La Crisi, come è nata, di cosa parliamo, cos`è realmente.

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INCONTRO 1 DOMENICA 18 NOVEMBRE 2012 (ore 18,30-20,00) – relaziona Cristian Libè.
La Crisi,
come è nata, di cosa parliamo, cos’è
realmente.
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La vera origine della Crisi.
La crisi che ci troviamo ad affrontare oggi parte da lontano, ed è già annunciata da quarant’anni, con l’avvio
della globalizzazione neoliberista. La globalizzazione neoliberista nasce alla fine degli anni ’70 come
risposta del potere capitalista al dibattito sul modello di sviluppo economico mondiale.
Con la globalizzazione inizia una fase di progressivo cambiamento dell’ordine mondiale, mediante vari
fattori:
 Progressiva abolizione delle barriere commerciali (dazi doganali), con il conseguente aumento dei
volumi del commercio internazionale e la crescente integrazione economica tra i paesi;
 Crescente mobilità internazionale dei capitali e processo di finanziarizzazione dell’economia;
 Politiche di deregolamentazione del sistema bancario;
 Privatizzazione di settori chiave dell’economia, come energia, comunicazioni e trasporti;
 Liberalizzazione del mercato del lavoro, mettendo in concorrenza diritti e salari tra i lavori del nord
e sud del mondo;
 Affermazione delle imprese multinazionali, permettendo ai capiatalisti la delocalizzazione di una o
più fasi del processo produttivo, e la standardizzazione dei prodotti, ampliando i propri mercati di
sbocco;
 Trasferimento di sovranità democratica dagli Stati-Nazione ad entità internazionali e
sovranazionali come WTO (organizzazione mondiale del commercio), Banca Mondiale e Fondo
Monetario Internazionale.
Queste trasformazioni dell’ordine mondiale, in atto da quarant’anni a questa parte ha permesso ai paesi
capitalistici occidentali di ottenere il completo controllo sia sul costo della manodopera che sulle risorse
produttive.
Negli anni ’90 i paesi Occidentali industrializzati cominciano a cambiare i propri metodi produttivi, si passa
infatti dal prodotto di massa, la cui produzione può venire delocalizzata in paesi dove la manodopera costa
meno, al prodotto di eccellenza. Questo progressivo cambio di produzione però, in occidente genera un
aumento della disoccupazione ed un calo drastico del livello salariale dei lavoratori che si riflette con il calo
dei consumi. Le banche centrali, per incentivare i consumi misero in atto politiche favorendo denaro a
basso costo e un più facile accesso al credito per le masse lavoratrici sempre più costrette ad indebitarsi per
far fronte al costo della vita.
Il Capitale raggiunge così il suo massimo livello di sviluppo riconvertendo il flusso economico,
dall’economia reale a quella finanziaria.
Possiamo dedurre quindi che quella che ci troviamo ad attraversare oggi non è una vera e propria crisi
economica, ma una vera e propria strategia politica e legislativa per vincolare la produzione reale,
favorendo l’esproprio dei risparmi.
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Il non senso della finanza: il denaro che si fa col denaro.
Parte negli Stati Uniti, quando nel 1971, sotto la presidenza Nixon, venne abbandonato il regime di
convertibilità del dollaro in oro (dollar standard), decidendo di lasciar fluttuare liberamente la moneta (il
dollaro) secondo la legge della domanda e dell'offerta. E’ l’inizio della rivoluzione finanziaria.
Le politiche di deregolamentazione continuarono dapprima sotto la presidenza Carter e in seguito, ed in
maniera più estesa durante la presidenza Reagan.
Ma fino ad allora, le leggi bancarie statunitensi erano molto severe e dividevano le banche sostanzialmente
in due tipologie:
 Banche Commerciali o di Risparmio: capitalizzate con i capitali delle imprese locali e i risparmi dei
cittadini. Con impossibilità ad investire sui mercati obbligazionari.
 Banche di Investimento: capitalizzate da grandi capitali privati, a cui invece era permesso
l’investimento sui mercati obbligazionari.
Nel 1999 l’amministrazione Clinton interruppe questa divisione (abrogando il Glass-Steagall Act, attraverso
il Gramm-Leach-Billey Act), permettendo alle seconde di fondersi con le prime, formando grandi
conglomerati finanziari di investimento (Goldman Sachs). Favorendo negli anni successivi la
deregolamentazione del trading dei derivati e il ricorso alla cartolarizzazione dei titoli obbligazionari.
I mercati finanziari, così deregolamentati, operano per anni indisturbati e senza regole, si possono vendere
titoli allo scoperto (senza esserne in possesso), esistono derivati finanziari per ogni titolo, azione, valuta o
tasso di interesse, possono essere creati dei derivati persino sulle precipitazioni metereologiche. La finanza
assomiglia sempre di più ad un casinò, dove si scommette e si rischia col denaro di tutti.
Per rendere le operazioni ancora più agevoli e credibili, i grandi gruppi di investimento americani,
finanziano ed istituiscono le agenzie di rating, che hanno il compito di fornire un voto di opinione per ogni
singolo titolo sul mercato azionario.
Un esempio del non senso della finanza, lo si può osservare in maniera corretta analizzando il sistema di
cartolarizzazione dei mutui subprime americani, che ha causato la crisi finanziaria.
