Oltre il limite quantistico

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d ov e a n d i a m o
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I
Chi siamo
Fisica Teorica
Oltre il limite
quantistico
La teoria quantistica, un tempo accusata di imporre limiti assoluti
alla conoscenza, sta invece espandendo la nostra visione del mondo
lla fine del XIX secolo un’artista anonimo raffigurò un viaggiatore che raggiunge l’orizzonte dove il cielo incontra la Terra. In ginocchio su un paesaggio terrestre
stilizzato, fa capolino nel firmamento per
scrutare l’ignoto (si veda l’illustrazione a p.
93). L’immagine, nota come l’incisione di
Flammarion, illustra la sete di conoscenza dell’essere umano. Le due possibili interpretazioni della metafora visiva corrispondono a due ben definite concezioni
della conoscenza.
O è raffigurata una barriera immaginaria che, nella realtà, la scienza è
sempre in grado di attraversare, o è
raffigurata una barriera reale che è
possibile penetrare solo nella nostra immaginazione. Secondo quest’ultima interpretazione l’artista ci dice
che siamo imprigionati in una bolla finita, fatta di oggetti ed eventi familiari. Possiamo aspettarci di capire il mondo di cui
abbiamo esperienza diretta, ma l’infinito, all’esterno, è inaccessibile all’esplorazione e alla comprensione. La scienza può
trascendere ciò che è familiare e rivelare
nuovi orizzonti o può solo ricordarci che
la nostra prigione è ineluttabile, che possiamo avere solo una conoscenza limitata
della realtà e un’illimitata umiltà?
La teoria quantistica è spesso citata come
argomento risolutivo a favore della secon-
88 Le Scienze
da visione. All’inizio i teorici adottarono un
metodo di insegnamento intenzionalmente
elusivo con gli studenti: «Se pensi di aver
capito la teoria quantistica, allora non è così». «Non ti è permesso porre questa domanda». «La teoria è imperscrutabile, e così il
mondo». «Le cose accadono senza una ragione o una spiegazione». I libri di testo e
gli articoli di divulgazione sono pieni di affermazioni del genere.
Eppure gli sviluppi degli ultimi decenni contraddicono queste caratterizzazioni. Nel corso degli anni i fisici hanno spesso ipotizzato che i limiti imposti
dalla fisica quantistica avrebbero impedito di imbrigliare la natura, nel modo in
cui la meccanica classica ci aveva abituati a fare. Nessuno di questi impedimenti si
è mai concretizzato. Al contrario, la meccanica quantistica si è rivelata liberatoria.
Le proprietà quanto-meccaniche dei sistemi fisici, quali sovrapposizione di stati, entanglement, discontinuità, casualità si sono
dimostrate risorse, non limitazioni. Sfruttandole, sono stati progettati diversi dispositivi ingegnosi, dai laser ai microchip.
E questo era solo l’inizio. Stiamo usando sempre di più i fenomeni quantistici per
comunicazioni e sistemi computazionali imperscrutabilmente potenti dal punto
di vista classico. Stiamo scoprendo nuove
strade per imbrigliare la natura e addirittura creare conoscenza.
531 novembre 2012
Illustrazione di Goñi Montes
di David Deutsch e Artur Ekert
www.lescienze.it
Le Scienze 89
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Chi siamo
David Deutsch è professore di fisica
all’Università di Oxford e ideatore del
concetto di computer quantistici
universali.
Artur Eckert è stato il pioniere dell’idea
della crittografia, sfruttando il fenomeno
dell’entanglement quantistico, quando
era studente di Deutsch. Si divide tra
Oxford, dove è professore di fisica, e
Singapore, dove è direttore del Center of
Quantum Technologies della National
University di Singapore.
In breve
In passato, la meccanica quantistica è
stata descritta come la teoria dei limiti,
intendendo con questo che le nostre
osservazioni sono inevitabilmente incerte,
che la causalità domina il mondo e che la
teoria stessa è così bizzarra da costringerci
ad abbandonare l’idea che là fuori esista un
mondo che la scienza può spiegare.
Questi luoghi comuni sono radicati in
dottrine filosofiche, quali il positivismo logico,
molto popolari nel periodo in cui i fisici
svilupparono e affinarono la teoria.
In realtà la meccanica quantistica non
impone alcun limite. Il mondo quantistico
presenta una tale ricchezza e complessità da
permettere lo sviluppo di nuove tecnologie di
uso pratico e nuovi tipi di conoscenze.
