Internazionalizzazione delle imprese italiane e New Marketing

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L’Internazionalizzazione delle imprese ed il new Marketing
Internazionalizzazione d'impresa, globalizzazione dei mercati, strategie commerciali per
l'esportazione, marketing internazionale: termini sempre più diffusi all'interno del complesso
tessuto imprenditoriale.
Negli ultimi anni, le aziende italiane hanno sviluppato la loro attenzione nei confronti di nuove
discipline manageriali e di marketing. Quest'ultimo e le attività commerciali d'impresa
assumono un ruolo centrale nelle politiche di penetrazione dei mercati e di fidelizzazione dei
clienti esteri, rappresentando lo snodo cruciale di tutte le informazioni che dai mercati
provengono e che sono alla base della pianificazione e dell'attuazione delle politiche di
marketing e commerciali dell'impresa su scala internazionale. La nuova spinta sta interessando
molti nostri operatori appartenenti a diversi settori merceologici, dalle grandi aziende alle
piccole e medie imprese ‘sparse' nel territorio e non ‘sistematizzate'.
Le PMI italiane quindi hanno inserito le iniziative internazionali nelle loro strategie
commerciali e produttive.
Nel loro complesso hanno quindi cambiato il modo di rapportarsi all'internazionalizzazione
anche se la strada da percorrere è ancora lunga.
Ottimi produttori ‘locali' rivolgevano la loro attenzione al mercato ‘locale' (talvolta
limitandosi alla loro provincia): ora esportano in Europa, in Nord America e nel Far East.
Hanno saputo scegliere e pianificare, per piccoli passi, oculate iniziative dirette a reperire ed a
consolidare contatti commerciali in Paesi dove il Made in Italy è apprezzato per la sua
qualità: da anni, partecipano alle stesse fiere campionarie, spingono i loro prodotti puntando su
canali distributivi qualificati, tengono aggiornati i loro targets esteri in merito alla propria
produzione ed iniziano ad utilizzare le tecnologie digitali per comunicare a livello
internazionale (in primis, web e Tv).
Il tempo del "mordi e fuggi" tipico delle "iniziative spot" sta terminando: in fondo, è la stessa
competitività dei mercati internazionali ad imporre un approccio diverso alle nostre aziende.
Risulta quindi importante che i manager coinvolti in questi processi abbiano la preparazione e
l'esperienza adatta per utilizzare i seguenti strumenti di analisi e di gestione dei mercati:
-
individuare opportunità di mercato e commerciali all'estero;
-
comprendere come
gestire il
proprio portafoglio clienti
in una logica
internazionale;
-
sviluppare la capacità di definire un piano per le attività commerciali all'estero;
-
imparare a misurare il risultato delle scelte di internazionalizzazione.
In termini generali, si è passati da un approccio basato sul cosiddetto "mordi e fuggi",
caratterizzato da un'occasionale partecipazione a fiere internazionali e/o a missioni
commerciali all'estero, ad una strategia basata su specifiche iniziative mirate e rinnovate
periodicamente.
Si tratta forse di un salto culturale oltre che strategico. Ulteriori passi in avanti devono ancora
essere compiuti nell'approccio di marketing ai mercati internazionali. Spesso si ha modo di
osservare che le aziende italiane sono degli ottimi produttori (il Made in Italy in molti settori è
un plus qualitativo), ma che devono ancora compiere passi importanti sul fronte del marketing
e della comunicazione d'impresa.
Ora, si ha la sensazione che qualcosa si stia muovendo, che la molla della creatività e
dell'intuizione stia conducendo sempre più imprese a ‘localizzarsi' nei mercati esteri, grazie
anche a tutti coloro (pochi ancora) che riescono a cogliere nuove opportunità nell'ambito dei
new media digitali.
Probabilmente è in atto un arricchimento generazionale: i giovani che fanno il loro ingresso in
molte aziende portano spesso una ventata di innovazione e di dinamicità, basate anche sulla
capacità d'utilizzo/gestione delle nuove tecnologie e sulla conoscenza delle lingue straniere. In
più, la forte esperienza di chi opera da diversi anni in azienda, coniugata alla dinamicità di chi
è agli inizi della propria carriera, possono dare un nuovo slancio e maggiore qualità anche
all'internazionalizzazione dell'impresa e del sistema paese.
