Cultraro_Scudo

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ANNALI DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
«L’ORIENTALE»
DIPARTIMENTO DI STUDI DEL MONDO CLASSICO
E DEL MEDITERRANEO ANTICO
Sezione filogico-letteraria
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AION
ANNALI DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
«L’ORIENTALE»
DIPARTIMENTO DI STUDI DEL MONDO CLASSICO
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pisa · roma
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issn 1128-7209
issn elettronico 1724-6172
isbn 978-88-6227-294-0
SOMMAR IO
Ricordo di Luigi Enrico Rossi
9
Matteo D’Acunto, Riccardo Palmisciano, Le ragioni di un’iniziativa
Riccardo Di Donato, Diacronia di civiltà. Lo Scudo rivisitato
Luca Cerchiai, I codici della comunicazione
Roberto Nicolai, L’ e[kfrasi~, una tipologia compositiva dimenticata dal la critica antica e dalla moderna
Riccardo Palmisciano, Il primato della poesia sulle altre arti nello Scudo
di Achille
Livio Sbardella, Erga charienta : il cantore e l’artigiano nello Scudo di
Achille
Francesco Guizzi, Ho visto un re... La regalità nello Scudo di Achille
Mauro Menichetti, Lo Scudo e le armi magiche della guerra
Stefano Amendola, La luce e lo Scudo tra simbolismo e metallurgia
Massimo Cultraro, Echi dal passato: lo Scudo di Achille e la Grecia della
tarda Età del Bronzo
Matteo D’Acunto, Efesto e le sue creazioni nel xviii libro dell’Iliade
Fausto Longo, L’ ajgorhv di Omero. Rappresentazione poetica e documenta zione archeologica
Bruno d’Agostino, Qualche riflessione in margine
Maria Arpaia, Bibliografia sullo Scudo di Achille (1945-2008)
11
15
23
29
47
 
65
83
97
111
125
145
199
225
233
a luigi enrico rossi
cai`rev moi... kai; eijn ∆Ai?dao dovmoisi
R ICOR DO DI LUIGI ENR ICO ROSSI
8
jZhi^ Atti della giornata sullo Scudo non sono completi. Manca il contributo di Luigi Enrico Rossi, l’amato Chico, perché il &. settembre scorso la
morte ci ha privato della sua voce per sempre. Per comune volontà questi
Atti sono dedicati a lui.
Aveva accettato l’invito a partecipare con entusiasmo, perché condivideva lo
spirito dell’iniziativa e perché l’argomento lo appassionava. Alcuni di noi hanno
fatto il viaggio da Roma con lui con il primo treno e, fra un tè un po’ improvvisato (una scatola da viaggio con le preziose foglioline era sempre nella tasca
della sua giacca) e molte gustose parole, arrivare è stato un lampo. Chico aveva predisposto una fotocopia con il testo intero dello Scudo, diviso in sezioni,
con accanto delle note scritte a mano. Questo era il suo handout, tutto il resto
erano i pensieri a cui avrebbe dato voce più tardi. Non aveva un testo scritto e
non ha fatto in tempo a produrne uno in seguito, ma ciò non gli ha impedito
di lanciare ai partecipanti al Convegno un’idea fulminante, un’altra delle sue : lo
Scudo come sintesi di ogni epos possibile. Quest’idea veniva al termine di una breve
introduzione alle problematiche poste dal passo omerico e ci sarebbe piaciuto
vederla sviluppata in un discorso più ampio, ma pur nella sua lapidaria icasticità
ci sembra un’idea destinata a germogliare, un’idea in grado di superare molte
delle anomalie che il testo presenta.
Purtroppo non sarà più possibile discutere con lui di questo e di mille altri
argomenti.
Quel giorno Chico Rossi è stato l’uomo di sempre, brillante e acuto, disposto
a parlare con tutti, spiritoso. Per gli studenti che lo conoscevano solo attraverso
gli scritti deve essere stato un incontro importante, anche perché, niente affatto
intimiditi, gli rivolgevano la parola e Chico aveva una risposta per tutti. La sera è
stato uno degli animatori di una cena particolarmente simpatica e a notte quasi
fatta ci ha comunicato il suo proposito per la giornata seguente : sveglia prestissimo e gita in taxi (aveva un tassista di fiducia in ogni città) prima a Cuma e poi a
Ercolano, e rientro a Roma in serata. Grazie agli amici archeologi un programma così serrato è stato reso possibile, con sua grande soddisfazione. Qualche
giorno dopo, per mostrare quanto aveva apprezzato quella giornata, Chico ci
ha mandato per posta delle fotografie che aveva scattate nei luoghi visitati con
alcune belle frasi sul retro.
Questo libro vuole essere una tardiva, inadeguata risposta a quelle cartoline
affettuose.
V^dcfilol.)
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xxxi · '%%.
2009
Echi dal passato : lo Scudo di Achille
e la Grecia della tarda età del Bronzo*
 
Massimo Cultr aro
Premessa
U
n tema così ampio, quello dei rapporti tra l’epos omerico e il mondo miceneo, impone, se non altro per ragioni di chiarezza, un eventuale sottotitolo che potrebbe essere, per parafrasare un celebre lavoro di John Boardman,
“appunti per un’archeologia della nostalgia”. 1 Il punto di partenza della ricerca,
infatti, è quello di indagare, attraverso la lettura del disegno narrativo dello scudo fabbricato da Efesto per Achille (Il. 18, 468-608), le strategie di proiezione e di
comunicazione che presiedono all’immaginario sociale di un gruppo di potere,
il quale mette in atto dinamiche di recupero, selezione e rielaborazione del proprio passato in chiave celebrativa. 2
Dal momento che il percorso di ricerca che si intende avviare coincide con
l’analisi dei singoli quadri descrittivi dello Scudo, a questo corollario occorre affiancare una riflessione di carattere metodologico. Il presupposto centrale, nella prospettiva di uno studio fondato sulla lettura delle immagini, è la considerazione che nella descrizione omerica dello Scudo di Achille si possa nascondere,
anche se in forma selettiva e parziale, un complesso palinsesto di strategie di
autorappresentazione collettiva, alla base del quale risiede un sistema di scelte
ideologiche e di codici riferibili ad uno specifico contesto culturale e storico. 3
L’identificazione di un determinato oggetto, immaginato secondo tipologie
reali o comunque verosimili, deve essere messo in relazione con la definizione
del carattere simbolico della cultura materiale, in quanto sistema saldamente
strutturato che evoca un universo sociale collettivamente condiviso dalla comunità di riferimento. 4 In quest’ottica la rivisitazione del passato si attua attra*  Desidero ringraziare gli organizzatori della Giornata di studi, Matteo D’Acunto e Riccardo Palmisciano, per l’invito a partecipare. Il tema della presente comunicazione si inserisce nell’ambito di
una più vasta ricerca da me avviata nel 2001 quando, in qualità di visiting professor presso la Brown
University di Providence (Rhode Island, usa), ebbi modo di recepire stimoli e preziosi suggerimenti
da parte di K. Raaflaub, a cui va la mia più sincera gratitudine.
1  Boardman 2004.
2  Per l’illustrazione di questi comportamenti elaborati nel campo dell’antropologia culturale vd.
Hobsbawm – Ranger 1984, pp. 3-4.
3  Sulle forme e strategie di costruzione sociale della memoria collettiva vd. Assmann 1997, in part.
pp. 10-22.
