CATECHISMO dispensa - Istituto Superiore di Scienze Religiose di

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ISTITUTO SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE
ALBENGA – IMPERIA
Il Catechismo della Chiesa Cattolica
Note ad uso degli studenti
Don Francesco Ramella
A. A. 2015-2016
I. CENNI DI STORIA DEL CATECHISMO
1. La catechesi nei primi secoli
Durante i secoli della clandestinità e della persecuzione si può pensare che le catechesi più importanti
avvenissero attraverso i racconti dei testimoni oculari della vita di Gesù e poi attraverso la lettura dei
quattro Vangeli che, nel frattempo, erano stati scritti, dopo essere stati raccontati.
Didaché o Dottrina degli Apostoli. Compendio ad uso di coloro che chiedevano il Battesimo, al
fine di orientare la propria vita e la vita della comunità secondo lo schema delle due vie: quella della
vita e quella della morte.
Poi, progressivamente e definitivamente dopo l’Editto di Milano nel 313 che le permise di agire
liberamente, la Chiesa uscì dalle catacombe e così il suo insegnamento divenne pubblico, avvalendosi
anche del favore delle istituzioni. Dovette confrontarsi con le critiche degli avversari, ebrei e pagani, e
questo favorì un progresso nella riflessione e nella esposizione della dottrina della fede, della quale si
fecero carico i Padri greci e latini della Chiesa del primo millennio ancora unita.
Ovviamente non si può davvero parlare di catechismo scritto. Si tratta di raccolte di scritti che seguono
spesso ad omelie o istruzioni pronunciate, lettere per così dire pastorali indirizzate a singoli o a
comunità, che tuttavia possono essere intese quali testi anticipatori del futuro catechismo come molto
più tardi lo si è inteso.
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Omelie sulla Sacra Scrittura di Origene (185-253);
Lettere in occasione della Pasqua di sant'Atanasio, patriarca di Alessandria (295-373);
Catechesi mistagogiche di Cirillo di Gerusalemme (315-381);
Oratio Catechetica Magna di san Gregorio di Nissa (335-394);
Omelie di sant'Ambrogio, vescovo di Milano (340-397);
Catechesi battesimali di san Giovanni Crisostomo (347-407)?
Sant’Agostino d’Ippona (354-430)
Egli ha lasciato un numero assai elevato - circa 500 - di Sermoni sulla Sacra Scrittura, sulla Liturgia e
sulla morale. Si tratta di un prototipo di chiara spiegazione della fede cristiana, fatta in forma incisiva e
assai efficace.
Nell'anno 400 circa, su richiesta del diacono Deograzia di Cartagine il santo di Tagaste scrisse 27
capitoli per l'approfondimento nella fede di quei cristiani che, nonostante un certo qual grado
d'istruzione, erano comunque poco o per nulla adusi nell'istruzione religiosa. Il Vescovo d'Ippona titola
la sua composizione De catechizandis rudibus.
2. Il Medioevo
In epoca carolingia, diventò obbligatoria la catechesi festiva per gli adulti e cominciò a essere promossa
una catechesi per i bambini che uscisse dall'ambito familiare. Apparirono i primi catechismi strutturati
su domanda e risposta. Essi comprendevano alcuni cenni di storia sacra e la dottrina sui sacramenti, il
Simbolo degli Apostoli e la preghiera del Padre Nostro.
2 Il secolo XII vide la luce dei cosiddetti Lucidari e Settenari. Si trattava di facili sintesi dottrinali, per lo
più ad uso dei parroci, per la spiegazione al popolo dei punti cardinali della dottrina cristiana. Tali
schemi proponevano ancora il Credo, i comandamenti, i sacramenti, il Padre Nostro, le opere di
misericordia corporale e spirituale. Cfr. Elucidarium sive dialogus de summa totius christianae
Theologiae di Onorio di Autun (1130).
Nella metà del secolo XIII, san Tommaso d'Aquino diede struttura scritta alla sua predicazione
popolare in stile assai semplice, pubblicando piccoli opuscoli, il cui schema è quello più volte sopra
ricordato: Credo, sacramenti, Comandamenti, preghiera1.
San Tommaso situò la sua catechesi nel contesto delle virtù teologali: la fede, la speranza e la carità.
Egli enucleò tre elementi fondamentali per la salvezza dell'uomo:
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conoscere ciò che si deve credere: il Simbolo della fede;
ciò che si deve desiderare: le domande del Padre Nostro;
ciò che si deve fare: i due comandamenti della carità e i dieci Comandamenti.
I secoli XIV e XV furono contrassegnati da tentativi più propri per la stesura di testi catechistici.
Nel 1375 l'arcivescovo di York pubblicò il Lay Folks Catechism. Fu la prima volta che si usò il
termine e fu redatto in lingua inglese e latina.
3. La Riforma cattolica
3.1. Scuole domenicali e festive di catechismo
Ideatore ed iniziatore di questo genere di scuole fu nel 1536 Castellino da Castello (+ 1566), un prete
comasco. Impressionato della situazione di abbandono morale e religioso in cui viveva la maggioranza
dei ragazzi in città, egli fondò la «Compagnia della Reformatione in Charità», detta poi «Compagnia
della Dottrina Cristiana» (1539), i cui membri, preti e laici, nei giorni festivi si dedicavano
all’insegnamento religioso dei fanciulli.
Nel 1537 Castellino da Castello redasse un catechismo dal titolo Interrogatorio del Maestro al
discipulo per instruir i fanciulli, et quelli che non sanno, nella vita di Dio. Con un linguaggio semplice
e pratico l’Interrogatorio spiegava chi è il cristiano, che cosa significa credere, i comandamenti di Dio
e le opere di misericordia, il Padre nostro e la salutazione angelica rivolta a Maria, e gli elementi
fondamentali della vita cristiana (i doni di natura e di grazia, le beatitudini, i digiuni e le feste, i precetti
della Chiesa, il comportamento esterno del cristiano, i sacramenti, i peccati, le virtù, i sensi del corpo e
le potenze dell’anima, il rito del battesimo e il modo di santificare le feste).