La crisi imprevista dei mutui sub-prime, mutui a basse garanzie (perché sottoscritti da contraenti con
reddito inadeguato o con passato di insolvenze o fallimenti) concessi dalle banche d'investimento
americane (istituti che concedevano finanziamenti chiedendo tassi d’interesse variabili e crescenti nel
tempo ottenendo una compensazione del rischio con il rendimento dei prestiti), inizia a manifestarsi nel
2006 per scoppiare nel 2008. La crisi raggiunse il punto di non ritorno quando i risparmiatori americani
cominciarono a non ripagare più i mutui dando avvio a un massiccio aumento dei pignoramenti.
L'esplosione della bolla dei mutui fu amplificata dal fatto che le banche statunitensi, al fine di ridurre
l'esposizione rispetto a questi prodotti finanziari altamente rischiosi, vendevano a terzi i mutui stessi
attraverso diversi strumenti finanziari, parcellizzandoli e riassemblandoli con altri prodotti (CDO, CMO, CLO,
ABS). In questo modo le banche scaricavano su altri soggetti (inizialmente investitori istituzionali, ma poi
anche banche e risparmiatori) i rischi corsi concedendo tali finanziamenti. La cartolarizzazione dei mutui
subprime (ovvero la creazione di titoli garantiti dai mutui ipotecari), sempre più diffusa, moltiplicava spesso
i rendimenti in quanto chiedeva un ulteriore surplus, ai soggetti a cui si rivendevano i derivati dei mutui
secondari. Tali processi hanno reso infetto l'intero sistema finanziario mondiale di questi titoli, a un certo
punto della crisi conosciuti, con un'espressione peggiorativa ma efficace, come "tossici". La
cartolarizzazione e il successivo "impacchettamento" dei titoli in sempre nuovi prodotti nei quali doveva
essere assemblato, assieme a una parte di titoli garantiti, un certo quantitativo di titoli tossici, aveva lo
scopo di fare alzare il giudizio di affidabilità delle agenzie, cosicché a un rapporto maggiore di titoli sani
rispetto a quelli tossici nello stesso "pacchetto" sarebbe corrisposta una qualità del rating superiore (A, AA,
AAA ecc.)
La forte svalutazione di questi strumenti innescò difficoltà gravissime in alcuni fra i più grandi istituti di
credito americani. Bear Sterns, Lehman Brothers e AIG vennero ridotti al collasso e poi messi in sicurezza
dall'intervento del Tesoro statunitense di concerto con la FED.
La crisi dei mutui in pochi mesi colpì anche l'economia reale provocando recessione, caduta degli
investimenti e dei redditi e crollo dei consumi. La risposta più immediata alla crisi del credito e alla crisi di
fiducia apparve il massiccio intervento degli stati e delle banche centrali che provvidero a tagliare i tassi
d’interesse e a immettere liquidità nel sistema economico, cercando di incentivare gli investimenti e la
rimessa in moto dell'economia.
L'aggravarsi della crisi spinse il governo americano a intervenire. Il piano di intervento, che all'inizio
prevedeva una soglia nominale massima non superiore ai 700 miliardi di dollari, complessivamente
ammontò a 7.700 miliardi di dollari. Tale quantitativo di liquidità venne immesso sul mercato bancario a
tassi vicino alla zero dalla Federal Reserve, a sostegno delle banche.
I tre maggiori gruppi finanziari americani (Goldman Sachs, Bank of America, J.P. Morgan Chase) trasserò
giovamento dall’intervento della FED creando un blocco di potere monopolistico che opera ancora oggi.
Gli stessi sistemi di vendite allo scoperto, derivati e cartolarizzazione vengono messe in pratica tutt’oggi, se
nel 2008, oggetti di speculazione finanziaria era no i mutui subprime, oggi sono diventati i debiti sovrani
degli Stati Europei.
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La Questione del Debito Italiano: Chi lo ha fatto, chi lo paga?
Prima di parlare di questione del debito italiano, occorre dare un po di risalto al tono di eccezionalità, tutto
italiano con cui i media ci fanno arrivare queste informazioni. Come fa un Paese a passare da 7°Paese
industrializzato del mondo ad una nazione sull’orlo del fallimento?
In Italia ci fu una crisi simile già negli anni ’80 con la lira e successivamente nel 1992 all’imminente firma del
trattato di Maastricht sotto la presidenza Amato , quindi non vi esiste nessun emergenza di sorta, perché
questa crisi del debito, come le precedenti qui sopraelencate, sono crisi cicliche del Capitalismo, è già
annunciate da quarant’anni con l’inizio della globalizzazione. Come sempre risolte a colpi di riforme
lacrime e sangue sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini risparmiatori.
La Crisi è causata di una sovrastruttura finanziaria che favorisce un gioco predatorio ai danni dei
risparmiatori. Vincolando la produzione reale, liberando l’esproprio dei risparmi. Tutto ciò con Governi che
attuano strumenti legislativi al fine di rendere legale tale operazione.
In Italia si attraversa una fase di allarmismo economico, totalmente ingiustificato, perpetrato da gruppi di
potere col fine di mettere in crisi il sistema politico sociale del paese, per favorire gli stessi. Nascondendo il
fatto reale: la Crisi non è altro che un furto finanziario.
Un ulteriore conferma di questo la si deduce dalle dichiarazioni di Mario Draghi del 2010, che premettendo
che la Crisi parte dagli Stati Uniti nel 2008 e causa la perdita nel 2010 del 2,4%del PIL americano. Nell’area
dell’Euro il calo è del 4%, mentre in Italia il calo è stato del 5%. Considerando che la crescita del PIL in Italia
in quella anno era di poco sotto al 2%, possiamo dedurre che senza il furto finanziario il PIL Italiano sarebbe
cresciuto del 7%.
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