MECCANICA QUANTISTICA E NON LOCALITÀ L`ENTANGLEMENT

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MECCANICA QUANTISTICA E NON LOCALITÀ
L’ENTANGLEMENT
FISICA QUANTISTICA E REALTÀ
Da circa un secolo con l'avvento della fisica quantistica, la realtà, non solo sfugge, ma
pare un fantasma, una produzione del nostro pensiero. La fisica quantistica, d’altra parte,
sembra anche rivelare una “realtà” diversa, strana e molto più ricca di mistero. Negli ultimi
cento anni non si è mai spenta la speranza di fondare una realtà oggettiva, indipendente
dalle percezioni sensoriali e dai metodi di indagine. Un atteggiamento realistico quindi,
anche se non ingenuo, sembra alla maggior parte di noi irrinunciabile. Anche secondo
Einstein la credenza in una realtà indipendente e strutturata è il modo meno fantasioso
che abbiamo per spiegare la regolarità delle osservazioni. Egli affermò infatti che: “Tutti gli
uomini, compresi i fisici teorici quantistici, credono fermamente nella tesi dell’esistenza
della realtà finché non iniziano a discutere i fondamenti della teoria quantistica.”
QUBIT,
BIT,
EBIT:
INFORMAZIONE
ORIGINARIA,
INFORMAZIONE CODIFICATA, MUTUA INFORMAZIONE.
Storicamente si è passati dal bit della Teoria dell'Informazione Classica, al qubit che fa
parte della Teoria dell'Informazione Quantistica. Ontologicamente si passa dalla ricchezza
dell'infinita informazione potenziale dei qubit alla misura, all'evento. Dalle infinite
potenzialità, tutte contemporaneamente presenti, emerge l’evento, si genera la
separazione, il singolo. Dall’ infinita potenzialità nasce il Mondo, come una delle
possibilità. La stabilità della materia si genera con la creazione di strutture che si formano
tramite vincoli, regole, che limitano la libertà di essere, ma proprio limitando la libertà di
essere, creano la realtà che osserviamo, e le strutture di questa realtà risultano essere
informazione codificata in bit. La separazione, l’evento, avviene mediante
un’interdipendenza tra eventi ed in questo senso non è separazione ma rappresenta
un’unità, un’inseparabilità. L’ebit è fondamentale
per la Quantum Information e
rappresenta la mutua informazione (entanglement) tra qubit.
POTENZA E ATTO
La realtà che si delinea da queste premesse è una realtà che prima di essere in atto
potrebbe essere una realtà potenziale; inoltre si può evincere che il conoscere è
necessariamente separare ma l’essere è interazione.
L’INFORMAZIONE QUANTISTICA
La Meccanica Quantistica che, come abbiamo scritto, è stata ed è considerata ancora
piuttosto fumosa e lontana dalla realtà, oggi sembra invece ci stia conducendo verso una
tecnologia (computer quantico, crittografia quantistica, teletrasporto) che sembra
impadronirsi della realtà.
Sempre la Meccanica Quantistica, che fino a qualche anno fa era considerata solo fonte
dei più gravi problemi pratici per la nanotecnologia estrema, a causa del principio di
indeterminazione, è divenuta la base della nuova tecnologia della "Quantum Information”.
Ed in tutto questo è di primaria importanza il ruolo dell’Informazione. Ma che cosa è
l’Informazione? …
La teoria dell'informazione di Claude Shannon ha ormai più di cinquant'anni. Nell'anno
2006 l’ impostazione di Shannon sembra ormai superata? Siamo alla presenza di una
nuova iniziale teoria dell'informazione, che andrà ben al di là?
La natura dell'informazione trasportata da una particella quantistica si rivela nuova e
diversa da quella che può essere immagazzinata classicamente in un qualunque modo (bit
su un hard disk, correnti in un microchip, segnali in una fibra ottica, onde radio via satellite
o lettere su un foglio di carta). Il compito degli scienziati è quello di analizzare come è
possibile sfruttare in modo vantaggioso proprio le peculiarità di questo tipo di
informazione.
La Meccanica Quantistica, dunque, nelle vesti della Quantum Information, ci conduce
verso una tecnologia che sa di fantascienza. La nuovissima tecnologia, quella di cui
vogliamo discutere, è basata proprio su quei pilastri paradossali, proprio quelli della
Meccanica Quantistica.
La Meccanica Quantistica, per particolari misurazioni eseguite su due particelle lontane,
prevede correlazioni che escludono ogni possibile interpretazione locale realista
(paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, o EPR). Queste misurazioni non possono quindi
essere interpretate come la lettura di un valore oggettivo preesistente la misurazione
stessa. Ne consegue che la casualità del risultato della misurazione non è mancanza di
conoscenza di un valore preesistente, ma la casualità è generata all’atto stesso della
misurazione.
Questa consapevolezza è stata ed è un punto cruciale della Teoria quantistica.
IL PARADOSSO EPR
L’effetto EPR prodotto dal paradosso sarebbe secondo Einstein inaccettabile, perché
implicherebbe un’azione istantanea a distanza tra due oggetti, e questa potrebbe essere
interpretata come la produzione di un effetto a velocità superiore alla velocità della luce.
Inoltre secondo Einstein una teoria come quella quantistica, che non è in accordo con il
principio di realtà “classico”, non si può considerare completa.
Cosa dicevano Einstein Podolski e Rosen nel lavoro del 1935?
Definivano tre concetti: elemento di realtà, principio di località e completezza di una
teoria.
