Linguistica applicata 4/11/08 “Quanto in Occidente è stato composto

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Linguistica
applicata
4/11/08
“Quanto
in
Occidente
è
stato
composto
sulla
storia
e
sulla
teoria
della
traduzione
–
e
mi
riferisco
agli
scritti
divenuti
classici
di
Mounin,
Steiner,
Seleskovitch
ed
altri,
che
pure
menzionano
l’attività
fondamentale
svolta
dagli
Arabi
in
tale
campo
–
non
ha
tenuto
conto
finora
compiutamente
delle
idee
ch’essi
formularono
sull’argomento”
(Cassarino)
VII/VIII
secolo

espansione
araba
Dinastia
degli
‘Abbāsidi
(750):
assimilazione
delle
altre
culture
Enorme
attività
di
traduzione
tra
i
secoli
VIII
e
XI
Gli
Arabi
furono
piuttosto
critici
nell’accogliere
quanto
veniva
dall’esterno:
fra
le
componenti
della
tradizione
greca
e
della
persiana,
infatti,
esercitarono
un’azione
soltanto
quelle
che
potevano
facilmente
integrarsi
nell’edificio
del
pensiero
islamico
Attaccamento
alla
poesia
araba
“La
prova
che
i
Persiani
non
hanno
la
poesia
risiede
nella
mancanza
di
un
nome
che
designi
il
poeta
nella
loro
lingua.
Lo
stesso
vale
per
la
poesia
che
ha
un
nome
solamente
nella
lingua
araba”
(ar‐Rāzī).
Le
traduzioni
di
Aristotele
Falsafa
“La
storia
degli
sforzi
dei
filosofi
arabi
di
conciliare
la
loro
filosofia
greca
con
le
dottrine
coraniche
è
in
fondo
la
vera
storia
della
filosofia
araba”
(Furlani)
“[…]
gli
sciiti,
che
la
curiosità
per
il
mondo
circostante,
e
certo
anche
la
profonda
suggestione
delle
dottrine
provenute
dalla
Grecia,
indussero
a
introdurre
anche
nella
filosofia
e
nelle
scienze
quel
principio
del
ta’wīl,
del
‘tornare
alle
origini’
(o,
come
il
termine
è
comunemente
reso,
dell’
‘interpretazione
allegorica’),
applicato
di
norma
al
Corano.
Ciò
permise
di
considerare
la
filosofia
e
le
scienze
come
altrettante
vie
di
riconoscimento
dell’azione
divina
nel
mondo,
nonché
come
modi
per
giungere
a
Dio”
(Baffioni)
astronomia
e
astrologia

trad.
Almagesto
di
Tolomeo
sintesi
di
elementi
indo‐persiani
ed
ellenistici
Le
Mille
e
una
notte