Le scuole della dottrina cristiana del Castellino si diffusero in varie diocesi italiane e si arricchirono di
alcune pubblicazioni, tra le quali il Sommario della vita cristiana insegnata ai fanciulli. Quando Carlo
1
TOMMASO D’AQUINO, De articulis Fidei et Ecclesiae sacramentis ad archiepiscopum Panormitanum:
“Postulat a me vestra dilectio ut de articulis fidei et Ecclesiae sacramentis aliqua vobis compendiose
pro memoriali transcriberem, cum dubitationibus quae circa haec moveri possent. Verum cum omne
theologorum studium versetur circa dubietates contingentes articulos fidei et Ecclesiae sacramenta, si
ad plenum vestrae petitioni satisfacere vellem, oporteret totius theologiae comprehendere summatim
difficultates: quod quantum sit operosum, advertit vestra prudentia. Unde ad praesens vobis sufficiat, si
articulos fidei et Ecclesiae sacramenta breviter vobis distinguam, et qui errores sunt circa quemlibet
eorum vitandi”. ID., Expositio in Symbolum Apostolorum; ID., De decem preceptis.
3 Borromeo fece il suo ingresso come arcivescovo di Milano nel 1563, in città esistevano già 28 scuole
festive di catechismo. Egli le riorganizzò e le estese alle parrocchie, istituendo in ognuna di esse
la «Compagnia della Dottrina Cristiana». Alla sua morte nel 1584 le scuole festive della dottrina
cristiana erano più di 700 nel milanese.
3.2 I tre catechismi del Canisio
Una grande risonanza ebbero non solo nei territori di lingua tedesca, ma anche altrove, i tre catechismi
dal padre gesuita Pietro Canisio (+1597).
• Summa doctrinae christianae (Cathechismus Maior): pubblicata nel 1555 e destinata alle classi
superiori dei collegi e agli studenti universitari, dove cercava di riassumere la dottrina della fede
cattolica con domande e risposte chiare e sufficientemente esaurienti.
• Cathechismus Minimus: pubblicato nel 1556 per la prima istruzione religiosa da offrire ai
fanciulli e agli analfabeti;
• Parvus Cathechismus Catholicorum: pubblicato nel 1559 per gli studenti del liceo classico,
comprendeva un calendario liturgico e 124 domande e risposte, illustrate con incisioni ed
espresse con un linguaggio dal tono controversistico per fare presa sui lettori.
I temi trattati nei tre catechismi erano quelli tradizionali: la fede e gli articoli del Credo; la speranza,
il Padre nostro e l’Ave Maria; la carità e i dieci comandamenti; i sacramenti; la giustificazione con
gli argomenti connessi del peccato da evitare e le buone opere da compiere, tra cui la preghiera, il
digiuno e l’elemosina; le confessioni di fede, ossia il simbolo niceno e quello costantinopolitano per
verificare, approfondire e consolidare la propria vita cristiana. I catechismi del Canisio furono
subito tradotti in tedesco e poi in quasi tutte le altre principali lingue. Per questo essi conservarono
una specie di monopolio fino alla fine dell’1800 e furono ancora utilizzati nel 1900.
2.3 Il Catechismo romano
Nelle Congregazioni generali dell’aprile 1545 alcuni Padri, nei loro interventi, sottolinearono l’urgenza
di redigere un catechismo per i giovani e gli indotti e un’introduzione alla sacra Scrittura per le persone
culturalmente più preparate.
In seguito, fu deciso che era meglio offrire ai parroci e ai predicatori una sicura sintesi teologica che
nell’esercizio del loro ministero pastorale essi dovevano presentare al popolo per istruirlo nella sana
dottrina, tenendo conto dell’età e del livello religioso, morale e culturale degli uditori: “Perché il fedele
possa avvicinarsi ai sacramenti con maggior reverenza e devozione, il Santo Sinodo incarica tutti i
vescovi che li amministrano a spiegare i gesti e le usanze in modo che sia adatto alla comprensione del
popolo; devono inoltre osservare che i propri parroci osservino la stessa regola con pietà e prudenza,
facendo uso per le loro spiegazioni, dove necessario e conveniente, della lingua volgare; e siano
conformi alle prescrizioni del Santo Sinodo nei loro insegnamenti (catechesi) per i vari Sacramenti: i
vescovi devono accertarsi che tutti questi insegnamenti siano accuratamente tradotti in lingua volgare
e spiegati da ogni parroco ai fedeli” (Concilio Ecumenico di Trento, De Reformatione Sess. XXIV.)
La redazione fu iniziata, ma non giunse a compimento. Nell’ultima sessione conciliare del 4 dicembre
1563 i Padri approvarono il progetto del catechismo e affidarono al Papa il compito di provvedere alla
sua stesura. Papa Pio IV affidò la composizione del catechismo a quattro eminenti teologi:
l'arcivescovo Leonardo Marino di Lanciano, Muzio Calidi di Zara, il vescovo di Modena Egidio
4 Foscarini e il dominicano portoghese Francisco Fureiro; la supervisione del lavoro fu compito di tre
cardinali. Borromeo supervisionò la redazione del testo originale italiano che grazie ai suoi sforzi fu
terminato nel 1564, quindi fu riesaminato dal cardinal Guglielmo Sirleto e tradotto in latino da due
famosi umanisti: Paulus Manutius e Julius Pogianus.
La pubblicazione avvenne contemporaneamente in latino ed italiano nel 1566 su ordine di Papa Pio V
con il titolo: Catechismus ex Decreto Concilii Tridentini ad Parochos, più noto come il Catechismo
romano.
La struttura dell’opera, che ha una marcata impronta biblica e patristica, è fondamentalmente
cristologica visto che il suo contenuto s’impernia sulla salvezza operata da Cristo. La materia,
suddivisa in quattro parti, espone le verità che riguardano il Credo, i sacramenti, i comandamenti e la
preghiera.
In una epoca di controversie con i protestanti, il Catechismo romano diventò un sussidio indispensabile
per l’aggiornamento teologico-pastorale del clero e del popolo.
3.4. I due testi di catechesi di san Roberto Bellarmino
Fra le molte altre, in Italia, assunsero una particolare importanza i due scritti catechistici di S. Roberto
Bellarmino (+ 1621), professore di Controversie nel Collegio Romano.
