Rodiola: la pianta che viene dal freddo L`ernia inguinale

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Dicembre 2005
MEDICINA 14
IN-FORMAFIRENZEcittà
n CHIRURGIA
Dentista
L’ernia inguinale
IMPLANTOLOGIA
A FIRENZE:
I CASI COMPLESSI
Un problema di pertinenza maschile, pur potendolo riscontrare anche nelle donne
L’ernia inguinale rappresenta la
più frequente ernia addominale
ed è generalmente un problema
di pertinenza maschile, pur
potendolo riscontrare anche
nelle donne. Questa diversità
di incidenza della patologia è
legata alla differente anatomia
del canale inguinale nei due
sessi. L’ernia inguinale deve
infatti il suo nome al fatto che si
forma lungo il canale inguinale
che non è altro che un condotto che collega l’addome con
l’esterno attraversando a tutto
spessore la parete addominale.
Nelle fasi iniziali l’ernia impegna
parzialmente il canale inguinale,
poi totalmente, fino ad arrivare
alla sua fuoriuscita verso il sacco
scrotale. Nell’uomo il canale
inguinale serve a far passare
vasi arteriosi e venosi, nervi e
condotto deferente destinati al
testicolo. Nella donna il contenuto del tragitto inguinale è
costituito soltanto dal legamento
rotondo e da una estroflessione
del peritoneo detta canale di
Nuck; risulta perciò molto meno
vulnerabile e per tale motivo è
più difficile che si formi l’ernia.
I sintomi
Da un punto di vista pratico
solitamente l’ernia inguinale
può essere apprezzata come
una tumefazione sottocutanea
in corrispondenza dell’inguine
destro o sinistro. In realtà non
è sempre così e specialmente
nelle fasi iniziali, quando si parla
di punta d’ernia, la tumefazione
può non essere visibile anche se
è presente dolore, specialmente
alla stazione eretta o dopo una
giornata di sforzi. Il riposo ma in
particolare lo stare distesi (per
esempio sul letto o sul divano
di casa), fa passare i sintomi in
maniera quasi immediata. Può
sembrare strano ma risultano
meno fastidiose le enormi ernie inguino-scrotali (cioè che
finiscono dentro lo scroto) generalmente tipiche dei soggetti
anziani e datate decine di anni.
Infatti in questo caso l’anello
inguinale è stato con il tempo
così allargato e abituato al passaggio dell’ernia che i sintomi
legati allo stiramento sono spariti e questi soggetti sono perciò
asintomatici. Il rischio è però lo
strozzamento in quanto il grosso
sacco è occupato da anse intestinali che possono avvolgersi
su se stesse creando un grave
pericolo. Al contrario i giovani
pazienti hanno spesso presente
il momento in cui l’ernia si è
affacciata per la prima volta: generalmente in occasione di uno
sforzo violento o in ogni caso
di uno sforzo non abituale riferiscono di aver avvertito la sensazione di “strappo”. È difficile
che un paziente con il sospetto
di ernia inguinale sbagli la sua
diagnosi. Prima di tutto perché
spesso la si vede e poi perché i
sintomi sono classicamente conosciuti un po’ da tutti. In realtà
a parte il classico fastidio rilevato come sensazione di peso o di
bruciore, non è raro osservare
disturbi dell’alvo o della diuresi.
Questi si manifestano quando vi
è un trascinamento importante
dell’intestino oppure della vescica verso l’ernia. Solo raramente
è necessario ricorrere all’esame
ecografico per la diagnosi differenziale tra ernia e tumefazione di altra natura. A questo
proposito va ricordato come sia
importante porre attenzione,
nella valutazione di una eventuale ernia inguinale, alla possibile
concomitanza di varicocele, di
idrocele, di cisti del funicolo,
di tumefazioni testicolari, di
linfonodi inguinali tumefatti, di
ernie crurali.
