiave del successo”, dichiarano soddisite e l’entusiasmo dei bambini, ci hanno
sfatti gli ideatori dell’iniziativa che, nello
dato l’energia per fare sempre meglio”. Tra
stesso periodo, erano anche impegnati
le tante attestazioni di apprezzamento
con le visite guidate al Museo Archeologianche le parole di ringraziamento di una
co Provinciale nell’ambito del programma
signora ipovedente: “Siete riusciti a farmi
“Città Aperte”.
vedere quello che non riesco a guardare”.
“Siamo riusciti a gestire entrambi i progetL’attività del gruppo, nella pianificazione di
ti con l’ausilio di quattro neo-laureati asnuove proposte utili alla destagionalizzasunti come collaboratori – spiegano – un
re l’offerta turistica, continuerà con il ciclo
risultato che dimostra come in questo setdi incontri su Federico II che si terranno
tore si possono creare posti di lavoro, sopresso la sede dell’Auser.
minicrociera nel porto di brindisi
In una città ricca di luoghi
della storia, le autorità preposte dovrebbero sempre
sostenere le idee che vengono dalla passione e dalle
conoscenze storico-artistiche, in una professione
che combina elementi di
tradizione e d’innovazione
in un ambito spesso trascurato.
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angela chionna e le sue creazioni in cernit
U
n hobby, tanto talento e una creatività innata diventeranno – forseun lavoro per la designer di moda
Angela Chionna. Entrare nel suo mondo,
infonde la piacevole sensazione di essere
ospitati in una delle favole che da piccoli ci
facevano venire l’acquolina, più che farci
addormentare. Si apre la porta della casa
di marzapane e appare Angela, la protagonista della nostra fiaba: è brindisina e,
dopo aver affidato i propri sogni ad una
grande città, ha scelto di tornare lì dove è
stata bambina, per continuare a crescere.
In attesa di trovare un lavoro ha scelto di
impegnare il tempo creando “gioielli golosi”. Ispirata ai succulenti e coloratissimi
pasticcini che trionfano nelle vetrine delle
bakery inglesi, Angela riesce a manipolare il cernit (o fimo, pasta modellabile colorata, che cotta in forno indurisce, Ndr) che,
con il calore delle sue mani, si trasforma
in ciambelle glassate, plumcake, fragole,
fette di torta, biscotti.
Tutti rigorosamente da indossare.
Appassionata di musica soul, pasticceria
e cucina giapponese, Angela aggiunge a
questi ingredienti, l’impasto colorato a se-
anello e ciondolo (foto sopra) in cernit
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foto di: Alessandra Bruno
uove professioni e
mestieri il cui solo
capitale sociale è il
passato. L’ideale risposta
al desiderio di apprendere
e di scoprire più da vicino
i luoghi e le tradizioni del
nostro territorio ha trovato
riscontro nelle capacità di
tre giovani laureati in Beni
Culturali. Sono Daniele Spedicati, Annachiara Guadalupi e Chiara Mazza, bravi a trasmettere a
grandi e bambini la passione per le opere
storiche, archeologiche ed artistiche. I tre
esperti, accomunati dallo stesso percorso
di studi, dopo aver maturato importanti
esperienze nel settore si sono uniti investendo nella più affascinante delle materie prime: la cultura.
