le acque continentali - e

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Loredana DEL FABBRO ITC “A.ZANON” – UDINE
LEZIONI DI SCIENZE DELLA TERRA
L’IDROSFERA – LE ACQUE CONTINENTALI
Abbiamo visto che solo il 3% dell’acqua presente sulla Terra è acqua dolce.
La maggior parte delle acque dolci del pianeta è conservata nei grandi ghiacciai delle regioni polari e in
grandi serbatoi in profondità nel sottosuolo. Pertanto le falde acquifere sotterranee e i ghiacciai sono i
grandi serbatoi di acqua dolce indispensabili per mantenere l’equilibrio della circolazione di acqua che
avviene continuamente sulla Terra ovvero il ciclo idrologico.
Meno di un quarto di tutta l’acqua del nostro pianeta, cioè solo lo 0,7% è direttamente utilizzabile: ecco
perché l’acqua è un bene così prezioso.
1 – LE ACQUE SUPERFICIALI
La quantità d’acqua che scorre sulla superficie dei continenti dipende da alcune importanti fasi del ciclo
dell’acqua. Il transito delle acque all’interno del ciclo è messo in moto dall’azione di due fenomeni che
agiscono in maniera opposta: l’evapotraspirazione e le precipitazioni.
l’evapotraspirazione è il processo che comprende sia l’evaporazione, il passaggio dell’acqua dallo
stato liquido a quello di vapore che interessa tutte le acque, sia continentali che oceaniche, sia la
traspirazione dei vegetali: pertanto l’evapotraspirazione è un fenomeno che sottrae acqua dalla
superficie dei continenti quindi rappresenta l’”uscita” del bilancio idrico;
le precipitazioni meteoriche rappresentano invece le “entrate” del bilancio idrico, perché piogge e nevi
riforniscono il sistema di acque dolci superficiali.
Quando la quantità di acque meteoriche supera la quantità d’acqua evaporata, l’acqua che non viene
trattenuta dai vegetali rimane sulla superficie terrestre e scorre su di essa, dando origine al fenomeno del
ruscellamento. In questo modo l’acqua può defluire verso i corsi d’acqua e i laghi, costituendo quello che
viene chiamato deflusso superficiale, oppure infiltrarsi nel sottosuolo fino a raggiungere le falde acquifere.
Il bilancio idrologico, ovvero il conteggio fra le entrate e le uscite di acqua rispetto alla superficie terrestre è
dato da:
P=E+I+D
dove:
P = precipitazioni
E = evapotraspirazione
I = infiltrazione (acqua
assorbita dal terreno)
D = deflusso superficiale
(acqua che scorre sulla
superficie terrestre)
Fig. 10 – Il bilancio idrologico – I numeri indicano le migliaia di km3 d’acqua
scambiati tra terre emerse , atmosfera ed idrosfera
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2 – I FIUMI
Le acque delle precipitazioni meteoriche che cadono sui continenti scorrono liberamente sulla superficie
terrestre: esse vengono chiamate “acque selvagge” in quanto sono esse stesse, con la loro azione erosiva,
a scavare nelle rocce i solchi e i canali entro cui scorrono. E’ da questi rivoli che ha inizio la vita dei fiumi
Un fiume è un corso d’acqua
perennemente alimentato dalle
precipitazioni, dalle sorgenti o dallo
scioglimento delle nevi.
Si distingue dagli altri corsi d’acqua
superficiali per la presenza in esso di
acqua durante tutto il corso dell’anno.
I fiumi possono essere:
a regime pluviale, cioè riforniti
dalle piogge e dalle precipitazioni
nevose;
a regime nivale-glaciale, quando
le loro acque hanno origine dallo
scioglimento delle nevi d’alta
quota e dai ghiacciai.
Un fiume e tutti i suoi affluenti, dal più
grande ai minuscoli rivoli che
scorrono sulle rocce, formano un
reticolo idrografico.
Il bacino idrografico di un fiume
Fig. 10 – Bacino idrografico ed idrogeologico e linea
comprende il territorio in cui scorrono
spartiacque
–Il bacino idrografico è determinato dagli
gli affluenti del fiume e da cui
spartiacque
superficiali,
quello
idrogeologico
dagli
provengono tutte le acque che lo
spartiacque sotterranei
alimentano.