• Dottrina cristiana breve perché si possa imparare a mente (1597); essa è presentata ai fanciulli
e alle persone semplici in 96 domande-risposte sotto forma di dialogo tra il maestro e gli
interlocutori.
• Dichiarazione più copiosa della Dottrina Cristiana (1598). Come viene spiegato nello stesso
titolo questo scritto è indirizzato a coloro che insegnano ai fanciulli e ad altre persone semplici,
cioè ai sacerdoti, ai maestri e ai catechisti. Il contenuto, che comprende i temi: Credo-fede,
preghiera-speranza,, comandamenti-carità, sacramenti, è esposto in forma dialogale e
comprende il susseguirsi di 273 domande fatte dal discepolo cui segue l’immediata risposta del
maestro.
I due scritti di catechesi del Bellarmino furono approvati dal papa Clemente VIII, che dal 1595 lo aveva
scelto come teologo. Fino all’inizio del ‘900, essi furono i testi più usati nelle parrocchie italiane.
4. Il Seicento e il Settecento
È un periodo storico in cui s’affermò in Europa l’idea di nazionalità sotto il regime dell’assolutismo
regio che spesso, sotto forme diverse come il gallicanesimo e le controversie delle regalie in Francia, il
febronianesimo nell’impero ausburgico e il regalismo in altri territori sovrani, fece pesare le sue
intromissioni nella vita delle comunità ecclesiali del proprio Stato con il rischio di trasformarle in
chiese nazionali, come era avvenuto nei territori protestanti in forza del principio sancito nella pace di
Westfalia del 1648 – cuius regio, eius et religio – per cui il principe poteva scegliere liberamente la sua
religione e imporla ai sudditi, salvo restando il diritto di emigrare per chi non volesse sottostarvi.
Malgrado queste intromissioni, le intolleranze che ne sono seguite e gli attacchi contro il papato, nel
1600 e nella prima metà del 1700 nei paesi rimasti fedeli al cattolicesimo fu realizzata una vasta opera
di cristianizzazione e di rinascita spirituale a partire dalla Francia. La catechesi come prassi pastorale
divenne l’attività prioritaria delle diocesi e delle parrocchie. Essa continuò ad ispirarsi sostanzialmente
a quella del secolo XVI e alle direttive del Concilio di Trento e ai catechismi ricordati sopra. Tuttavia
vi furono anche tentativi di andare oltre alla pura e semplice adozione dei catechismi precedenti per
elaborane dei nuovi, come si può dedurre da questi cenni fatti per la Francia e l’Italia.
5 4.1. In Francia
Il rinnovamento religioso che fiorì in Francia nel seicento e nella prima metà del settecento ebbe i suoi
inizi in istituzioni, centri e gruppi che intesero rinnovare la pratica religiosa nelle parrocchie,
potenziando la preparazione biblica, teologica, spirituale e pastorale dei futuri preti.
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gli Oratoriani di Pierre de Bérulle (+ 1629);
il centro di Saint-Nicolas du Chardonnet a Parigi con Adrien Bourdoise (+ 1665);
i Sulpiziani con Jean–Jacques Olier (+ 1657);
i Preti della Missione o Lazzaristi con Saint-Vincent de Paul (+ 1660);
gli Eudisti con Saint-Jean Eudes (+ 1680).
Questi «nuovi preti», che risiedevano nelle loro parrocchie, possedevano un certo livello di cultura per
essere stati formati in seminari e condividevano la vita della gente, insieme ai missionari itineranti,
inaugurarono una sistematica opera di catechesi, di predicazione, di animazione e di
sacramentalizzazione che riportò le popolazioni verso una pratica religiosa più regolare.
I vescovi francesi, più attenti e sensibili a innovazioni pastorali, espressero anch’essi il loro zelo
offrendo ai loro preti e ai fedeli sintesi dottrinali anche mediante fogli volanti che furono poi raccolti in
volume come, ad esempio, la Déclaration de la doctrine chrétienne per la scuola domenicale.
Jacques-Bégnine Bossuet (1627-1704), buon conoscitore della Bibbia e della patristica, che già nel
1671 aveva redatto un esposto sulla fede cattolica dal titolo Exposition de la doctrine de l’Église
catholique sur les matières des controverses, fatto vescovo, scrisse nel 1687 il Catéchisme du dioèse de
Meaux, il cui influsso superò i confini della sua diocesi. Esso era articolato praticamente in tre
catechismi. Premesse le preghiere che i genitori dovevano insegnare ai figli:
• Il primo catechismo sviluppava i quattro temi tradizionali: Credo, Padre nostro, comandamenti
e sacramenti.
• Il secondo, più sistematico, cominciava con otto lezioni sulla storia sacra, seguite da altre
cinque sulla caduta dell’uomo e la redenzione in Cristo, per poi terminare con la presentazione
delle virtù della fede, speranza e carità e dei sacramenti.
• Il terzo proponeva riflessioni sulla domenica e sulle feste del Signore, della Vergine e dei Santi.
François de Salignac de la Motte-Fénelon (1651-1715), arcivescovo di Cambrai, uomo di robusta
spiritualità ed esperto pedagogo (Cfr. Le Avventure di Telemaco), non elaborò propriamente un
catechismo, ma in un suo scritto (De l’éducation des filles), partendo esplicitamente dal De
cathechizandis rudibus di sant’Agostino, faceva osservare che la catechesi contemporanea, spesso
eccessivamente dottrinale e astratta, era difficilmente assimilabile da parte dei bambini, ragioni
pedagogiche consigliavano perciò l’inserimento del messaggio di Cristo in un più ampio contesto della
storia della salvezza.
4.2. In Italia
In Italia, sebbene i testi bellarminiani continuassero ad essere largamente usati, furono stampati alcuni
catechismi rivolti all’istruzione dei fanciulli e dei ragazzi. Per la sua importanza e gli sviluppi
successivi si può ricordare il Compendio della Dottrina Cristiana che il vescovo di Mondovì Michele
Casati (1699-1782) fece redigere e pubblicare nel 1765. Nel 1894 il Compendio del Casati fu adottato,
6 con qualche modifica, in tutto il Piemonte e in Lombardia e, nel 1903, in Liguria ed Emilia. Per ultimo,
lo stesso Pio X lo raccomandò alle diocesi della provincia di Roma e alle altre diocesi d’Italia e, nel
1905, lo fece pubblicare con alcuni adattamenti.