Made in Italy
Si scrive made in italy e si traduce in abiti eleganti e design sofisticato.
Ma non solo. Dai prodotti tipici dell’alimentazione italiana alle soluzioni tecnologiche
piu’ avanzate in campo meccanico e della robotica, sono tanti I settori che danno lustro
all’economia nazionale nel mondo, sostenuta e rappresentata dal lavoro e dall’iniziativa
di grandi imprese e da un vasto reticolo di piccole e medie imprese. Sono queste, infatti,
specializzazioni in cui L’Italia, a partire dal Secondo Dopoguerra, e’ divenuta leader a
livello internazionale sotto il profilo delle quantita’ prodotte ed esportate, grazie al
design, all’innovazione e alla qualita’ dei prodotti.
Un rilevante apporto all’immagine positive dell’industria italiana e’ dato dai nostri
designer famosi in Europa e nel mondo. Per quanto riguarda il design industriale, esso
abbraccia diversi settori. Il più vasto sicuramente è quello del mobile e di complementi
d’arredo, in cui l’Italia è leader nel mondo. Con oltre 35 mila imprese e circa 230 mila
addetti, l’Italia è il secondo produttore mondiale di mobili dopo gli Stati Uniti ed è leader
assoluto delle esportazioni mondiali, con il 45% di export (8 miliardi di euro) sulla
produzione totale e una quota di export italiano di mobili pari al 17% del mercato
mondiale.
Il “sistema moda” comprende l’insieme di settori che producono beni per “vestire le
persone”. Oltre al tessile e all’abbigliamento, quindi, sono coinvolte altre tipologie di
imprese legate alla produzione di accessori, come quelle conciarie (pelletteria e
calzature), produttrici di occhiali, gioielli, cosmetici. Un sistema che rappresenta oltre il
6% dell’intero PIL e ben il 18% delle esportazioni.L’espressione made in italy e’ percio’
diventata una sorta di marchio colletivo che richiama alla mente l’esclusivita’ delle
produzioni italiane, divenendo cosi’ un patrimonio di immagine fondamentale per il
Paese.
Negli Usa sale la febbre del Made in Italy! Legami economici tra il Belpaese e gli
States.
Varie ricerche hanno dimostrato che negli ultimi tempi i consumatori americani
guardano con occhio sempre più interessato a tutto ciò che viene prodotto in Italia. A
dire il vero, il made in Italy in USA è sempre più trendy. Ciò è dimostrato dal numero
crescente di aziende di consulenza import-export sorte on-line negli ultimi tempi per
assistere e promuovere l’esportazione oltreoceano da parte di aziende italiane.
La cosa singolare è che la richiesta maggiore proviene dagli Stati dell’Unione più
inaspettati: ricordate il Texas di J.R. e Sue Ellen nella serie televisiva “Dallas”? Ebbene
i texani sono tra i più agguerriti estimatori dei nostri prodotti, che sono molto ricercati
anche
in
Oregon,
Michigan
e
via
dicendo.
A sostenere tutto questo arrivano voci autorevoli anche dalle istituzioni italo-americane
(si pensi alle Italy America Camere di commercio, all’ICE) che incoraggiano sempre
più gli operatori italiani a "tentare l’approdo" negli States.
Gli Stati Uniti d’America costituiscono quindi sempre piu’ uno straordinario mercato
per le imprese italiane. Il “Made in Italy” infatti possiede una capacità attrattiva
pressoché unica sul consumatore medio statunitense, che collega automaticamente a
quella origine qualità ed eleganza nonché cura dei particolari per ogni prodotto.
Affacciarsi a quel mercato è dunque quanto mai vantaggioso per le PMI italiane, anche
e soprattutto in considerazione del fatto che attualmente la valuta nordamericana è
molto debole nei confronti dell’euro. Inoltre, a differenza che in Italia, costituire una
società non richiede particolari investimenti ed anche i costi sono contenuti.