Nella scorsa estate, infatti, sono stati impegnati con successo, con la “Mini crociera nel porto di Brindisi”, un progetto
sostenuto dagli assessori al Turismo
(Teodoro Titi) ed alle Attività Produttive
(Francesco Renna), in collaborazione con
la biblioteca Arcivescovile “De Leo”: centinaia di persone si sono
presentate agli appuntamenti organizzati ogni
weekend dei mesi estivi
per vedere e scoprire la
città dal mare, visitare la
cripta alla base del Monumento al Marinaio e poi
raggiungere via mare il
Castello Alfonsino, dove
sono state illustrate le caratteristiche monumentali
tre giovani impegnati con successo
nel tramandare la storia, l’arte e le
conoscenze archeologiche
di brindisi
GOLOSITÀ
DA INDOSSARE
conda del proprio umore, una buona dose
di ispirazione e fantasia q.b. (quanto basta). A questo punto porta il forno a temperatura e inforna. Dopo una spennellata
di lucido e una spruzzatina di essenza di
zucchero, ecco pronti i suoi dolcetti... ops
gioielli! Ora, dopo neanche un anno di creazioni e tanta gratificazione, Angela inizia
a credere davvero che questa possa essere la sua strada: produce degli accessori
unici, non in serie e di cui non esistono
copie. Piacciono a lei, prima di tutto, ma
incontrano soprattutto il gusto del pubblico. Angela è pronta anche a cambiare il finale di quella favola che vuole Brindisi una
città poco propensa ad accogliere la novità e a premiare i nuovi talenti che devono
l'origine del proprio mestiere unicamente
alla creatività. Dolce e bella come i suoi
prodotti, la nostra eroina è pronta ad affrontare questa sfida: permeare la città di
buon gusto e profumo di zucchero a velo.
numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 25
di maura gatti > [email protected]
di emanuele vasta > [email protected]
vetrine inedite
vetrine inedite
VINCENZO DELL’ATTI: UNO
TRA I NOVANTA
FORTUNATI
francesca prudentino
il sogno militare di un ragazzo brindisino appena ventenne:
cadetto all’accademia di modena
T
L'INTERVISTA
Da dove questa scelta?
È una tradizione di famiglia. Ha sempre
avuto una passione per l’ambiente militare. L’ultimo anno del liceo parlavamo
spesso del futuro e lui ne era spaventato,
si chiedeva sempre se studiare gli avrebbe poi dato la stabilità per farsi una vita
indipendente. A casa abbiamo sempre
parlato delle difficoltà nel trovare un
lavoro, abbiamo sempre commentato i telegiornali insieme, non volevamo che i nostri figli crescessero lontano dalla realtà.
Per entrare in Accademia si devono superare numerose prove.
Come è stato per lui?
Oltre alle prove scritte ci sono prove fisiche e un mese di tirocinio durante il quale
ti mettono alla prova rendendoti la vita
molto difficile. Vincenzo ha superato tutti
i test e le prove, è stato ammesso al tirocinio ma alla fine è stato scartato per soli
4 posti. Era stravolto, tanto che io e mia
moglie ci preoccupammo. Pensavamo
che gli ci volesse un po’ di tempo, invece
lui entrò come soldato semplice nei parà
a Pistoia. Quest’anno ci ha riprovato, con
una nuova consapevolezza, ed è entrato!
Proprio la settimana scorsa abbiamo aspag 26
| DICEMBRE 2010 | numero 8
sistito alla “Cerimonia dello
Spadino”, un’emozione indescrivibile!
Come l’avete trovato?
Stanchissimo. Pensi che gli hanno lasciato mezzo pomeriggio libero e lui ha
preferito trascorrerlo nel B&B. Si è fatto
una doccia e ha dormito! Ci ha raccontato
che i ritmi sono massacranti, a malapena
hanno il tempo di lavarsi.
Le racconta mai qualcosa che può preoccuparla?
Quando siamo andati alla cerimonia, il
Comandante ci ha radunato in una sala
e ci ha testualmente detto: “Non fatevi
impietosire da ciò che vi racconteranno
i vostri figli, da qui devono uscire futuri
vincenzo dell’atti
comandanti, i migliori”. Basti pensare che
quando devono studiare o mangiare devono assumere una posizione perfettamente
eretta mantenendo una distanza di quattro dita dallo schienale e quattro dita dal
tavolo. Non possono rilassarsi in nessun
momento della giornata. Sono ragazzi che
in futuro dovranno comandare e prendere
decisioni in condizioni estreme, gli insegnano a vivere sotto pressione, ogni minuto. Da loro dipenderanno delle vite, devono
essere preparati a qualsiasi evenienza.