Elemento di realtà: è un valore preesistente la misurazione che si è in grado di predire
con certezza prima che venga eseguita la misura; un valore oggettivo quindi, esistente
indipendentemente dall’atto della misurazione.
Principio di località: se due particelle non interagiscono l’evoluzione dell’una non può
influenzare l’evoluzione dell’altra.
Completezza della teoria: una teoria è completa se è in grado di predire ogni elemento di
realtà.
Il buon senso dice che la luna c’è anche se non la guardo. Se alzo gli occhi al cielo mi
aspetto di vederla. La luna possiede caratteristiche che non dipendono dal fatto che io la
guardi o non la guardi. Accade diversamente nel caso delle due particelle di cui abbiamo
già scritto precedentemente. Secondo la Teoria Quantistica le loro proprietà dipendono
proprio dalle misure effettuate (dall’osservazione). È come dire che la luna esiste solo se
la guardo. E non basta! La particella su cui si è eseguita la misura, e che solo dopo la
misura si trova in un determinato stato, determina istantaneamente la proprietà dell’altra
particella, con la quale aveva interagito precedentemente, anche se la seconda particella
si trova ad anni luce di distanza e non ha più nessuna possibilità di interagire con la prima.
È come se fossero una cosa sola anche se separate da una distanza abissale.
CONCLUSIONE DI EINSTEIN: ammettiamo pure che la teoria sia
consistente, ma è anche completa?
Dato che in Meccanica Quantistica sono possibili misurazioni che non possono essere
interpretate come la lettura di un valore oggettivo preesistente la misurazione stessa,
Einstein suggerisce l’esistenza di una descrizione più dettagliata della natura, basata ad
esempio su una tecnologia più avanzata, attualmente non disponibile, secondo la quale
tutte le predizioni probabilistiche diverrebbero deterministiche. La teoria incompleta
(ovvero quella priva della descrizione dettagliata) potrebbe solo fare predizioni statistiche,
come ad esempio nella descrizione del moto browniano.
Se all’istante della misurazione i due sistemi non interagiscono più, nessun cambiamento
reale può aver luogo nel secondo sistema come conseguenza di un qualunque intervento
sul primo. Gli elementi di realtà di un sistema fisico non possono essere influenzati
istantaneamente a distanza. La seconda particella possiede quindi una proprietà che non
trova espressione nell’apparato formale della teoria.
La conclusione di Einstein, Podolsky e Rosen nel 1935 era che, pertanto, la
Meccanica Quantistica doveva essere una teoria incompleta.
UN’ ALTRA INTERPRETAZIONE
C’è però almeno un’altra possibile interpretazione, diversa da quella di Einstein: si
può mantenere l’oggettività rinunciando alla località. Ma rinunciare alla località
significa pagare un prezzo molto alto, dovendo sostituire il metodo riduzionistico, alla base
di tutta la scienza moderna, con un approccio di tipo olistico.
Ci sono fondate ragioni per credere che nell’Universo possa valere un principio di non
separazione e che tutte le sue parti siano unite come le dita di una mano, come disse lo
stesso Schrödinger.
Se due oggetti sono stati una volta uniti e poi vengono portati a grande distanza tra loro
senza che interagiscano con l’esterno, una modifica prodotta su uno dei due (come per
esempio nell’atto di una misurazione) si riproduce contemporaneamente sull’altro,
qualunque sia la sua distanza.
Dato che i due “oggetti” non hanno trasmesso alcuna informazione tra loro, sembra
esistere nel cosmo una specie di telepatia per cui ciascuno dei due “oggetti”, una volta
congiunti e poi separati, "sa" sempre immediatamente cosa succede all’altro.
Se, quindi, si riconosce un senso all’affermazione che esiste una realtà
indipendente, accessibile al sapere dell’uomo, allora sembra che tale realtà sia
necessariamente non separabile.
Einstein è colpevole di non aver saputo riconoscere che la sua idea di realtà era
precostituita. Non è criticabile il suo desiderio di un’oggettività forte, da molti condiviso,
ma la sua idea di realtà, idea che non ha saputo mettere in discussione.
E PER FINIRE: IL TRIALISMO DI PIERCE
Nel 1898 Peirce scrive “Ogni tentativo rivolto alla comprensione di alcunché, ogni ricerca,
suppone, o per lo meno spera, che i propri oggetti di studio siano soggetti a una logica più
o meno identica a quella impiegata nell’indagarli”. Peirce afferma che ogni Interpretante
è “fatto di” mondo, esattamente come il mondo è fatto di Interpretante: essi sono
composti di un unico materiale, quello dei rinvii segnici. Il mondo non si offre mai
all’uomo nella sua totalità; esso si dà sempre come fenomeno e mai come l’intero
(fenomeno è anche ciò che è sogno, che è prodotto dalla mente, anche le astrazioni della
scienza sono fenomeno …). Secondo Pierce nulla è derivato in modo necessario dal Nulla
della sconfinata libertà; nulla secondo la logica deduttiva. L’intera ipotesi cosmogonica,
il processo che ha portato l’universo a “venire al mondo”, a produrre regolarità, sotto forma
di abiti consolidati, per divenire il regno di una pressoché completa ragionevolezza, per
divenire insomma verità, ha la forma di un’abduzione. L’essere “nasce” dal nulla come
Primità, come pura qualità materiale germinata da un caos di possibilità. In The
Architecture of Theories Peirce afferma: “Il caso è Primo, la legge è Seconda, la
tendenza ad assumere abiti è Terza.” E ancora, “Lo spirito è Primo, la materia
Seconda, l’evoluzione Terza.”
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