4  In questa definizione risalta il metodo di lettura, che associa l’interpretazione iconologica con lo
studio delle condizioni storiche dell’immaginario figurato : per una sua applicazione nel campo del
repertorio di immagini del mondo minoico si veda Cultraro 2001, pp. 213-273.
aion (filol.) · xxxi · 2009
126
massimo cultraro
verso un percorso di immaginazione storica, vale a dire mettendo in campo un
dispositivo simbolico che la comunità, o una parte di essa, utilizza non solo per
riflettere se stessa, ma soprattutto per evocare la propria concezione del mondo
nelle forme mediate dalla proiezione ideologica.
La descrizione dei presupposti metodologici che informano il presente studio
viene a saldarsi con le più recenti acquisizioni nel campo dell’esegesi dei testi
omerici e, in particolare, con l’analisi delle forme della narrazione e della ricostruzione degli elementi della realtà storica rintracciabili nello Scudo di Achille. 5 L’approccio esegetico alla narrazione omerica, secondo la prospettiva dell’antropologia storica, 6 permette di recuperare i singoli elementi caratteristici
contenuti nel testo e, al tempo stesso, di cogliere, attraverso una segmentazione delle parti in diacronia, la complessa polisemia di quegli aspetti che possono
essere ricondotti principalmente alla Grecia dell’Età del Ferro, ma anche al sostrato della più antica cultura palatina micenea.
Lo Scudo e la scoperta della civiltà micenea
Si deve a H. Schliemann, nella sua prima sintesi sui risultati delle esplorazioni
nella cittadella di Micene, il richiamo al noto passo omerico dello Scudo per
spiegare la funzione di alcune piastre circolari in lamina aurea e decorate con
motivi assai elaborati. 7 Si tratta dell’unico significativo riferimento, nei lavori
dello studioso tedesco, alla descrizione dello Scudo di Achille ; qualche anno
dopo, quando altri ricercatori interpreteranno questi manufatti come elementi
decorativi del vestiario, 8 si registra curiosamente il progressivo oblio della rappresentazione dell’opera di Efesto, che, tranne qualche significativa eccezione, 9
era destinata a restare ancora per molto tempo all’interno dei confini della ricerca storico-filologica sulla questione omerica. 10
5  Sull’esegesi dello Scudo : Di Donato 1996. Nuovi spunti di riflessione in tale direzione sono offerti da una rilettura del passo omerico (Stansbury-O’ Donnell 1995) che pone l’accento su certi modelli
narrativi, che troverebbero una stretta corrispondenza con alcuni schemi compositivi dell’arte greca
dell’età geometrica.
6  Di Donato 1996. Per un quadro di aggiornamento si rimanda al contributo dello stesso studioso
in questo volume. È utile ricordare che il campo della micenologia (con questa definizione si fa riferimento all’orientamento degli studi sulla Grecia della tarda Età del Bronzo assunto in seguito alla
decifrazione della Lineare B) si è rivelato, fin dalla sua nascita, un vivace terreno di incontro tra alcune
correnti della ricerca antropologica della seconda metà del Novecento. Sulle influenze dell’antropologia nello studio della società micenea si rimanda a De Fidio 2006.
7  Schliemann 1878, p. 201.
8  Ad esempio Schuchhardt 1891, pp. 203-204, figg. 189-191.
9  Possono essere citati in questo ambito gli studi di carattere iconografico rivolti ad identificare
dei realia nella descrizione omerica dello Scudo : Murray 1890, vol. i, pp. 42-57 ; Reichel 1901, pp. 147165. Per una sintesi e una storia delle posizioni dei singoli studiosi si veda Fittschen 1973, pp. 3-5.
10  Significativo è il cambio di direzione della ricerca che, in questa prima fase di studi esegetici, si
concentra su alcuni aspetti narrativi del testo omerico, quali ad esempio la scena del giudizio (18, 497508) come incunabolo del più antico sistema di diritto nella Grecia antica : Glotz 1904. Per le più recenti analisi si veda Scheid-Tissinier 1994, con bibliografia di riferimento. Vedi anche infra pp. 136 ss.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 127
Una possibile ragione per spiegare lo scarso interesse, da parte degli archeologi, per lo Scudo potrebbe essere riconosciuta nel rapido successo delle ricerche sulla glittica micenea, dalle quali emergeva l’impiego di due sole varietà di
scudo, quello rettangolare e la varietà bilobata, quest’ultima di ascendenza minoica. 11 Il prodotto di Efesto, per la sua forma circolare e per il complesso schema decorativo assimilabile al modello della Ringkomposition epica, 12 sembrava
risultare più coerente con il mondo della Grecia post-micenea. 13
Quando nel 1958 T. B. Webster 14 pubblicava il suo celebre lavoro From Mycenae to Homer esisteva già un vivace dibattito sul rapporto tra la documentazione archeologica della Grecia micenea e il mondo omerico, dibattito innescato
e alimentato dalla pubblicazione, ad opera di M. Ventris e J. Chadwick, della
prima interpretazione sistematica di trecento testi in Lineare B, ritenuti tra i
più rappresentativi per la comprensione della società micenea nei suoi diversi
aspetti. 15 Allo studioso britannico si deve l’elaborazione del primo quadro organico del complesso rapporto tra la società (o le società) riflesse nei poemi e
la documentazione archeologica sulla Grecia della tarda Età del Bronzo, dalle
istituzioni alla sfera religiosa, dai rituali funerari alle forme della quotidianità, offrendo di volta in volta puntuali osservazioni, sempre ben argomentate,
sulle radici dell’epica greca. Si trattava di interpretazioni solide e rigorose al
punto che lo studioso inglese, nella seconda edizione del volume apparsa nel
1964, poteva permettersi il lusso di ignorare e respingere le critiche di alcuni
recensori. 16
Al di là di certi limiti dell’opera, determinati in primo luogo dalla scarsa conoscenza della documentazione archeologica sulla Grecia micenea, il lavoro di
Webster rimane a tutt’oggi di grande rilevanza e, al tempo stesso, costituisce il
punto di partenza obbligato per un riesame dell’eventuale presenza, nei poemi
omerici, di elementi riconducibili all’Età del Bronzo. L’attualità del lavoro, infatti, risiede nel fatto di aver messo in campo due significative prospettive di studio,
entrambe interrelate e punto di forza per ogni indagine in tale direzione. La
prima prospettiva è quella di leggere la società riflessa nei testi omerici come un
complesso di elementi stratificati che appaiono coerenti con il quadro socio-culturale della protostoria della Grecia. È preferibile, infatti, parlare di un insieme
variegato di aspetti, non sempre stratificabili e non necessariamente riconduci11  Per il tema dello scudo nel modello narrativo omerico e i richiami all’armamento dei guerrieri
della tarda Età del Bronzo si veda, con una completa bibliografia di riferimento, Greco 2002, in part.
pp. 561-564. 12  Di Donato 1996, p. 235.
13  Questa interpretazione, sostenuta da alcuni studiosi (Helbig 1887, pp. 400-416 ; Robert 1901, p.
15) viene ripresa, con nuove argomentazioni da Lorimer 1950, pp. 486-487.
14  Webster 1958.
15  Ventris – Chadwick 1973. Sugli effetti della decifrazione della Lineare B nel contesto della questione omerica si rimanda, da ultimo, a Giovannini 2006.
16  Sull’opera di Webster nel contesto della ricerca archeologica sulla Grecia dell’Età del Bronzo :
McDonald – Thomas 1990, pp. 467-468.
