Gabbiani Anton Domenico_Checconi

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Gabbiani Anton Domenico
Figlio di Giovanni e Maria Simi, nacque a Firenze il 13 febbr. 1652. Secondo il racconto delle fonti
ricevette la sua prima educazione a Firenze: dapprima presso V. Spada e J. Sustermans, celebrato
ritrattista della corte medicea, in seguito nello studio di V. Dandini. Il 20 maggio 1673 il G. si
trasferì a Roma, beneficiario di un triennio di studi presso l'accademia per artisti fiorentini
fondata da Cosimo III e diretta da C. Ferri ed E. Ferrata. Il nuovo insegnamento indirizzò il
giovane allievo allo studio del barocco e del classicismo romano, soprattutto di Pietro da
Cortona e C. Maratta. Sul volgere degli anni Settanta completò il suo lungo e articolato cursus
studiorum con un viaggio a Venezia, dove studiò presso il ritrattista S. Bombelli. Ritornato a
Firenze nel 1680, il G. dette inizio all'attività autonoma solo a partire dal 1684, anno in cui i
documenti ricordano l'esecuzione di una perduta Annunciazione che decorava la "spezieria" di
palazzo Pitti. All'anno successivo risale la prima importante commissione pubblica: la pala con S.
Francesco di Sales in gloria, dipinta per la chiesa fiorentina dei Ss. Apostoli. Nella seconda metà
degli anni Ottanta il G. si dedicò all'esecuzione dei ritratti della corte dei Medici che furono i suoi
principali protettori e mecenati. Accanto ai ritratti abbiamo alcune storie a olio di musici,
suonatori e cacciatori, con vari animali appresso. Si tratta di quattro ritratti nei quali il G.
raffigurò i più valenti esecutori della camera musicale di Ferdinando. Databili nello stesso
periodo, sono l'Autoritratto e la tela con i Famigli della corte del principe Ferdinando, entrambi
ora agli Uffizi. Tra il 1690 e il 1691, con una interruzione dovuta a un viaggio a Vienna, il G.
dipinse gli specchi della galleria di palazzo Medici-Riccardi. il suo stile dotto e raffinato è
apprezzabile negli affreschi dei cosiddetti "mezzanini" di palazzo Pitti, eseguiti per Ferdinando
tra il 1692 e il 1693. Dopo un presunto viaggio padano dell'autunno 1696, il G. tornò in Toscana
per affrescare alcune sale dei palazzi Orlandini del Beccuto a Firenze e Sansedoni a Siena. Ancora
per i Medici lasciò nella villa di Poggio a Caiano l'Apoteosi di Cosimo il Vecchio. Intorno al 1699 il
G. soggiornò una seconda volta a Venezia. Al rientro mise a frutto quest'esperienza nel bel Ratto
di Ganimede (1700: Firenze, Uffizi), dipinto per il principe Ferdinando. I primi due decenni del
Settecento sono per il G. anni di frenetica attività, dominati dalla lunga e faticosa decorazione
della cupola di S. Frediano in Cestello a Firenze con la S. Maria Maddalena assunta, affrescata
sempre per Ferdinando tra il 1702 e il 1718. Negli stessi anni eseguiva: l'Erminia tra i pastori per
Poggio a Caiano, l'Assunzione della Vergine per la chiesa di S. Maria di Candeli, ora perduta, il
Riposo nella fuga in Egitto, dipinto per il principe Ferdinando, la Discesa dello Spirito Santo per
l'altare maggiore della chiesa benedettina di S. Giorgio alla Costa a Firenze. Alla scomparsa di
Ferdinando, nel 1713, continuarono, anche se affievolite, le commissioni medicee. Per il
granduca Cosimo III nel 1714 il G. eseguì il Cristo che impartisce la comunione a s. Pietro
d'Alcantara alla presenza di s. Teresa d'Avila, destinato alla figlia Anna Maria Luisa.
Probabilmente nel 1715 il G. dipinse un secondo Autoritratto (Firenze, Uffizi), rispondendo così a
una pressante richiesta del granduca, che desiderava inserirlo nella raccolta iniziata dal
cardinale Leopoldo de' Medici. Nel 1719 consegnò alle monache benedettine di Santa Maria
degli Angeli o da Sala la Presentazione al tempio, una tela il cui soggetto, che descrive il
momento in cui il bambino Gesù viene presentato al Tempio, è trattato secondo la più corretta
tradizione iconografica, cioè distinto dalla Circoncisione. Dall'insieme, affollato di ben undici
personaggi, risalta la particolare cura che il maestro poneva nella composizione delle immagini,
La monumentalità di questa pala, i modi classici che determinano l'atteggiarsi delle figure fanno
capire che è il momento meno barocco dell'artista, il quale ha ormai conosciuto la scuola
veneziana, mediandola attraverso il contatto dello stile di Pietro da Cortona e di Ciro Ferri, di cui
era stato allievo a Roma. La pala, collocata originariamente sull'altare sinistro, restò nella chiesa
fino al 1890, quando pervenne per dono dello Stato al Museo Civico.
Tra il 1720 e il 1722 il G. realizzò per Cosimo III l'Assunzione della Vergine e la Madonna col
Bambino e i simboli della Passione. Per lo stesso committente nel 1723 dipinse il Transito di S.
Giuseppe. La sua produzione sacra si chiuse con l'Apparizione della Vergine a s. Filippo Neri,
eseguita nel 1724 nella chiesa di S. Firenze. Due anni dopo, il 22 nov. 1726, il G. morì,
precipitando dalle impalcature di palazzo Incontri a Firenze, dove stava affrescando il Convito
degli dei. Per volontà del figlio, G. Ticciati gli eresse un monumento funerario nella chiesa di S.
Felice in Piazza, a Firenze.
Rielaborazione di Martina Checconi
Sitografia:
www. comune.pistoia.it/museo civico
www.treccani.it/enciclopedia
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