Molte PMI hanno dunque provveduto a costituire filiali delle proprie aziende, oppure a
crearne appositamente alter, in terra americana. La legislazione dei singoli Stati è poi
molto varia ed offre occasioni molto interessanti e sconosciute in ambito europeo:non
c’è una legislazione unica sulle società. Delaware, Nevada e California offrono gli
scenari
più
dinamici,
anche
a
fini
fiscali.
Per coloro che intendono esportare negli States è dunque consigliabile valutare questa
possibilita’ molto attentamente.
Negli U.S.A. esistono le seguenti forme di società:

Società per azioni

Società a responsabilità limitata

General partnership

Limited partnership

Proprietà personale
E’ inoltre possibile costituire “branch” statunitensi di società estere, caratterizzate dalla
presenza di un ufficio di rappresentanza o da un recapito effettivo nel territorio
statunitense che dovrà essere sottoposto alla registrazione presso lo Stato nel quale la
filiale è ubicata e intende svolgere la propria attività. La filiale non dispone di una
personalità giuridica distinta da quella della società madre e dunque la responsabilità
civile, penale e fiscale si estende al patrimonio della società straniera per la
responsabilità
nella
quale
incorra,
per
ipotesi,
la
propria
filiale.
Inoltre la legislazione di sviluppo e sostegno all’internazionalizzazione delle PMI offre
la possibilità di accedere a contributi e fondi regionali e/o europei che permettono di
recuperare i costi di gestione della società estera. Una ragione in più per rendere attuale
il sogno americano.
“I legami tra i due Paesi sono molto profondi e di lunga data. Secondo il censimento
del 2000, i cittadini americani nati in Italia sono ben 473 mila, mentre gli Americani "of
Italian descent" sono oltre 16 milioni. Si tratta di una comunità perfettamente inserita
nella società americana ed un serbatoio di crescita ulteriore delle relazioni bilaterali. Al di
là delle contingenze politiche, le relazioni bilaterali sono ottime” 1. L'Italia in America
gode di un'ottima reputazione per la moda, la cucina, l'arte e la qualità della vita. Sono
tutte cose in cui l'Italia eccelle, ma l'Italia è anche molto, molto di più, e c'è spazio per
migliorare ulteriormente la nostra immagine e le nostre relazioni. L'Italia è una delle
principali 7 potenze industriali del mondo. In Italia si "produce tutto": automobili, aerei,
1
Italy-Usa:a relationship that is bound to grow, a speech by the Italian Ambassador to the Usa, Mr Giovanni Castellaneta.
treni, navi, prodotti chimici, farmaci, macchine utensili, macchine agricole, impianti
industriali. In campo industriale, l'Italia esporta negli USA alcuni prodotti di assoluta
eccellenza come le auto Ferrari e Maserati, ma anche gli elicotteri US 101, già risultato
vincente nella gara per la flotta presidenziale della Casa Bianca. Nel settore delle
macchine agricole e movimento terra, il gruppo FIAT, con la sua controllata Case New
Holland, ha una posizione di preminenza. Anche la Vespa, la motocicletta icona del
boom economico italiano, sta conoscendo un rimarchevole successo commerciale negli
Stati Uniti. In un'economia globalizzata anche la definizione di "investimento diretto" è
molto difficile. In ogni caso, secondo il Department of Commerce, lo stock di
investimenti diretti americani in Italia è di 26 miliardi di dollari. Certamente sono
presenti in Italia tutte le principali multinazionali americane e molte di esse con impianti
industriali: IBM, Exxon, General Electric, Hewlett Packard, Pfizer, Philip Morris, Dow
Chemical, Procter & Gamble, Johnsons & Johnsons, Colgate-Palmolive, ecc.
