Il quartiere di Villa Patrizi

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Paolo Cavallari
Il quartiere di Villa Patrizi
L’architettura residenziale borghese a Roma,
capitale dello stato liberale
ARACNE
1-2. Pianta e sezione archeologica (tratte da Rivista tecnica delle ferrovie italiane, anno 7°, volume 2°, Settembre 1918)
Università degli studi di Roma “La Sapienza” - Facoltà di Ingegneria
Dipartimento di Architettura e Urbanistica per l’Ingegneria
Paolo Cavallari
Il quartiere di Villa Patrizi
L'architettura residenziale borghese a Roma,
capitale dello stato liberale.
Roma 2005
RINGRAZIAMENTI
La presente pubblicazione è conseguenza di uno studio sistematico sul
quartiere di Villa Patrizi a Roma, finalizzato alla ricostruzione del quadro complessivo dei progetti, delle realizzazioni e delle correlazioni con le vicende
urbanistiche che hanno portato al suo completamento. Condotto nell'ambito di
un programma di ricerca universitaria e svolto insieme ai prof.ri Carlo Cecere
e Michele Rebora, esso è fondato essenzialmente sui materiali originali tratti
dall'Archivio Storico Capitolino del Comune di Roma, ai cui dirigenti e personale vanno i più sentiti ringraziamenti per la disponibilità dimostrata nel facilitare
le ricerche dei materiali in questione.
Il volume è stato pubblicato con il contributo dei fondi di ricerca
dell’Università di Roma “La Sapienza” .
ABBREVIAZIONI
A.C.S.
T. 54
I. E.
R. C.
Archivio Storico Capitolino
Fondo Titolo 54
Fondo Ispettorato Edilizio
Rubrica del Colonnello
prot.
protocollo
D. L.
Direttore dei Lavori
C. Ed
Commissione Edilizia
R. Sc. d'I. Regia Scuola d'Ingegneria
P.R.G.
Piano Regolatore Generale
Nota Bene: nelle didascalie l'indicazione v. 7/13 rimanda alla numerazione del
catalogo dei documenti dell'A.S.C. (Il primo numero è riferito ai comparti edilizi, il secondo agli edifici, così come indicato nella planimetria a pag. 100).
L’impaginazione è stata curata da Patrizia Scafati.
INDICE
Introduzione
9
Ville e villini
Ville e villini nel paesaggio dei nuovi quartieri
13
La tradizione del Classicismo rinascimentale
16
Un significativo interprete del Classicismo: Pio Piacentini
22
Alcune esperienze tra Illuminismo e Romanticismo
25
La ricerca del rinnovamento: le correnti neomedievali
30
Villini, conventi, chiese: le architetture di Carlo Busiri Vici
nel quartiere di Villa Patrizi
38
Una nuova estetica per il nuovo secolo: il Liberty
42
La breve stagione del Simbolismo floreale
48
Il sincretismo dei linguaggi tra modernità e tradizione
51
Eclettismi regionali e influssi esotici
54
L'Eclettismo tra sincerità costruttiva e decorazione
61
Il Decò geometrico
68
Ritorno al Barocco tra nuova aulicità e architettura minore
73
Dal Barocchetto al mito della romanità
76
Dal villino alla palazzina
79
Conclusioni
97
Appendice: Documenti dell'A. S. C. relativi ad interventi edilizi
nel quartiere di Villa Patrizi (1885-1929)
100
Note
109
Bibliografia
116
7
INTRODUZIONE
Alla fine dell'ottocento l'architettura italiana elabora una "conce-
3. Casino di Villa Patrizi.
zione della storia a due dimensioni, come repertorio di esperienze
intercambiabili.... Un passato riducibile a presente....attraverso i procedimenti della contaminazione e della copia" 1. Si sviluppa in tal modo
un atteggiamento in cui ingegneri e architetti, svolgendo operazioni di
riuso e contaminazione del patrimonio linguistico e formale che la storia mette loro a disposizione, si fanno interpreti del ruolo che la borghesia svolge a Roma, nel particolare periodo in cui questa diventa la
nuova capitale dello stato liberale.
