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Titolo
Banfi, Antonio, Sommario di storia della pedagogia, Argalia Editore, Urbino 1964, pp. 418.
Autore della recensione
Irina Annamaria Di Vora
Data della recensione
31/05/06
Abstract
La rassegna di Banfi restituisce il senso di una tensione dialettica continua tra personalità
individuale, istituzioni educative e teorie pedagogiche e suggerisce la possibilità di una
riflessione intorno alla pedagogia non aderente alla teoria di Gentile. Pensato per gli
studenti, questo Sommario si configura come una possibile alternativa di pensiero
all’idealismo allora dominante: la concezione banfiana della pedagogia trova il modo di
manifestarsi anche attraverso la stretta maglia di una ricostruzione storica che è anche
una storia del pensiero.
Recensione
Il Sommario di storia della pedagogia è del 1931. È un testo di grande interesse per chi
sia interessato alla storia delle idee. Basti pensare al particolare momento politico in cui
viene scritto questo saggio. Gentile ha già varato la sua riforma, siamo in pieno regime
fascista e la vita di Banfi inizia ad intrecciarsi con gli eventi più significativi del secolo
scorso. Nel 1931, anno in cui esce il testo di cui si parla, Banfi si presenta al concorso a
professore straordinario alla cattedra di storia della filosofia all’Università di Genova. Nella
commissione c’è anche Gentile: Banfi vince. È un uomo nella piena maturità del proprio
pensiero e della propria carriera. Per un contemporaneo la significatività di questo saggio
sta nel fatto che è stato scritto prima che tutto succedesse: prima della guerra, prima
della reazione all’idealismo e prima del dibattito intorno alla pedagogia che anima gli anni
’60 e ’70, quando ancora non si potevano intuire, insomma, quali sarebbero stati a conti
fatti gli orientamenti più significativi della filosofia e della pedagogia in Italia.
A leggere oggi le rassegne sulla storia del pensiero e delle principali figure significative
che hanno animato lo scenario politico e culturale di quegli anni si comprende benissimo
l’importanza di Gentile e del suo pensiero sia, nella sua fase fortunata, nel radunare
simpatizzanti, sia, più tardi, nell’incoraggiare fenomeni duri di reazione ed opposizione.
In una rassegna di Riccardo Massa e di Pietro Bertolini sul dibattito pedagogico intorno
agli anni ’60 e ’70, non si esita un momento ad assegnare alla reazione all’idealismo la
responsabilità del modo con cui molti intellettuali cominciano a ripensare il rapporto tra
filosofia, scienze naturali e scienze umane.
Questo testo invece ha l’ultimo capitolo che si intitola “La reazione idealistica nella
pedagogia del XX secolo”1: il Sommario finisce dove altri testi iniziano ed è della massima
utilità per ricostruire un quadro che troppo spesso, con gli occhi di poi, si è appiattito su
una visione bidimensionale che vedeva Gentile da una parte e i suoi oppositori dall’altra,
senza sfumature, come invece dovettero per forza esserci. Perché se è lampante che un
intellettuale come Geymonat non avrebbe mai potuto essere annoverato tra i sostenitori
di Gentile, per motivi politici e di formazione culturale, non è altrettanto ovvio che tutti i
sostenitori di Gentile, o almeno coloro che non gli si opponevano, fossero gentiliani tout
1
. In questa fase Banfi infatti non era un oppositore di Gentile, non in senso politico, ma
non era suo sostenitore: era uno dei pochi significativi filosofi italiani non idealisti, che da
lì a qualche anno avrebbe fondato l’ “Associazione professori e assistenti universitari”, un
organizzazione clandestina che dirigeva la lotta antifascista nel settore universitario, ma
che per il momento si limitava, in questo testo, ad una pacata esposizione del pensiero
gentiliano e all’espressione, anche se davvero molto significativa, di qualche dubbio sulla
sua reale efficacia. Ma riconosce a Gentile il merito di essersi rifatto al magistero di due
autori a lui cari: Pestalozzi e di Froebel.
