Impresa e non profit: necessaria collaborazione

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Impresa e non profit:
necessaria
collaborazione
di Vittorio Colao
Tre interrogativi
Vorrei sviluppare il tema del rapporto tra impresa ed enti non profit a partire da tre
interrogativi, cui tentare di dare risposta per comprendere il legame tra questi due mondi.
Primo: perché un manager d’impresa si interessa al non profit, perché si interessa al
sociale? Secondo: perché è necessario che le imprese collaborino attivamente con il non profit? E perchè lo devono fare non solo per uno spirito etico, che pure ovviamente c’è, ma per
il bene delle imprese stesse?
Terzo: Cosa è importante nel rapporto tra non profit e profit e qual è la caratteristica
di successo del non profit nell’interazione col profit?
Perché un manager d’impresa si interessa al non profit
In merito al primo quesito, parto con il considerare che l’uomo d’impresa cerca
costantemente, tutti i giorni, di individuare i bisogni non soddisfatti, si guarda attorno, osserva i consumatori, il mercato e cerca di capire: «Cosa manca di importante e come potrei trarne valore?». Le società migliorano, progrediscono, si sviluppano perché ci sono persone che
tutti i giorni pensano a come fare qualcosa di nuovo, di meglio o di più, per soddisfare questa equazione del valore aggiunto economico.
Fin qui l’homo oeconomicus.
In realtà, prima o poi, anche noi manager d’impresa ci accorgiamo dell’esistenza di
persone che dedicano grandi energie per dare risposte a bisogni importanti. Persone impegnate nello sviluppo di servizi che portano grande valore aggiunto, ma non di tipo economico, bensì sociale. In questi servizi l’equazione economica non è soddisfatta interamente dal
processo produttivo interno, in quanto richiede apporti da fonti finanziarie esterne disposte
a sostenere le iniziative senza ritorno economico. Nella sostanza, c’è valore aggiunto sociale rilevante, ma il meccanismo di mercato non riesce a finanziarne il capitale.
Vittorio Colao è
Chief Executive
Vodafone per
l’Europa.
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Un manager non può quindi che esser colpito e rimanere affascinato da come questi
utili servizi nascano, crescano e si sostengano, senza basarsi sull’equazione puramente economica. Ugualmente, ciò che attrae un uomo d’impresa è vedere persone che si dedicano
totalmente a un’iniziativa, sviluppando vere e proprie aree di eccellenza per affrontare bisogni cui il mondo profit non può dare risposta.
Questo è ancor più evidente se posiamo lo sguardo sui Paesi in via di sviluppo. Ci sono
bisogni, direi drammaticamente evidenti. I tipi di problemi con cui il non profit si misura si
chiamano guerra, fame, epidemie, sfruttamento minorile. Ma anche la nostra società occidentale ha sacche di disagio, ampie aree di sofferenza. Anche qui occorre dare una risposta, occorre intervenire al di fuori dell’equazione pura del valore aggiunto economico.
Perchè le imprese devono collaborare con il non profit
Secondo alcune teorie economiche, le imprese devono fare solo profitto e pagare stipendi e utili; spetta poi a chi li riceve, quindi agli azionisti e ai dipendenti, decidere in completa autonomia se donare parte dei loro utili, o stipendi, in attività sociali, se impegnarsi in
prima persona in interventi di sussidiarietà, o non fare proprio nulla, liberamente.
Altre scuole di pensiero ritengono che l’impresa si debba invece impegnare nella
società, ma anzitutto e principalmente per motivazioni d’immagine o, con una visione più
strategica, di reputation. La realtà, a mio giudizio, è un po’ più complessa e diversa.
Anzitutto sono il primo a riconoscere che l’impresa deve fare profitto,
È necessaria una ed è vero che gli uomini di azienda, come me, devono occuparsi sostanzialmente di quel valore aggiunto economico e non del valore aggiunto
società occidentale
sociale come prima occupazione.
aperta, verso gli
Ma ritengo anche che nel far ciò si debba guardare al lungo perioimmigrati, i più do, cioè alla stabilità delle società in cui operiamo, se vogliamo rendedeboli, verso re costante e sostenibile nel tempo la creazione di valore per chi ha
i giovani e le donne, investito nelle nostre aziende. E allora sono convinto che quelle stesse
società, quegli stessi clienti, quelle stesse comunità a cui noi vendiamo
così come società prodotti, dai quali noi traiamo profitti, e a cui continuiamo a proporre
emergenti aperte beni e servizi, non possono sostenerci in maniera stabile nel lungo
verso etnie magari periodo se non c’è grande coesione e stabilità sociale, se non c’è un
non dominanti. ambiente che offra uguali opportunità per tutti.