4. 3. Nell’Impero
L’illuminismo, affermatosi in Inghilterra verso la fine del secolo XVII con i liberi pensatori e diffusosi
in Francia nel secolo seguente sotto l’influsso dell’enciclopedismo, trovò rapidamente, in Europa e
fuori, numerosi seguaci nel campo della cultura e della borghesia. I suoi tratti salienti erano:
1. smisurata fiducia nella validità della ragione umana, ritenuta non più soltanto come deduttrice e
apportatrice di cognizioni, bensì quale misura di tutte le cose, norma unica e suprema della vita;
l’insofferenza verso ogni verità rivelata, se non addirittura per ogni verità assoluta;
2. l’ardita progettazione di un mondo più felice, mediante la trasposizione sul terreno puramente
umano e razionale di ciò che prima era stato inteso e sentito in connessione con la dottrina
cristiana;
3. la sostituzione della religione rivelata con la religione naturale, basata unicamente su principi di
ragione e considerata come puro strumento di moralizzazione dell’uomo (= Sittenlehre).
Negli stati tedeschi, dove l’illuminismo non aveva assunto i toni polemici anticristiani di quello
francese, vi fu da parte di alcuni cattolici il tentativo di mediare e distinguere tra le istanze laiciste e
razionalistiche dell’illuminismo inaccettabili, e le sollecitazioni che ne potevano derivare per un
rinnovamento del cristianesimo sul piano religioso e sociale (Katholische Aufklarung).
Uno posto di rilievo in questo tentativo di ricerca di vie nuove nel rinnovamento della catechesi va
attribuito al canonico agostiniano Johannes Ignaz von Felbiger (1724-1788), ideatore del «metodo
Sagan». Questo metodo prevedeva tre ore settimanali per l’istruzione religiosa nelle scuole: la prima
doveva essere fatta da prete; le altre due, dal maestro; e un’altra ora settimanale da tenersi in
parrocchia, la domenica. Felbiger, uomo aperto a talune istanze dell’illuminismo cattolico, ma ben
radicato nella cultura biblica e patristica e nell’ortodossia cattolica, pubblicò due catechismi cui il
confratello Benedikt Strauch (+ 1803) aggiunse un terzo più sviluppato.
L’imperatrice Maria Teresa (1717-1780), che fin dal 1772 aveva richiesto per l’Austria e la Boemia
l’adozione dei catechismi di Sagan, con la collaborazione di Felbiger concorse a far redigere il
catechismo unitario austriaco dal titolo Einheitskatechismus, lo promulgò nel 1777 e ordinò che fosse
usato sia nelle scuole dell’impero sia nella catechesi parrocchiale.
5. L’Ottocento
L’800 fu un secolo di grandi trasformazioni che hanno interessato il campo politico con il passaggio
dalle varie forme di monarchie agli Stati costituzionali liberali; il campo sociale con la fuga di parte
della popolazione contadina verso le città in cerca di fortuna, l’affermarsi del proletariato, la crescita
della popolazione europea; il campo del pensiero acristiano con il suo indirizzo idealista e quello
anticristiano con l’indirizzo scientista sviluppatosi nella sua triplice matrice positivistica,
evoluzionistica e materialistica: nel campo religioso con la crescita della scristianizzazione.
Tra i cultori delle scienze ecclesiastiche vi furono incertezze e deviazioni come nel caso del
tradizionalismo incline a sminuire il valore della ragione anche nell’ambito delle verità naturali, e
l’ontologismo che faceva leva su una conoscenza diretta e immediata di Dio.
La teologia, la catechesi e l’azione pastorale della Chiesa ebbero difficoltà a interpretare questi
7 rivolgimenti. Pur continuando a ispirarsi al passato quanto ai metodi, ai contenuti e agli strumenti della
evangelizzazione, non mancarono spinte riformatrici nel campo della Sacra Scrittura, della liturgia,
degli studi patristici e della stessa pastorale che incorpora anche la catechesi.
Lasciati da parte altri numerosi catechismi elaborati nelle varie diocesi europee, due furono le
principali correnti catechetiche emerse nell’800. La prima aveva un indirizzo storico-biblicoteologico; la seconda un indirizzo dottrinale o neoscolastico.
•
Il primo indirizzo s’ispirava alle Scuole di teologia e di pastorale di Monaco e di Tubinga, che
avevano valorizzato la storia biblica sia per il suo valore morale sia per il suo significato
teologico-salvifico, sostenevano la creatività nella liturgia, apprezzavano le istanze religiose del
romanticismo e non erano avversi alle idee dell’illuminismo. Pionieri di questo indirizzo furono
Johan Michael Sailer (1731-1832) e Johann Baptist Hirsher (1788-1865).
Sailer ed Hirscher, per alcune loro intemperanze di linguaggio e critiche ai catechismi del
passato, provocarono reazioni negative negli ambienti cattolici e per Hirscher anche richiami da
parte dell’autorità ecclesiastica.
In questa direzione operò anche John Henry Newman (1801-1890), il quale diceva che
nell’esposizione della dottrina cristiana occorreva distinguere tre momenti: la presentazione del
testo biblico, la comunicazione sintetica del suo contenuto religioso e l’applicazione alle mutate
condizioni dei destinatari.
In Italia, un tentativo di integrare nella catechesi Bibbia, storia e teologia, è stato fatto da
Antonio Rosmini (1797-1855), uomo di grande cultura e parroco di Rovereto, nel
suo Catechismo disposto secondo l’ordine delle idee del 1838.
•
Il secondo indirizzo si ispira alla Scuola romana. La rinascita della teologia neoscolastica e del
neotomismo verso la metà del 1800 concorsero, a loro volta, a dare all’istruzione religiosa un
indirizzo dottrinale o neoscolastico. Promotori di questo secondo indirizzo furono i gesuiti
Giovanni Perrone (1794-1876), professore di teologia al Collegio Romano, con le
sue Praelectiones dogmaticae (1835-1842) e Joseph Kleutgen (1811-1883), professore al
Collegio germanico di Roma, con le opere Teologia del passato e Filosofia del passato. Ad un
annuncio cristiano basato sulla Bibbia e sulla storia, essi preferivano un annuncio cristiano
essenziale, sistematico e apologetico fondato sul metodo della teologia scolastica.