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massimo
cultraro
bVhh^bdXjaigVgd
bili al solo mondo miceneo, come di recente è stato sostenuto, 17 ma in certi casi
anche alla più antica tradizione minoica. 18 Alla luce di queste considerazioni,
risulta chiaro che la ricostruzione degli aspetti storico-sociali debba misurarsi
con le difficoltà insite nella definizione dei ‘tempi del mito’, 19 ma è altrettanto
vero che la rivalutazione della tradizione orale deve la sua principale fortuna al
fatto di aver conservato forme di comportamento sociale e modelli di azione,
confermate in larga misura dalla decifrazione dei testi in Lineare B. 20
Il secondo corollario riguarda l’identificazione di alcuni elementi, presenti
nelle singole categorie di nomi e nelle rappresentazioni artistiche, per le quali
lo studioso britannico intuiva una matrice riconducibile al mondo vicino-orientale. 21
Oggi, a distanza di cinquant’anni ci interroghiamo sul rapporto tra la società
filologia
deidei
testitesti
in Linarrata nei poemi
poemi omerici
omericieequella
quellache
chel’archeologia
l’archeologiae la
e la
filologia
in
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Lineare
ricostruisconoper
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Greciadell’età
dell’etàdel
delBronzo,
Bronzo, ee continuiamo a chiederci cosa sia cambiato rispetto alle ricerche prodotte al tempo di Webster. Le
differenze sono quelle che potremmo trovare nella cinematografia degli anni
‘50 del secolo scorso, che ha come protagonisti gli eroi omerici, e la produzione
‘*%
dell’ultimo decennio. È sufficiente confrontare la celebre miniserie televisiva
(1969) con il più recente Troy di Wolfang Petersen, apOdissea di Franco Rossi (&.+.)
parso nel '%%)
2004 ; quest’ultimo prodotto appare più realistico e meno romantico
del primo, ma certamente più sofisticato sul piano degli effetti scenici e dell’apporto tecnologico. 22 Se trasferiamo questi principi all’ambito del nostro discorso, ci accorgiamo che, pur cambiando gli scenari di lettura, le domande e i percorsi della ricerca sono sempre gli stessi. Forse anche noi siamo meno romantici
e disincantati, come gli eroi del film di Petersen, ma è pur vero che continuiamo
a cercare nella Grecia micenea dell’età del Bronzo il background, reale e immaginario, del mondo narrativo di Omero.
In questa sede non intendo trattare gli sviluppi della ricerca seguiti al lavoro
di Webster, ma vorrei tentare un approccio più archeologico, orientato verso
l’identificazione di quegli elementi che nella descrizione dello scudo fabbricato
17 Mylonas Shear '%%%, in part. pp. (%-() sul carattere ‘miceneo’ della descrizione narrativa dello
Scudo di Achille.
18 Morris&.-..
19 Carlier &..., p. .+ ; Di Donato &..., pp. &(.-&)*.
20 Per i diversi aspetti della società descritta da Omero e i rapporti con la struttura palatina micenea, codificata dai contenuti dei documenti in Lineare B, si rimanda a Carlier&.-)e Carlier &....
La revisione della documentazione archeologica, con bibliografia di riferimento, è al centro di un
importante lavoro di Dickinson '%%+.
21 Interessante in tale prospettiva è lo studio di D. Gray (&.*)) sull’impiego di differenti metalli
nella realizzazione dello Scudo e il confronto con la tecnica decorativa del niello nella metallurgia micenea e del Vicino Oriente. Per una recente ripresa di questo tema, con specifici riferimenti all’epica
e alla documentazione archeologica, si veda Winter &..* ;Morris &..'. Il carattere realistico di alcuni
particolari compositivi dello scudo e le connessioni con la toreutica vicino-orientale sono ripresi da
M. D’Acunto in questo volume.
22 Sull’impatto dei poemi omerici nella cinematografia contemporanea si veda Winkler '%%,.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 129
da Efesto per Achille potrebbero apparire non coerenti con i caratteri generali
del testo epico. Cercherò di ricondurre questi elementi sul terreno specifico
del quadro culturale del mondo miceneo, senza però perdere di vista il punto
generale della questione, quello cioè che siamo in presenza di un testo che si
presenta come repertorio della conoscenza e referente ideologico delle società
aristocratiche della Grecia dell’Età del Ferro. 23
Per rendere più efficace questo procedimento, risulta opportuno isolare i singoli elementi narrativi, secondo una lettura microcontestuale in grado di cogliere quelli che R. Di Donato chiama i ‘fotogrammi’ compositivi. 24 Solo in un
secondo momento della lettura esegetica, i vari elementi identificati potranno essere ricondotti all’interno di una comparazione generale con quei caratteri che invece rifletterebbero un diverso contesto storico, risultando, quindi,
più coerenti con la Grecia post-micenea e con la fase di costituzione del testo
omerico.
Vesti luccicanti di olio
In Iliade 18, 596 Omero fa un esplicito riferimento ai fanciulli che indossano ‘chitoni luccicanti di olio’. A prima vista potrebbe sembrare una forma poetica del
genere epico, 25 ma il termine ricorre anche nell’Odissea (5, 264), quando Calipso
offre ad Odisseo delle vesti fragranti (eimata thyòdea) e, più comunemente, in altri passi dell’Iliade e negli inni ad Afrodite e Apollo, sempre in relazione a tessuti
pregiati indossati da divinità femminili e personaggi di rango regale. 26
Il termine stìlbontas elaìo nello Scudo di Achille è di un certo interesse perché, se privato dall’apparente significato di iperbole poetica, rivelerebbe una
possibile connessione con una specifica tecnica di manifattura dei tessuti attestata nell’artigianato miceneo. Sulla scorta di una intuizione di H. Lorimer, 27
C. Shelmerdine ha approfondito lo studio sistematico del lessico della lavorazione dei tessuti, offrendo un interessante parallelo tra la terminologia in uso
nella Lineare B e quella riflessa nei poemi omerici. 28 La presenza di oli profumati nelle liste di tessuti, ad esempio negli archivi di Pilo e di Cnosso, si spiega
alla luce dell’impiego di specifiche sostanze oleose che servivano per la manifattura di abiti di qualità pregiata : l’olio d’oliva serviva a detergere i tessuti e,