Il bacino idrografico è delimitato dallo spartiacque, una linea immaginaria formata dalle creste e dalle cime
dei monti che separano due bacini adiacenti. La linea spartiacque costringe le acque meteoriche a scorrere
verso un bacino o verso l’altro.
Sotto forma di torrenti, rivoli d’acqua o cascate le acque di un bacino idrografico si muovono per azione della
forza di gravità verso il fondovalle, dove scorre il corso d’acqua principale, il cui letto viene chiamato alveo o
impluvio.
Gli elementi più importanti che caratterizzano un fiume sono:
• la lunghezza: distanza fra la sorgente e la foce;
•
la larghezza: distanza fra le due rive, si misura in metri ed è proporzionale al volume d’acqua che vi
scorre;
•
la profondità: distanza fra la superficie d’acqua e l’alveo: giunge al massimo ad alcune decine di
metri;
•
la pendenza: rapporto tra il dislivello di sorgente e foce e la lunghezza del corso d’acqua;
•
la velocità: distanza percorsa dal corso d’acqua nell’unità di tempo;
•
la portata: volume d’acqua che passa nell’unità di tempo, attraverso una sezione trasversale del
corso d’acqua: si misura in m3/s e varia da un punto all’altro del fiume; nell’arco di un anno la portata
massima viene detta di piena mentre la portata minima viene detta di magra;
•
il regime: è dato dalle variazioni di portata durante l’anno e può essere costante o torrentizio; è
costante quando fra portata massima e minima non si hanno variazioni rilevanti, mentre è torrentizio
quando il flusso è irregolare, con piene e magre che si alternano.
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Fig. 11 – Elementi di un fiume e sua velocità
tutti i corsi d’acqua terminano con una foce, che è il punto in cui sboccano nel mare o in un lago o in un altro
corso d’acqua. La foce può essere:
•
•
a delta quando è formata dalla suddivisione del corso d’acqua in tanti rami che si allontanano
tra di loro, occupando un’area abbastanza ampia a forma di ventaglio;
ad estuario quando ha una forma ad imbuto molto profondo e si forma in corrispondenza mari
od oceani, con maree di notevole ampiezza.
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2.1 – L’AZIONE DEI FIUMI: IL PAESAGGIO FLUVIALE
L’acqua corrente è il più efficace agente erosivo naturale del nostro pianeta. Scorrendo verso valle, l’acqua
erode il suolo e i materiali rocciosi e trasporta via i sedimenti. Le acque correnti modificano l’aspetto del
territorio su cui scorrono attraverso tre processi:
•
•
•
EROSIONE
TRASPORTO
DEPOSIZIONE del materiale lungo l’alveo del fiume e nell’area immediatamente circostante il
percorso del fiume
A. EROSIONE
dipende da
velocità del fiume
tipo di roccia o suolo su cui scorre
L’energia di cui è dotato un corso d’acqua fa sì che al superficie su cui esso scorre venga intaccata a poco a
poco; in questo caso si parla di erosione fluviale in senso stretto, perché l’acqua opera lentamente, dal
fondo o dalle sponde, un prelievo di materiale che si mescola all’acqua stessa.
Nell’alto corso del fiume l’energia cinetica è elevata. L’acqua opera un prelevamento del materiale che
forma l’alveo modificando la forma dell’alveo stesso. il fiume erode il letto e le sponde: si forma una valle con
profilo trasversale a V.
L’abrasione fluviale è invece l’azione meccanica di logorio operata da piccoli massi o ciottoli trascinati dalla
corrente che nel loro percorso urtano e sgretolano i fianchi e il fondo del letto del fiume. Se l’energia delle
acque è molto elevata, i ciottoli rotolano vorticosamente scolpendo e scanalando la roccia fino a formare
profonde cavità chiamate marmitte.
Si chiama invece degradazione fluviale l’insieme dei processi chimico-fisici determinati dal passaggio
dell’acqua del fiume (gelivazione, idrolisi, dissoluzione, ecc.) e dei fenomeni franosi che avvengono sulle
sponde dei fiumi. Nella parte più alta del loro corso i fiumi possono scavavate rapidamente il loro letto
formando le cascate.
Fig. 13 – Le caratteristiche del corso di un fiume
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Fig. 14 – Valle fluviale in cui si nota
il tipico profilo trasversale a V.