È necessaria una società occidentale aperta, verso gli immigrati,
i più deboli, verso i giovani, e le donne, così come società emergenti
aperte verso etnie magari non dominanti. Se la società non è aperta, se non c’è un equilibrio sociale garantito e se non c’è soprattutto una gioventù sana, ben formata e istruita per
poi iniziare a lavorare, le nostre imprese, le stesse imprese che devono occuparsi di fare profitto, non potrebbero prosperare nel lungo termine.
Quindi, anche in un’ottica puramente egoistica, credo sia giusto per le imprese dedicarsi a problemi come l’analfabetismo, lo sfruttamento minorile, la sanità, il disagio minorile, gli abbandoni scolastici. Gli scompensi esistenti nella nostra struttura sociale, dai quali
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nasce disuguaglianza tra le persone e che nel lungo termine generano insicurezza, minano
le opportunità di crescita, di sviluppo e, infine, l’equilibrio del Paese.
Quindi, nei fatti, rappresentano problemi anche per noi uomini di impresa, che abbiamo un interesse forte a migliorare la coesione sociale nei mercati in cui operiamo, se vogliamo pensare in termini strategici e non puramente tattici.
Quale rapporto tra profit e non profit
Eccoci al tema centrale, il rapporto profit-non profit. Come può contribuire dunque
un’impresa? Cosa del nostro patrimonio può essere utilmente impiegato negli interventi
sociali?
Il primo contributo è sicuramente la ricerca della qualità: la capacità di operare una
selezione secondo criteri che massimizzano la produttività. Consentitemi di citare l’esempio
di Vodafone. Nel mondo il Gruppo ha ventitré fondazioni, in Italia opera una delle migliori,
delle più efficienti e organizzate. In cinque anni, da quando abbiamo iniziato a “guardare a
questo mondo” abbiamo finanziato 160 progetti con erogazioni pari a
circa 25 milioni di euro. Un elemento di grande interesse è che abbiaAttraverso
mo operato una selezione tra circa 600 progetti. Attraverso il meccaniil meccanismo
smo della selezione costringiamo gli enti non profit, che vogliano colladella selezione
borare con noi, a porsi obiettivi, pianificare azioni, dimostrare i risultati, puntando sulla qualità. Attraverso le nostre fondazioni, che dalla
costringiamo gli enti
impresa Vodafone mutuano modalità di lavoro volte all’efficienza, aiunon profit,
tiamo le organizzazioni a migliorare. Inoltre diamo una garanzia, che in
che vogliano
alcuni Paesi in via di sviluppo risulta essere molto forte, perché essere
collaborare con noi,
associati a un’impresa che fa selezione, che cura la produttività, che
vuole avere risultati è molto importante nei rapporti, ad esempio, con
a porsi obiettivi,
governi e istituzioni.
pianificare azioni,
Un secondo beneficio che le imprese possono portare è legato
dimostrare i risultati,
alla visione della società. Le società moderne, così multicentriche e
puntando sulla
complesse, tendono per loro natura a essere anche disgreganti, si formano delle crepe e non tutto funziona come dovrebbe. In questi sistequalità.
mi sociali l’azione di uomini, associazioni, istituzioni che operino come
“colla sociale”, generando coesione tra il mondo del profit, del non profit, dell’accademia,
della scienza, della cultura, è importante. Si deve agire andando a stendere la “colla” laddove si è creata la crepa e tenere insieme, in maniera costruttiva, i vari elementi. Il dialogo
tra profit e non profit sicuramente deve portare i benefici e i risultati delle specifiche iniziative, ma è anche molto importante perché aiuta a mantenere la società unita, integrando
visioni economiche e sociali, garantendo maggiore stabilità grazie alla compenetrazione di
esperienze e competenze diverse.