Nei fatti la struttura amministrativa del nuovo stato liberale s'innesta
in una città fortemente condizionata, che si presenta come un organismo da sempre cresciuto su se stesso, per successive fasi d'insediamento riconoscibili nella loro stratificazione: alla necessità di una crescita per la sua trasformazione in capitale fanno tuttavia da contrappeso le profonde inerzie rappresentate dai materiali, anche archeologici,
che la caratterizzano, e che ancora nell'ottocento la pongono sotto gli
occhi della cultura internazionale come una delle mete più significative
e pittoresche del gran tour2. La dimensione spaziale preesistente,
vista come un dato naturale con cui bisogna fare i conti, e sul quale
occorre fondare i presupposti del suo futuro rispetto ai possibili fattori
di trasformazione e di rinnovamento, sembra quindi presentare insormontabili difficoltà per dare forma ad una nuova realtà in grado di rappresentare le istituzioni e i ceti sociali ora al potere.
Sarà tuttavia quest'inerzia a determinare quel confronto tra vecchio
e nuovo che in un processo di lenta ma continua trasformazione rappresenterà il carattere originale della nuova architettura romana, in cui
9
4-5. Villa Patrizi: foto del prospetto del Casino;
foto dell’ingresso alla villa da via Nomentana.
10
i fenomeni di radicale innovazione e di trasformazione rivoluzionaria,
presenti in altre capitali europee, sono totalmente assenti. Il rinnovamento non è peraltro rifiutato; esso si presenta tuttavia con caratteri di
continuità con il passato, in un processo evolutivo privo di sostanziali
conflitti, d'immersione nella storia, in cui "gli architetti romani e quanti
si sono confrontati con l'ambiente della città hanno optato per un tradizionalismo illuminato che, tutt'altro che conservatore, considera la tradizione come strumento dinamico per disegnare il futuro"3.
La legge che trasferisce la capitale d'Italia a Roma è del 1871. Nel
successivo decennio è impostato quel carattere radiocentrico della
struttura urbana che, recepito dal P.R.G. del 1883 4, corrisponde alla
visione centralizzata del potere economico e politico del nuovo stato
liberale. Con una convulsa e intensa attività edilizia il suo apparato
amministrativo realizza grandi opere infrastrutturali, edifici per i ministeri e servizi pubblici; al contempo banche private, società e gruppi finanziari, nei cui consigli d'amministrazione siedono aristocratici, principi
romani e grandi burocrati dello stato, gestiscono la speculazione privata, fondiaria e edilizia: attraverso lo strumento della convenzione, il
volto della nuova capitale è così realizzato a partire da scelte economiche e speculative piuttosto che culturali.
In questo processo il compito del progettista, chiamato inizialmente
a dare aulicità e valore estetico agli edifici delle istituzioni, è limitato in
linea di principio all'applicazione di regole formali manualistiche ed
accademiche5. La costruzione dei nuovi tessuti edilizi, vista come dato
funzionale ai processi economici di speculazione fondiaria, limita il progetto a fattore puramente tecnico in cui i riferimenti alle forme lessicali
della storia sono applicati in maniera indifferenziata e acritica, indipendentemente dalla specifica realtà edilizia che li contiene, senza la consapevolezza di quella nuova dimensione moderna che altre capitali
europee stanno assumendo.
Con atteggiamento pragmatico il mondo professionale che opera
nel campo residenziale perviene, pur con esiti articolati, ad una sostanziale omogeneità di risultati; ciò è facilitato anche dall'uso di un'unica
tipologia consolidata, l'edificio a corte, di volta in volta adattato alle
maglie ortogonali e alle particolari situazioni determinate da direttrici
polari, diagonali, piazze stellari, ed altre anomalie che alterano la regolarità geometrica e strutturale del disegno della città6. L'obiettivo persegue una continuità morfologica non solo dei nuovi quartieri tra loro,
ma soprattutto tra questi e i rioni preesistenti; peraltro anche il centro
storico, assoggettato ad opere di sventramento che ne modificano l'originaria struttura organica, subisce un aggiornamento che è anche stilistico, ma soprattutto ideologico e strutturale7.