A questo indirizzo aderirono in Germania i centri teologici di Mainz e di Würzburg. Fu il
gesuita Joseph Deharbe (1800-1871) a dargli una propria struttura; nel 1847 redasse
il Catechismo cattolico ossia della dottrina, con un breve riassunto della storia della religione
dall’inizio del mondo fino al nostro tempo. Per i giovani e adulti. Lo scritto, che conteneva oltre
1000 domande e risposte, uscì anonimo, fu adottato in Svizzera, in Baviera, in altri stati
germanici e fu introdotto anche nell’arcidiocesi di Cincinnati (Stati Uniti).
La materia era così distribuita: il riassunto di storia della religione comprendeva tre periodi:
Prima di Cristo, vita di Cristo, dopo l’Ascensione; l’esposizione dottrinale si rifaceva alla
divisione tripartita del catechismo del Bellarmino: credo, comandamenti, sacramenti e
preghiera. Il linguaggio di Deharbe è chiaro, preciso e armonico. Quest’indirizzo dottrinale o
neoscolastico trovò largo consenso nella seconda metà del 1800.
6. Il pontificato di san Pio X
Il Pontefice san Pio X (1903-1914) spende ogni sua energia per attuare un autentico rinnovamento della
Chiesa. Grande fu l'impegno di Papa Sarto nei confronti della dottrina cristiana. Egli ordinò la
8 pubblicazione di tre testi catechistici o, più precisamente, di un Compendio della dottrina Cristiana in
tre redazioni:
• Catechismo Maggiore; pubblicato nel 1905, è il risultato di un lavoro durato circa 15 anni e
cominciato con il Congresso Catechistico Nazionale di Piacenza del 1889. È composto di 993
domande-risposte; presenta una terminologia tecnica, derivante dalla teologia neoscolastica, per
cui è di fatto una piccola summa teologica. Fu pubblicato contestualmente con l'enciclica
Acerbo nimis dedicata alla catechesi e imperato per la diocesi di Roma.
• Catechismo della Dottrina cristiana; pubblicato nel 1912, composto di 433 domande-risposte,
costituisce una sintesi del Catechismo Maggiore. Pregi innegabili: testo relativamente breve al
fine di favorire la memorizzazione; esaustivo, nel senso che in esso non manca l'essenziale;
preciso e ortodosso (nonché redatto in buona lingua italiana).
• Primi elementi della Dottrina cristiana
6.1 Gli Indici dei tre volumi
6.1.1. Compendio della dottrina Cristiana(1905)
Al Signor Cardinale Pietro Respighi nostro Vicario generale (1905)
Lezione Preliminare
Parte prima: Il Credo o Simbolo apostolico
Parte seconda: Dell’orazione
Parte terza: Dei comandamenti di Dio e della Chiesa
Parte quarta: Dei sacramenti
Parte quinta: Delle virtù principali
Istruzione sopra le feste del Signore, della B. Vergine e dei Santi
Parte prima: Delle feste del Signore
Parte seconda: Delle feste solenni della B. Vergine e delle feste dei Santi
Breve storia della religione
Principii e nozioni fondamentali
Parte prima: Sunto di storia dell'Antico Testamento
Parte seconda: Sunto di storia del Nuovo Testamento
Parte terza: Brevi cenni di storia ecclesiastica
Appendice: Preghiere e formule
6.1.2. Catechismo della Dottrina Cristiana (1912)
Lettera di S.S.Pio X al Card. Respighi
Indulgenze
Preghiere e formule
Prime nozioni della fede cristiana
Parte I Credo ossia principali verità della fede cristiana
9 Parte II Comandamenti di Dio - Precetti della Chiesa - Virtù ossia morale cristiana
Parte III Mezzi della grazia - Sezione I - Sacramenti o mezzi produttivi
Parte III Mezzi della grazia - Sezione II - Orazione o mezzo impetrativo Capo unico
Appendice I Brevissimi cenni di storia della rivelazione divina
Appendice II Brevissimi cenni sulle feste cristiane - Anno ecclesiastico
Appendice III Avvertenze ai genitori e gli educatori cristiani
6.1.3. Primi Elementi della Dottrina Cristiana
Indulgenze
Preghiere e formule
Verità principali della fede cristiana
Morale cristiana
Mezzi della grazia
Orazioni quotidiane
Per il santo sacrificio della Messa
Orazioni per la Confessione e l'Eucarestia
Indice delle materie
7. Il Catechismo della Chiesa cattolica
Nell’epoca successiva al Concilio Vaticano II si attua una riforma della catechesi. È un’epoca segnata
da alcune incertezze, delle quali il famigerato Catechismo Olandese rappresenta un’espressione
paradigmatica.
Nel 1971 la Sacra Congregazione del clero emana il Direttorio catechistico generale; nel 1977 si
celebra il Sinodo dei vescovi sulla catechesi; nel 1979 con l'esortazione apostolica Catechesi tradendae
di Giovanni Paolo II il rinnovamento assume una fisionomia definita.
L’esortazione apostolica è un testo ampio, cristocentrico, che mette la catechesi al centro della
pastorale della Chiesa e delle diocesi, che ne ripercorre le tappe principali nella storia della Chiesa e
che affronta le principali difficoltà del tempo attuale, evitando o superando le false contrapposizioni fra
memorizzazione e interiorizzazione, ricordando a questo proposito che «i fiori della fede e della pietà
(...) non spuntano nelle zone desertiche di una catechesi senza memoria» (Catechesi tradendae, n. 55).
La catechesi viene riproposta come parte essenziale dell'educazione alla fede, che comincia con il
"primo annuncio" allo scopo di suscitare la fede, ma poi necessita anche di un «insegnamento della
dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico» (ibid., n. 18).
L'esortazione apostolica è una tappa fondamentale dello sforzo del Magistero di ribadire la centralità
dell'insegnamento della fede.