al tempo stesso, agiva come colorante conferendo al tessuto una particolare
lucentezza. 29
La continuità nel tempo di questa specifica tecnica dell’artigianato tessile,
la cui origine verosimilmente tradisce una matrice riconducibile al mondo si-
23  Di Donato 1996, p. 229.
24  Di Donato 1996, p. 234 ; Di Donato 1999, pp. 72-73.
25  Hainsworth 1968, pp. 5-13
26  L’elenco completo delle citazioni è in Shelmerdine 1995, pp. 99-101, tavv. 6. 1-2.
27  Lorimer 1950, pp. 371-372. 28  Shelmerdine 1985.
29  Marinatos 1967, pp. 5-6, n. 19.
130
massimo cultraro
ro-mesopotamico dell’età del Bronzo, 30 è assicurata dal gran numero di fonti
greche del periodo classico e ellenistico che forniscono interessanti dettagli sull’impiego dell’olio d’oliva o, in alternativa quello di semi, nel trattamento della
lana e del lino. 31
Ancora nell’ambito del lessico del vestiario, nella stessa scena che descrive
la danza dei fanciulli, al verso 18, 595 si descrive l’abito indossato dalle giovani
donne come lepte othone, probabilmente un capo di vestiario di lino, come è
confermato dalla continuità d’uso del termine nel successivo periodo arcaico
e classico. 32 Questa espressione, che in altri passi dei poemi omerici viene assimilata al chitone di lino leggero (linon lepton), trova un sorprendente parallelo
nel termine ri-no re-po-to riportato nella tavoletta KN L 693 da Cnosso. 33 Questa
particolare stoffa era impiegata per la manifattura di un particolare capo di vestiario indicato nella Lineare B come ki-to, il chiton del greco antico, che nella
società micenea risulta destinato a personaggi di alto rango, quali ad esempio
ufficiali dell’esercito di grado elevato. 34 L’attestazione di questo termine, che è
stato messo in relazione all’accadico kittintu e all’ugaritico ktn, 35 entrambi riferibili ad una tunica di filo di seta grezza, rende ancora più pregnante il sistema
di relazioni con l’arte tessile praticata nel Vicino Oriente e dalla quale le maestranze egee avrebbero preso a prestito le tecniche di tessitura della seta. Nuovi
spiragli sono offerti dai risultati di indagini entomologiche su insetti fossili identificati in alcuni siti dell’Egeo : l’identificazione della specie Bombyx Mori e di altri
lepidotteri da seta offre un valido supporto all’esistenza, nella Grecia micenea,
della coltivazione e lavorazione di questa preziosa fibra tessile. 36
La stretta convergenza tra il lessico dei tessuti nella Lineare B e quello riportato nei poemi omerici non è certo accidentale, né deve essere interpretata solo
meramente nell’ambito del formulario poetico ; appare più verosimile che si
tratti di una specifica tecnica di produzione di tessuti pregiati risalente alla tarda
Età del Bronzo e rimasta in uso anche dopo il collasso delle strutture palatine. 37
Una mandria inconsueta
In Iliade 18, 574 Efesto disegna una mandria con delle vacche dalle lunghe corna
di oro e di stagno. Di Donato ha sottolineato il carattere originale di questo seg30  È utile menzionare a tal proposito alcuni testi dagli archivi reali dell’ultimo palazzo di Mari (Siria), nei quali si menziona l’uso di olio di semi per rendere chiari e luminosi i tessuti : Durand 1983,
pp. 146-147, n. 131.
31  Per un elenco delle fonti di epoca classica e il relativo commento si veda Shelmerdine 1995, pp.
101-102. 32  Chantraine 1974, p. 778, s.v. othone, con riferimenti bibliografici.
33  Shelmerdine 1995, p. 102, con elenco dei passi omerici.
34  Ventris – Chadwick 1973, p. 222. 35  Stella 1965, p. 106.
36  Per una recente analisi sull’industria tessile micenea : Cultraro 2006, pp. 194-196, con riferimenti
bibliografici. I dati sulle ricerche entomologiche sono riportati in Panagiotakopulu 2000.
37  Sulle tecniche di tessitura nella Grecia dell’Età del Ferro, con particolare riferimento alla lavorazione del lino : Barber 1992, pp. 203-205.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 131
mento poetico, che segna il passaggio dalla scena georgica a quella di contenuto
bucolico. 38 Se è vero che in questo affresco dominato da una grande ferocia (due
leoni uccidono un toro e lo sbranano) e dal vivace effetto cromatico (vacche e
pastori sono connotati da metalli luccicanti) è possibile riconoscere reali modelli figurativi riconducibili all’arte levantina, 39 è legittimo chiedersi se anche la
singolare descrizione delle vacche di oro e stagno possa essere ricondotta ad un
più preciso ambito iconografico.
Nella religione micenea è documentata la pratica di addobbare i tori destinati
al sacrificio mediante l’uso di sostanze colorate che, in qualche caso, si accompagnano a ghirlande e simboli dipinti sulla testa e il corpo dell’animale. 40
Un interessante riferimento iconografico è offerto da un affresco dalla North
Threshing Floor Area dell’ultimo palazzo di Cnosso : l’affresco, assegnato al Tardo
Minoico iiia 1 (primo quarto del xiv sec. a.C. in date calibrate) e quindi riferibile
alla fase di occupazione achea del palazzo, descrive un uomo su un carro da parata, certamente un funzionario di alto rango a giudicare dal tipo di abbigliamento,
dietro al quale procede un toro bianco di grandi proporzioni, con le corna di colore giallo. 41 Evans spiegava l’insolito colore con la pratica di colorare per ragioni
rituali le corna dell’animale, mentre il resto del corpo si distingueva per i toni di
grigio lucente che forse alludevano all’argento. 42 Il confronto più diretto è con
una classe di rhytà a testa taurina, tra i quali spiccano il celebre esemplare in oro e
argento dalla tomba iv del Circolo A di Micene, opera di una bottega minoica, 43 e
quello dal Little Palace di Cnosso, munito di lunghe corna di legno laminate d’oro. 44
In tutti questi casi si tratta di prodotti suntuari provenienti da botteghe palatine dell’età neopalaziale, destinati a specifici circuiti distributivi che coincidono
in massima parte con la sfera dell’attività rituale promossa dall’élite di governo.
L’impiego di materiale prezioso, inoltre, risulterebbe in stretto rapporto non
soltanto con le strategie di promozione messe in campo dalle aristocrazie palatine, 45 ma soprattutto potrebbe alludere alla pratica di preparare l’animale destinato al sacrificio. 46 Un elemento che supporta questa ricostruzione è offerto da
un deposito di singolari oggetti in lamina aurea dai Temple Repositories del palazzo di Cnosso, dove si segnalano alcune sottili fasce piegate a cono e interpretate
da Evans come rivestimento delle corna di un toro. 47
38  Di Donato 1996, p. 248.
39  Si vedano, ad es. Hertnet 1965 ; Fittschen 1973, pp. 8-17.
40  Marinatos 1986, pp. 30-31.
41  Evans 1921-1935, ii 2, pp. 770-772, figg. 502-3 ; Immerwahr 1990, pp. 92-95, fig. 27.
42  Evans 1921-1935, ii 2, p. 771.
43  Da ultimo, con bibliografia di riferimento, si veda Koehl 2006, pp. 115-116, cat. n. 294.
44  Evans 1921-1935, ii 2, pp. 527-530, figg. 329-332 ; Koehl 2006, p. 118, cat. n. 307.
45  Cultraro 2001, pp. 297-306.
46  Marinatos 1986, pp. 30-31, con riferimento a due modellini di vasi plastici tauriformi provenienti
da Akrotiri e da Pseira, entrambi con una decorazione dipinta a linee incrociate sul dorso. Un elenco
completo dei rhytà tauriformi con tracce di dipintura delle corna è in Koehl 2006, pp. 74-75, cat. nn. 20-23.
47  Evans 1921-1935, i, p. 470, fig. 37 ; Panagiotaki 1999, pp. 125-127, fig. 30, tavv. 22-23.
132
massimo cultraro
La preparazione del sacrificio
Nella descrizione del possedimento del re (Il. 18, 558), compaiono alcuni individui che attendono al sacrificio, preparando un enorme bue appena immolato e
destinato ad essere arrostito. I personaggi, dei quali non viene indicato il numero, sono definiti con il termine di kérukes, che è correttamente tradotto come
araldo. 48
Il sostantivo risulta di un certo interesse perché, fin dalla prima interpretazione dei documenti micenei, è stato messo in relazione con la figura del ka-ru-ke,
menzionata cinque volte nei testi di Pilo e interpretata da J. Chadwick come
araldo. 49 Il carattere pubblico di questo personaggio è assicurato dal contesto
della tavoletta PY Fn 187, nella quale i quattro individui, indicati al dativo, ricevono una certa quantità di grano. Ancora più chiaro risulta il contesto dell’altra
tavoletta PY Un 219 : il ka-ru-ke appare in una posizione centrale nell’elenco dei
destinatari di offerte, che partecipano alle cerimonie nel santuario extraurbano
di Pa-ki-ja-na, dedicato al dio Po-se-da-o (Poseidon), la più importante divinità
del pantheon di Pilo. 50 I due documenti pili, pertanto, se messi in correlazione,
non lasciano alcun dubbio sul fatto che nel ka-ru-ke possa essere riconosciuto
un funzionario dell’alta gerarchia palatina con specifiche mansioni nell’ambito
della sfera del culto. 51
Vorrei richiamare l’attenzione su un altro importante documento iconografico, l’affresco nel vestibolo 5 della Sala del Trono del palazzo pilio, dove troviamo
una straordinaria convergenza tra informazioni contenute in un gruppo di testi
in Lineare B e la rappresentazione di una processione religiosa. La tavoletta PY
Un 219, a cui si legano i testi che menzionano il ka-ru-ke, conserva le indicazioni
sul sacrificio di un bue che il wanax offriva a Poseidon nel santuario di Pa-ki-ja-na.