Un punto di forza e uno di debolezza di
Vincenzo.
È sicuramente consapevole delle sue
capacità. Punto debole? È un tenerone.
Chiunque incontri Vincenzo non crede
possa essere un militare, è un ragazzo
mite e molto dolce. E abbraccia sempre la
mamma!
Cosa direbbe ai giovani che vogliono intraprendere questa strada?
Entrare in Accademia non significa solo
marciare o sparare. Al contrario, adesso è
molto tecnologica. Si acquisiscono delle
competenze tecniche molto utili, ci si forma per un mestiere.Oggi ci sono ancora
pregiudizi: i militari vengono etichettati
come guerrafondai, in realtà sono medici,
veterinari, ingegneri.
Un messaggio per i genitori?
Cercare di scoprire le attitudini dei figli e
indirizzarli verso la strada giusta. Bisogna
imparare a vedere le potenzialità, farle
emergere. E poi lasciarli andare, che è la
cosa più difficile da fare per un genitore.
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C
i sono mobili un tempo sfavillanti
che, divenuti marci, vengono considerati spazzatura. Eppure Francesca “Guya” Prudentino resuscita cose che
noi getteremmo via, donando una nuova
immagine. Colla, polvere di trucco, forbici,
colori e all’occorrenza stucco; mani esperte e testa sapiente. Lei stravolge anche il
niente.
L'INTERVISTA
Chi è Guya e perché?
Sono un’artista improvvisata che ha ricostruito a gusto suo le cose vecchie o
smontate, dopo averne intuito la tecnica.
A ben 24 anni la prima occasione per sperimentarmi, è stata concepire un regalo
di matrimonio originale per mio fratello.
Guya me l'ha affibbiato lui e non mi è dispiaciuto continuare a firmarmi così.
Più avanti forse inventerò un logo personalizzato.
Cosa t’ispira?
Le più grandi ispirazioni mi vengono quando sto facendo altro. Di artista consumato
ho solo il momento dell’ispirazione. (ride)
Cosa ascolti, cosa osservi,
cosa o chi ami?
La musica che passa al momento nella
mia playlist. Dal metal alla classica senza
pregiudizi. Certi ritmi mi spronano e mi
caricano. Non osservo in giro, ma mi fermo mezz'ora ad esaminare ciò che creo,
addentrandomi in un mondo senza orari
né pensieri, anche se dovessero esserci
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i segreti e le
confidenze di
francesca
prudentino,
artista brindisina
tante persone attorno.
Amo l'arte pop, creo il kitsch, ma più di
tutto il riutilizzo dei materiali che tutti svalutano e cestinano.
Non ho un unico punto di riferimento
vivente. Da ogni personaggio o stile è giusto acquisire il massimo aspetto positivo.
Definisciti in un solo vocabolo per
ciò che crei.
Non creo dal nulla, ma ricreo.
Quindi una “redesigner”.
La tua è propensione artistica
o un mestiere?
Spero entrambi. In futuro vorrei aprire un
laboratorio tutto mio.
Esistono maestri dai quali hai imparato
le basi della tua tecnica?
Non ho avuto maestri, ma solo motivazioni scaturite dal fronteggiare l’inutile spendi e spandi quotidiano della gente che non
ha voglia di ottimizzare le proprie risorse.
Nelle tue creazioni custodisci un’identificazione chiara e costante?
Mi si riconosce perché amo i fumetti o la
carta stampata in genere. Prediligo gli abbinamenti particolari.
Hai mai dato un nome alle tue opere?
Al locale Cillarese (Brindisi), aperto d'estate, c'è un'ape Piaggio che ho chiamato
"estApe". Il nome va anche in base a come
si intitola l'acquirente. (sorride)
Ti è mai capitato di
autoallibirti
di ciò che riesci a
fare?
