BESTA_140307_CS_medicina_genere - Istituto Neurologico Carlo

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comunicato stampa
DONNE E UOMINI: DISPARITA’ ANCHE NELLA BUONA SALUTE
L’Istituto Neurologico Carlo Besta, la Direzione Generale Sanità della Regione Lombardia ed Éupolis
Lombardia dedicano un convegno alle disparità esistenti anche nella salute tra uomo e donna:
l’Italia è al 72° posto al mondo in una classifica dedicata, elaborata dal World Economic Forum.
Focus di questa edizione del convegno la Sclerosi Laterale Amiotrofica
Milano, 11 marzo 2014 – Le donne vivono di più degli uomini ma sono meno in salute: rispetto
a loro, infatti, soffrono di più di malattie della tiroide (+500%), di osteoporosi (+736%), cefalea ed
emicrania (123%), sclerosi multipla (+200%), solo per citare alcune patologie. Inoltre, nella fascia
di età 15-54 anni, consumano più farmaci degli uomini. Eppure, per ragioni economiche e
mediche, spesso le donne sono escluse dalle sperimentazioni cliniche con gravi conseguenze in
termini di effetti indesiderati o mancanza di efficacia.
Alla parità tra uomo e donna nella buona salute e nella cura l’Istituto Neurologico “Carlo Besta”, la
Direzione Generale Sanità di Regione Lombardia ed Éupolis Lombardia dedicano giovedì 13 marzo
2014, presso la sala Biagi della Regione Lombardia, un convegno dal titolo: “Tutta cuore e cervello
– la sclerosi laterale amiotrofica in un’ottica di genere”.
L’Istituto Neurologico Besta, tramite il Comitato Unico di Garanzia per le Pari Opportunità, la
valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni (CUG), dal 2009 promuove
azioni formative sulla medicina di genere, organizzando ogni anno un evento su una patologia
neurologica in cui vengono affrontati sia gli aspetti medico-scientifici che gli aspetti sociali. Dati il
grande rilievo e costo sociale della patologia, questa edizione dell’evento è focalizzata sulla Sclerosi
Laterale Amiotrofica (SLA), malattia che secondo dati di AISLA, la principale associazione italiana
dei malati di questa patologia, attualmente colpisce circa 5.000 persone nel nostro Paese.
Sottolinea Alberto Guglielmo, presidente dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta”: “Purtroppo,
secondo i dati del Global Gender Gap Report del World Economic Forum, l’Italia è al 72° posto al
mondo nella graduatoria della disuguaglianza tra uomo e donna per livello di salute e cure. Per
questa ragione il nostro Istituto si impegna da sei anni a tenere alta l’attenzione su questo tema
promuovendo questo evento. Quest’anno il focus è sulla SLA nella speranza che la ricerca su
questa malattia, nota da più di 150 anni ma di cui sappiamo ancora poco, proceda sempre tenendo
ben presenti le diverse caratteristiche ed esigenze di uomini e donne”.
I trials clinici
I farmaci sono sperimentati prevalentemente sugli uomini e per tale ragione non sempre sono
adatti alle donne. La scelta di non arruolare le donne è stata presa in passato per ragioni etiche,
per timore di una gravidanza durante la sperimentazione. Un caso eclatante sono stati gli oltre
12.000 bambini nati focomelici negli anni ’60 a causa del talidomide, un farmaco antiemetico usato
anche nelle donne in gravidanza. Vi sono però anche ragioni economiche, in quanto le donne non
sono una categoria omogenea in considerazione della variabilità ormonale che caratterizza la loro
vita e questa variabilità aumenta il numero dei campioni e prolunga la ricerca aumentando i suoi
costi. La mancanza di una sperimentazione clinica sufficientemente approfondita nelle donne porta
che il numero delle reazioni avverse ai farmaci nella fascia di età 35-44 anni è quasi doppio nel
genere femminile.
Alcuni casi di “dispari” sperimentazioni
Tra gli anni ’70-80, per proteggere la donna e il nascituro la Food and Drug Administration
americana ha escluso le donne dagli studi clinici di fase III, tra cui una sperimentazione sugli
effetti (Physicians‘ Health Study) dell'aspirina sulle malattie cardiovascolari in cui furono arruolati
22.071 uomini e nessuna donna (1989 N. Engl. J. Med. 321:129–135). Anche nel Multiple Risk
Factor Intervention Trial (MRFIT), condotto tra il 1973-1982 per valutare le correlazioni tra
pressione arteriosa, fumo, colesterolo e malattie coronariche, non fu coinvolta nessuna donna a
fronte di 12.866 uomini.
Nel Longitudinal Study sull’invecchiamento del National Institute on Aging di Baltimore (19581975) le donne erano escluse, nonostante le donne costituivano i 2/3 della popolazione con più di
65 anni. Infine il primo studio (1984) sul ruolo degli estrogeni come possibile trattamento nella
prevenzione delle malattie cardiache fu condotto esclusivamente su uomini con gravi conseguenze
in termini di tumori e femminilizzazione.
Le differenze tra uomo e donna
L’organismo maschile e quello femminile rispondono in maniera diversa ai farmaci a causa delle
diversità fisiologiche e anatomiche: le donne hanno un minore peso corporeo, una maggiore
massa grassa e in generale hanno più difficoltà nell’assorbimento gastrico dei farmaci. Spesso i
sintomi di una malattia possono essere diversi tra uomo e donna. Un esempio tipico è l’infarto del
miocardio che nella donna non si presenta quasi mai con il “classico” dolore toracico che i testi
medici riportano ma con disturbi simil-influenzali: astenia profonda, nausea, a volte vomito,
sudorazione profusa e un dolore più frequentemente dorsale, irradiato alle braccia e al collo. Ma
queste differenze non sono così note e quindi l’infarto nella donna non viene subito riconosciuto,
anche se uno studio condotto negli Stati Uniti ha dimostrato che tra il 1979 e il 2000 la mortalità
delle donne per patologie cardiovascolari ha superato quella degli uomini.
La SLA
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i
motoneuroni. La SLA ha una caratteristica che la rende particolarmente drammatica: pur
bloccando progressivamente tutti i muscoli, non toglie la capacità di pensare e la volontà di
rapportarsi agli altri. Negli ultimi anni la ricerca ha fatto enormi passi avanti, ma le cause della
malattia non sono ancora note. Attualmente sono circa 5.000 i malati di SLA in Italia e nel 10% dei
casi la causa sembra essere genetica. Mentre il numero di nuovi casi che si presentano in un anno
(incidenza) è costante, aumenta la prevalenza, cioè il numero di persone che convivono con
questa malattia. Questo aumento è sostanzialmente dovuto al miglioramento delle cure palliative,
al generale miglioramento delle condizioni di vita della persona malata e al cambiamento
etico/culturale nei confronti delle proprie scelte di vita.
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