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I TIMPANI
Il timpano è uno strumento di origini orientali
che dal V secolo a.C. si diffuse in tutta la
Grecia.
In illustrazioni indiane e cinesi risalenti al
II secolo a.C. si possono vedere tamburi simili
al timpano dell’epoca moderna.
L’arrivo del timpano in Europa fu associato al
ritorno dei crociati che dall’Oriente portarono
con sé piccoli tamburi montati sui cavalli.
L’uso di questo strumento, però, solo
riservato per le cerimonie reali e cortei.
Particolare importanza venne acquisita dai
timpani, assieme alle trombe, nei reggimenti
di cavalleria e di artiglieria comandati da
principi reali o da comandanti che si erano distinti nelle battaglie. Il suono di trombe e timpani,
infatti, rappresentava le classi più alte della società, differenziandolo dai pifferi e tamburi della
classe plebea.
Non potendo sostenere le note lunghe, i timpanisti di quell’epoca, le spezzavano in figurazioni
ritmiche. Molte composizioni antiche, scritte per sole trombe, venivano accompagnate dai timpani,
le cui parti erano tanto semplici da non richiedere notazione scritta.
Nell’Orfeo di Monteverdi, la Toccata contiene cinque parti per tromba, mentre l’elenco degli
strumenti ne richiede solo quattro. Si deduce, quindi, che la quinta parte fosse scritta per timpani.
Nel periodo Barocco i timpani venivano sempre
associati alle trombe e si trovavano in orchestra
solo quando il brano era in una delle tre tonalità
corrispondenti ai tagli delle trombe.
Haydn fu, probabilmente, il primo compositore,
nonché abile timpanista, a scrivere le prime
parti dettagliate per timpani. Da ricordare la
Sinfonia n. 103, detta anche Sinfonia del rullo
dei timpani.
Nel primo Settecento i compositori scrivevano
parti molto facili, lasciando ancora libertà
all’esecutore di aggiungere abbellimenti.
L’introduzione dei timpani in orchestra è da attribuire all’italiano Orazio Benevoli, che prescrisse,
addirittura, due coppie di timpani; seguirono anche Jean Baptist Lully e Marc Antoine
Charpentier i quali crearono un’orchestra più sonora aggiungendo agli archi, trombe e timpani,
oboi e fagotti, dando così origine a nuove sonorità.
Il più antico “a solo” di timpani è dovuto ad Henry Purcell, in apertura della sinfonia dell’Atto IV
dell’opera The Fairy Queen.
Nelle opere di J.S. Bach le parti erano limitate a modesti interventi, dove l’accordatura del timpano
era sempre di tonica e dominante.
L’intonazione dei timpani restava invariata per tutta la durata dell’opera, non avendo ancora un
metodo agevole per mutare l’accordatura. Questo ne limitò molto l’uso, dato che, se l’opera
cambiava tonalità, il timpano non poteva suonare.
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Con il Concerto Grosso di Barsanti, si ha il primo importante brano in cui i timpani, tra un tempo e
l’altro, devono cambiare accordatura; addirittura, con altri compositori, troviamo l’impiego di più
timpani per ovviare al problema della limitazione a sole due note.
Anche Mozart, verso la fine del Settecento, scrive un Divertimento per vari strumenti e quattro
timpani, i quali, nella maggior parte delle sue composizioni, venivano utilizzati per sottolineare il
ritmo, spesso accompagnati da trombe e corni.
In questo periodo, iniziamo anche a trovare il termine di timpani coperti o scoperti, così definiti per
lo smorzamento del loro suono coprendoli, in parte, con un panno.
Con Beethoven l’uso dei timpani diventa molto più importante grazie alla scoperta di un numero
maggiore di effetti e con il distacco dal tradizionale ruolo di rinforzo dei bassi.
In alcuni brani acquista un’importanza solistica con dei fraseggi che, addirittura, indicano il tema
del brano.
Beethoven, in oltre, scrisse parti molto più dettagliate spiegando anche il tipo di suono da ottenere
per quel determinato momento.
Fino a Rossini, le mazzuole erano rigorosamente fatte di legno o di avorio; solo raramente venivano
ricoperte di cuoio o di panno.
Per tutto il XIX secolo ci furono continue evoluzioni nell’utilizzo delle percussioni e in particolare
del timpano in orchestra, forse anche dovuto alla grande maestria di certi esecutori.