La ripetizione ossessiva della tipologia a corte e la sostanziale continuità dei fronti stradali, insieme rappresentano dunque gli strumenti
operativi in grado di rendere omogeneo il carattere dello spazio nella
città borghese, riassorbendo le differenze relative prodotte dall'uso di
molteplici stili; questi, piuttosto che promuovere nuovi processi operativi, sono applicati con pratica manualistica e scarsa originalità8, e
attraverso la trasformazione di linguaggi, di volta in volta riferiti a differenti testimonianze della storia, rendono accettabili all'ambiente sociale romano canoni e operazioni d'insediamento che poco o nulla hanno
a che fare con la tradizione spaziale della sua città9. Tale condizione
tuttavia comportata un limite profondo, laddove "l'ansia d'originalità e di
esibizione dei committenti"10 produce una continua necessità d'aggiornamento degli esiti e consuma in maniera veloce i vocabolari disponibili; con il risultato di rendere obsolete, all'istante, le soluzioni di volta in
volta elaborate, nella ricerca di nuove estetiche in grado di esprimere
(non solo simbolicamente) il supposto rinnovamento della società.
In questo processo teso a conferire decoro e individualità ai singoli
manufatti, destinati ad un ceto impiegatizio e burocratico, per lo più in
affitto, che aspira a far parte del mondo borghese, l'atteggiamento
comune guarda al passato piuttosto che al futuro; ma questo, per
quanto ricco, risulta limitato e non sempre idoneo negli esiti per conferire alle residenze intensive dei nuovi quartieri quel decoro borghese
che vuole farli assomigliare a palazzi signorili.
6. Roma piano regolatore del 1883: lettura del
piano in relazione alle preesistenze ed al territorio. Immagine tratta da Valter Vannelli,
Economia dell’architettura in Roma liberale,
Edizioni Kappa, Roma, 1999.
11
12
VILLE
E
VILLINI
Ville e villini nel paesaggio dei nuovi quartieri della città
All'interno dei densi e compatti tessuti d'espansione i ceti della
7. Villa Patrizi: planimetria storica del 1835.
8. Villa Patrizi: planimetria storica del 1880.
nobiltà e dell'alta borghesia, più ricchi nelle disponibilità economiche, si
ritagliano inizialmente isole di limitate dimensioni in cui realizzare edifici, le cosiddette ville urbane, che arretrandosi rispetto alla continuità
dei fronti stradali, cercano un impossibile isolamento che rifugge dal
confronto con lo spazio pubblico.
Il modello generalmente utilizzato, un blocco di proporzioni cubiche
a pianta perlopiù quadrata, è chiaramente uno di quelli insegnati nelle
scuole, siano esse le Accademie delle Belle Arti, le Regie Scuole
d'Ingegneria o altre, e ampiamente diffusi dai manuali in voga11. La
sua organizzazione fa riferimento al tipo del palazzo e ad un lessico linguistico che s'ispira al periodo rinascimentale, nelle sue molteplici articolazioni sintattiche e formali. Gli ambienti interni sono, di regola,
disposti su due assi ortogonali, secondo una disposizione a griglia in
cui lo spazio centrale assume maggiore importanza, essendo spesso a
doppia altezza; collegato in genere alla scala principale esso raccorda,
anche spazialmente, l'atrio d'ingresso al livello superiore e riceve la
luce dall'alto tramite un lucernario vetrato. Facciate che tendono ad
una simmetria centrale sono ritmate dalla scansione regolare delle
finestre e restano spesso indifferenti sia al rapporto con gli spazi esterni, sia alla disposizione di quelli interni. Nelle molteplici soluzioni prodotte si può verificare come poche siano le differenze strutturali all'interno dell'organismo edilizio; la più frequente riguarda la posizione
delle scale, principale e di servizio, e la loro relazione con gli spazi di
rappresentanza. Di norma la pianta è tripartita, con locali disposti su tre
13
9. Quartiere di Villa Patrizi: planimetria al 1887.
10. Quartiere di Villa Patrizi: planimetria del
quartiere Villa Patrizi al 1905. Il disegno è allegato al progetto del Villino Schiffi. (A.S.C. v.
6/10).
14
o quattro livelli: il primo, seminterrato, contiene i servizi, quello rialzato
gli spazi di ricevimento e rappresentanza, il successivo le camere
padronali, l'ultimo gli appartamenti
della servitù. Poiché la scala principale supera di norma un solo piano,
una seconda di servizio, in posizione
più decentrata, attraversa l'intero
edificio senza interferire con gli
ambienti di rappresentanza.