La personalità spirituale dell’uomo “si compie nel rapporto tra l’anima individuale e il
mondo della esperienza e della cultura”2, e l’anima, senza tradire il proprio essere e la
propria originalità, “assimila i nuovi contenuti che l’esperienza le offre, elaborata e
organizzata dalla cerchia di cultura a cui l’individuo appartiene”3. L’individuo diviene
“partecipe dei valori e delle leggi ideali che sostengono tale cultura e ne esprimono le
linee di sviluppo, trova in essi il principio superiore della sua vitae delle sue azioni,
acquista in tal modo dignità e libertà di persona spirituale e comunione attiva con gli altri
uomini; mentre a loro volta i valori culturali trovano in lui nuove forme e nuove energie di
attuazione”.4 La lunga citazione ha il compito di chiarire come vi sia tensione tra
individualità ed esperienza sociale e continua circolarità ed è tratta dall’Introduzione al
Sommario: l’educazione è “funzione” di un determinato corpo sociale, che tende
all’autoconservazione tramite la trasmissione degli stessi valori che la sorreggono. Ma
quanto più la cultura si fa dinamica e complessa tanto più la realtà educativa si
differenzia dalla vita sociale e “s’esprime in forme che rappresentano sempre meglio la
sua essenziale natura, il suo compito infinito ed universale, crea per esso i propri organi,
le proprie istituzioni, i propri procedimenti metodici”5. È a questo punto che insorge la
riflessione pedagogica, la quale trapassa per diversi stadi, dallo “stadio precettistico a
quello normativo e idealizzante”6, e, esaurita la sua funzione pratica, può dedicarsi al
problema di una filosofia dell’educazione, di cui è il presupposto, e “il cui compito consiste
nel definire l’idea dell’educazione e spiegare in funzione di questa la struttura e il
processo della realtà educativa e i suoi rapporti con gli altri aspetti della vita spirituale”7.
La sfera dell’educazione appare al pensiero “nella legge che definisce la sua posizione nel
sistema dello spirito, che determina i rapporti tra i suoi varii momenti di realtà e di questi
con la riflessione pedagogica”8. Questi rapporti si rivelano nella filosofia dell’educazione
secondo la loro unità trascendentale, mentre nella storia dell’educazione appaiono nella
concretezza e dinamicità della vita culturale. Filosofia dell’educazione e storia
dell’educazione non sono separabili, anzi, sono “assolutamente correlati nell’antiteticità
delle loro direzioni”9. La filosofia trova la garanzia della propria validità nella storia e la
storia può, grazie alla riflessione filosofica, ricevere un’immagine limpida “fuor di parziali
ideologie”, della complessa struttura che la articola nei suoi mobilissimi elementi. Una
storia dell’educazione è quindi la storia di come la realtà educativa progressivamente si
differenzia e si eleva a idea universale dell’educazione. Questo è solo un aspetto del
processo generale svolto dalla cultura, che si sviluppa anch’essa secondo le direzioni della
vita spirituale, così sarà possibile ripartire anche la storia dell’educazione secondo i
periodi che distinguono la storia culturale generale e cioè nei periodi dell’Antichità, del
Medio Evo e dell’Evo Moderno.
L’idea dell’educazione, di cui per primo Pestalozzi, secondo Banfi; vide l’universalità, non
si trova mai messa in atto in un determinato, concreto sistema educativo, ma è piuttosto
ciò che “in ciascun sistema, attraverso le condizioni particolari di fatto, vi è di veramente
educativo […], è il criterio dell’educazione in quanto tale, come atto dello spirito”10.
Questa la grande conquista della riflessione pedagogica, secondo Banfi. E sotto questo
riguardo egli potrebbe sentirsi in sintonia con Gentile, dato che “non vi è dubbio che nel
rilievo dell’essenza spirituale dell’educazione il Gentile prosegue e approfondisce la
corrente pedagogica che fa capo al Pestalozzi e al Froebel”. La formlazione di questo
principio nei termini di una metafisica idealistica non riesce però a rendere conto della
2
“complessa struttura della realtà educativa, della sua particolare problematica, in quanto
i rapporti che la costituiscono e la caratterizzano difficilmente sembrano poter essere
effettivamente dedotti o solo giustificati dal principio dell’unità assoluta dello Spirito”11.