Fig. 15 – L’immagine A rappresenta una marmitta gigante; l’immagine B
rappresenta la cascata del fiume Iguaçu al confine tra Argentina e Brasile.
B. IL TRASPORTO dipende
dall’energia cinetica della corrente: tanto maggiore sarà la sua energia
tanto maggiore sarà la forza con cui la corrente sposta il materiale asportato. tutto ciò che il fiume muove e
trasporta viene chiamato carico. In base al modo in cui vengono trasportati, i materiali che costituiscono il
carico di un fiume vengono distinti in:
•
•
•
sostanze disciolte nell’acqua e che quindi vengono trasportate in soluzione
•
materiali grossolani o frammenti di roccia che costituiscono il carico di fondo e che vengono
trasportai per rotolamento, per strisciamento , per saltazione
materiali fini che si trovano in sospensione (limo e argilla)
materiali di galleggiamento (che hanno quindi densità inferiore all’acqua) come resti vegetali o
pomici (rocce che presentano al loro interno molte cavità piene di aria e quindi hanno bassa
densità)
Fig. 16 – Trasporto di una corrente fluviale
C. DEPOSIZIONE o SEDIMENTAZIONE
Si verifica quando la velocità della corrente
diminuisce e non è più in grado di trasportare
tutto il suo carico.
Questi grossi accumuli di
materiale si depositano a valle
formando
depositi alluvionali
Alcune forme tipiche di deposizione fluviale sono:
•
•
•
le pianure alluvionali che si originano con pendenze ridottissime: in esse il fiume rallenta la sua
corsa formando meandri (ovvero delle curve)
i conoidi di deiezione che si formano in corrispondenza di bruschi cambiamenti di pendenza, in
genere quando il fiume arriva nella valle principale
i delta che si formano dove le correnti marine sono troppo deboli per disperdere i depositi e gli
estuari che si formano quando l’azione erosiva del mare prevale sulla sedimentazione fluviale e
la foce assume la tipica forma ad imbuto.
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3 – I LAGHI
I laghi sono masse d’acqua che apparentemente non scorrono e non sono in diretta comunicazione con il
mare,accumulate in depressioni di dimensioni molto variabili.
Normalmente l’acqua dei laghi è dolce, ma nelle zone aride caratterizzate da una elevata evaporazione, la
salinità può essere elevata: il Mar Morto ha una salinità che raggiunge i 275 g/L !
I laghi sono generalmente alimentati da un fiume detto immissario, mentre viene detto emissario il fiume
che allontana le sue acque dal lago stesso: per esempio il Ticino è l’immissario del Lago Maggiore.
Vi sono due tipi di laghi: quelli aperti, con un fiume che esce, quindi con un emissario, e quelli chiusi
mancanti di emissari (Mar Caspio) o di immissari (lago di Bolsena) o di entrambi (lago di Albano).
3.1 – TIPI DI LAGHI
LAGHI RELITTI –Come Come il Mar Caspio e il Mar d’Aral. Hanno grandi dimensioni e acque salate
perché hanno grandi bacini rimasti isolati a causa di fenomeni geologici.
LAGHI TETTONICI – Come il Tanganica, il Rodolfo e il Kiwu nell’Africa orientale. Sono molto
profondi perché si sono formati in depressioni provocate da movimenti delal crosta terrestre.
LAGHI CRATERICI – Come quelli di Albano e di Nemi nel Lazio; occupano i crateri di antichi vulcani
spenti.
LAGHI CARSICI - Si trovano nelle doline, che sono cavità scavate dall’azione solvente delle piogge
nelle zone carsiche, dove le rocce prevalentemente carbonatiche diventano argillose
impermeabilizzando il fondo.
LAGHI GLACIALI – Sono laghetti alpini di dimensioni modeste, e quelli subalpini di dimensioni e
profondità maggiori. Hanno avuto origine nelle conche scavate dai ghiacciai o dalle lingue glaciali in
epoche geologiche recenti (Quaternario). Si dividono in laghi di circolo, come il Lago di Misurine
nella nostra regione, e laghi vallivi, come quelli il lago di Garda, il lago Maggiore, il lago di como e
d’Iseo.
LAGHI DI SBARRAMENTO – si formano in una valle che per cause naturali viene ostruita da vari
materiali nella parte più bassa, per cui le acque non defluiscono più normalmente. Si possono avere
diversi tipi di sbarramento: lavico, morenico, di frana e costiero.