Questo tipo residenziale si
mostra così nel panorama costruito
in quanto "oggetto avulso da ogni
riferimento di scala, godibile astrattamente come un modello e non più
nella sua realtà dimensionale" 12. E'
proprio questa condizione che consente di mettere a disposizione la
casa unifamiliare con giardino, inizialmente destinata ad una classe
signorile, ai nuovi ceti della media borghesia, legati all'imprenditoria,
alla politica, alla finanza, all'alta burocrazia dei funzionari ministeriali,
ed anche al mondo dell'arte. Con un processo di progressiva riduzione
delle sue dimensioni la villa signorile, svincolata da ogni rapporto scalare con il tessuto circostante, diventa il "villino comune", che definisce
le dimensioni e il proprio decoro di volta in volta in relazione alle esigenze e disponibilità economiche del committente, e la cui costruzione
fa riferimento a imprese di taglio medio-piccolo. In tale processo accade anche che l'edificio si organizzi in una struttura bifamiliare, che consente al proprietario di affittare il secondo alloggio; inizia così quello
sviluppo che nei primi decenni del
'900, adattandosi a nuove condizioni
economiche e sociali, porterà alla
successiva trasformazione del villino
nella palazzina13.
La febbrile attività degli anni '70 si
svolge tuttavia a Roma con insufficienti strumenti di pianificazione, in
una sostanziale commistione in cui
gli interessi speculativi privati s'intrecciano con le ragioni del governo
pubblico della città, trovando proprio
in questa una legittimazione istituzionale14. E' un processo costruttivo
molto intenso che si attua a fronte di
una crescita demografica non adeguata ai programmi, e ciò porterà
11. Quartiere di Villa Patrizi: planimetria ad oggi.
alla nota crisi della metà degli anni ottanta. E' in tale contesto che viene
lottizzata l'area della Villa Patrizi15, primo quartiere di espansione
destinato ad un unico specifico tipo edilizio, il villino unifamiliare con
giardino, da offrire a un'utenza borghese di reddito medio alto, anche
in previsione di un mercato delle costruzioni che si avvia ad una grave
depressione.
La crisi edilizia anzidetta ritarderà all'inizio i tempi di un'attuazione
che durerà per quattro decenni; in quest'arco di tempo la libertà dell'impianto urbano, la variabilità dei tracciati stradali, l'altimetria ondulata del
terreno, l'indipendenza delle costruzioni da qualsiasi allineamento, la
piccola scala dei manufatti, sono tutte condizioni che rendono possibile sperimentare i linguaggi ritenuti al momento più consoni e seguire,
lentamente ma con puntualità, lo sviluppo delle mode e dei dibattiti culturali. Senza rompere i legami con i tradizionali modelli storici, gli architetti possono rielaborare in maniera eclettica i riferimenti formali che il
patrimonio degli stili del passato mette loro a disposizione, ricomporli
alla ricerca di una nuova estetica, nazionale e moderna, tradizionale ed
innovativa al contempo, che a Roma diviene re-interpretazione della
storia della città16.
Seguire la realizzazione del quartiere di Villa Patrizi nelle sue fasi
consente da un lato di conoscere l'evoluzione dei caratteri estetici dell'architettura romana17, dall'altro di registrare lo sviluppo del tipo edilizio nel suo adattamento al mutare delle esigenze nel tempo; un percorso che lo porterà a strutturarsi in un nuovo tipo di costruzione plurifamiliare, la palazzina, che diventerà dominante nelle successive espansioni della città. E in tale processo, come spesso accade, sarà il sistema delle regole normative a seguire la realtà dei processi in atto nella
città, piuttosto che il contrario.
15
La tradizione del Classicismo rinascimentale
L
a realizzazione del quartiere di Villa Patrizi può farsi iniziare con
il villino Durante, uno dei primi ad essere costruito nel 1889, appena
un anno dopo la firma della convenzione.
Nei pressi del Policlinico, di cui il Durante era direttore, G. Podesti18
costruisce un edificio che si presenta come una compatta massa volumetrica di due piani dal quale emergono anteriormente un avancorpo
preceduto da un elegante portico, sul retro un secondo blocco di
dimensioni più ridotte.