Lo ammetto, mi sono
autocompiaciuta fissando la mia ultima
creazione.
I tuoi “pezzi”
possono custodire
un valore affettivo?
Dipende dalle persone alle quali li dedico.
Per alcune cose mi viene la palpitazione
quando le devo dare a chi me le ha commissionate. In ogni pezzo c'è la mia anima.
Quanto costa la creatività?
Le idee devono avere un valore ed il tempo
che si può impiegare non è sempre uguale
visto che non sono un robot che produce
in serie. Mi sono sottovalutata spesso.
Però mi ha fatto molto piacere che un artista quotato mi abbia chiesto un lavoro,
elogiandomi.
Qual è il tuo più grande sogno
nel cassetto?
Vorrei unire il mio attuale mestiere nel pub,
con ciò che riesco a creare. Mai sentito
parlare di locali d'autore? Arredare i caffè
o i wine-bar sarebbe il mio sogno attuale.
Cosa diresti ai ragazzi creativi brindisini
per invogliarli a farsi valorizzare?
L’evento “Talenti Compressi” è stato un
esempio (evento organizzato da Vetrine
Inedite per premiare i talenti del territorio,
Ndr): unire tutti i brindisini capaci di rappresentare le diverse forme d'arte. Non
dev'essere uno spunto nato da altri, ma
concretamente dagli stessi artisti. Dovremmo chiamare noi CicloStyle dicendo:
vi interessa? Il mio malcontento sfocia
nell'arte. Brindisi non ha molto da offrire e
tutti si lamentano anche se è bellissima.
Non è cattiveria, ma concreta costruttività
se dico che dobbiamo smuovere qualcosa
visto che, per la maggiorparte dei giovani,
qualsiasi altro posto può sembrare migliore.
numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 27
foto di: Ilaria Bramato
ra i mestieri più antichi e, al tempo
stesso, in continua evoluzione c’è sicuramente quello del militare. Vincenzo Dell’Atti è un ragazzo brindisino appena
20enne che ha scelto la difficile Accademia di Modena. Tra i dodicimila aspiranti,
lui è uno dei novanta fortunati. A raccontarci la sua scelta, suo padre Mimmo.
La seconda vita
dell’oggetto
usato
di vincenzo maggiore > [email protected]
di redazione > [email protected]
vetrine inedite
vetrine inedite
IL COLLEZIONISTA
DI
CARTE
nicola de giorgio e i segreti
della cartogiocofilia
LA CASA DEL
FUTURO ATTERRA
A BRINDISI
(in basso): alcuni degli articoli in
vendita;
(a dx in alto): i titolari di n&s
domotica
nicola de giorgio
Q
uando si parla di “collezioni” si è soliti valutarne l’importanza in base al
numero dei pezzi posseduti. Niente
di più sbagliato, perché esistono collezioni composte da poche rarità di altissimo
valore e collezioni ricche in quantità ma
povere in termini qualitativi. Questo vale
anche per le collezioni di carte da gioco,
come quella faticosamente costruita dal
brindisino Nicola De Giorgio.
Sì proprio carte da gioco. Perché accanto
a chi si cimenta nella collezioni di francobolli, di vinili, di monete, di vecchie schede
telefoniche e di farfalle (più o meno fantomatiche), esiste al mondo una schiera di
appassionati che hanno trovato nelle carte da gioco un grande motivo d’interesse.
La “cartogiocofilia” consiste proprio nel
collezionismo delle carte da gioco che non
vengono considerate solo uno strumento
per passare il tempo ma articoli che meritano di essere raccolti e conservati.
Dietro questi oggetti di uso comune, arrivati in Europa a metà del 1300, si nascondono secoli di storia e variegate modalità
di utilizzo che, da un’esigenza primaria di
natura essenzialmente ludica, si dipanano fino ai tarocchi e il gioco d’azzardo.
De Giorgio è ormai un esperto nel campo.