3.2 – EVOLUZIONE DEI LAGHI
I laghi non sono elementi stabili della crosta terrestre perché hanno una vita limitata, ovvero hanno
un’origine ma anche una fine causata dal progressivo riempimento operato dai detriti portati dai fiumi che si
depositano sul fondo, o a causa delle mutate condizioni geografiche e climatiche.
I laghi passano dunque da una fase giovanile di formazione a quella di maturità, di vecchiaia, di decadenza
e di scomparsa diventando prima stagno, poi palude, poi torbiera ed infine si interrano completamente.
Lo stagno è un bacino di raccolta poco profondo e di limitata estensione in cui si alternano spazi liberi e
spazi ricchi di vegetazione.
La palude è una zona in lieve depressione ricoperta da acque stagnanti e da vegetazione tipica, con
piante fisse sul fondo e galleggianti.
La torbiera in cui la vegetazione ha completamente ricoperto lo specchio d’acqua. E’ un ambiente molto
particolare, originato dal processo di decomposizione e di accumulo secondo una particolare
stratificazione di muschi e altre piante che crescono in ambiente umido.
Dopo che è stato raggiunto lo stadio di torbiera si ha la completa scomparsa del lago originario: questo
fenomeno avviene in un tempo tanto minore quanto più piccole sono le dimensioni del lago. Quando
l’apporto di detriti colma completamente la depressione, si forma un nuovo ambiente che continua a
modificare le proprie biocenosi fino a raggiungere l’ecosistema di equilibrio: la foresta.
Oltre ad essere fonte di risorse economiche (turismo, pesca, vela, ecc.) i laghi sono molto importanti anche
sotto l’aspetto climatico perché le loro acque presentano escursioni termiche meno accentuate di quelle
delle terre circostanti e pertanto, se sono abbastanza grandi, esercitano un’azione mitigatrice sul clima delle
zone circostanti.
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Fig. 17 – Tipi di laghi
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Fig. 18 – Evoluzione di un lago
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4 – I GHIACCIAI
Sulla Terra esistono due enormi aree coperte quasi interamente ricoperte da calotte glaciali: il Continente
Antartico e la Groenlandia. Vi sono, inoltre, migliaia e migliaia di ghiacciai minori. Nel complesso circa
l’11% delle terre emerse è coperto dai ghiacci.
Nelle regioni polari il ghiaccio può derivare direttamente anche dal congelamento delle acque salate del
mare. Si forma così la banchisa, costituita da lastre di ghiaccio spesse poche decine di centimetri. Nella
stagione fredda esse vengono sospinte dalle onde si ammassano originando banchi spessi pochi metri e
intrappolando i grandi blocchi di ghiaccio di origine continentale, gli iceberg. Durante l’estate nella banchisa
si aprono crepe e fessure che la frantumano in lastre mobili, i pack, che vanno alla deriva.
Le calotte glaciali presenti in Groenlandia e in Islanda sono chiamate inlandsis e il loro spessore in certe
zone supera i 2 000 m. Gli inlandsis si estendono spesso fino al mare, dove i movimenti delle acque marine
possono provocare appunto il distacco e lo spostamento dei grandi blocchi di ghiaccio, cioè degli iceberg.
Fig. 19 – Il monte Großvenediger e il ghiacciaio Schlatenkees, Austria
4.1 – COME NASCE UN GHIACCIAIO
I ghiacciai sono accumuli di neve compatta e ghiaccio, che formano un vero e proprio ammasso, simile
per caratteristiche a un corpo roccioso.
I ghiacciai si formano solo nelle regioni in cui si formano accumuli permanenti di masse nevose che,
col tempo, si trasformano in ghiaccio. La neve, a sua volta, forma un manto nevoso persistente per tutto
l’anno (cioè non si scioglie mai) solo quando le precipitazioni avvengono al di sopra di una quota detta
LIMITE DELLE NEVI PERSISTENTI. Quindi, perché si formi un ghiacciaio è necessario che le
precipitazioni cadano soprattutto sotto forma di neve e che la temperatura estiva sia
sufficientemente bassa, in modo che non si sciolga tutta la neve caduta in inverno. Il limite delle nevi
persistenti varia in funzione della latitudine, dell’altitudine e dell’esposizione al Sole: nelle regioni equatoriali
si aggira intorno ai 4 500 m, sulle Alpi intorno ai 3 000 m e al circolo polare artico è situato a circa 1 000m.
