Suicidio

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22/06/2016 |
Suicidio
Conformemente alla dottrina di S. Agostino, durante il ME il suicidio era considerato un peccato ed equiparato
all'omicidio; come trasgressione dell'ordine divino, esso andava punito. Le autorità sottoponevano le persone
vicine al suicida a un procedimento giudiziario per determinare le cause del gesto. L'elemento centrale
dell'inchiesta era stabilire se, prima di commettere l'atto, il suicida avesse o no mostrato segni di pentimento.
Se la fam. riusciva a dimostrare che il suicidio era avvenuto per "malinconia", evitava - almeno a Zurigo
durante l'epoca moderna - la confisca dei beni o la demolizione della casa. Fino al XVI sec. il corpo del suicida
era trattato come quello di un criminale vivo: veniva impiccato, sottoposto al supplizio della ruota o
decapitato (da qui la credenza popolare secondo cui gli spiriti dei suicidi tornano tra i vivi come cavalieri
senza testa). In epoca moderna esistevano diverse pratiche per l'eliminazione dei cadaveri, tutte accomunate
dall'assenza di cerimonie cristiane e da una sepoltura "senza onore". La sepoltura era eseguita dal carnefice e
non da un sacerdote. A Basilea, fino al XVIII sec., i suicidi venivano chiusi in una botte e gettati nel Reno,
secondo un rituale chiamato Rinnen (scorrere), che aveva lo scopo di allontanare il corpo del peccatore dalla
società in cui aveva vissuto. Anche altri rituali di sepoltura discriminanti, come l'uso, praticato ovunque fino al
XVIII sec., di sotterrare i suicidi fuori dai cimiteri o addirittura oltre le mura cittadine, miravano a ripristinare
l'ordine sociale della comunità cristiana. Tali forme di discriminazione nei confronti delle salme dei suicidi
sopravvissero fino all'inizio del XX sec. A Berna e dintorni, ad esempio, le tombe dei suicidi venivano recintate
con una bassa grata in ferro per impedire al morto di uscire, a testimonianza di una paura assai diffusa nei
confronti dei fantasmi.
Nel XIX sec., nel contesto della nascente psichiatria moderna, si affermò l'idea del suicidio come conseguenza
di una malattia mentale. I tentativi di spiegazione scientifici mettevano il suicidio in relazione con alcolismo,
malattie fisiche, problemi relazionali o povertà. Gli uomini, le persone non sposate e gli anziani erano
considerati categorie particolarmente a rischio. L'aumento delle percentuali dei suicidi fu interpretato (fra
l'altro da Emile Durkheim) come conseguenza della modernizzazione, dello sviluppo urbano e industriale e
della secolarizzazione. Questa tesi è confermata dalla circostanza che, verso la fine del XIX sec., il centro
urbano e altamente industrializzato di La Chaux-de-Fonds precedeva città rif. quali Losanna, Ginevra, Zurigo,
Winterthur, Berna e Bienne nella statistica dei suicidi. Nel XX sec. la medicalizzazione del suicidio sfociò nella
nascita di una disciplina scientifica specifica, la suicidiologia. Nel dibattito attorno alla morte volontaria e
all'assistenza al suicidio, iniziato verso la fine del XX sec., la Svizzera ha assunto un ruolo importante nella
questione della maniera e del momento in cui porre fine alla propria vita. Una sentenza del Tribunale fed. del
2006 riconosce a ogni essere umano il diritto di decidere il modo e il momento della propria morte. Questa
decisione ha fornito le basi legali all'assistenza al suicidio, come quella offerta, ad esempio, dalle org. Exit
(fondata nel 1982) e Dignitas (1998), che forniscono alle persone intenzionate a porre fine alla propria
esistenza una sostanza letale da assumere senza interventi esterni. Nel 2012 il cant. Vaud è divenuto il primo
cant. a disporre di una legge in materia in seguito all'accettazione, da parte del popolo, del controprogetto
delle autorità cant. a un'iniziativa promossa da Exit sull'assistenza al suicidio nelle case di cura e per anziani.
È solo dall'inizio del XXI sec. che gli storici della cultura, della medicina e del diritto, così come esponenti
dell'antropologia storica, si occupano della storia del suicidio; le ricerche si sono finora concentrate sull'epoca
moderna. I dati riguardanti i suicidi in Svizzera sono disponibili dall'introduzione della statistica delle cause di
morte nel 1876. Da quel momento è possibile anche stabilire dei confronti, da cui emerge che la Svizzera
presenta costantemente uno dei più alti tassi di suicidio al mondo; di fronte a questa situazione sorprende la
scarsità di studi sviz. sull'argomento.
La ricerca storica in Svizzera studia soprattutto le differenze dei tassi di suicidio fra città e campagna, ma
anche fra regioni catt. e rif. Prima del XIX sec., era spec. nelle città rif. di Ginevra e Zurigo che i tassi di
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suicidio erano elevati e che il problema veniva seriamente dibattuto. Gli storici spiegano questo fenomeno
con il fatto che i processi di laicizzazione introdotti dalla Riforma - l'idea di un'autorità suprema e onnipotente,
il rafforzamento della coscienza, il controllo dei sentimenti, la svalutazione delle spiegazioni sovrannaturali influenzarono il modo di pensare e la sfera emotiva degli individui.
Bibliografia
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– M. Canevascini, Le suicide comme langage de l'oppression, tesi dottorato Losanna, 2012
Autrice/Autore: Aline Steinbrecher / did
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