“Tutti i tipi di carte sono nati per il gioco”,
pag 28
| DICEMBRE 2010 | numero 8
spiega.
Nicola ha svolto numerose ricerche sulle
carte nelle diverse regioni italiane, con
particolare riferimento all’Italia meridionale nel periodo del Regno di Napoli.
“I tarocchi – spiega- rappresentano la naturale evoluzione del gioco delle carte,
come avviene nella “briscola”, in cui troviamo l’introduzione della “carta superiore
a tutte le altre”. La divinizzazione e la cartomanzia sono passi successivi”.
L’argomento meriterebbe un approfondimento sostanzioso, in grado di ricalcare
almeno a grandi linee un’analisi storica,
culturale, politica, antropologica e artistica a cui specialisti del settore hanno dedicato un numero infinito di libri e pubblicazioni.
Ma come nasce la voglia di collezionare
carte da gioco?
“In maniera del tutto fortuita e casuale,
perché all’inizio non rappresentavano altro che dei souvenir di paesi lontani in cui
sono stato. Poi si è accesa la miccia della
curiosità e ho incominciato a documentarmi”.
Il passo più difficile è sicuramente la ricerca delle
carte. “Trovare un mazzo
di carte antico completo
è una cosa difficilissima, ma altrettanto
difficile è classificare le carte, che possono essere in prima istanza suddivise in
standard e non standard.
L’appartenenza delle prime può essere riconosciuta a seconda della tipologia delle raffigurazioni (spade, bastoni, denari,
coppe per le italiane; quadri, cuori, fiori e
picche per le francesi)”.
Per non parlare delle numerose differenze
che si possono trovare poi tra le carte da
regione a regione.
Dedizione e tanta passione, d’altra parte,
sono sempre quelle che rendono unica la
collezione.
una parte della sua collezione
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U
na casa ultramoderna, da 'comandare' anche dall'ufficio o nella quale
entrare stando in vacanza nell'altro
capo del mondo. Oggi anche a Brindisi tutto questo è possibile grazie a due giovani
appena trentenni che ne hanno fatto un
mestiere. Alessandro e Fernando Scivales hanno aperto, infatti, il primo centro di
vendita e assistenza -unico in zona- dedicato alla domotica. Ma che cosa c'è dietro
questo termine ancora poco conosciuto?
"Un mondo estremamente tecnologico
che costruiamo su misura grazie a tutta la
professionalità acquisita attraverso corsi
di specializzazione ed anni di esperienza
sul campo”, spiegano.
S’inizia a parlare di domotica (dal greco
domos, casa e titemi, ordinare) a metà
degli anni '90, proprio per venire incontro
all'esigenza di semplificare la gestione
degli impianti, perfezionare i sistemi di
sicurezza e razionalizzare il consumo di
energia. In un solo concetto: migliorare
la qualità della vita. Nata per uso privato
ben si adatta alle varie esigenze del settore industriale. Permette di rendere parzialmente o totalmente autonome tutte le
apparecchiature di un ambiente, in particolare quelle dedicate all’elettrotecnica e
alla videosorveglianza.
Grazie ad un sistema di sensori, molto più
sicuro dei cavi a tensione elettrica, si può
fornire all'impianto illuminotecnico un sistema di autoapprendimento, in grado di
regolare automaticamente l'intensità della
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alessandro vecchio,
fernando scivales e domotica
luce diffusa in base alla presenza o meno
della luce naturale, riducendo al minimo lo
spreco di energia. Allo stesso modo, lontani da casa, vi si può simulare la presenza
(alzando e abbassando le tapparelle, accendendo e spegnendo le luci) attraverso
un comando remoto installato sul proprio
palmare. E poi è possibile decidere di riscaldare gli ambienti prima di rientrare.