Attraverso un sapiente gioco di proporzioni gerarchiche e di sequenze narrative, il sovrano, indicato dalle dimensioni maggiori e dal particolare abbigliamento con un mantello, 52 guida un corteo dove domina la gigantesca figura di
un toro dalla pelle bianca : dietro all’animale dei personaggi maschili che, per
l’abito a tunica e per gli oggetti che tengono in mano, devono essere identificati
come funzionari palatini. 53
Chiude il corteo un gruppo di quattro figure maschili che portano strani oggetti di forma allungata e desinenti a T, forse interpretabili come spiedi o arnesi
48  Chantraine 1974, p. 327.
49  Ventris – Chadwick 1973, pp. 123, 396. Il termine ka-ru-ke si trova quattro volte nel documento PY
Fn 187.3.5.16.21 e una sola volta in Un 219.3
50  Sul santuario di Pakijana e il suo ruolo nella geografia sacra del regno miceneo di Pilo : Cultraro
2006, pp. 120, 172 con riferimenti bibliografici.
51  Sul carattere religioso del ka-ru-ke si veda Gérard-Rousseau 1968, pp. 125-126. Questa interpretazione è ora sostenuta, con nuove argomentazioni, da Boëlle 2004, pp. 39, 45.
52  Per l’analisi di questo affresco e l’identificazione della figura come wanax si veda Cultraro 2000.
53  Lang 1969, pp. 192-196, tav. 119 ; Immerwahr 1990, pp. 117-118, 197, PY n. 8.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo &((
133
adhXjYdY^VX]^aaZZaV\gZX^VYZaaViVgYVZi|YZaWgdcod
legati all’immolazione del toro. 54 Se in questi oggetti vanno riconosciuti gli strumenti del sacrificio, che di recente C. Wright ha supposto di identificare in quelli
riportati nella tavoletta cnossia KN K (&) -,', 55 si potrebbe pensare che i quattro
personaggi siano proprio i ka-ru-ke che preparavano l’animale, lo squartavano e
ne arrostivano una parte delle carni.
Non può certo sfuggire, inoltre, che nel medesimo affresco del vestibolo * il
toro sia rappresentato con un colore bianco dai riflessi argentei, forse con un
preciso riferimento alla pratica di dipingere le vittime destinate al sacrificio. Se
questa ipotesi cogliesse nel segno, la descrizione delle singolari vacche di stagno
(&-, *,*) risulterebbe coerente con il quadro di alcune importanti cerimonie organizzate dal palazzo di Pilo, durante le quali venivano offerte agli dei e consumate dai partecipanti considerevoli quantità di carni di animali. 56 All’interno di
questo particolare contesto rituale si collocava la pratica di arrostire le carni di
un bovino (toro o vacca), che trova una straordinaria corrispondenza nell’evidenza del vano , del palazzo, dalla quale provengono tracce di un singolare sacrificio e arrostimento delle carni di almeno dieci buoi. 57
In conclusione, gli elementi testuali e iconografici presi in esame sarebbero
sufficienti a stabilire l’esistenza di un sistema di relazioni, nella trasmissione del
titolo e nelle funzioni connesse alla sfera religiosa, tra i ka-ru-ke della Lineare B
e i kérukes in Omero. Il ruolo di questi personaggi come operatori del sacro viene ulteriormente confermato in un altro passo dell’Iliade, quando Ettore manda
i suoi araldi a recuperare le pecore da destinare al sacrificio ((, &&+-&&.. ')+-'),.
',(-',)). Nel mondo miceneo e in quello omerico i ka-ru-ke/kérukes sono strettamente collegati al sovrano e solo da costui ricevono ordini ; ogni luogo di culto, nella complessa geografia sacra della Grecia micenea, ha il suo ka-ru-ke che
preparava il sacrificio e intimava solennemente alla folla il silenzio, allo stesso
modo di quella figura di harux ricordata, qualche secolo dopo, tra le figure sacerdotali del celebre santuario di Eleusi. 58
K^cdYVahVedgZY^b^ZaZ
Un possibile riferimento al mondo della Grecia micenea può essere rintracciato
nella descrizione della scena bucolica, dove al verso *)* si menziona un depas
meliedèos oìnou. Il termine, che compare in altri passi dei poemi omerici, 59 non
54 Lang&.+., p. &.(, fr. *-+ H*, tav. &&. e tav. a colori N.
55 Wright '%%), p. )&. Per la tavoletta in esame si veda Killen – Olivier&.-., p. '&-.
56 Palaima '%%), con riferimento al gruppo delle tavolette della serie Un.
57 Stocker – Davis '%%).
58 Mylonas &.+', p. ''-. Sulla famiglia di sacerdoti nell’Attica di epoca classica indicata con il nome
di Harykes si veda anche Mühlestein &.*+, pp. ----..
59  Il vino descritto “dolce come il miele”, o accompagnato da derivati del sostantivo meli, compare
59
4, ()+
346 ; +,
6, '*-,
258. '+)
264 ; -,
8, *%+,
506. *)+
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10, 579
in Il. ),
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*)* ; 24,
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'-) ; Od. 3,
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18, &*&,
151. )'+
426 ; '&,
21, '.(.
293. Per un’analisi sulle caratteristiche del vino nei poemi omerici si veda
,2004, pp. '%'-'&%.
202-210.
Sherratt '%%),
134
massimo cultraro
necessariamente deve essere messo in rapporto al formulario dell’epica, ma potrebbe tradire una chiara allusione ad una varietà di vino documentata nel mondo egeo del ii millennio a.C.
Negli elenchi di prodotti in Lineare B sono riportate tre diverse varietà di vino, una qualità dal sapore dolce, de-re-u-ko, ottenuta mediante una leggera pressatura degli acini, e altri due tipi indicati con gli ideogrammi 131 Vinum e 131b. 60
Nell’ultimo decennio la rapida estensione delle analisi chimiche IR in riflettanza diffusa (Drift, Diffuse-Reflectance Infrared Fourier Transform Spectroscopy) sui
composti organici nei manufatti ceramici ha permesso di ricostruire i sistemi di
produzione e consumazione dei cibi in uso nella società egea del ii millennio
a.C. 61 Nuovi ed inaspettati dati per lo studio della funzione di alcune classi ceramiche provengono dalla campagna di analisi sui residui in traccia condotta tra
i materiali dal Cult Centre di Micene, il più importante luogo di culto all’interno
della cittadella nel Tardo Elladico iiib. 62 In due casi il tipo della coppa biansata a
profilo angolare (FS 295), di elegante fattura, ha restituito tracce di una sostanza
a base di cera d’api che è stata interpretata come resti di miele. 63 Si tratta con
molta probabilità di una bevanda alcolica ottenuta mediante il processo di fermentazione di una soluzione di vino e miele, talvolta aromatizzata con fiori di
timo o di rosmarino. 64
Questa particolare bevanda potrebbe corrispondere al termine me-ri-ti-jo
(‘mielato’), che compare sul retro dei noduli del gruppo Wz dal palazzo di Pilo
e accompagnati dall’ideogramma del vino. 65
Il contesto di circolazione e consumazione di questa particolare bevanda risulta esclusivamente legato all’ambito religioso e, più specificamente, dei cerimoniali della corte palatina. Non può certo sfuggire che nella descrizione dello
Scudo il vaso contenente la preziosa bevanda viene indicato con il termine depas, che trova una puntuale corrispondenza semantica nel di-pa, il contenitore
riportato nei testi in Lineare B. 66 Pertanto, se mettiamo insieme le informazioni
ottenute dalla analisi chimiche con quelle riportate nei documenti scritti micenei, potremmo riconoscere nel passo omerico dello Scudo (18, 545) il residuo
fossile di un particolare vaso e di una bevanda a base di vino e miele, entrambi
conosciuti fin dalla tarda età del Bronzo.