India
antica
e
Iran
Traduzione
e
Corano
Processo
opposto
rispetto
all’Occidente
i’ǧāz
al­Qur’ān
inimitabilità
del
Corano
“I
sunniti
sostengono
che
il
Corano
o
per
antonomasia
‘Il
Libro’
è
la
parola
di
Dio
Altissimo,
increata,
scritta
nei
nostri
volumi,
conservata
nelle
nostre
memorie,
letta
dalle
nostre
lingue,
udita
dai
nostri
orecchi,
ma
in
questi
non
incarnata,
cioè
non
incarnata
nei
volumi,
non
nei
cuori,
non
nelle
lingue,
non
nelle
orecchie,
poiché
la
Parola
di
Dio
non
è
omogenea
alle
lettere
ed
ai
suoni,
tutti
accidentali
(ḥādiṯa),
mentre
la
parola
di
Dio
è
attributo
coeterno
(azaliyya,
qadīma)
a
Dio
significante
il
contrario
del
silenzio,
sia
nel
senso
di
astensione
dal
parlare
mentre
si
avrebbe
la
forza
di
farlo,
sia
nel
senso
di
una
disgrazia
che
porti
a
una
impotenza
degli
strumenti:
bensì
essa
è
un
Significato
preesistente
(qadīm)
inerente
all’essenza
di
Dio,
pronunciabile
ed
udibile
in
costruzioni
che
lo
indicano
e
apprendibile
a
memoria
in
forma
immaginativa
e
scrivibile
in
caratteri
e
forme
rappresentanti
le
lettere
che
lo
indicano:
così
come
si
dice
che
il
fuoco
è
una
sostanza
comburente
menzionabile
in
espressioni
verbali
e
scrivibile
con
la
penna
senza
che
ne
derivi
una
reale
presenza
del
fuoco
nel
suono
e
nelle
lettere”
(Bausani).
“Per
l’Islàm
il
miracolo
è
verbale,
è
l’
i’ǧāz
coranico:
la
cosa
essenziale
nell’Islàm
è
la
lingua
araba
del
Corano,
miracolo
linguistico”
(Massignon).
“Tutti
i
popoli
desiderano
imparare
l’arabo
per
tradurre
in
questa
lingua
le
opere
di
cui
essi
dispongono.
Ma
la
gente
del
Corano,
del
Libro
arabo,
non
ha
il
desiderio
di
tradurlo
in
una
qualsiasi
altra
lingua,
e
nessuno
fra
le
altre
genti
ha
mai
potuto
farlo”
(ar‐Rāzī).
Mu’āraḍa
imitazione:
gara
poetica
(composizione
di
versi
su
di
uno
stesso
tema;
impossibile
nel
caso
del
Corano
“Non
conosco
niente
che
riveli
meglio
questa
forza
di
espressione,
di
cui
stiamo
discorrendo,
della
celebre
formula
arabo‐islamica
Allāhu
akbar,
una
espressione
dalla
costruzione
estremamente
semplice,
il
cui
significato
niente
aggiunge
al
detto
Allāhu
‘aẓīm
(‘Dio
è
grande’).
Nonostante
ciò,
è
indubbio
che
quest’ultima
espressione
non
doveva
conoscere
l’immortalità
che
invece
la
prima
avrebbe
conosciuto.
Se
si
dovesse
tradurre
Allāhu
akbar
in
lingua
straniera
l’espressione
perderebbe
tutto
il
suo
splendore.
Essa
rappresenta
dunque
l’arabo
puro
e
la
sua
forza
sta
nel
fatto
che
traduce
qualcosa
di
molto
profondo
dell’animo
arabo.
Ed
essa
trae
questa
potenza
non
dalle
parole
che
la
compongono,
dalla
costruzione
o
dal
significato,
ma
da
una
qualità
intrinseca
che
si
chiama
potenza
s’espressione.
Allāhu
akbar
è
una
espressione
che
suscita
in
noi
il
sentimento
di
una
visione
globale,
di
vasti
orizzonti
e
di
uno
sguardo
volto
all’infinito.
Non
sentiamo
il
bisogno
di
precisare
qui
in
rapporto
a
quale
dio
Egli
è
più
grande.
Sarebbe
facile
dire
“più
grande
di
tutte
le
cose”,
ma
tale
precisazione
farebbe
perdere
all’espressione
la
sua
forza
maggiore
poiché
la
priverebbe
del
carattere
globale,
della
generalità
di
quel
che
suggerisce,
e
ne
restringerebbe
gli
orizzonti,
nonostante
ciò
non
ne
alteri
in
alcun
modo
il
significato”
(Ḥusayn).
Al‐
Ǧāḥiẓ, teorico della traduzione:
“Il
merito
della
poesia
spetta
solo
agli
Arabi
e
a
quelli
che
parlano
la
loro
lingua:
la
poesia
non
può
e
non
deve
esser
tradotta.
Quando
viene
tradotta,
infatti,
l’armonia
si
rompe,
il
metro
si
perde,
la
bellezza
svanisce
e
tace
per
sempre
il
meraviglioso
che
è
in
essa,
divenendo
così
simile
alla
prosa.
Il
discorso
in
prosa,
tuttavia,
quando
nasce
tale,
ha
più
fascino
e
maggiore
efficacia
del
discorso
[che
si
può
considerare]
parafrasi
della
poesia”.
“L’activité
traduisante
pose
une
problème
théorique
à
la
linguistique
contemporaine:
si
l’on
accepte
les
thèses
courantes
sur
la
structure
des
lexiques,
des
morphologies
et
des
syntaxes,
on
aboutit
à
professer
que
la
traduction
devrait
être
impossibile.
Mais
les
traducteurs
existent,
ils
produisent,
on
se
sert
utilement
de
leurs
productions.
On
pourrait
presque
dire
que
l’existence
de
la
traduction
constitue
le
scandale
de
la
linguistique
contemporaine.
[…]
Certes
l’activité
traduisante,
implicitement,
n’est
jamais
absente
de
la
linguistique:
en
effet,
dès
que’on
décrit
la
structure
d’une
langue
dans
une
autre
langue,
et
dès
qu’on
entre
dans
la
linguistique
comparée,
des
opérations
de
traduction
sont
sans
cesse
presente
ou
sous‐jacentes…”
(Mounin)
Von
Humboldt

ogni
sistema
linguistico
rappresenta
un’analisi
del
mondo
esterno
che
gli
è
propria
e
che
differisce
da
quella
di
altri
sistemi
linguistici.

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