90 Le Scienze
Nel 1965 il cofondatore di Intel, Gordon
Moore, predisse che il numero di transistor
di un chip sarebbe raddoppiato ogni due
anni. Nota come legge di Moore, la previsione si è rivelata corretta per più di mezzo
secolo. Ma fin dall’inizio è suonata come un
campanello di allarme. Se dovesse continuare a valere, si potrebbe prevedere quando i transistor raggiungeranno le dimensioni dei singoli atomi? E poi? Gli ingegneri
entrerebbero nel regno dell’ignoto.
Nella concezione tradizionale della fisica dei quanti, il principio di indeterminazione pone un limite che nessun progresso tecnologico potrà superare. Tanto più
precisamente conosciamo alcune proprietà delle particelle, quale la posizione, tanto meno possiamo conoscerne altre, come
la velocità. Quello che non si può conoscere non si può controllare. I tentativi di manipolare la materia microscopica si scontrano con l’ineliminabile casualità, con
correlazioni impossibili dal punto di vista
classico e con perdite di relazione di causa
ed effetto. Ne segue un’inesorabile conclusione: la fine del progresso nella tecnologia
dell’informazione è vicina.
Oggi però i fisici esercitano un controllo sistematico sul mondo quantistico senza
limitazioni. A dispetto del principio di indeterminazione, codifichiamo informazione in singoli atomi o particelle elementari
con precisione, creando spesso funzionalità
non realizzabili in altro modo. Ma come?
Diamo un’occhiata all’unità di base del­
l’informazione come definita tradizionalmente: il bit. Per il fisico, il bit è un sistema
fisico che può trovarsi in due stati, corrispondenti a due valori logici: sì o no, vero o falso, 0 o 1. Nei computer la presenza o l’assenza di carica sulle piastre di un
condensatore rappresenta un bit. A livello atomico si possono usare due stati di un
elettrone in un atomo, con 0 rappresentato
dallo stato di minore energia, o fondamentale, e 1 dallo stato di più alta energia.
Per manipolare questa informazione i fisici inviano impulsi di luce sull’atomo. Un
impulso con una data frequenza, durata e
ampiezza, noto come impulso p, manda lo
stato 0 nello stato 1 e viceversa. I fisici possono regolare questa frequenza per manipolare due atomi interagenti, in modo che
uno controlli ciò che accade sull’altro. Abbiamo quindi tutti gli ingredienti per costituire porte logiche a uno o due bit, i mattoni dei computer classici, senza ostacoli
dovuti al principio di indeterminazione.
Per capire ciò che rende possibile questo
processo di miniaturizzazione dobbiamo
avere chiaro che cosa stabilisce e non stabilisce il principio di indeterminazione. A
un dato istante, alcune proprietà di un atomo o di un sistema fisico, le sue osservabili, possono essere «definite», cioè assumere
solo un valore in un dato istante. Il principio di indeterminazione non esclude queste osservabili, ma stabilisce che non tutte
le osservabili di un sistema fisico possono essere definite simultaneamente. Nell’esempio dell’atomo l’osservabile definita è
l’energia: in entrambi gli stati 0 e 1, l’elettrone ha un’energia definita. Altre osservabili, quali posizione e velocità, sono invece
non definite; l’elettrone è delocalizzato e la
sua velocità assume diversi valori simultaneamente. Se si cercasse di immagazzinare l’informazione usando posizione e velocità, ci imbatteremmo, questa volta sì, in un
limite quantistico. La risposta non è arrendersi, ma fare una scelta accurata delle osservabili da usare come bit per computer.
Questa situazione ricorda una barzelletta in cui un paziente dice al dottore: «Sento
un forte dolore quando faccio questo movimento». E il dottore: «Allora non lo faccia». Se alcune proprietà delle particelle
sono indeterminate, c’è un semplice modo per aggirare il problema: non cercare di
immagazzinare informazione usando queste proprietà. Usiamone altre, piuttosto.
un valore definito a un altro ma anche da
uno definito a uno non definito e viceversa. Mentre un impulso p scambia gli stati 0
e 1, un impulso della stessa frequenza ma
con una durata o un’ampiezza dimezzata,
noto come impulso p/2, manda un elettrone nella sovrapposizione di stati 0 e 1.