60  Stanley 1982 ; Palmer 1994 ; Cultraro 2006, pp. 87-88, con riferimenti.
61  Per un quadro di sintesi : Tzedakis – Martlew – Jones 2008.
62  French 2002, pp. 84-92.
63  Tzedakis – Martlew 1999, p. 133 (EUM-158 ; EUM-160), figg. 115-116.
64  Cultraro 2006, p. 88. 65  Palmer 1994, p. 63.
66  Stella 1965, pp. 116-118. Il termine di-pa, nelle tavolette in Lineare B, risulta sempre associato con
due ideogrammi di vasi (*202 e *204), che si riferiscono a contenitori chiusi atti alla conservazione
piuttosto che alla consumazione di bevande (Vandenabeele – Olivier 1979, pp. 234-239). Di contro, nei
poemi omerici non c’è alcun dubbio che il termine depas si riferisca ad un vaso potorio (ad es. in Il.
11, 632-635, con riferimento alla celebre coppa di Nestore). La continuità dell’uso del termine miceneo
nel lessico omerico potrebbe essere spiegata in riferimento all’importanza della bevanda contenuta
(vino mescolato con miele ?) piuttosto che alla forma del vaso.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 135
Scene di danza: una questione di musica e di sesso?
Fin qui gli elementi della narrazione epica che, a mio avviso, potrebbero avere
una certa relazione con l’immaginario sociale e i modelli di rappresentazione
delle aristocrazie palatine della Grecia dell’età del Bronzo. Esistono, tuttavia, altri aspetti del racconto per i quali i supposti collegamenti con il mondo miceneo
non sembrano risultare così saldamente provati.
Due scene, simmetricamente opposte ma correlate dalla medesima struttura
figurativa, rimandano al contesto della danza : nella prima (18, 491-496), il contesto è quello del corteo nuziale nel quale giovani danzatori si muovono in modo
cadenzato al suono di flauti e lire, mentre il secondo episodio (18, 590-605) ha
come focus una danza di adolescenti e fanciulle, della quale viene enfaticamente
sottolineato il carattere cretese. 67
Nei due quadretti descrittivi il tema centrale è quello del movimento ritmico dei giovani protagonisti, che appare ora corale, ora acrobatico, sempre accompagnato da strumenti musicali a fiato e a corda. Sono proprio gli elementi
compositivi delle due scene, che risultano meglio coerenti con le numerose rappresentazioni di suonatori nell’arte greca del periodo geometrico, 68 e la voluta
ambientazione nel contesto cretese, a spingere la tradizione critica, fin dal fine
commento di W. Leaf, a riconoscere un più antico modello di azione ritmata
su base musicale risalente all’epoca minoica. 69 Se spostiamo il percorso della ricerca verso l’iconografia della musica e degli strumenti musicali nell’arte micenea, la scena descritta nello Scudo perderebbe ogni richiamo al lontano passato
mitico, presentando forti elementi di discontinuità con la tradizione pittorica
dell’arte egea dell’età dei palazzi.
Nell’iconografia micenea il tipo del suonatore di flauto è assai raro e compare solo in due casi, nell’Affresco della Grande Processione e sul lato B del Sarcofago Dipinto, entrambi da Haghia Triada e riferibili al Tardo Minoico iiia. 70
Più complessa appare la figura del liricine, in genere maschile, che compare sia
nei grandi affreschi parietali che su pitture vascolari. In tutti questi casi il contesto all’interno del quale si muove la figura del suonatore di lira è di carattere
religioso e, non diversamente dal flauto, anche lo strumento a corde sembra
67  Sulla caratterizzazione intenzionale della scena riferita ad un contesto cretese, inteso come ‘luogo della memoria’ : Lonsdale 1995.
68  Wegner 1968, n. 99, tav. U VIa.b, n. 53, tav. U VId ; un’utile rassegna è in Padgett 2005.
69  Leaf 1900-1902, ii, p. 313. È utile sottolineare la forte influenza esercitata sullo studioso omerista,
come per l’altro egli stesso ammette, dai risultati preliminari degli scavi di Cnosso. Infatti, al momento dell’uscita del commentario di Leaf, erano stati portati alla luce oltre due terzi del palazzo minoico
e lo stesso Evans aveva elaborato le prime sintesi sulla civiltà cretese dell’Età del Bronzo. Il carattere
minoico della scena è sostenuto da Glotz 1923, pp. 290-291 ; Chamoux 1949 ; Ooteghem 1950 ; Burns
1974-1975. Più prudente è la posizione di Morris 1992, p. 14.
70  Militello 1998, pp. 135, tav. i (Grande Processione). 161, tav. 14b (Sarcofago Dipinto). Sulla rappresentazione dello strumento a fiato nell’iconografia micenea : Younger 1998, pp. 28-33.
136
&(+
massimo
cultraro
bVhh^bdXjaigVgd
essere stato impiegato all’interno di specifici rituali. 71 Nella stessa prospettiva si
colloca il noto gruppo fittile da Palaikastro (Creta orientale), anch’esso databile
nell’ambito del Tardo Minoico ^^^ : una serie di danzatrici si muovono in cerchio
intorno alla figura maschile di un liricine posta al centro della composizione ; 72
anche in questo caso, la struttura della scena e l’abbigliamento delle donne invitano ad interpretare il modellino fittile come la rappresentazione di una danza
rituale. 73
Non possiamo certo escludere che, nella società micenea, lira e flauto venissero impiegati anche in contesti di altra natura e non sempre di matrice religiosa ; tuttavia, il contemporaneo apparire, sia a Creta che nella Grecia continentale nel corso del mk"m^k sec. a.C., della figura del liricine non sarebbe casuale e
potrebbe essere in stretta relazione con l’introduzione di una nuova ideologia di
corte e con nuove dinamiche di celebrazione del potere regale. 74
Un altro elemento risulta in forte contrasto con il sistema di costruzione delle
scene di danza documentate nell’iconografia minoica e micenea : nella pittura
parietale, nella glittica e perfino nei gruppi fittili, il tema della danza vede protagonisti danzatori dello stesso sesso. 75 La danza corale, ma anche quella acrobatica, di fanciulli di entrambi i sessi è fino ad oggi assente nell’arte egea del ^^ millennio a.C. Risulta alquanto arduo pensare che si tratti di una carenza dello stato
della documentazione ; il tema, infatti, appare assai complesso e non può andare
disgiunto dal confronto con simili stereotipi figurativi che troviamo nella coeva
arte del Vicino Oriente, dove figure in movimento acrobatico, isolate o in gruppo
(ma sempre dello stesso sesso), sono i protagonisti di scene di carattere rituale. 76
Alla luce di queste considerazioni, possiamo concludere che le due scene dei
musici e danzatori nello Scudo, per il contesto di azione e per l’impiego di specifici strumenti musicali, risulterebbero più coerenti con il mondo della Grecia
di età geometrica che conosce l’epica e la lirica corale. 77 Se accettiamo questa
ricostruzione, anche l’ipotesi che riconosce nella scena della danza un modello
iconografico di matrice vicino-orientale, 78 potrebbe trovare un interessante elemento di supporto a tale lettura.