Un grande compositore dell’Ottocento fu Hector Berlioz che nella Sinfonia Fantastica inserisce in
organico due coppie di timpani suonate da quattro timpanisti.
Berlioz, per allargare la gamma dei suoni, fu il primo a richiedere nelle sue partiture l’utilizzo di
mazzuole a testa morbida e non più di legno, utilizzate fino a quel momento.
Prevede, addirittura, l’utilizzo di tre tipi diversi di testa: spugna, pelle o legno.
Per citare un compositore italiano, Giuseppe Verdi, nella Messa della Requiem riserva ai timpani
un ruolo fondamentale. Nel “Dies” irae, ad esempio, Verdi li utilizza per un fortissimo insieme al
coro e all’orchestra, in un punto di massima tensione emotiva e musicale.
Nella musica moderna notiamo un grandissimo incremento dell’impiego della percussione data
l’esigenza di reperire nuovi mezzi di espressione musicale.
I timpani sono diventati ancora più importanti e di conseguenza anche il loro repertorio e la loro
estensione è cresciuta ulteriormente.
I più grandi compositori che hanno dedicato grande cura ai timpani sono:
Gustav Mahler (Sinfonie N° 5 e N° 7); in tutte le sue sinfonie fece un uso esemplare dei timpani:
sulla parte troviamo scritte anche le indicazioni del tipo di bacchetta da utilizzare e sull’utilizzo o
meno delle sordine. Nel Rondò finale della VII Sinfonia il timpanista ottiene un ruolo solistico con
passi di una certa difficoltà
Bèla Bartòk (Concerto per due pianoforti e percussioni, musiche per archi, celesta e percussioni);
la più ricca gamma di effetti e timbri ottenibili dai timpani si ha, probabilmente, nelle opere di
Bartòk. La più importante è la sonata per due pianoforti e percussioni. Il timpanista, nel primo e nel
terzo tempo, deve avere una grande maestria e precisione nel cambio di intonazione dei timpani,
dato il pochissimo tempo a disposizione tra i passi. Oltre ai frequenti cambi di intonazione, Bartòk
inserisce molti effetti di glissando, dove il timpanista, per ottenere una perfetta esecuzione, deve
affidarsi totalmente al suo orecchio.
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Igor Stravinsky (La sagra della primavera, Le Noces); ne La sagra della primavera (Le sacre du
printemps) l’organico comprende due timpanisti. In alcuni passi i timpanisti eseguono due parti che,
intrecciate fra di loro formano un gioco ritmico-melodico e in altri momenti, il secondo timpanista,
aiuta, negli sforzati, la sonorità del primo timpano eseguendo la medesima nota.
Altra difficoltà nell’esucuzione di Stravinsky, in modo particolare al termine della Danza Sacrale,
troviamo ad ogni battuta continui cambiamenti di tempo, ad es. 3/16, 2/16, 2/8 etc.
In altre composizioni di Stravinsky troviamo, invece, un uso più tradizionale.
Goffredo Petrassi (Ottavo concerto per orchestra, Beatitudines); utilizza molti effetti sonori dati
dal timpano cambiando il punto di percussione in vari punti della membrana e addirittura sul
cerchio in metallo; utilizza anche battenti di uso straordinario, come il battente del triangolo o anche
solamente suonati con le mani e coperti da un panno.
EVOLUZIONE STORICA DEI TIMPANI
Fin dal XVIII secolo, in Francia, veniva costruito con la caldaia in ottone, mentre in Germania e in
Inghilterra con la caldaia in rame.
Su di essa veniva praticato un piccolo foro per scaricare la pressione dell’aria provocata dalla
percussione della pelle, la quale veniva tesa da quattro/sei, e in seguito anche otto tiranti, disposti in
egual distanza sul bordo della caldaia.
Per scegliere l’altezza del suono da produrre
venivano girati i tiranti, ma ci si accorse che
era una procedura molto lenta e rumorosa da
utilizzarsi durante l’esecuzione; nell’800,
quindi, vennero costruiti dei tiranti a forma di
T, ma anche questo metodo non fu
sufficientemente valido, dato che tutti i tiranti
dovevano ottenere la stessa intonazione per
produrre un suono giusto.
