cellule metalliche

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Le forme di vita basate sul carbonio potrebbero non essere le uniche presenti
nell’universo. Un gruppo di ricercatori scozzesi ha infatti dimostrato che possono
esistere cellule sintetiche metalliche.
La scoperta, realizzata in un laboratorio dell’Università di Glaslow, ha del
sorprendente. Un team è riuscito a creare delle “bolle” simili a delle cellule formate
esclusivamente da elementi metallici, come ad esempio il tungsteno, legati da
ossigeno e fosforo. Queste bolle non solo possono autoassemblarsi , ma mostrano
anche molte delle proprietà tipiche delle cellule organiche, quali una struttura interna
e una membrana esterna porosa e selettiva, che permette a determinate molecole di
penetrarle. E’ possibile poi impostare le cellule metalliche in modo che producano
addirittura la fotosintesi clorofilliana…
La sfida dei ricercatori è ora quella di creare un DNA che renda possibile
l’autoreplicazione di queste cellule sintetiche. Ipotesi che sembra nient’affatto
remota. Esperimenti hanno già dimostrato che le bolle inorganiche sono in grado di
adattare la propria struttura chimica all’ambiente in cui vengono collocate.
Gli studi in questo campo hanno un’immediata ricaduta nel settore bellico. Come
sempre, la tecnologia più evoluta esce dai laboratori militari. Lo scopo è creare
materiali in grado di autoassemblarsi, autoripararsi, cambiare forma. Insomma, come
i “Trasformers” visti al cinema.
Un giorno- forse neanche troppo lontano- i nostri eserciti saranno dotati di mezzi che
si modificheranno, a seconda delle esigenze, da terrestri ad aerei o navali. Oppure di
uniformi che cambieranno da sole a seconda delle condizioni climatiche. E magari
anche di armi o robot capaci di penetrare , in forma di piccole gocce di mercurio,
all’interno di bunker sorvegliatissimi per poi ricomporsi nella struttura originaria. Un
po’ come fa l’alieno praticamente indistruttibile che dà la caccia ad Arnold
Schwarzenegger in “Terminator 2”.
Una prospettiva da pura fantascienza che però vedrà in tempi brevi ridursi sempre di
più la distinzione tra materiale e macchina. Già ora, diverse equipe (dell’Università di
Harvard, di Cornell e del MIT , l’Istituto di Tecnologia del Massachussetts) ,
composte da informatici, biologi, chimici, ingegneri meccanici e fisici stanno
lavorando sulla “materia programmabile”: ovvero fogli di metallo che a comando si
piegano da sé, assumendo una struttura tridimensionale per poi ritornare come prima.
Tra gli obiettivi degli scienziati di Harvard, anche la manipolazione del DNA , per
comandare l’interazione tra i lunghi filamenti sintetizzati- qualcosa mai tentato prima.
Insomma, da qui a pochi anni si prevedono sviluppi tecnologici finora nemmeno
immaginabili.
Ma soprattutto, la creazione di cellule metalliche e la dimostrazione che esse possano
replicarsi- e quindi riprodursi- apre nuovi scenari nella ricerca di vita extraterrestre e
moltiplica in modo esponenziale la possibilità di individuarla nella nostra Galassia.
Magari, forme viventi alternative si sono evolute in qualche remoto pianeta della Via
Lattea apparentemente inabitabile. Ovvero, inadatto alla vita biologica come la
conosciamo sulla Terra, ma perfetto per quella metallica appena individuata in
laboratorio
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