Nel 2005 sono stati registrati nuovi investimenti di aziende statunitensi in Italia. Tra
questi, la Merck, multinazionale USA per il settore farmaceutico, ha acquisito l'italiana
BioXell con un accordo valutato attorno ai 150 milioni di dollari. La Oblicore, azienda
statunitense leader nel settore del software, ha aperto una sede a Roma. La General
Motors ha inaugurato a Torino il quartier generale della General Motors Powertrain per la
progettazione di nuovi motori con un investimento di circa 10 milioni di euro. Microsoft
ha aperto un centro di eccellenza per la bio-informatica a Trento grazie anche ad un
accordo con Governo, Enti Locali e Università. Sempre la Microsoft, insieme con
Siemens, ha inaugurato a Genova un centro di eccellenza europeo per i controlli
automatici e l'automazione industriale. Specularmente, lo stock di investimenti italiani in
America ammonta, secondo la stessa fonte, a 8 miliardi di dollari e comprende: FIATCase New Holland, Pirelli, Finmeccanica, Bracco, De Longhi, Lottomatica, Segafredo
Zanetti, Autogrill, ecc. Le società italiane quotate alla borsa di New York (NYSE) sono
nove: Benetton, Ducati, ENEL, ENI, Fiat, Luxottica, Natuzzi, Sanpaolo IMI e Telecom
Italia.
In questo quadro, che riconferma la centralità degli Stati Uniti nell'economia globale –
mentre vede in Asia il trasferimento di produzione da altri Paesi asiatici verso la Cina – la
posizione relativa dell'Italia è costantemente esposta alla concorrenza. Nonostante la
rivalutazione dell'Euro, le nostre esportazioni sono in costante crescita (25 miliardi di
dollari nel 2003, 28 nel 2004 e 31 nel 2005), ma la nostra quota di mercato americana si
riduce: 1,46% nel 2003, 1,31% nel 2004, 1,27% nel 2005. La nostra crescita è quindi
inferiore all'espansione del mercato americano.
Ci sono margini di ulteriore crescita del nostro export? Certamente. Nei settori
tradizionali della moda e dell'agroalimentare la nostra presenza commerciale oggi è
buona, ma ancora troppo limitata alla East Coast ed alla California. Essa può quindi
essere migliorata tramite una espansione territoriale verso il Mid-West ed il Sud degli
Stati Uniti. Questo vale a maggior ragione per il comparto industriale, dove la
penetrazione commerciale nel mercato Americano, in quegli stati in rapida crescita(come
il Texas) in cui la nostra presenza non è ancora al livello delle sue potenzialità, è legata
ad una solida rete di presenza sul territorio per il servizio post vendita. Per sostenere le
nostre imprese in questa espansione, l'Ambasciata punta a stimolare ogni possibile
sinergia tra la rete consolare, la rete ICE e gli addetti scientifici, nonché ad una
armonizzazione delle attività di tutte le altre presenze istituzionali italiane negli USA. In
collaborazione con Sviluppo Italia, l'Ambasciata punta ad utilizzare questa rete
Consolati-ICE-Camere di Commercio anche per l'attrazione degli investimenti ed il
trasferimento di tecnologia.
“L'ingresso di un'azienda nel mercato americano è, come noto, momento da preparare
con particolare cura ed attenzione. L'improvvisazione non è ammessa. In tal senso, le
fiere rappresentano, sulla base dell'esperienza maturata in questi anni, lo strumento più
utile – in particolare per le piccole e medie aziende – per presentare i propri prodotti agli
operatori americani del settore prescelto”2.
Tra le fiere più rappresentative del e per il Made in Italy che si tengono a New York,
vanno annoverate la Fiera della gioielleria (in agosto), alla presenza, nell'ultimo anno, di
circa 70 aziende italiane; la Fiera dell'abbigliamento uomo (due edizioni annuali, in
gennaio e luglio); la Fiera dell'abbigliamento donna (due edizioni, in febbraio e
2
Tratto dall’intervento del Console Generale di New York Antonio Bandini, pubblicato nel sito www..italplanet.it
settembre) e la fiera Première Vision (tessuti e pelli, con due edizioni in gennaio e
luglio), entrambe organizzate dall'ufficio ICE di New York; due fiere del settore
calzaturiero, ovvero la Fashion Footwear Association of New York e The New York
Shoe Expo (due edizioni, in dicembre e giugno); l'International Contemporary Furniture
Fair (arredamento e design, in maggio).
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