4.2 – COME E’ FATTO UN GHIACCIAIO
Un ghiacciaio è un grande ammasso di ghiaccio di origine continentale che, per azione della gravità, compie
un lento movimento. Nelle regioni montuose il ghiaccio scivola lentamente lungo i versanti, mentre nelle
calotte glaciali i ghiacci si muovono verso l’esterno sotto la spinta del loro peso (come il miele versato in cun
cucchiaino si spande lentamente tutto intorno).
In un ghiacciaio si distinguono tre elementi strutturali fondamentali:
•
•
il bacino di alimentazione o bacino collettore, la parte più elevata,che si trova sopra il limite
delle nevi persistenti, in cui si accumula neve che poi si trasformerà in ghiaccio;
il bacino ablatore o lingua glaciale, collocato sotto il limite delle nevi persistenti; è la zona
in cui la fusione del ghiaccio prevale sull’accumulo. E’ la parte che si muove verso il basso
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•
(alla velocità di circa 150-200 m l’anno), trascinando con sé detriti di roccia ed esercitando
un’azione erosiva;
la fronte, che è la parte terminale del ghiacciaio. La quota a cui si trova la fronte di un
ghiacciaio può variare a seconda del bilancio fra ablazione ed alimentazione. Nei ghiacciai delle
zone temperate la fronte arretra nel periodo estivo ed avanza in quello invernale.
Fig. 20 – Rappresentazione degli elementi strutturali di un ghiacciaio
4.3 – COME SI CLASSIFICANO I GHIACCIAI
Si classificano in:
•
•
ghiacciai continentali, denominati inlandsis formati da estese calotte quasi completamente
immobili. Sono presenti in Antartide, Groenlandia e Islanda, e costituiscono il 90% di tutti i
ghiacciai del mondo. Il loro spessore supera i 2 000 m. Gli inlandsis si estendono spesso fino al
mare, dove i movimenti delle acque marine possono provocare il distacco e lo spostamento di
grandi blocchi di ghiaccio, gli iceberg.
ghiacciai di montagna, tipici delle zone temperate, ma diffusi a tutte le latitudini. Il tipico
ghiacciaio di montagna è quello alpino, che deriva da accumuli di neve ad alta quota, che
occupano depressioni (circhi) a forma di anfiteatro. Dal circo il ghiacciaio si estende verso valle
formando lingue allungate che alimentano torrenti o laghetti.
4.4 – L’AZIONE DEI GHIACCIAI
Il ghiaccio si comporta come un materiale plastico e per effetto della forza di gravità avanza verso valle.
Come le acque correnti provoca fenomeni di:
•
EROSIONE – La capacità erosiva di un ghiacciaio dipende dalla velocità di scorrimento della
massa glaciale. La pressione da esso esercitata sulle rocce poste ai margini e sul fondo del
ghiacciaio fa sì che esso riesca ad insinuarsi fra le fenditure delle rocce stesse provocandone
l’allargamento; l’alternanza di gelo e disgelo determina la loro frantumazione. Al suo passaggio,
inoltre, il ghiaccio esercita una azione di abrasione sulle rocce del fondo e sulle pareti rocciose
con cui viene a contatto. Tale azione è facilitata dalla presenza di frammenti rocciosi, spigolosi
e appuntiti, che producono tipiche striature e scanalature sulle rocce che incontrano nel loro
cammino.
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Le particelle più fini del ghiaccio stesso operano invece
un’azione di levigatura. Gli spuntoni rocciosi su cui passa il
ghiacciaio vengono così arrotondati e trasformati in basse
collinette rocciose dette rocce montonate (vd fig. 21).
Fig. 21 – Rocce montonate nello Yosemite National Park, Stati
Uniti. La superficie delle rocce è stata levigata dal passaggio del
ghiacciaio.
•
TRASPORTO – All’azione di erosione segue un’azione di trasporto del materiale solido
strappato dal fondo e dalle pareti rocciose o caduto lungo i crinali del ghiacciaio. Tutto il
materiale detritico trasportato dal ghiacciaio prende il nome di morena e più precisamente:
morena di fondo quando si trova a contatto con il substrato roccioso del letto del ghiacciaio;
morena laterale, quando è trasportato sulla superficie ai argini del ghiacciaio; se si uniscono
due morene laterali si forma una morena mediana.