Il trattamento
L’ernia lasciata a se stessa può
andare incontro alle classiche
complicanze
che
abbiamo
elencato nello scorso incontro
(incarceramento, intasamento,
strozzamento ecc), per cui si è
soliti generalmente far vi fronte
o con un trattamento conser vativo, come l’uso del cinto erniario, oppure con il trattamento
chirurgico. Si fa ricorso al cinto
nei soggetti che per motivi di
salute o per l’età avanzata sia
sconsigliato l’inter vento chirurgico.
Il cinto infatti non solo può
creare aderenze ma anche
stimolare una infiammazione
cronica. È inoltre poco igienico e crea impedimento in
determinate situazioni; in linea
di massima è ormai in disuso
anche in relazione al fatto che
l’approccio chirurgico ha preso
il sopravvento per gli innumerevoli progressi che lo hanno reso
estremamente efficace e sicuro.
Innanzi tutto vanno ricordati
i nuovi materiali protesici che
funzionano come “toppe” sulla
sede di uscita dell’ernia. In
passato l’inter vento era infatti
più doloroso in quanto l’ernia
veniva riparata avvicinando
quegli stessi tessuti che l’avevano lasciata uscire.
Il risultato era una forte tensione della sede operata che
creava notevoli disturbi alle
MEYER
Volontari per
“Costruire nuove radici”
Il 3 dicembre parte un corso di formazione per volontari di cui l’associazione ha sempre bisogno. Il corso fa
parte di un progetto di sostegno per ragazzi affetti da
tumore provenienti da fuori Regione. Il titolo del corso
e del progetto è “Costruire nuove radici”.
Chi è interessato a questo tipo di volontariato può mettersi in contatto tramite e-mail: [email protected]
dott.ssa Donatella Paggetti
Psicologa-Psicoterapeuta
Azienda Meyer-Associazione NOi per Voi
Genitori contro le leucemie e tumori Infantili
comuni attività. Questi nuovi
materiali protesici rendono non
necessaria la tensione dei tessuti circostanti la porta erniaria
e svolgono una importante funzione di sostegno creando un
vero e proprio muro. In questo
senso il risultato è stato così
eccellente che il numero delle
recidive è drasticamente ridotto con l’avvento dei materiali
protesici.
Anche l’evoluzione delle tecniche anestesiologiche hanno
giocato un ruolo fondamentale
nel rendere sempre più routinario tale inter vento. I miglioramenti sono stati ottenuti sia
nei materiali (gli aghi utilizzati
per fare le anestesie epidurali
hanno adesso una nuova conformazione: più sottili e con
punta specificatamente meno
traumatica), sia nella farmacologia degli stessi anestetici
(minori quantità di anestetico
a parità di effetto anestesiologico).
Inoltre, l’anestesia locale (una
serie di punture di anestetico
direttamente sulla parte da
operare) è diventata sempre
più diffusa per il trattamento
dell’ernia inguinale e il paziente
riprende a camminare immediatamente dopo l’inter vento con
evidenti e importanti vantaggi.
Perciò anche la degenza in
ospedale è ridotta con estrema
soddisfazione del paziente che
non solo quindi può tornare rapidamente a casa, ma è anche in
grado di riprendere le proprie
attività seppure con un minimo
di attenzioni.
Sarà, infatti, necessario astenersi da grossi sforzi nelle prime
settimane per poi riprendere
gradualmente le comuni attività.
È evidente che chi svolge lavori
leggeri o semplicemente di
concetto potrà rientrare a ritmo
pieno rapidamente, al contrario
chi svolge mansioni pesanti dovrà attendere più a lungo.
dott. Marco Marranci
medico chirurgo
specialista in chirurgia dell’apparato digerente
ed endoscopia chirurgica digestiva
e-mail: [email protected]
informazioni presso la redazione:
tel. 055340811 fax 055340814
[email protected]
n MEDICINA BIOLOGICA
Rodiola: la pianta
che viene dal freddo
La radice dorata per sostegno fisico e psichico
Questo mese parliamo di una
pianta interessante da un punto
di vista terapeutico: la rhodiola
rosea o rodiola. Cresce nelle
zone montuose del Nord Europa
(Lapponia, Siberia, Alaska, Scandinavia) ad altezze di 3000-5000
metri. Viene chiamata anche
“golden root” (radice dorata) e fa
parte della classe delle Crassulacee. La rodiola veniva utilizzata,
in passato, dagli imperatori cinesi per curare un’ampia varietà
di malattie. Ma nel 1931 venne
scoperto che essa aumentava la
potenza sessuale e nel 1947 uno
scienziato russo scoprì che la
pianta consentiva di aumentare
la resistenza del corpo umano in
caso di stress ambientali. Tutto
questo portò a considerarla
come un potente “adattogeno”.