Nella seconda metà dell’800 si cercarono
nuovi sistemi di intonazione del timpano,
applicando una maniglia o un pedale che
agiva su tutti i tiranti equamente; questo
permetteva una maggiore velocità e
precisione nei cambi di intonazione richiesti
anche da una continua evoluzione della musica
di quell’epoca.
Questo sistema viene adottato tutt’ora con piccole variazioni apportate con gli anni.
Anche il tipo di membrana venne sostituito. Quella in vitello è sensibile alle condizioni
atmosferiche, quindi incostante nelle altezze dei suoni. Ora si utilizza maggiormente quella in
materiali sintetici (polietilene tereftalato,detto "mylar").
Nonostante ciò, in alcuni casi viene ancora utilizzata la membrana naturale, preferendola a quella
sintetica, per il suo miglior timbro, in modo particolare per le note gravi.
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Da quando è stato applicato il pedale, l’esecutore può sistemare
l’intonazione mentre suona ed in oltre, data la velocità di
regolazione, si possono creare frasi melodiche ed effetti di
glissando.
Il costruttore più famoso fu il timpanista americano William F.
Ludwig componente della Pittsburgh Synphony Orchestra, il quale
brevettò il primo timpano portatile, dove i sostegni si toglievano e
il pedale era ripiegabile.
In seguito applicò anche un meccanismo a molla di bilanciamento
del pedale.
Fu applicato, poi, un quadrante munito di ago che indica
approssimativamente la nota emessa.
Naturalmente, il timpanista deve possedere una grande capacità
d’orecchio, per controllare l’esatta intonazione.
I timpani sono 5:
 32 pollici
 29 pollici
 26 pollici
 23 pollici
 20 pollici
Le misure variano leggermente a seconda della ditta costruttrice.
L’estensione, per ogni timpano è di un intervallo di sesta, circa.
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La parte, scritta in chiave di basso riportava, generalmente in sigle, all’inizio del testo, le note con
cui dovevano essere accordati i timpani: dominante e tonica della tonalità d’impianto, nei periodi
Barocco e Classico.
Un cambiamento di accordatura è indicato con la parola cambiare o mutare in…
Per indicare tale variazione non esiste uno standard, bensì diversi metodi utilizzati dai vari
compositori, che indicano, tramite numerazione, il timpano che deve mutare e con il nome delle
note l’altezza da raggiungere.
Il timpanista deve essere ben fornito di diverse paia di
mazzuole per ottenere, dal timpano, diversi tipi di
sonorità.
I materiali utilizzati sono di diversi tipi, tra cui: cuoio,
feltro, panno, gomma, pelle, sughero, caucciù, legno.
Il rivestimento può essere di vario spessore, per
ottenere suoni più legati o più staccati.
Il manico, anch’esso, può essere di vario tipo, quali:
legno, bambù o materiali sintetici (meno usati).
Le mazzuole possono anche essere doppie; ad esempio:
ad una estremità feltro morbido e all’altra legno.
Nella Sonata per due pianoforti e percussioni di Bartòk troviamo un esempio di questo tipo di
bacchette, dove una estremità è ricoperta da feltro e l’altra è una normale bacchetta da tamburo,
utilissime, in questo caso, per passare velocemente dal suonare i timpani al suonare il tamburo.
Nel Concerto per cinque timpani e orchestra di Thärichen troviamo un vasto impiego di bacchette
per poter ottenere, dai timpani, vari tipi di sonorità; addirittura, nel primo tempo, utilizza, in una
mano una bacchetta con pallina di legno e nell’altra una bacchetta ricoperta di feltro per ottenere
delle frasi alternando un suono staccato ad un suono legato.
Nello stesso concerto utilizza anche un paio di bacchette da tamburo per ottenere un suono brillante
e ricco di armonici.
Nelle parti scritte per timpani, raramente si trovano le indicazioni per il tipo di bacchetta da
utilizzare, quindi, il timpanista, deve anche capire di che tipo di suono ha bisogno, in un
determinato cotesto, ad esempio: quando si trovano note molto lunghe è consigliabile utilizzare
mazzuole di tipo morbido che permettano di ottenere un suono con molto corpo e con meno attacco;
in un fraseggio molto veloce, dove l’ascoltatore deve percepire tutte le note eseguite è preferibile
utilizzare una bacchetta con una testa abbastanza dura.