Fig. 22 – Le morene. La morena di fondo
è un accumulo di detriti che rimane anche
dopo la fusione del ghiaccio; le morene
laterali sono detriti sospinti dal ghiaccio
contro le pareti della valle; le morene
mediane sono creste che si formano
dall’unione di due morene laterali.
•
DEPOSIZIONE – La deposizione del materiale trasportato avviene quando il ghiaccio fonde,
depositando il suo carico in caratteristici accumuli detti costruzioni moreniche. Queste sono
costituite da materiali di dimensioni molto variabili, anche molto grandi (massi erratici), misti a
materiali più fini. Si possono distinguere vari tipi di costruzioni moreniche, al cui nomenclatura
rispecchia quella del carico trasportato:
morene di fondo , che costituiscono gli accumuli del materiale che si trova tra la base del
ghiacciaio e il letto roccioso e che al momento della fusione del ghiacciaio è rimasto sul
posto;
morene laterali, che rappresentano il deposito dei detriti trasportati tra il ghiacciaio e la
parete della valle;
morene frontali, che rappresentano l’accumulo di materiale deposto in corrispondenza del
fronte di fusione del ghiacciaio. Queste ultime segnano il limite massimo di un’espansione
glaciale e sono di solito disposte con la concavità rivolta verso monte formando il cosiddetto
anfiteatro morenico. Tipici anfiteatri morenici sono quelli formatisi allo sbocco delle
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principali valli alpine nella Pianura Padana (di Ivrea, dei laghi Maggiore, di Como, d'
Iseo e
di Garda, del fiume Tagliamento). In Friuli-Venezia Giulia una località poco a nord di
Udine si chiama proprio Morena.
La principale modificazione del paesaggio provocata dai ghiacciai locali è costituita dalle cosiddette valli
glaciali, che hanno versanti molto ripidi e fondo piatto e per questo motivo vengono chiamate valli ad U, a
differenza delle valli a V incise dai fiumi.
Fig. 23 – Valle glaciale dal tipico
profilo ad U.
5 - LE ACQUE SOTTERRANEE
Quando le precipitazioni atmosferiche (pioggia, neve) raggiungono il terreno, l’acqua non smette di
muoversi:
•
•
•
•
parte fluisce (“ruscellamento superficiale”) lungo la superficie terrestre fino a confluire nel
reticolo idrografico (fiumi, laghi)
parte è usata dalle piante
parte evapora e ritorna all’atmosfera
parte si infiltra nel sottosuolo
La maggior parte dell’acqua si infiltra nel terreno, spinta dalla forza di gravità, e si accumula nel
sottosuolo finché non incontra uno strato di roccia impermeabile, andando ad alimentare le falde che
sono una vera e propria riserva di acqua.
Fig.10 – La permeabilità del sottosuolo
Nel mondo l'
acqua freatica rappresenta lo 0,35% dell'
acqua della Terra e rappresenta circa il 20% delle
acque dolci presenti sul nostro pianeta. L'
acqua sotterranea è di fondamentale importanza nel mondo in
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L’IDROSFERA – LE ACQUE CONTINENTALI
quanto rappresenta per l'
uomo la più grande riserva di acqua potabile. L'acqua freatica può raggiungere la
superficie terrestre attraverso le sorgenti o essere raggiunta attraverso i pozzi.
Le acque sotterranee sono importanti perché:
• rappresentano il 20%, dell'
acqua dolce presente nel pianeta; infatti, l’80% della riserva d’acqua dolce
è costituita da una risorsa non utilizzabile dall’uomo (ghiacciai e ghiacci polari), e quindi le acque
sotterranee costituiscono un patrimonio inestimabile, fondamentale per la vita e per lo sviluppo socioeconomico del pianeta;
• sono una risorsa rinnovabile anche se esauribile;
• forniscono il flusso di base di numerosi fiumi (che nei periodi di magra può arrivare fini al 90%);
• servono da tampone nei periodi di siccità;
• sono essenziali per la conservazione delle zone umide;
• tendono ad essere meno contaminate dagli scarichi e dai microrganismi patogeni e quindi sono
frequentemente utilizzate come riserva d’acqua potabile.