>agZcZaaVhjV[jco^dcZY^\^jY^XZ
Un altro elemento della sequenza narrativa per il quale sono stati evocati possibili antecedenti micenei è la nota scena della contesa davanti ad una assemblea a
71 Per una rassegna delle fonti iconografiche dell’arte micenea : Carter&..*, pp. '.'-(%% ; Younger
&..-, pp. &)-', ; Cultraro '%%&.
72 Evans&.'&"&.(*, ^^^, p. ,', fig. )&.
73 Carter &..*, p. '.&, fig. &-.)#
74 Cultraro '%%&, pp. ',-'-.
75 Questa peculiarità tematica è stata notata da Stoessl&.-, (p. &*), che mette in evidenza la differenza tra le rappresentazioni di danzatori isolati, maschili e femminili, assai comuni nell’arte vicinoorientale, e l’assenza di gruppi misti nella coeva iconografia minoica e micenea. Per l’analisi delle
scene di danza nell’arte minoica si veda Warren &.--, p. &*.
76 Groenewegen – Frankfort &.-,, pp. -.-.%.
77 Revermann &..-.
78 Markoe&.-*, pp. *+-*., con riferimenti ; Snodgrass &..-, pp. )'-)(, fig. &,.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 137
seguito di un delitto (Il. 18, 497-508). Non intendo entrare nel merito della struttura giuridico-normativa dell’evento e condivido pienamente quanto sostenuto
di recente da P. Carlier a proposito della funzione dell’istor e dei gerontes, figure
che presuppongono un sistema politico-istituzionale che può essere identificato
solo con quello delle realtà cittadine della Grecia nell’Età del Ferro. 79
A sostegno della tesi dello studioso francese vorrei riportare il contributo di
due documenti in Lineare B dagli archivi del palazzo di Pilo, per lungo tempo
ignorati dagli studiosi di diritto antico. Nel prima testo (PY Ep 704), una sacerdotessa di nome Eritha (e-ri-ta) avanza il diritto di detenere un terreno come
possesso sacro, da mettere sotto la protezione della Potnia, ma il da-mo, inteso
non come popolo ma come una entità amministrativa che controlla la campagna per conto del palazzo, si oppone e sarà il wanax a risolvere la questione. 80
Nel secondo documento (PY Eb 297) si ripropone la medesima contesa con i
ko-to-o-no-ko, ovvero i detentori, che rivendicano il possesso del predio contro
il santuario. 81
I due testi risultano di grande interesse perché, nel più ampio quadro della documentazione in Lineare B, assai scarna in materia di aspetti giuridici, consentono di ricostruire il ruolo di alcune distinte entità umane investite di funzioni
che sembrano regolatrici. Pur nella cautela imposta dallo stato lacunoso di certi
documenti, appare chiaro che la principale differenza tra il sistema normativo
della Grecia micenea e quello della società post-palatina risieda proprio nel diverso ruolo del da-mo/damos : nel primo caso, seguendo l’interpretazione dei
due testi pilii, questa entità collettiva interviene nella contesa, mentre nel sistema omerico si limita ad ascoltare. 82 Nell’uno e nell’altro caso, tuttavia, è un dato
saldamente acquisito che sia il sovrano – e solo il sovrano – ad avere il potere di
trasformare una proposta o una richiesta in un’ordinanza esecutiva.
Siamo certamente in presenza di una delle prerogative o, sarebbe meglio
dire, funzioni proprie del sovrano, come sono state definite in maniera brillante da E. Benveniste, 83 attività che con molta probabilità sono sopravvissute
al collasso dei sistemi palatini micenei per poi transitare nei nuovi assetti socio-politici delle comunità greche dell’Età del Ferro. Ma la comparazione tra
i due differenti contesti cronologici ci spinge a credere che il quadro appena
descritto nello Scudo iliadico risulti meglio coerente con il sistema giuridico
del mondo omerico, rivelando quella “imperfezione del potere reale”, come la
definisce P. Carlier, 84 che è il risultato del lungo processo di trasformazione del
ruolo del wanax dopo il definitivo collasso delle strutture centralizzate della
Grecia micenea.
79  Carlier 1999, pp. 278-283 ; Carlier 2006, pp. 106-107.
80  Ventris – Chadwick 1973, pp. 135, 140 ; Stella 1965, p. 60.
81  Stella 1965, p. 255.
82  Per l’esame della questione da un punto di vista giuridico si rimanda a Westbrook 1992.
83  Benveniste 1976, pp. 310-315. 84  Carlier 2006, p. 104.
138
massimo cultraro
Uomini senza guerra e città sotto assedio
La ricostruzione del fregio pittorico del vano 5 della West House di Akrotiri
(Thera), uno dei più celebri cicli figurativi dell’arte egeo-insulare del xvii secolo
a.C., 85 ha suscitato un vasto interesse non solo nell’ambito degli studi egei, ma
con grande sorpresa anche nel campo delle ricerche sull’immaginario sociale
della Grecia al tempo di Omero. Si deve a S. Morris 86 il fatto di aver richiamato la
straordinaria convergenza, nella composizione e organizzazione delle scene, tra
l’affresco di Thera e la sequenza narrativa delle due città nello Scudo (18, 509534). Le convergenze sono molteplici e, più specificamente, riguardano la descrizione delle due città, una in pace e l’altra in guerra, l’assedio, gli esploratori
(skopoi) che spiano le mandrie di buoi e lo scontro finale sulle rive di un fiume.
Il discorso della studiosa americana merita di essere ripreso, ma richiede alcune ripuliture interpretative a causa della tendenza ad associare in modo meccanico la rappresentazione figurata nell’affresco del ii millennio e la descrizione
narrativa del più tardo poema epico. Non possiamo certo affermare che i greci
dell’Età del Ferro avessero una sufficiente conoscenza dei più antichi cicli pittorici minoici ; tuttavia, in una prospettiva più archeologica, è un dato saldamente acquisito che alcuni lacerti dei grandiosi programmi decorativi dei palazzi
cretesi dell’Età del Bronzo sarebbero stati ancora visibili dopo l’abbandono dei
palazzi, offrendo materia prima al processo di ‘reinvenzione del passato’ che accompagna la strutturazione delle aristocrazie dell’età geometrica. 87
Il sito di Cnosso è forse quello che meglio tra tutti consente di ricostruire
lo stretto legame tra forme residuali della più antica arte pittorica palatina e i
nuovi apparati iconografici elaborati nella Grecia dell’Età del Ferro. Evans aveva
rilevato che l’ingresso settentrionale del palazzo di Minosse doveva essere rimasto visibile sino ad età storica : infatti, il grandioso stucco dipinto raffigurante un
toro cozzante, al momento dello scavo, aveva rivelato un piano di frequentazione dal quale provenivano ceramiche di epoca arcaica. 88
La conoscenza della pittura minoica è inoltre comprovata dall’evidenza della
tomba 107 nel North Cemetery, il cui primo impianto risale all’Antico Geometrico : all’interno della cella funeraria era stata ricollocata una larnax fittile del Tardo Minoico iii, decorata con una complessa rappresentazione di figure e motivi
geometrici. 89
Torniamo al tema dal quale siamo partiti : la questione principale non è tanto di stabilire i meccanismi di recupero di elementi della tradizione più antica,
quanto quella di spiegare la convergenza tematica e strutturale tra due apparati
figurativi distanti nel tempo, l’affresco della West House di Akrotiri e la più tarda
85  Per un’analisi dell’affresco, con riferimenti bibliografici alle diverse interpretazioni, si veda Morgan 1988. 86  Morris 1989. 87  Vedi supra n. 2.