Le piante sono composte nei modi di una tradizione post-palladiana. Brevi rampe curvilinee conducono al portico trabeato in cui quattro
colonne di marmo rosa, di ordine tuscanico, inquadrano nicchie contenenti statue. Un atrio rettangolare con volta a botte a cassettoni, contenuto lateralmente da due ambienti quadrati, immette nella sequenza
12. Villino Durante: prospettiva della Villa a
firma di Giulio Podesti “all’amico Francesco
Durante” (tratto da AA.VV., Villa Durante,
Edup, Firenze, 2003).
13. Giulio Podesti, villino Durante: sezione
verticale sull’asse dell’edificio. (A.S.C. v. 2/13).
16
degli spazi collocati lungo l'asse dell'edificio: si attraversano così in
successione un vano trasversale, anch'esso voltato, il vestibolo quadrato e lo scalone a tre rampe, questi ultimi entrambi a doppia altezza,
arrivando infine al corpo posteriore trasversale. Centro spaziale dell'organismo è il vestibolo a doppia altezza, costruito secondo il modello
cosiddetto prussiano. Al di sopra di un primo livello, con pareti caratterizzate da un'alternanza di arcate su colonne e nicchie con statue
inquadrate da lesene, il tutto misurato dal rapporto tra ordini maggioreminore, un ballatoio distribuisce gli ambienti perimetrali, consentendo
anche l'uscita sul terrazzo posteriore. Sia il vestibolo, sia lo scalone
sono coperti da volte a schifo, di differenti dimensioni e altezza, tagliate ognuna da un lucernario a struttura metallica.
Gli spazi interni sono trattati con molta ricchezza nelle volte a catino e a botte (affrescate dal pittore G. Sciuti), nei cassettoni, negli stucchi, nelle cornici che strutturano le superfici, nelle nicchie che scavano
le murature e in cui s'inseriscono statue, in un linguaggio improntato al
classicismo e disegnato con una precisione degna dei rilievi di
Letarouilly19.
Come nella pianta, assiale e tripartita, anche l'esterno presenta un
preciso sistema di regole formali canoniche, in cui la sovrapposizione
degli ordini stilistici, impostati secondo un logico controllo, è misurata
dalla precisa ripetizione di elementi seriali. I fronti, scanditi con simmetrica regolarità, sono contenuti da netti cantonali e divisi da evidenti
cornici; tutte le superfici sono inoltre bugnate con un'evidenza che
scala con l'altezza, a caratterizzare una massa articolata nei particolari decorativi fin nei minimi dettagli: nelle finestre superiori a edicola, in
quelle inferiori centinate a raggiera, nelle cornici, nei parapetti traforati, nei dettagli delle colonne e delle inferriate.
Il risultato, pur elgante e raffinato, appare comunque freddo e
astratto poiché il villino, anche per la sua disposizione, non sembra
partecipare dello spazio circostante.
Nella parte posteriore del lotto Podesti progetta una seconda piccola
14-15. Giulio Podesti, villino Durante: foto
dello stato attuale; prospetto del fronte anteriore. (A.S.C. v. 2/13).
16. Giulio Podesti, villino Durante: prospetto
su via delle Mura con annesso il corpo delle
scuderie. (A.S.C. v. 2/13).
17
17-18. Giulio Podesti, villino Durante: pianta
del piano rialzato; pianta del piano superiore.
(A.S.C. v. 2/13).
costruzione di servizio, destinata a rimessa per carrozze e scuderia.
Nell'unica immagine documentaria allegata al progetto si percepisce un
minore rigore, a partire da una soluzione planimetrica che non è riconducibile a modelli precostituiti per le condizioni della sua particolare
collocazione; alla libertà distributiva degli spazi corrisponde un certo
gusto pittorico nelle decorazioni, in cui figure zoomorfe denunciano la
particolare destinazione del manufatto, che mette in evidenza la difficoltà di un'elaborazione non guidata dal rassicurante riferimento alle
regole tradizionali.
19. Giulio Podesti, villino Durante: foto dello
stato attuale del fronte anteriore.
20. Luigi Rolland, villino Santini: foto dello
stato attuale.