L’infiltrazione però non avviene in ugual misura attraverso tutti gli strati di roccia.
Le rocce che si lasciano attraversare dall’acqua sono dette permeabili, mentre quelle attraverso le quali
l’acqua non riesce a passare sono dette impermeabili.
Le rocce all’interno delle quali è contenuta l’acqua vengono chiamati acquiferi.
Tipicamente consistono di sabbie,
ghiaie, calcari e basalti: l’acqua riesce a passare attraverso gli spazi (o pori) tra un granello e l’altro. Invece
l’argilla si impregna d’acqua ma non la lascia passare, perché i pori tra una particella e l’altra sono troppo
piccoli.
Gli strati che tendono a rallentare il flusso dell'
acqua freatica, quali le argille e i limi, e le rocce
impermeabili sono denominati strati impermeabili.
Perché una roccia si possa considerare un buon acquifero, cioè possa contenere una grande quantità
d’acqua, deve essere porosa; occorre inoltre che i vuoti della roccia, oltre ad essere numerosi, siano
comunicanti tra loro, altrimenti anche se contengono
acqua, questa non può essere estratta.
Fig. 11 – La porosità del terreno influenza la
penetrazione dell’acqua in profondità: la
sabbia e la ghiaia sono PERMEABILI perché
i pori tra le particelle hanno pori grandi,
mentre l’argilla, che ha pori piccoli, è
IMPERMEABILE.
5.1 – COME SI FORMA UNA FALDA ACQUIFERA
L’acqua piovana si infiltra nel terreno procedendo verso il basso per effetto della forza di gravità, finché non
incontra uno strato di roccia impermeabile; a questo punto l’acqua, non potendo più procedere, tende a
raccogliersi e a riempire tutti gli spazi vuoti e gli interstizi delle rocce e forma una falda acquifera
E'uso comune confondere i termini acquifero e falda; un modo semplice per distinguerli è considerare
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•
•
l'acquifero come il contenitore
la falda come l'acqua in esso contenuta.
La superficie della falda si chiama superficie freatica ( dal greco phréar “pozzo”). In genere essa non è
piatta, ma tende a seguire in forma addolcita l’andamento della superficie terrestre. Essa separa due zone:
•
•
la zona di aerazione ( al di sopra): essa è attraversata temporaneamente dall’acqua delle
precipitazioni atmosferiche
e la zona di saturazione o falda freatica (al di sotto): essa è la principale riserva idrica da
cui scaturiscono le sorgenti.
Là dove la superficie freatica non arriva alla superficie del suolo, l’acqua non può essere raggiunta per
mezzo dei pozzi. La quantità d’acqua estraibile da un pozzo dipende dalla ricchezza e dallo spessore della
falda acquifera.
Fig. 12 – Rappresentazione schematica di una falda acquifera. La
porosità della maggior parte dei terreni e delle rocce del sottosuolo
consente alle acque meteoriche di penetrarvi per gravità, originando la
falda acquifera. La superficie freatica separa la zona di saturazione da
quella di aerazione.
5.2 – ACQUIFERI LIBERI E ACQUIFERI CONFINATI
Le falde acquifere possono essere libere o confinate.
• Una FALDA ACQUIFERA LIBERA o FREATICA si forma quando la superficie superiore, detta
superficie freatica, può alzarsi od abbassarsi liberamente a seconda dell’abbondanza delle piogge:
il livello della superficie freatica si alza quando si hanno precipitazioni abbondanti e si abbassa nei periodi
secchi. Dalle falde freatiche l’acqua può essere prelevata mediante pozzi e con l’utilizzo di pompe e
secchi. Laddove la falda freatica affiora a livello del suolo, soprattutto lungo i versanti o le falde di una
montagna, si formano le sorgenti:l’acqua delle sorgenti può essere minerale, se è ricca di sali, oppure
termale, se è calda perché in qualche modo connessa all’attività vulcanica.