88  Evans 1921-1935, iii, pp. 172-177, figg. 116-120.
89  Coldstream – Catling 1996, pp. 392-399, tav. 163.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 139
descrizione nello Scudo omerico. È legittimo pensare all’esistenza di un modello
iconografico di scene di guerra codificato nell’Età del Bronzo e sopravvissuto al
collasso delle strutture palatine ? Oppure, si tratterebbe di semplici convergenze
che, nel caso dello schema descrittivo iliadico, avrebbe tratto ispirazione dal modello di ‘città fortificata’ che si andava definendo nel corso dell’età geometrica ? 90
I cicli pittorici che decoravano le sale dei principali palazzi micenei della Grecia continentale, nonostante lo stato di forte lacunosità, invitano a concludere
che il tema dell’assedio della città nemica risultava codificato nella ripetizione
di elementi e schemi che ritroviamo nei più antichi affreschi minoici : la città assediata con la popolazione impaurita, gli animali spinti in fretta all’interno delle
mura, lo scontro davanti ad un corso d’acqua. 91 Ancor prima della scoperta dell’affresco di Akrotiri, lo stesso Webster aveva pensato ad un modello di origine
minoica per la scena rappresentata sul vaso in argento noto come il ‘Rhytòn
dell’Assedio’, proveniente dalla Tomba iv del Circolo A di Micene, che segnerebbe la trasmissione, sul suolo elladico-continentale, di schemi iconografici di
origine insulare. 92
Le scene di battaglia e di assedio che decoravano le principali sale dei palazzi
micenei nel Tardo Elladico iiib sono la cartina di tornasole di un’ideologia aulica promossa dalle aristocrazie micenee che, con molta probabilità, si servivano
anche degli efficaci strumenti del canto epico. 93
Personalmente ritengo che dopo la caduta dei palazzi, agli inizi del Tardo
Elladico iiic, si fosse persa ogni idea sulla struttura iconografica e compositiva delle scene di assedio nelle forme attraverso cui erano state codificate nel
periodo precedente ; infatti, in nessun prodotto dell’artigianato di questa fase
e nella successiva età sub-micenea troviamo scene di battaglia o di assedi, pur
non mancando rappresentazioni dalle forti valenze ideologiche connesse alle
nuove aristocrazie formatesi dopo il collasso dei centri palatini. 94 È probabile
che la memoria di questi schemi narrativi non fosse andata del tutto smarrita,
ma sarebbe sopravvissuta grazie alla diffusione della narrazione orale affidata ai
circuiti della poesia epica. Solo in una fase avanzata dell’età geometrica la memoria della città assediata si sarebbe tradotta nuovamente in narrazione figurata ; questo processo deve essere collocato nel momento in cui compaiono, sul
suolo greco, forse attraverso la mediazione di Creta, i nuovi schemi iconografici mutuati dall’arte del Vicino Oriente, che prendono spunto dalle grandiose
rappresentazioni di battaglie e assedi collocate all’interno dei principali palazzi
assiri. 95
90  Scully 1990, p. 96. 91  Immerwahr 1990, pp. 123-128, con riferimenti.
92  Webster 1958, p. 214. 93  West 1988.
94  Kilian 1982 ; Crouwel 1999. Per le scene di guerra sul mare, che diventano assai numerose a partire dal TE iiic : Wedde 1999.
95  Sui temi assiri nell’arte greca del periodo geometrico e orientalizzante : Gunter 1990. Un utile
repertorio sulle principali scene di guerra nell’arte assira e neo-assira rimane quello di Yadin 1967.
140
massimo cultraro
Conclusioni : all ’ origine di una nuova ideologia cortese
La lettura microtestuale dello Scudo, attraverso lo stretto nesso stabilito tra
l’analisi delle forme della narrazione e la ricostruzione degli elementi della realtà storica, permette di cogliere la complessa sedimentazione degli elementi culturali che compone il canto omerico. Pur trattandosi di una descrizione dalla
complessa esegesi, alcuni di quei “fotogrammi compositivi”, 96 per usare la definizione di R. Di Donato, possono essere ricondotti al contesto storico e sociopolitico della Grecia micenea. Sono i riferimenti a specifiche tipologie e tecniche di manifattura di indumenti (18, 596), all’impiego di una bevanda a base di
vino e miele (18, 545), alla pratica di dipingere e decorare gli animali destinati al
sacrificio (18, 574), o alle figure sacerdotali dei ka-ru-ke/kerukes (18, 558) ; in tutti
questi casi si tratta di elementi riconducibili al mondo miceneo, che con molta
probabilità avevano perduto ogni significato reale nella Grecia dell’Età del Ferro
sopravvivendo solo come espressioni del genere epico.
Di contro, altri elementi nel racconto omerico non troverebbero alcuna connessione con il contesto storico della Grecia del ii millennio a.C., collocandosi
meglio nella nuova realtà socio-politica formatasi dopo il collasso delle strutture palatine. La descrizione dell’assedio e della guerra (18, 509-534), le scene
di matrimonio accompagnate dall’uso di specifici strumenti musicali (18, 491496), l’azione giudiziaria nella piazza pubblica (18, 497-508), sono elementi che
risultano meglio compatibili con la struttura della Grecia post-micenea e, in
particolare, con la fase di consolidamento delle istituzioni urbane che coincide
con l’affermarsi dei nuovi gruppi aristocratici emersi dalla frantumazione della
classe burocratica dei palazzi.
La pluralità delle varie componenti e dei modelli identificati concorre a delineare, in conclusione, le molteplici sfere di azione attraverso le quali i gruppi
di potere della Grecia dell’Età del Ferro costruiscono e ridefiniscono il proprio
immaginario sociale. La costruzione di un passato, accuratamente selezionato
e in larga misura fittizio, si fonda attraverso l’acquisizione e il recupero di alcuni
aspetti caratterizzanti che rimandano ad un’epoca lontana nel tempo, che sopravvive grazie alla nuova ideologia cortese. 97
Echi di un passato risalente alla Grecia micenea si mescolano, nelle grandiose forme espressive della poesia epica, con “frammenti di futuro”, 98 che di fatto
corrispondono con l’età e il contesto dei fruitori della narrazione. L’adozione di
elementi dell’immaginario della Grecia micenea può essere spiegato nei termini di assimilazione di simboli e segni di prestigio, ma in ogni caso rappresenta
un atto di appropriazione attiva che nasconde latenti ambiguità e tensioni all’interno delle nuove aristocrazie di potere. Per tutte queste ragioni, lo Scudo di
96  Di Donato 1996, p. 234.
97  Nagy 1997.
98  Si veda il contributo di R. Di Donato in questo volume.
lo scudo di achille e la grecia della tarda età del bronzo 141
Achille, opera di un fabbro che sia nel mondo miceneo che in quello post-miceneo incarna la figura dell’artigiano specialista al servizio del potere politico, 99
offre una testimonianza concreta del processo di formazione e consolidamento
dei gruppi di comando nel lungo periodo che segue alla distruzione delle realtà
palatine.
ibam – cnr Catania
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Aprile 2010
(cz 2 · fg 3)
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