Se cercassimo di misurare l’energia
dell’elettrone nella sovrapposizione di stati, lo troveremmo o nell’energia dello stato
fondamentale o nell’energia dello stato eccitato con uguale probabilità. In questo caso saremmo di nuovo di fronte a un problema di casualità, come obiettano i critici. Ma
ancora una volta possiamo aggirare questo apparente ostacolo e creare nuove funzionalità. Invece di misurare le proprietà
dell’elettrone in questa sovrapposizione di
stati, lo lasciamo inalterato. Per esempio si
inizia con un elettrone nello stato 0, si invia un impulso p/2, poi un secondo impulso
p/2. Ora si misurano le proprietà dell’elettrone. Sarà nello stato 1 con una probabilità del 100 per cento (si veda il box a p. 92).
L’osservabile è di nuovo definita.
Per cogliere l’importanza di questa prova, si consideri la più basilare porta logica in un computer: NOT. Il suo output è la
negazione dell’input: 0 va in 1, 1 va in 0.
Si supponga di progettare la radice quadrata di NOT, cioè una porta logica che, applicata due volte all’input, lo neghi. Sarebbe
un’operazione impossibile dal punto di vista classico. Eppure un impulso p/2 realizza questa porta logica «impossibile». I fisici
hanno realizzato questa e altre porte impossibili dal punto di vista classico, usando qubit costituiti da fotoni, ioni intrappolati, atomi e spin nucleari (si veda Il calcolo
quantistico con gli ioni, di Christopher R.
Monroe e David J. Wineland, in «Le Scienze» n. 482, ottobre 2008). Sono i mattoni
fondamentali dei computer quantistici.
Oltre i bit
Se tutto ciò che vogliamo fare è costruire un computer classico usando come mattoni fondamentali atomi invece che transistor, allora le osservabili definite sono tutto
ciò di cui abbiamo bisogno. Ma la meccanica quantistica offre molto di più. Ci permette di usare in modo potente anche le
osservabili non definite. Il fatto che le osservabili possano assumere molteplici valori nello stesso istante ne amplia enormemente le possibilità di impiego.
Per esempio di solito l’energia è un’osservabile definita, ma la possiamo trasformare in una non definita. Oltre a essere
nello stato fondamentale o in uno stato eccitato, un elettrone in un atomo può trovarsi in una sovrapposizione di stati, ovvero in entrambi gli stati simultaneamente.
L’elettrone è ancora in uno stato ben definito ma invece di essere 0 o 1, è 0 e 1.
Questo vale per ogni sistema fisico, ma
un sistema in cui questi stati possono essere preparati, misurati e manipolati in modo affidabile è chiamato un bit quantistico,
o qubit. Impulsi di luce possono far cambiare l’energia di un elettrone non solo da
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Oltre il calcolo classico
Illustrazioni di Jen Christiansen
Oltre l’indeterminazione
Per risolvere un dato problema, i computer (classici o quantistici) eseguono una
precisa sequenza di istruzioni: un algoritmo. Gli informatici quantificano l’efficienza di un algoritmo in base a quanto rapidamente il tempo di esecuzione aumenta,
quando sono inseriti input via via più complessi da analizzare. Per esempio, usando un semplice algoritmo, insegnato alle
scuole elementari, si possono moltiplicare
due numeri a n cifre in un tempo che cresce come il quadrato del numero di cifre,
n2. Invece il metodo più veloce conosciuto
per l’operazione inversa – la fattorizzazione di un intero a n cifre in numeri primi –
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indeterminazione e decoerenza
I presunti limiti del calcolo
quantistico e come superarli
La meccanica quantistica è spesso descritta come l’ostacolo principale al processo di miniaturizzazione dell’elettronica. Per fortuna, questo non è vero. I fisici infatti hanno imparato ad aggirare
gli ostacoli da cui erano spaventati. In effetti, è proprio a livello quantistico che i computer raggiungeranno il loro vero potenziale, acquisendo una potenza di calcolo ben oltre quella delle macchine ordinarie.
Principio di indeterminazione
Decoerenza
PROBLEMA: Il principio limita la precisione
delle comuni misurazioni. Se si misura
esattamente la posizione di una particella,
questa inizierà a muoversi in un intervallo di
velocità simultaneamente; se si misura la
velocità in modo esatto non si conoscerà con
esattezza la posizione della particella. Ciò
rende queste variabili inaffidabili per
immagazzinare informazioni.