Non è un rilievo di poco conto. Banfi sta dicendo che un conto è riconoscere l’essenza
eminentemente spirituale dell’educazione, un idea che si è fatta strada nel tempo,
“attraverso l’asprezza della pratica educativa”12, un altro è pretendere di sussumere i
complessi rapporti che caratterizzano la realtà educativa, da cui la filosofia non può
prescindere, unicamente sotto l’unità dello Spirito, come vorrebbe Gentile.
Nella ricostruzione banfiana di come l’idea universale dell’educazione si fa strada nella
storia non vi è mai un offuscamento della realtà educativa da cui prende le mosse la
riflessione filosofica, non vi è cioè un oscuramento della storia a favore dello splendore
cristallino e immutabile raggiunto dall’idea di educazione maturata dalla filosofia.
Il Sommario diventa quindi un buon punto di partenza per chi voglia indagare i complessi
rapporti tra Gentile e gli intellettuali del suo tempo, rapporti che troppo spesso vengono
risolti nei termini di una semplice contrapposizone politica, che senz’altro poi ci fu, ma
che non rende completamente conto né di un disaccordo maturato anche sub specie
filosofica, né di alcune sorprendenti ed inaspettate assonanze.
Indice
Prefazione
Introduzione
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
L’educazione presso i popoli primitivi e le antiche civiltà orientali
L’educazione in Grecia
L’educazione in Roma
L’educazione nel Medio Evo
L’educazione umanistica
L’educazione nella Riforma e nella Controriforma
La pedagogia del secolo XVII e le tendenze realistiche
Idee pedagogiche e riforme scolastiche nel periodo illuministico
Idealismo, spiritualismo e nazionalismo pedagogico tra la fine del XVIII e la
metà del XIX secolo
La pedagogia del positivismo
La reazione idealistica nella pedagogia del XX secolo
Autore
Antonio Banfi è nato a Vimercate nel 1886. Si laurea a Milano con Piero Martinetti.
Abbandona per qualche tempo l’Italia per recarsi a studiare in Germania, dove frequenta i
seminari di Simmel e Husserl. Tornato, insegna per qualche anno nei licei, poi, dal 1939,
all’Università di Milano, incarico che manterrà fino alla morte, avvenuta nel 1957. Oltre
all’indiscusso valore della sua opera, Banfi va ricordato per il ruolo che ebbe nella
Resistenza, cui contribuì fondando l’ “Associazione professori e assistenti universitari”,
l’organizzazione clandestina che diresse la lotta antifascista nell’Università.
Bibliografia essenziale dell’autore
-
Sui principi di una filosofia della morale, Tipografia Fusi, Pavia 1934
Per un razionalismo critico, Martoriati, Como 1943.
L’uomo copernicano, Mondatori, Milano 1950.
Problemi di storiografia filosofica, Bocca, Milano 1951.
Scuola e società, Editori Riuniti, Roma 1958.
3
-
Saggi sul marxismo, Editori Riuniti, Roma 1960.
Sommario di una storia della pedagogia, Argalia Editore, Urbino 1964.
La filosofia e la vita spirituale, Editori Riuniti, Roma 1967.
Principi di una teoria della ragione, Editori Riuniti, Roma 1967.
La vita di Galileo Galilei, Feltrinelli, Milano 1979.
La ricerca della realtà, Il Mulino, Bologna 1997 (ristampa. Il testo è del 1959)
Links
http://www.filosofico.net/banfi.htm
Si segnala, sul seguente sito, l’interessante articolo di Fulvio Papi:
http://www.liceoparini.it/priniweb/storia/banfi.htm
Inoltre:
http://www.swif/uniba.it/lei/-rassegna//banfi.htm, con un bell’articolo di Sini (I dialoghi
terreni di “Aut Aut” in 50 anni di filosofia)
Invece, per una bibliografia sull’estetica fenomenologica italiana, vedi:
http://www.swif.uniba.it/lei/-estetica/archivio
I vostri commenti
4
1
Banfi, p.399.
Ibi, p. 9.
3
Ibi, p. 9.
4
Ibi, p. 9.
5
Ibi, p. 11.
6
Ibi, p. 13.
7
Ibi, p. 14.
8
Ibi, p. 14.
9
Ibi, p. 14.
10
Ibi, p. 414.
11
Ibi, p. 412.
12
Ibi, p. 414.
2
5
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