18
Una seconda, significativa, applicazione del modello planimetrico a
pianta quadrata si ritrova nel villino Santini, costruito da L. Rolland 20
nel 1896. L'edificio, che si affaccia lateralmente verso la strada, si
volge al giardino con un portico colonnato, ad emiciclo, sormontato da
una balconata a balaustra; un vestibolo decorato introduce nel vano
centrale, spazio a doppia altezza coperto da un lucernario vetrato che
contiene lo scalone di rappresentanza, cuore dell'organismo intorno a
cui si dispone l'appartamento padronale; una seconda scala porta al
piano attico, di servizio.
Nei fronti più rappresentativi l'edificio presenta una classica plastica
rinascimentale, secondo una consueta struttura tripartita in cui al centro si trovano ampie vetrate in parte centinate, anch'esse tripartite dall'ordine architettonico.
21-22. Luigi Rolland, villino Santini: pianta del
piano terra; pianta del primo piano. (A.S.C.
v.1/14).
23-24. Luigi Rolland, villino Santini: prospetto
su via dei Villini; sezione verticale sull’asse
dell’edificio. (A.S.C. v. 1/14).
Ancor prima del più noto villino Rudinì, realizzato nel 1903 da E.
Basile21 nel quartiere Ludovisi, il Rolland dà nella circostanza una calibrata applicazione d'abitazione signorile, (il Santini era deputato al
Parlamento), in cui dimostra sicure capacità progettuali nel risolverne
la dimensione bloccata e ricondurne la stereometria alle proporzioni
ideali del palazzo rinascimentale.
Il Rolland costruisce nello stesso quartiere anche villini di più ridotte dimensioni, quali quelli Tomeucci (1904) e Michel (1920), in cui perpetua il modello tipologico di riferimento senza tuttavia svilupparne la
spazialità interna, in mancanza del caratteristico atrio centrale a tutt'altezza. Tali minute architetture, compiute e di sicuro pregio, sono caratterizzate da accentuato chiaroscuro e rilevanza plastica nella disposizione delle membrature decorative, a testimonianza di quelle capacità
che il Rolland mostra nei progetti per edifici pubblici di maggiore importanza, costruiti a Roma. Esempi d'abitazione signorile, essi dimostrano
come ancora dopo la guerra mondiale il classicismo rinascimentale
aulico, ora virato verso caratteri barocchi, sia riferimento idoneo a rappresentare il ceto borghese che lo abita, raggiungendo esiti d'ordinato
decoro, nel solco di una tradizione dominata con padronanza e coerenza.
La mancanza di precisi allineamenti e di evidenti vincoli morfologici
nella struttura del quartiere inducono talvolta, in conseguenza di particolari situazioni planimetriche, a variare parzialmente il modello di riferimento, non tanto nello schema tipologico, che resta quello d'impianto
25-26. Luigi Rolland, villino Tomeucci: pianta
del piano rialzato; prospetto su fronte strada.
(A.S.C. v. 8/2).
19
27-28. Luigi Rolland, villino Michel: prospetto
su via Como; pianta del piano rialzato. (A.S.C.
v. 16/10).
quadrato tripartito, quanto piuttosto nella distribuzione dei singoli
ambienti, con particolare attenzione alla posizione dell'ingresso e delle
scale, e al ruolo da queste giocato nella disposizione degli spazi interni. Esternamente si gioca soprattutto sull'importanza del rapporto con
la strada e sul rilievo assunto dall'ingresso, sottolineato di volta in volta
dalla presenza di pensiline vetrate, di pronai porticati o di rampe a gradoni; la realizzazione di balconi, verande e bow-window che sporgono
dai volumi, lo scavo di logge e la collocazione di altane in copertura,
sono ulteriori operazioni che variano le soluzioni, senza alterarne l'impostazione generale. All'interpretazione di tutti questi elementi è quindi
affidata la capacità di conferire individualità e originalità ad un edificio,
che in genere è impostato su schemi scontati.
Nel villino della contessa De Asarta (1904/05) l'ing. G. Villa22 realizza per una committenza di prestigio un edificio ancora a pianta quadrata. Cantonali bugnati marcano angolarità, campiture, scatti volumetrici con cui si sottolineano le simmetrie e si annullando le asimmetrie,
arrivando a rompere così la staticità della stereometria, articolata peraltro sia in copertura per l'arretramento del piano attico, sia verso il giar-
29. Giuseppe Villa, villino De Asarta: foto dello
stato attuale.
20
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