Sei anni dopo la Catechesi tradendae, nel 1985, viene celebrato un Sinodo per il ventesimo
anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II. All'interno di questa assemblea che nasce la
richiesta di un catechismo universale che tenga conto degli insegnamenti del Vaticano II e così presenti
la dottrina della fede a tutta la Chiesa universale. Ci vorranno sette anni e vedrà finalmente la luce il
secondo catechismo universale della storia della Chiesa, dopo il tridentino.
10 I. IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Per questo secondo capitolo tenere presente la Costituzione apostolica Fidei Depositum (FD) e la
Prefazione del Catechismo.
1. Genere letterario, destinatario e metodo (FD 2)
La commissione preparatoria incaricata dal Papa è composta da 12 presuli. Essa si interroga anzitutto
se comporre un catechismo o un compendio.
“Compendio” poteva far pensare a una sintesi di volumi, pensata per le biblioteche degli studiosi e non
per i lettori comuni.
Il genere letterario viene definito a partire dal destinatario.
Destinatari della nuova opera sono anzitutto i vescovi e, attraverso di loro, i credenti e i non credenti. Il
genere letterario più adeguato, dunque, è il “Catechismo”: esso non vuole riflettere le opinioni di un
gruppo, ma la fede di tutta la Chiesa (Prefazione, III, 12)
2. Autore e autorità del Catechismo (FD 2 e 4)
Il catechismo non è stato redatto da specialisti, ma da pastori, a partire dalla loro esperienza ecclesiale.
Venne creato un gruppo di redattori composto da due vescovi per ciascuna delle tre sezioni. A questi si
aggiunge poi un ulteriore redattore nel momento in cui viene deciso di aggiungere al Catechismo una
quarta parte dedicata alla preghiera.
Il testo nasce e si accresce lentamente mediante una collaborazione estremamente feconda tra la
Commissione dei dodici e il Comitato di redazione.
Emerge da subito la mancanza di un elemento unificatore tra brani stilisticamente e concettualmente
molto diversi l’uno dall’altro. Viene scelto un segretario di redazione con l’incarico di seguire i testi
nella loro composizione e di armonizzarli reciprocamente senza mutarne la sostanza. Viene reclutato
l’allora vescovo ausiliario di Vienna e professore all’Università di Friburgo in Svizzera, Christoph
Shönborn (oggi cardinale arcivescovo di Vienna).
Il progetto finale del testo viene inviato ai vescovi per le loro osservazioni: vengono integrate 24.000
osservazioni. La commissione dei dodici approva il testo all’unanimità il 14 febbraio 1992.
L’11 ottobre 1992, con la costituzione apostolica Fidei depositum, Giovanni Paolo II mette in vigore il
testo del catechismo.
In senso strettamente giuridico il Catechismo è opera papale, trasmesso dal Santo Padre alla cristianità
in forza del suo specifico potere magisteriale. Il catechismo è però di fatto un’opera collegiale.
L’autorità del Catechismo non è qualche cosa di imposto dall’esterno, ma riflette l’autorità stessa
dell’insegnamento della Chiesa.
Le singole dottrine che il Catechismo propone non hanno altra autorità se non quella che già
possiedono.
Rifiutare il catechismo nel suo insieme significa separarsi inequivocabilmente dalla fede e
dall’insegnamento della Chiesa.
3. Struttura (FD 3 e Prefazione, IV)
11 4. Le fonti del Catechismo (Prefazione, III, 11)
4.1. La Sacra Scrittura
Estratto dell’intervento del Card. Joseph Ratzinger al Congresso tenutosi a Roma nel mese di ottobre
2002 e organizzato dalla Congregazione per il Clero in occasione del 10° anniversario della
pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.
«Particolarmente forti furono gli attacchi all’uso della Scrittura da parte del Catechismo: esso (come
già detto) non avrebbe avuto consapevolezza del lavoro esegetico di un intero secolo; sarebbe pertanto
ad esempio così ingenuo da citare passi del Vangelo di Giovanni per delineare la figura storica di Gesù;
si ispirerebbe ad una fede letteralistica che si potrebbe già designare come fondamentalistica ecc. Al
riguardo si dovrebbe in riferimento al già indicato compito specifico del Catechismo riflettere molto
accuratamente circa il modo con cui questo libro deve fare uso della esegesi storico-critica.
Relativamente ad un’opera, che deve presentare la fede - non delle ipotesi - e che per un tempo
piuttosto lungo deve essere “riferimento sicuro e autentico per l’insegnamento della dottrina cattolica”
(così il Papa nella Costituzione Apostolica, n. 4), si dovrebbe tener presente quanto rapidamente le
ipotesi esegetiche mutano e quanto grande è in verità il dissenso anche fra autori contemporanei in
riferimento a molte tesi.
Il Catechismo ha pertanto dedicato un suo proprio articolo - i numeri 101-141 del libro - ad una
riflessione specifica sul retto uso della Scrittura nella testimonianza della fede. Questa sezione è stata
valutata da importanti esegeti come una sintesi metodologica riuscita, che affronta la questione della
natura non solo storica, ma propriamente teologica dell’interpretazione della Scrittura.
