EVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE IN RETI NEURALI ECOLOGICHE Marco Mirolli*°° *Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, Consiglio Nazionale delle Ricerche °Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali, Università di Siena [email protected] Introduzione Lo studio dell’evoluzione del linguaggio e della comunicazione in generale tramite modelli simulativi di Vita Artificiale è un settore in rapida crescita. La nostra ricerca è volta ad indagare le possibili pressioni selettive sull’evoluzione del linguaggio tramite simulazioni di popolazioni di reti neurali che vivono in un ambiente ed evolvono i loro comportamenti tramite algoritmi genetici. In particolare, stiamo indagando i possibili fattori che possono aver contribuito all’evoluzione di un buon linguaggio in una situazione in ad essere direttamente premiata dalla selezione naturale è solo la buona comprensione e non la buona produzione linguistica. Metodo L’ambiente nel quale vivono i nostri organismi è molto semplice: un corridoio fatto di 11 celle. Ci sono 20 funghi possibili, dieci buoni e dieci cattivi che differiscono gli uni dagli altri per le loro proprietà percettive, codificate come stringhe di dieci bit: ogni fungo differisce di un bit dal prototipo della categoria cui appartiene (buoni o cattivo). Ogni organismo è testato 10 volte per ciascun fungo possibile, dunque la vita di un organismo dura 20 X 10 ‘prove’. In ogni prova, l’organismo è messo all’inizio del corridoio (cella numero 1) ed il cibo alla fine (cella numero 11), in modo che per raggiungere il cibo l’organismo debba fare 10 passi. Muoversi ha un costo: per ogni passo fatto l’energia dell’organismo diminuisce di un’unità. Se l’organismo si muove fino a raggiungere l’ultima cella, mangia il fungo: se il fungo è buono, la sua energia aumenta di 20 unità, se è cattivo, la sua energia diminuisce di 5 unità. La rete neurale che determina il comportamento degli organismi è composta di 10 unità di input visivo, 2 unità di input linguistico, 2 unità interne, una unità di output motorio e due unità di output linguistico. Il sistema visivo dei nostri organismi è limitato: l’attivazione delle unità di input visivo corrisponde alle proprietà percettive del fungo presente solo nel caso in cui l’organismo sia nella cella adiacente al fungo stesso, altrimenti l’attivazione di ogni unità è zero. L’attivazione delle unità di input linguistico corrisponde all’output linguistico di un altro organismo scelto a caso tra gli altri individui della popolazione e messo davanti al cibo presente nell’ambiente. Sia le unità di input visivo che quelle linguistiche sono bipolari: la loro attivazione può essere –1 o 1 (dunque anche l’output linguistico è normalizzato a –1 o 1). L’attivazione dell’unità di output, anch’essa bipolare, rende possibili due soli comportamenti motori: fare un passo avanti (1) o rimanere fermo (-1). La popolazione iniziale è composta di 200 reti neurali i cui pesi sono scelti a caso; ogni individuo è testato per 200 prove nel suo ambiente e la sua fitness è calcolata secondo la seguente formula: F(x) = 20*numero di funghi buoni mangiati – 5*numero di funghi cattivi mangiati – numero di passi fatti. I 20 individui della popolazione con la fitness più alta si riproducono lasciando 5 discendenti ciascuno e i nuovi 20*5 = 100 individui costituiscono la generazione successiva. Il genoma degli organismi contiene i pesi delle loro reti neurali che vengono copiati dal genitore ai figli, salvo mutazioni (con probabilità = 2%) che sostituiscono un peso con un altro casuale (sempre scelto nell’intervallo [-1, 1]). Risultati Nel nostro modello, produrre buoni segnali è un tratto altruistico, in quanto avvantaggia non il possessore del tratto stesso, ma i sui diretti concorrenti nella corsa alla sopravvivenza. Questo fa sì che la qualità del linguaggio prodotto ( e di conseguenza la fitness media della popolazione) non sia per niente stabile nel corso dell’evoluzione: tale qualità periodicamente migliora fino a raggiungere quasi l’ottimo (due sole