PROBLEMA: Le particelle che compongono
un computer interagiscono con l’ambiente,
dissipando l’informazione immagazzinata e
alterando così il calcolo quantistico.
Posizione: definita
in modo esatto
Le interazioni allontanano
informazione dal sistema
0
1
Velocità: non definita
in modo esatto
10
Posizione: non definita
in modo esatto
11
Velocità: definita
in modo esatto
SOLUZIONE: Non tutte le misurazioni
quantistiche sono soggette a queste
limitazioni. Nei casi in cui posizione e velocità
sono indeterminate, altre proprietà, quali
l’energia, possono essere definite. Nei casi in
cui l’energia è indeterminata, altre variabili
potrebbero risultare adatte.
L’orbitale della particella ha
un’energia ben definita
SOLUZIONE: Procedure di correzione degli
errori possono compensare la decoerenza
abbastanza a lungo per terminare una
sequenza di calcolo. Per esempio i fisici
possono distribuire l’informazione quantistica
su più particelle ( a ) o codificarla in una
struttura geometrica che è per natura meno
soggetta a rumore di fondo ( b ).
●
●
a Informazione
1
distribuita,
resiste alla
perdita di dati
0
01
01
b Codifica
geometrica,
protegge
i dati
Le Scienze 91
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Chi siamo
Oltre la matematica
convenzionale
La questione delle porte logiche «impossibili» illustra un fatto sorprendente della fisica computazionale. Quando si approfondisce la conoscenza della realtà si
approfondisce anche la conoscenza nei regni astratti della logica e della matematica.
La meccanica quantistica trasformerà que-
92 Le Scienze
l o g i c a q ua n t i s t i c a
ti fuori da un cappello magico: «Ecco i due
interi il cui prodotto è N». Non basterebbe
tutta la carta del mondo per spiegare come
hanno ottenuto quei fattori.
In questo modo, un computer quantistico fornirebbe la chiave per risolvere l’enigma matematico. Senza questa chiave, non
ottenibile realisticamente da nessun processo classico, il risultato non sarebbe mai
noto. Alcuni matematici già considerano il
loro campo di studi una scienza empirica,
ottenendo i loro risultati non solo attraverso attenti ragionamenti ma anche attraverso gli esperimenti (si veda Morte della dimostrazione, di John Horgan, in «Le Scienze»
n. 304, dicembre 1993). La fisica quantistica porta questo approccio a un nuovo livello, rendendolo quasi obbligatorio.
Impossibile… NOT!
I computer quantistici non solo possono fare tutto ciò che fa un computer classico, ma possono anche eseguire operazioni esterne al dominio della logica classica. In questo esempio, due stati di
energia di un elettrone in un atomo rappresentano 0 e 1 di un bit. In entrambi gli stati l’elettrone non
ha una specifica posizione e velocità. È localizzato su regioni sferiche e ovali chiamate orbitali e la
sua velocità assume una serie di valori diversi simultaneamente. Tuttavia i due stati hanno energie
differenti, ed è l’energia che determina il valore del bit.
NOT ordinario
Per eseguire l’operazione di calcolo che inverte il valore di un bit, NOT, i fisici inviano sull’atomo un
impulso di radiazione di una data frequenza, durata e intensità, noto come impulso π. Se
l’elettrone era nello stato fondamentale 0 si troverà nello stato 1, e viceversa.
Oltre la cattiva filosofia
0
π
π
1
0
La radice di NOT
La stessa procedura si può modificare per eseguire un’operazione apparentemente impossibile:
la radice quadrata di NOT. Un impulso π/2, con un’ampiezza minore o una durata più breve
dell’impulso π, manda l’elettrone dallo stato 0 o 1 in una combinazione, o sovrapposizione, dei
due stati. Un secondo impulso π/2 riporta l’elettrone nello stato 1 (se partiva da 0) o stato 0 (se
partiva da 1).Questa e altre nuove operazioni danno un potere immenso ai computer quantistici.
0
π
2
sti mondi proprio come ha già trasformato
il mondo della fisica e dell’ingegneria.