La FALDA ACQUIFERA CONFINATA o ARTESIANA (dal nome della regione francese dell’Artois) si
forma dove l’acqua, penetrando nel terreno, da una zona di ricarica permeabile, rimane imprigionata
tra due strati di rocce impermeabili. Quindi, per il principio dei vasi comunicanti, se si scava un pozzo
fino a raggiungere la falda artesiana, nel pozzo l’acqua tende a risalire fino a raggiungere il livello della
superficie detto livello piezometrico (cioè il livello che occuperebbe se non fosse imprigionata tra due strati
impermeabili, spinta da una pressione che è tanto maggiore quanto più grande è la differenza di
livello tra il punto in cui il pozzo ha intersecato il più alto dei due strati impermeabili e la superficie
libera dell’acqua. Quando il livello piezometrico si trova più in alto della superficie del terreno, l’acqua
zampilla e si forma un pozzo artesiano zampillante; quando invece tale livello è nel sottosuolo l’acqua è
saliente ed occorre una pompa per portarla in superficie.
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LEZIONI DI SCIENZE DELLA TERRA
L’IDROSFERA – LE ACQUE CONTINENTALI
Fig. 13 – A. FALDA FREATICA: si forma quando, penetrando nel terreno, l’acqua incontra uno strato
impermeabile. Essa può affiorare in superficie formando una sorgente. B. FALDA ARTESIANA: si forma quando
l’acqua, penetrando nel terreno da una zona di ricarica, si trova intrappolata tra due strati di roccia impermeabili.
Fig. 14 – FALDA ARTESIANA – Per il principio dei vasi comunicanti, l’acqua imprigionata nella falda
artesiana risale nei pozzi. Il livello piezometrico è il limite al quale l’acqua sale nel pozzo artesiano.
Quando il livello piezometrico si trova più in alto della superficie del terreno, l’acqua zampilla(si ha un
pozzo artesiano zampillante); quando tale livello è nel sottosuolo l’acqua è saliente e occorre una pompa
per portarla in superficie.
IL PRINCIPIO DEI VASI COMUNICANTI – Esso afferma che se si versa un liquido in un recipiente collegato con
altri recipienti di forma e dimensioni diverse, esso si distribuisce in modo da raggiungere la stessa altezza in
tutti i recipienti collegati, chiamati vasi comunicanti.
Questo fenomeno si verifica perché un liquido cessa di scorrere da un recipiente
all’altro solo quando la pressione dell’acqua detta pressione idrostaticaè uguale
in tutti i recipienti: e poiché la pressione idrostatica è data dalla legge di Stevin
=
dove p = pressione idrostatica g = densità dell’acqua h = altezza
della colonna di liquido, questo avviene quando la colonna di liquido è uguale in
tutti tre i recipienti. Se si versa dell’altro liquido in uno dei recipienti il livello in
questo recipiente si innalza, per cui sulla sua base ci sarà una pressione
maggiore che spinge il liquido nel tubo di collegamento e via via negli altri
recipienti collegati finché il livello dell’acqua non diventa lo stesso.
Un’importantissima applicazione del principio dei vasi comunicanti si trova nella distribuzione dell’acqua nelle case.
L’acqua delle sorgenti, dopo essere stata filtrata e resa potabile, viene pompata in un grande serbatoio, situato ad
un’altezza maggiore degli edifici da rifornire. Dal serbatoio, attraverso tubi comunicanti dai quali si diramano le
colonne montanti per il servizio in ogni casa, l’acqua sale fino ai piani più alti di ogni edificio perché tende a
raggiungere un livello uguale a quello del serbatoio da cui proviene.
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LEZIONI DI SCIENZE DELLA TERRA
L’IDROSFERA – LE ACQUE CONTINENTALI
Bibliografia e Sitografia
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D.G. Mackean, Laura Masini “ Natura Terra e Vita T1 e T2” – Ed Scolastiche Bruno Mondatori 2002
“Gaia – ritratto di un pianeta” ed. De Agostini 2005
R. Cavallone Peretti “GEOSFERA: la Terra e lo spazio” – ed. Bulgarini
I. Neviani – C. Pignocchino Feyles “ GEOGRAFIA GENERALE: la Terra nell’UNIVERSO” – ed SEI
R. Torchio, S. Monelli, E. Bruno “L’AMBIENTE NATURALE” vol. 1 – ed Bulgarini
M.N. Forgiarini “GEOLIBR”- Corso di scienze della Terra” – ed. Il Capitello
www.scienzaenatura.it
www.apat.gov.it/site/it
www.blansko.cz
www.isontino.com
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