Al riguardo occorre prima rispondere alla domanda: cos’è propriamente la Sacra Scrittura? Che cosa
rende questa raccolta letteraria in una certa misura eterogenea, il cui tempo di formazione si estende per
circa un millennio, un unico libro, un unico sacro libro, che come tale è interpretato? Se si
approfondisce questo interrogativo, emerge chiaramente tutta la specificità della fede cristiana e della
sua concezione della rivelazione. La fede cristiana ha la sua specificità innanzitutto nel fatto che si
riferisce ad eventi storici, o meglio ad una storia coerente, che di fatto è avvenuta come storia. In
questo senso le è essenziale la questione della fattualità, della realtà dell’evento, e pertanto deve dare
spazio al metodo storico. Ma questi eventi storici sono significativi per la fede soltanto perché è certo
che in essi Dio stesso in un modo specifico ha agito e gli eventi portano in se qualcosa che va al di là
della semplice fatticità storica, qualcosa che proviene da altrove e dà loro significato per tutti i tempi
come per tutti gli uomini. Questa eccedenza non deve essere separata dai fatti, non è un significato
giustapposto successivamente ad essi dall’esterno, ma è presente nell’evento stesso, pur trascendendo
per altro la pura fatticità. Proprio in questa trascendenza insita nel fatto stesso si trova l’importanza di
tutta quanta la storia biblica. Questa struttura specifica della storia biblica si riflette nei libri biblici: essi
da una parte sono espressione dell’esperienza storica di questo popolo, ma poiché la storia stessa è
qualcosa di più che non l’azione e la passione del popolo, in questi libri non parla in realtà solo il
popolo, ma quel Dio che agisce in lui e per mezzo di lui. La figura dell’ “autore”, che è così importante
per la ricerca storica, è quindi articolata in tre livelli: l’autore individuale è infatti sostenuto a sua volta
dal popolo nel suo insieme. Questo si rivela proprio nelle sempre nuove aggiunte e modifiche dei libri;
qui la critica delle fonti (malgrado molte esagerazioni ed ipotesi poco plausibili) ci ha fatto dono di
pregevoli scoperte. Alla fine non è solo un autore individuale, che parla, ma i testi crescono in un
processo di riflessione, di cultura, di nuova comprensione, che supera ogni singolo autore. Ma proprio
in questo processo di continui superamenti, che relativizza tutti gli autori individuali, è all’opera un
trascendimento più profondo: in questo processo di superamenti, di purificazioni, di crescita è operante
lo Spirito ispiratore, che nella parola conduce i fatti e gli eventi e negli eventi e nei fatti spinge
12 nuovamente alla parola.
Chi riflette su questa drammatica qui solo molto sommariamente accennata del divenire scrittura
della parola biblica, vede senz’altro che la sua interpretazione - anche indipendentemente da
interrogativi propriamente credenti - deve essere estremamente complessa. Chi però vive nella fede di
questo stesso popolo e si trova all’interno di questo processo deve tener conto nell’interpretare anche
dell’ultima istanza, che egli sa operante in essa. Solo allora si può parlare di interpretazione teologica,
che di fatto non elimina quella storica, ma la amplia in una nuova dimensione.
A partire da tali presupposti il Catechismo ha descritto la doppia dimensione di una corretta esegesi
biblica, alla quale appartengono da una parte i metodi tipici dell’interpretazione storica, ma poi - se si
considera questa letteratura un solo libro, e ancor più un libro sacro - devono aggiungersi ulteriori
forme metodologiche. Nei numeri 109 e 110 vengono menzionati con riferimento a Dei Verbum 12 le
esigenze fondamentali di un’esegesi storica: fare attenzione all’intenzione degli autori, alle condizioni
del loro tempo e della loro cultura, così come tener conto dei modi di intendere, di esprimersi, di
raccontare, consueti nella loro epoca (110). Ma vi si devono poi aggiungere anche quegli elementi
metodologici, che derivano dalla comprensione dei libri come un solo libro e come il fondamento della
vita del popolo di Dio nell’Antico e nel Nuovo Testamento: prestare attenzione al contenuto e all’unità
di tutta la Scrittura; leggere la Scrittura nella Tradizione vivente di tutta la Chiesa; essere attenti
all’analogia della fede (112-114). Vorrei almeno citare il bel testo, con il quale il Catechismo presenta
il significato dell’unità della Scrittura e lo illustra con una citazione di San Tommaso: “per quanto
siano differente i libri che la compongono, la Scrittura è una in forza dell’unità del disegno di Dio, del
quale Cristo Gesù è il centro e il cuore, aperto dopo la sua Pasqua. ’Il cuore di Cristo designa la Sacra
Scrittura che appunto rivela il cuore di Cristo. Questo cuore era chiuso prima della Passione, perché la
Scrittura era oscura. Ma la Scrittura è stata aperta dopo la Passione, affinché coloro che ormai ne hanno
l’intelligenza considerino e comprendano come le profezie debbano essere interpretate’ (Tommaso
d’Aquino, Psalm. 21, 11)” (112).
Da questa complessa natura del genere letterario “Bibbia” ne deriva anche che non si può fissare il
significato dei suoi singoli testi in riferimento all’intenzione storica del primo autore - per lo più
determinato in modo ipotetico. Tutti i testi si trovano in realtà in un processo di continue riscritture,
nelle quali il loro potenziale di senso si dischiude sempre più, e pertanto nessun testo appartiene
semplicemente ad un singolo autore storico. Poiché il testo stesso ha un carattere processuale, non è
lecito, anche a partire dal suo proprio genere letterario, fissarlo su di un determinato momento storico e
qui rinchiuderlo; in tal caso esso sarebbe anche fissato nel passato, mentre leggere la Scrittura come
Bibbia significa proprio che si trova il presente nella parola storica e si apre un futuro. La dottrina del
senso molteplice della Scrittura, che è stata sviluppata dai Padri e ha trovato una sistemazione organica
nel Medioevo, a partire da questa particolare configurazione del testo è oggi nuovamente riconosciuta
come scientificamente adeguata. Il Catechismo illustra pertanto brevemente la concezione tradizionale
dei quattro sensi della Scrittura - meglio si direbbe piuttosto delle quattro dimensioni del senso del
testo. Vi è innanzitutto il cosiddetto senso letterale, cioè il significato storico-letterario, che si cerca di
riproporre come espressione del momento storico della nascita del testo. Vi è il cosiddetto senso
“allegorico”; purtroppo questa parola screditata ci impedisce di cogliere esattamente ciò di cui si tratta:
nella parola lontana di una determinata costellazione storica traspare in realtà un itinerario della fede,
che inserisce questo testo nell’insieme della Bibbia e al di là di quel tempo lo orienta in ogni tempo a
partire da Dio e verso Dio. Vi è poi la dimensione morale - la parola di Dio è sempre anche indicazione
di un cammino, ed infine la dimensione escatologica, il superamento verso ciò che è definitivo e
l’accesso “senso anagogico”.