Gli adattogeni sono sostanze
che rendono l’organismo più
resistente, più adattabile appunto
a situazioni critiche sia psichiche
che fisiche. Tanto per fare un
esempio, un’altra pianta adattogena è l’eleuterococco, chiamato
anche ginseng siberiano. Ma la
rodiola ha dei benefici unici nel
suo genere. È molto conosciuta
per le sue capacità di agire nel
precedente16
controllo del peso corporeo: in
pratica, aiuta ad eliminare i grassi
in eccesso immagazzinati nel
corpo. L’azione viene esplicata
attraverso il blocco di un enzima
chiave deputato alla demolizione
dei grassi in acidi grassi liberi: la
lipasi pancreatica.
Un’altra attività della pianta è
quella di migliorare le prestazioni
fisiche, tramite meccanismi particolari biochimici. Ciò si rivela
utile anche nelle persone che si
sottopongono a diete dimagranti
e che ovviamente devono fare un
po’ di attività fisica.
Ma l’indicazione principale (a mio
avviso) della rodiola è nello stress
e nella depressione. Tutti noi siamo sottoposti, come ho avuto
modo di accennare il mese scorso, a ritmi di vita particolarmente
disarmonici: questo può comportare l’insorgenza di sindromi depressive occasionali o croniche.
Inoltre, lo stress cronico può
indebolire le difese immunitarie
(questo è un concetto ormai
assodato, almeno spero) e aprire
la strada a infezioni ricorrenti e a
malattie da immunodepressione.
L’azione principale della rodiola
in questo campo è sulle molecole
chiamate “neurotrasmettitori”:
serotonina, dopamina, adrenalina
e noradrenalina. In farmacologia
chimica, i farmaci che svolgono
un’azione sul tono dell’umore agiscono sui livelli di queste molecole nel cervello. Anche la rodiola
agisce in questo senso. La maggior parte degli studi su questa
pianta e sulla sua azione antidepressiva sono stati effettuati dalle
Università della Russia, ed oggi è
finalmente possibile conoscerne i
risultati e le possibilità di applicazione; l’azione antidepressiva ed
antistressogena è forse uno dei
punti di forza di questa pianta
con effetti collaterali praticamente assenti. È stata usata anche
in donne affette da amenorrea
(mancanza di mestruazioni) con
discreti successi.
Non è ancora stato chiarito del
tutto il meccanismo d’azione
della rodiola nel miglioramento
dei processi di apprendimento e
della memoria. Probabilmente,
sono proprio le sue proprietà
adattogene che consentono di migliorare le prestazioni di soggetti
sottoposti ad aumentato carico
di lavoro intellettuale (studenti,
lavoratori in ambito scientifico).
Quando mancano i denti naturali e non vi è più sufficiente
osso per inserire impianti dentali, è ancora possibile usare
delle particolari tecniche chirurgiche per ripristinare le
giuste condizioni anatomiche. Attenzione però perché
si tratta di tecniche che devono essere eseguite da
medici od odontoiatri molto qualificati ed in ambienti
igienicamente idonei.
Vediamone alcune:
Sinus lift. Nel cranio, ai lati del naso, sotto gli occhi
sono normalmente presenti delle cavità chiamate
seni paranasali. Queste cavità talvolta impediscono
l’inserimento d’impianti in quanto lo spessore dell’osso
residuo è insufficiente ad ospitare impianti di una
lunghezza sufficiente. Si può allora eseguire una manovra
che consiste nel sollevare la mucosa che riveste il seno
mascellare e riempire lo spazio sottostante di frammenti
di osso o di altro materiale adatto, riducendo l’ampiezza
dei seni ed aumentando il volume del processo alveolare.