Un esempio tutto italiano: il nostro Paese è tra i due stati europei con la più alta percentuale di adolescenti che vivono ai limiti della povertà, più concentrata in certe zone del
Paese che in altre. Di fronte a un dato come questo è molto importante che si facciano
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buone iniziative dove siano coinvolti diversi attori della società: lo Stato, le imprese, le associazioni, il mondo della cultura. Questo tipo di collaborazione è estremamente importante e
si può realizzare solo se esiste quella che chiamo la “colla sociale” del profit-non profit. Le
aziende possono stimolare la cultura della misurazione dei risultati, per stabilire dove si è
arrivati, che livello di efficienza si è raggiunto e quali siano le aree di miglioramento, aiutando il non profit e la pubblica amministrazione a “esser ambiziosi e pratici”. Spendere
bene, investire con profitto è ancor più importante quando il profitto non c’è, quando obiettivi delle nostre azioni sono persone che soffrono.
L’importanza della “colla sociale” è percepita in modo chiaro anche dagli investitori,
ovvero da chi sul mercato decide come allocare le proprie risorse. Alcune ricerche economiche internazionali hanno rilevato come l’80% degli investitori in imprese, preferisca investire in aziende con una forte azione nel tessuto sociale dove operano e prosperano. Anche sui
mercati dei capitali, quindi, la collaborazione col non profit è riconosciuta come una grande garanzia di solidità e impegno dell’impresa nel lungo periodo.
La formula del successo: il dialogo tra profit e non profit
Passando infine al terzo tema, possiamo riproporre il quesito in questo modo: Qual è
la base del dialogo tra profit e non profit raccomandabile come “formula del successo”?
Io credo che il non profit debba, per così dire, pensare ad affascinare il profit e in
questo può utilizzare tre “armi”: due somiglianze e una differenza.
Una somiglianza fondamentale sta nella visione. Non basta avere
L’importanza della un progetto anche se buono, bisogna avere una visione a lungo termine
“colla sociale” è della società, di quello che si vuole fare. Per una grande impresa è
importante essere associata a dei buoni progetti, che diano risultati, ma
percepita in modo deve esserci comunque uno scenario futuro che rispecchi ideali, valori,
chiaro anche aspirazioni e obiettivi di rilievo.
Il non profit deve saper esprimere visioni di lungo termine della
dagli investitori,
società, così come l’impresa esprime visioni di lungo termine. E quanovvero da chi sul
do si riscontra che le due visioni si incrociano, o addirittura in alcune
mercato decide parti coincidono, è meraviglioso: si lavora con diversi obiettivi, con
come allocare le diverse logiche, ma entrambi si opera attivamente per stabilizzare la
proprie risorse. società, per raggiungere un equilibrio, per avere delle società migliori.
Il secondo elemento che accomuna profit e non profit è la qualità. Le aziende e le imprese eccellenti che hanno visione, sono anche un po’ ossessive nella
ricerca di qualità. Dico sempre che si capisce se uno che noleggia biciclette è bravo, da
come le mette nella rastrelliera, perché, se sono un po’ storte, prima o poi una sarà anche
bucata e una avrà i freni che non funzionano.
Visione e qualità sono gli elementi di grande somiglianza che creano il fascino, la stessa qualità e la stessa visione che io chiedo alle mie persone in impresa mi affascina quando la trovo nel non profit.
Infine veniamo alla differenza, importante, perché non si può essere troppo uguali se
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un mondo vuole affascinare l’altro.
La differenza sta in una parola oggi desueta: “generosità”. La generosità è presente
anche nel mondo delle imprese e in quello della pubblica amministrazione, ma diventa un
elemento caratteristico, peculiare del mondo non profit quando viene intesa in modo totale.
L’attenzione e l’impegno assoluti per gli altri, da contrapporre alla concezione individualistica, in cui ogni rapporto deve essere basato su uno scambio economico. Questa generosità è
l’elemento più affascinante, la differenza che può colpire un manager del profit quando
entra in contatto con il non profit.
Concludendo, sono convinto che le imprese continueranno a investire e a cercare sempre di più il dialogo con il non profit, perché le nostre società non possono fare a meno di
quella “colla sociale”, come l’ho definita, che nasce dal rapporto e dal dialogo fra profit e
non profit. E gli ingredienti necessari sono: visione di lungo termine, grande qualità nelle iniziative, e soprattutto, generosità.
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