parole usate dalla popolazione, una per indicare tutti e soli i funghi buoni e l’altra per tutti e soli i funghi cattivi), ma altrettanto periodicamente subisce cadute repentine. In presenza di un buon linguaggio, infatti, ad essere selezionati sono i cattivi produttori che sfruttano la bontà del linguaggio altrui ma non contraccambiano e dunque raggiungono in media una fitness maggiore. Tale analisi è supportata dai risultati ottenuti in una simulazione in cui è presente selezione di parentela: se almeno uno dei dieci parlanti in cui si imbatte nella sua vita un organismo è scelto tra i figli del suo stesso genitore (fratelli), un linguaggio quasi perfetto riesce rapidamente ad evolvere e si mantiene perfettamente stabile: parlare bene, in queste condizioni, aumenta la fitness dei propri parenti che, con buona probabilità, saranno dei parlanti altrettanto bravi. Per rendere più stabile un buon linguaggio non è però necessaria selezione di parentela. Abbiamo fatto un’altra simulazione in cui l’input linguistico di un organismo è costituito dall’output linguistico di un altro scelto a caso solo nel primo ciclo di una prova; durante tutti gli altri cicli l’organismo testato riceve il suo stesso output linguistico prodotto nel ciclo precedente. In queste condizioni un organismo per sfruttare i vantaggi forniti dal buon sistema di comunicazione della sua popolazione, deve esso stesso essere un buon produttore, in quanto, parlando a se stesso, deve ripetersi in maniera affidabile l’informazione ricevuta. Il parlare a se stessi introduce dunque una pressione selettiva sul comportamento di produzione linguistica che, per quanto indiretta, rende molto più stabile la qualità del linguaggio della popolazione nel corso dell’evoluzione. Ciò si traduce in una fitness media molto più alta, di poco inferiore alla fitness di organismi il cui sistema visivo non ha limitazioni (ossia in grado di vedere le proprietà percettive dei funghi anche dall’inizio del corridoio) e di organismi esposti ad un linguaggio la cui qualità è imposta artificialmente dall’esterno. Discussione e sviluppi Le nostre simulazioni mostrano che, nella misura in cui un sistema di comunicazione serve semplicemente come sostituto della percezione, la proprietà di essere buoni produttori di segnali è un tratto altruistico e come tale emerge in modo stabile in condizioni di selezione di parentela. Naturalmente, possedere un buon sistema di comunicazione potrebbe essere vantaggioso per molti altri motivi e per alcuni di essi ci potrebbe essere un vantaggio diretto (anche) per il produttore: ad esempio nel caso in cui venga usato per fare richieste, o per coordinare la cooperazione necessaria alla caccia di gruppo. I risultati delle simulazioni che riguardano il parlare a se stessi mostrano che anche l’uso del linguaggio come strumento di pensiero può avere avuto un ruolo nella sua evoluzione. In particolare, nelle nostre simulazioni il linguaggio serve, oltre che come strumento di comunicazione, anche come sorta di memoria. In effetti, riteniamo che, una volta evolutosi un sistema di comunicazione ‘sociale’, l’uso di tale sistema di comunicazione a fini individuali (come ausilio alla memoria, ad esempio) possa aver giocato un peso importante sull’evoluzione di tale sistema di comunicazione verso il linguaggio umano. Rispetto alla memoria basata sul sistema senso-motorio, infatti, una memoria linguistica sembra avere almeno due vantaggi: primo, una maggiore economia, e dunque una maggiore efficienza, dovuta alle minori dimensioni (sembra molto più semplice ricordare una parola che la situazione percettiva ‘rappresentata’ dalla parola; secondo, se la memorizzazione è delegata al sistema linguistico, il sistema senso-motorio è libero di occuparsi di altro. Ovviamente, queste sono solo speculazioni; una linea di ricerca futura del nostro lavoro consiste nel cercare di indagare più a fondo questi possibili vantaggi del parlare a se stessi tramite simulazioni. Attualmente, stiamo invece indagando l’evoluzione del linguaggio tramite trasmissione culturale.