Questa visione dinamica della Bibbia nel contesto della storia vissuta e che continua del popolo di
Dio conduce poi ad un’ulteriore importante acquisizione sull’essenza del Cristianesimo: “La fede
cristiana tuttavia non è una religione del Libro’”, dice lapidariamente il Catechismo (108). Questa è
13 un’affermazione estremamente importante. La fede non si riferisce semplicemente ad un libro, che
come tale sarebbe l’unica ed ultima istanza per il credente. Al centro della fede cristiana non si trova un
libro, ma una persona - Gesù Cristo, che è egli stesso la Parola vivente di Dio e si fa conoscere per così
dire nelle parole della Scrittura, che però a sua volta possono essere comprese rettamente sempre solo
nella vita con lui, nella relazione vivente con lui. E poiché Cristo si è edificato e si edifica la Chiesa, il
popolo di Dio, come suo organismo vivente, suo “corpo”, è essenziale alla relazione con lui la
partecipazione al popolo pellegrinante, che è il vero e proprio autore umano e al quale la Bibbia è
affidata come suo proprio tesoro, come già detto. Se il Cristo vivo è la vera e propria norma
dell’interpretazione della Bibbia, ciò significa che comprendiamo rettamente questo libro solo nella
comune comprensione credente sincronica e diacronica della Chiesa intera. Al di fuori di questo
contesto vitale la Bibbia è solo una raccolta letteraria più o meno eterogenea, non l’indicazione di un
cammino per la nostra vita. Scrittura e tradizione non si possono separare. Il grande teologo di Tubinga
Johann Adam Möhler ha illustrato questo necessario legame in modo insuperabile nella sua classica
opera “Die Einheit in der Kirche” (L’unità nella Chiesa), la cui lettura non sarà mai abbastanza
raccomandata. Il Catechismo sottolinea questo legame, nel quale è inclusa anche l’autorità
interpretativa della Chiesa, come la testimonia espressamente la seconda Lettera di Pietro: “Sappiate
anzitutto questo: nessuna scrittura profetica”(1, 20).
Vi è da rallegrarsi che il Catechismo con questa visione dell’esegesi della Scrittura può sapersi in
concordanza con tendenze significative dell’esegesi più recente. L’esegesi canonica sottolinea l’unità
della Bibbia come principio d’interpretazione; l’interpretazione sincronica e diacronica vengono
sempre più riconosciute nella loro pari dignità. Il legame essenziale di Scrittura e Tradizione viene
sottolineato da famosi esegeti di tutte le confessioni; appare chiaro che un’esegesi separata dalla vita
della Chiesa e dalle sue esperienze storiche non può andare al di là della categoria delle ipotesi, che
deve fare i conti con la superabilità in qualsiasi momento di ciò che è detto in quell’istante. Vi sono
tutti i motivi per rivedere l’affrettato giudizio sul carattere grossolano dell’esegesi scritturistica del
Catechismo e per rallegrarsi che esso senza complessi legga la Scrittura come parola presente e possa
così lasciarsi plasmare dalla Scrittura in tutte le sue parti come da una fonte viva».
4.2. La Tradizione
Il Concilio di Trento insegna che la Rivelazione è contenuta non solo nella Scrittura, ma anche nelle
tradizioni non scritte. Il Concilio parla al plurale di “tradizioni” intendendo con ciò gli insegnamenti e
le istituzioni. Perciò descrive la Tradizione come il complesso delle “tradizioni che ricevute dalla bocca
stessa di Cristo dagli apostoli, o dai medesimi apostoli a cui lo Spirito Santo le aveva dettate, trasmesse
quasi di mano in mano per vennero fino a noi”. Ma poi ne limita l'estensione alla fede e alla morale,
dicendo che dobbiamo accettare oltre le Scritture “le tradizioni stesse, sia spettanti alla fede sia
spettanti alla morale, come dettate da Cristo a voce, o dallo Spirito Santo suggerite e conservate per
continua successione dalla Chiesa cattolica”.
Il Concilio Vaticano secondo insegna che la Sacra Scrittura e la Tradizione vanno accolte con eguale
pietà.
4.3. Il Magistero
Il concilio Vaticano I insegna che la fede deve attingere le sue verità alle due fonti della rivelazione,
Scrittura e Tradizione: non però direttamente e immediatamente, ma mediante un’istituzione che è la
Chiesa. La Scrittura e la Tradizione sono pertanto regola remota della fede, il magistero vivente della
Chiesa ne è la regola prossima.
14 L’apostolato fondato da Cristo, nella sua organica unione col primato di Pietro, o, in altre parole,
l’insieme dei vescovi in quanto successori degli apostoli in unione con il Papa successore di Pietro,
costituisce il magistero ecclesiastico.
Le forme del magistero sono due: solenne e ordinaria e universale.
Il magistero solenne è costituito dal Concilio Ecumenico e dalla locutio ex cathedra. L’insegnamento
ordinario e universale assume forme diverse.
L’infallibilità è prerogativa principale del magistero ecclesiastico. Appartiene a tutto il corpo
insegnante, ma non a tutti i suoi membri nel medesimo modo: l’insieme dei vescovi la possiede in
unione col Papa, ma ognuno di essi non ne usufruisce per proprio conto. Il Papa la da solo, come
carisma personale nella sua funzione, quando come dottore supremo della cristianità pronuncia ex
cathedra una decisione obbligatoria per tutta la Chiesa circa la dottrina di fede e di morale.
L’oggetto dell’infallibilità sono le verità soprannaturali di salvezza. Si distingue un duplice oggetto
dell’infallibilità: oggetto diretto (i dogmi in senso proprio) e oggetto indiretto (le verità cattoliche e i
fatti dogmatici).
4.4. I Padri della Chiesa
Col nome di Padri della Chiesa, in senso stretto, si intendono gli scrittori della Chiesa antica che si
distinguono per la loro antichità, santità di vita, purezza della dottrina e approvazione della Chiesa.
La Chiesa si è pronunciata in forma solenne, dichiarando espressamente che non solo non si deve
interpretare la Scrittura contro un anime consenso dei padri, ma anche dev’essere interpretata secondo
questo consenso. Pertanto il loro consenso nelle verità soprannaturali è un criterio di divina tradizione.
Nota bibliografica A. LÄPPLE, Breve storia della catechesi, Brescia 1985. J. RATZINGER – C. SCHÖNBORN, Breve introduzione al Catechismo della Chiesa cattolica, Roma 2005. 15 
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