La ragione è che, nonostante le verità
matematiche siano indipendenti dalla fisica, ne possiamo acquisire una conoscenza
attraverso i processi fisici, e quali di queste
possiamo conoscere dipende da quali sono
leggi della fisica. Una prova matematica è
una sequenza di operazioni logiche. Quindi ciò che è dimostrabile e ciò che non lo
è dipende da quali operazioni logiche (come NOT) le leggi della fisica permettono di
realizzare. Queste operazioni devono essere così semplici, dal punto di vista fisico, che si conoscono, senza prove ulteriori,
gli elementi necessari per eseguirle e questa
consapevolezza deve essere radicata nella
nostra conoscenza del mondo fisico. Ampliando il ventaglio delle operazioni di cal-
0/1
π
2
1
colo elementari, per includere quelle come
la radice quadrata di NOT, la fisica quantistica permetterà ai matematici di guardare
oltre una barriera che un tempo si riteneva
esistere nel mondo dell’astrazione. Potranno vedere e dimostrare verità che altrimenti
sarebbero rimaste nascoste per sempre.
Si supponga per esempio che la risposta
a un problema insoluto dipenda dalla conoscenza dei fattori di un numero intero
particolarmente grande N, così grande che,
neanche se tutta la materia dell’universo
fosse usata per costruire un computer classico che operasse per un tempo equivalente
all’età dell’universo, sarebbe possibile fattorizzare. Un computer quantistico potrebbe
eseguire facilmente questa operazione. Alla
pubblicazione della soluzione, i matematici
si troverebbero a citare i fattori, come tira-
531 novembre 2012
Corbis
richiede un tempo che cresce esponenzialmente, approssimativamente come 2n. Ciò
è considerato inefficiente.
Fornendo nuove porte logiche, la meccanica quantistica rende possibili nuovi algoritmi. Un esempio è la fattorizzazione.
Un algoritmo quantistico scoperto da Peter
Shor nel 1994, all’epoca ai Bell Laborato­
ries, può fattorizzare un numero a n cifre in
una serie di passaggi con un tempo di esecuzione che cresce solo come n2. Per altri
problemi, come la ricerca di un elemento in
una lunga lista, i computer quantistici offrono ancora vantaggi, forse meno rilevanti ma significativi. Non tutti gli algoritmi
quantistici sono però così efficienti; molti non sono più veloci dei loro corrispettivi
classici (si veda I limiti del computer quantistico, di Scott Aaronson, in «Le Scienze»
n. 477, maggio 2008).
Probabilmente la prima applicazione
pratica dei computer quantistici non sarà la riduzione dei numeri in fattori ma la
simulazione di altri sistemi quantistici, che
richiede un tempo esponenzialmente lungo con i computer classici. Le simulazioni quantistiche potrebbero avere un enorme impatto in diversi settori, dalla scoperta
di nuovi farmaci allo sviluppo di materiali.
Gli scettici sulla reale praticità del calcolo quantistico citano il difficile problema di
mettere in sequenza porte logiche quantistiche. A parte le difficoltà tecniche di lavorare a scale di un singolo atomo e un singolo fotone, il problema principale consiste
nell’evitare che l’ambiente circostante alteri
il calcolo. Questo fenomeno, chiamato decoerenza, è spesso presentato come un limite fondamentale del calcolo quantistico. Non è così. La teoria quantistica offre
gli strumenti per correggere eventuali errori causati da decoerenza. Se le sorgenti di errore soddisfano determinati criteri,
ai quali verosimilmente possono far fronte
ingegnosi progettisti – per esempio nel caso di errori casuali che si verificano in modo indipendente su ogni qubit – i computer
quantistici possono essere resi fault-tolerant, cioè operare in modo affidabile per un
periodo di tempo arbitrariamente lungo.
Se la meccanica quantistica apre a nuove tipologie di calcolo, perché i fisici hanno
temuto che la teoria potesse limitare il progresso scientifico? La risposta è da cercare negli anni in cui fu introdotta la teoria.
Una volta, durante un seminario, Erwin Schrödinger, autore dell’equazione su
cui si basa la teoria quantistica, avvertì il
pubblico che quanto stava per dire poteva sembrare insensato. Spiegò che quando affermava che la sua famosa equazione descriveva diversi stati di una particella,
questi non «erano alternativi ma esistevano
davvero simultaneamente». Casi di scienziati emeriti usciti dal seminato erano già
noti, ma questo luminare, vincitore del Nobel nel 1933, stava semplicemente ponendo
quella che doveva essere un’affermazione
modesta: la sua equazione, per cui era stato insignito del premio, era una descrizione
veritiera della realtà. Schrödinger sentì l’esigenza di mettersi sulla difensiva non perché avesse interpretato l’equazione in modo irrazionale, ma per il contrario.