E’ importante, in oltre, il maneggio con cui si eseguono i fraseggi. La tecnica più utilizzata, e che fa
ottenere un miglior risultato sonoro con la perfetta uguaglianza dei colpi, è quella singola, cioè, non
verranno mai eseguite due note vicine con la stessa mano. Questa tecnica, oltre alle qualità sonore è
anche spettacolare alla vista del pubblico. Tuttavia, in alcuni casi, è necessario applicare qualche
doppio.
E’ bene che il timpanista indichi, sui passaggi difficili, il maneggio migliore da utilizzare, dato che
iniziare la frase con la mano sbagliata, comporterebbe grossi problemi.
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Il tremolo è una delle tecniche più utilizzate coi timpani; serve ad ottenere un suono liscio e
continuo, dove, un bravo timpanista, riesce a non far sentire i vari colpi ma una nota unica.
A seconda della tensione della pelle e della grandezza del timpano, l’esecutore deve dosare la
velocità e l’intensità dei colpi per non farli distinguere o non soffocare il suono.
Possiamo trovare diverse grafie per indicare il tremolo: la più usata è quella uguale al trillo. Se
troviamo, invece, una nota tagliata da vari trattini, in gran parte delle composizioni, significa che il
tremolo dovrà essere misurato.
Con i timpani si possono creare effetti di vario tipo, quali:
_un colpo esattamente nel cento della pelle che crea un suono afono e corto (viene indicato con un
cerchietto sulla nota) , anche questo lo si può trovare come esempio nel concerto di Thärichen;
_un colpo sull’estremo bordo della pelle, simile al suono di un gong smorzato (si indica con una
mezza luna all’insù);
_un colpo o tremolo con spazzole di filo metallico: il suono è simile ad una maracas;
_colpo a sparo sull’orlo del timpano (rim shot), si ottiene colpendo la pelle e il bordo
contemporaneamente;
_tremolo su piatto appoggiato sulla membrana del timpano: si ottiene appoggiando un piatto con la
cupola sulla pelle, eseguendo un tremolo sul piatto e facendo dei glissando col pedale del timpano;
il risultato è un suono spettrale;
_glissando: viene eseguito muovendo il pedale dopo che è stata percossa la pelle, mentre sta ancora
vibrando; quello più funzionale è quello ascendente, in quanto il passaggio ad una tensione
maggiore della membrana fa aumentare la durata del suono.
Nella Sonata di Bartòk per due pianoforti e percussioni è utilizzato molto anche durante un tremolo,
quindi, in questo caso, la durata del glissando può continuare all’infinito.
_suono prodotto con lo strofinamento delle dita umide sulla pelle: l’effetto è simile al barrito di un
elefante;
_rullo press con bacchette da tamburo (utilizzato nel concerto di Thärichen);
_suoni armonici: premendo la membrana con un dito, a metà tra l’orlo ed il centro, e la percuotiamo
al bordo possiamo ottenere un suono all’ottava sopra dell’intonazione del timpano. Questa tecnica si
deve attribuire ad Elliott Carter.
Sempre prendendo come esempio il concerto di Thärichen troviamo un altro effetto che consiste nel
posizionare al centro della pelle di ogni timpano un disco di feltro, chiamato sordina; con questo
metodo si otterrà un suono senza risonanza, quindi privo di armonici, e scuro.
Un’altra tecnica utilizzata è quella della produzione di accordi utilizzando due mazzuole per mano e
percuotendo nello stesso momento più timpani.
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A discrezione del timpanista troviamo la smorzatura delle membrane, dato che, un suono eseguito
sul timpano può durare diversi secondi e nelle parti, normalmente, non troviamo le indicazioni per
questo tipo di tecnica.
Quindi il musicista, se troverà una nota corta seguita da pause dovrà eseguire l’esatta durata della
nota stessa, anche se, in alcuni casi, certi fraseggi richiedono che alcune note, nonostante corte,
suonino a lungo, a seconda della loro importanza armonica. In oltre dovrà fare attenzione a non
premere troppo con le dita durante la smorzatura per non creare un piccolo effetto di glissando.
I timpani vengono disposti, per dimensioni, in senso decrescente da sinistra verso destra, tranne che
nel sistema tedesco, esattamente a specchio.
Il timpanista, per una maggior maneggevolezza, dovrebbe suonare possibilmente in piedi o su di
uno sgabello girevole, se è necessario un continuo cambio di intonazioni con più timpani.
Nell’orchestra, solitamente, sono posti in fondo, al centro del palco o sul lato destro.
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