Nella stessa seduta o in un secondo tempo vengono
inseriti gli impianti che poi rimangono alcuni mesi, di
solito sei, a “riposare” finché non si è formato un legame
forte tra osso ed impianto.
Aumento del processo alveolare. Esistono varie
possibilità per aumentare lo spessore del processo
alveolare. Nei casi più semplici dove si devono ottenere
piccoli aumenti, si può utilizzare delle membrane che
vengono adeguatamente fissate alla mandibola e che
proteggono i piccoli frammenti di materiale da innestare.
Dopo alcuni mesi o talvolta nello stesso intervento si può
inserire gli impianti.
Nei casi più gravi si preleva invece un vero e proprio
tassello di osso che si fissa nella zona interessata con
delle viti. Questo prelievo può essere eseguito da un
area all’interno della bocca o addirittura da altre parti del
corpo. Dopo 3 o 4 mesi si tolgono le viti che lo tenevano
in posizione e s’inseriscono gli impianti che reggeranno i
denti mancanti.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare un altro effetto positivo di
questo vegetale: la sua spiccata
attività antiossidante. Oggi sappiamo che i radicali liberi dell’ossigeno aumentano con il normale
processo d’invecchiamento.
Ma ci sono molte malattie nelle
quali queste sostanze vengono
prodotte in quantità maggiori:
ogni volta che il tenore di ossigenazione dei tessuti è ridotto, si
ha la necessità di assumere o con
il cibo o con integratori, prodotti
ad attività antiossidante. La rodiola appartiene anche a questa
categoria.
Tutti gli studi effettuati non hanno mai segnalato casi di assuefazione alla sostanza. Ovviamente,
la sua eventuale combinazione
con farmaci chimici, deve essere
attentamente valutata dal medico.
La pianta è sostanzialmente priva
di effetti collaterali alle dosi consigliate, anche se è controindicata
in gravidanza, nell’allattamento e
nei soggetti affetti da ipertensione arteriosa.
dott. Danilo Vaccai
informazioni presso la redazione:
tel. 055340811 fax 055340814 [email protected]
Quando invece manca lo spessore ma non l’altezza, si
può dividere in due l’osso esistente mediante un taglio
sagittale. Una volta aperti i due lati s’inseriscono gli
impianti nel mezzo.
Spostamento del nervo mandibolare. Nei casi ancora
più gravi è possibile spostare il decorso di un nervo che
passa all’interno della mandibola, ottenendo così lo
spazio necessario per inserire gli impianti.
L’odontoiatria moderna ci consente di eseguire interventi
molto speciali e di grande raffinatezza chirurgica,
soprattutto in un’area come questa dove è presente
e diffuso un livello di eccellenza sia nella odontoiatria
pubblica che privata. Ma la possibilità di eseguire certi
interventi non significa però che possano essere eseguiti
sempre e comunque. Non dobbiamo certo dimenticare
che solo un attento esame pre operatorio ed una
serena comunicazione tra medico e paziente, permette
al dentista curante, al chirurgo ed al paziente stesso
la piena conoscenza e consapevolezza delle difficoltà
dell’intervento, dei vantaggi e dei rischi presenti in ogni
possibile atto medico.
dott. Cesare Paoleschi
NATALE2005
Missione e Solidarietà
Fino al 6 gennaio si tiene una mostra-vendita di artigianato dei Paesi in via di sviluppo, presso i locali del
Centro Missionario Medicinali, associazione di volontariato Onlus, in via degli Agli. Da ormai più di 20 anni
il Centro Missionario Medicinali organizza per le feste
natalizie questa iniziativa che non ha scopi di lucro. Infatti, l’intero ricavato sarà utilizzato per l’acquisto e la
spedizione di medicinali e materiale sanitario a sostegno degli ospedali e dispensari che operano nei paesi
del sud del mondo.
Aperta tutti i giorni con orario continuato
dalle ore 10 alle ore 20.
Centro Missionario Medicinali,
via degli Agli (ang. piazza Antinori)
tel. 055294501 - [email protected]
successiva18
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