Come poteva una tale incontrovertibile affermazione essere considerata bizzarra? La causa era da cercarsi nel fatto che la
maggioranza dei fisici dell’epoca si era lasciata irretire dalla cattiva filosofia: dottrine che ostacolavano la ricerca di conoscenza. Filosofia e fisica fondamentale sono così
connesse, nonostante le rivendicazioni del
contrario da entrambi le parti, che quando la principale corrente filosofica precipitò nei primi decenni del XX secolo, trascinò
con sé parti del mondo della fisica.
Le principali responsabili erano dottrine come positivismo logico («Se non è verificabile tramite esperimenti, non ha significato»), strumentalismo («Se le previsioni
www.lescienze.it
sono corrette, perché preoccuparsi delle
loro cause?») e relativismo filosofico («Le
enunciazioni non possono essere oggettivamente vere o false, solo legittimate o delegittimate da una particolare cultura»). Il
danno maggiore derivò da ciò che avevano in comune: negazione del realismo, posizione filosofica di senso comune per cui il
mondo fisico esiste e i metodi della scienza
possono gettare luce su di esso.
Fu in questo contesto che Niels Bohr sviluppò un’autorevole interpretazione della teoria quantistica che negava la possibilità di parlare di fenomeni come esistenti
oggettivamente. Non aveva senso chiedersi quali valori assumessero le variabili fisiche quando non erano osservate (come nel
mezzo di un calcolo quantistico). I fisici
che, per natura, non riuscivano a non porsi domande, tentarono di non farlo. Molti continuarono a insegnare questo approccio. La più avanzata teoria nella più
fondamentale delle scienze era ritenuta in
contraddizione con l’esistenza stessa della
verità, della ragione e della realtà fisica.
Non tutti i filosofi abbandonarono il rea­
lismo. Bertrand Russell e Karl Popper furono illustri eccezioni. E neanche tutti i fisici. Albert Einstein e David Bohm andarono
controcorrente, e Hugh Everett propose che
le grandezze fisiche assumessero più di un
valore contemporaneamente (visione che
condividiamo). Nel complesso, però, i filosofi non mostrarono grande interesse per la
realtà, e nonostante i fisici continuassero a
usare la teoria quantistica per studiare altri
campi della fisica, la ricerca sulla natura dei
processi quantistici si arenò.
Per alcuni decenni le cose sono gradualmente migliorate, e proprio la fisica ha riportato la filosofia sulla retta via. Le persone vogliono capire la realtà, non importa
quanto lo neghino. Stiamo finalmente superando i presunti limiti a cui la cattiva filosofia ci aveva un tempo rassegnato.
E se la teoria venisse confutata? Se
eventuali limiti più profondi vanificassero
il tentativo di costruire un computer quantistico scalabile? Ne saremmo comunque
elettrizzati. Un esito simile sarebbe il più
auspicabile. Non solo porterebbe a una rivisitazione delle conoscenze fondamentali
della fisica, ma aprirebbe a nuove metodologie di calcolo. Se la meccanica quantistica venisse confutata, ci dovremmo confrontare con una nuova ed entusiasmante
teoria, sulla quale verrebbero progettati
nuovi ed entusiasmanti strumenti di calcolo. In un caso o nell’altro, non ci sarebbero
limiti alla conoscenza e al progresso.
n
Incisione di Flammarion.
Questa famosa incisione in legno del XIX
secolo (pubblicata per la prima volta in
bianco e nero) pone una domanda: la
conoscenza ha limiti invalicabili oppure
possiamo sempre spingerci oltre?
p e r a pp r o f o n d i r e
La trama della realtà. Deutsch D., Einaudi, Torino,
1997.
The Physics of Quantum Information: Quantum
Cryptography, Quantum Teleportation, Quantum
Computation. Bouwmeester D., Ekert A. e Zeilinger A.,
Springer, Milano, 2000.
Quanta, Ciphers and Computers. Ekert A., in The New
Physics (Fraser G., a cura), Cambridge University Press,
2006.
L’inizio dell’infinito. Le spiegazioni che trasformano
il mondo, Deutsch D., Einaudi, Torino, 2011.
The Emergent Multiverse: Quantum Theory
according to the Everett interpretation. Wallace D.,
Oxford University Press, 2012.
Le Scienze 93
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