Si tratta di un sistema di gestione remota che può essere applicato anche alla
video-sorveglianza. L'utente, infatti, può
visualizzare dal proprio telefono cellulare,
l'intero sistema di telecamere installato in
ogni area dell'abitazione o può verificare
l'effettiva intrusione di soggetti estranei,
in seguito ad un segnale d'allarme. Questo
software, inoltre, permette di trasmettere
su qualunque monitor presente in casa,
inclusi pc e televisori, controllando perciò
da una stanza quello che avviene nelle
altre. Un mondo estremamente all'avanguardia, un concetto nuovo di abitazione.
Non solo. Tutto ciò può essere anche
previsto per strutture molto più grandi e
complesse come quelle di un'azienda o di
grandi spazi pubblici.
“È il caso del sistema di telecamere attivato al Palazzetto dello Sport Elio Pentassuglia, in contrada Masseriola, a Brindisi,
che garantisce la videosorveglianza completa dell’edificio durante le manifestazioni sportive”, spiegano i due.
A breve, inoltre, Fasano assisterà alla
costruzione del primo condominio interamente domotico, simbolo di come la
domotica stia pian piano conquistando
l'attenzione di un maggior numero di cittadini.
numero 8
| DICEMBRE 2010 | pag 29
“Il costo di queste implementazioni- assicurano i due esperti- supera solo di 1/3
quello di un impianto tradizionale, progettazione e messa in funzione incluse”.
Risparmio energetico, sicurezza, automazione e molto altro. Per calcolare con
esattezza l'entità del risparmio energetico
che ne può derivare e avere altri approfondimenti, basta raggiungere
il negozio N&S DOMOTICA, in
viale Commenda 202,
Brindisi.
vetrine inedite
LABORATORIO VIRTUALE
DI POESIA E SCRITTURA
CREATIVA
art: VETRINE INEDITE +39.347.0466197
di redazione > [email protected]
una rubrica per liberare
il talento
notte stellata sul rodano di van gogh
È
nato il primo laboratorio virtuale di
poesia e scrittura creativa. Il contenitore non poteva non essere il
sito ufficiale del magazine (www.ciclostyle.it). Uno spazio virtuale di scrittura
in cui giocare con le parole, improvvisare,
esprimersi. Poesie, haiku, brevi pensieri
o prose, frammenti di emozioni, di risposte o domande. Proporremo suggestioni
visive (immagini, colori), auditive(brani
musicali), olfattive (profumi) e sensoriali.
Immergiti negli stimoli proposti e libera la
tua creatività. Per partecipare
è necessario compilare il form
proposto nel canale “Ne vale
la Penna” di Ciclostyle.it ed entrare così nella community per inviare gli
scritti suscitati da alcuni file (audio, video
e immagini) che la redazione vi proporrà.
Un modo per consentire ai brindisini di liberare la propria creatività e tutto il proprio
talento nel campo della poesia e della scrittura creativa. La rubrica è curata da Monica
Cucinelli ([email protected]).
La prima suggestione sarà visiva: "Notte
stellata sul Rodano" di Van Gogh. Il primo
lavoro, in questo caso una poesia, è stata
scritta proprio da Monica Cucinelli.
Quanto immersa
dentro il buio,
la profondità della luce.
Essa è lì.
Solo a tratti,
dimentichi
di meraviglia e
grandezza,
la ignoriamo,
dimentichi
non ci lasciamo
avvolgere,
da ciò che è già dentro di noi.
Ma basta solo un attimo,
uno spiraglio.
E in quell'aprirsi
ciò che desideriamo
ci attendeva già;
e ci precede,
venendoci incontro.
 Monica Cucinelli
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… al volo
Lucia
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| DICEMBRE 2010 | numero 8
Via De’ Gallo
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BRINDISI via Dè Gallo, 3 ƒ Tel. 0831.1982325 ƒ Lunedì chiuso
Orario continuato 8.30 - 18.00 ƒ Riceve su appuntamento
[email protected] ƒ skype: adhara.hairbeauty
in centro nei pressi
della Chiesa di Santa Lucia
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