DOPO AVATAR – L`AUTORE NELLA SALA DIGITALE – Intervento di

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DOPO AVATAR – L’AUTORE NELLA SALA DIGITALE – Intervento di Andrea Papini
Venezia - 6 settembre 2010
Un saluto a tutti, purtroppo non posso essere presente all’incontro essendo in fase di mix
del mio nuovo film, La misura del confine.
Essendomi occupato per un lungo periodo delle opportunità che l’avvento delle tecniche
digitali offrivano e offrono all’intero settore cinematografico, riassumo qui, su richiesta
dell’amico Francesco Ranieri Martinotti, il mio punto di vista.
L’idea del cinema digitale segue di pari passo lo sviluppo e la crescita della potenza degli
elaboratori elettronici, chiamati a gestire l’ imponente quantità di dati che le immagini
cinematografiche richiedono. Già nel 1988 la Sony proponeva un progetto completo di
distribuzione cinematografica via satellite, avendo intuito da subito l’abbattimento dei costi
che tale scelta tecnica avrebbe comportato.
Anche in Italia, nel 1990, sono stati effettuati degli esperimenti di distribuzione digitale
(Aurelio De Laurentiis). Ma è nel 1996 che avviene la grande svolta con l’introduzione nei
videoproiettori dei microchip DLP della Texas Instruments, che permette una visione di
altissima qualità.
Nel 1997 nasce Microcinema e nel 1998 il progetto di una distribuzione digitale
sperimentale viene presentato al Cda della Rai dopo essere stato illustrato nei dettagli - con
il deciso sostegno di Gillo Pontecorvo che aveva intuito subito le potenzialità dell’iniziativa all’allora Ministro dei Beni e delle Attività Culturali. La proposta, che avrebbe permesso
all’intera cinematografia italiana di conquistarsi con largo anticipo uno posizione leader nel
mercato, non ha avuto alcuna risposta. Ricordo solo che a quel tempo l’iniziativa
governativa maggiormente sostenuta fu la trasformazione delle sale cinematografiche in
sale bingo.
E’ quindi con comprensibile amarezza constatare oggi la validità di una frase pronunciata
alcuni anni fa da un alto dirigente di una major americana: “il passaggio al cinema digitale
avverrà solo quando lo decideranno i poteri forti”.
Quale è stata, allora, la strategia commerciale che i poteri forti hanno utilizzato per
applicare questa trasformazione, mentre per anni la maggior parte degli operatori italiani si
è persa in infinite discussioni sul confronto qualitativo tra digitale e pellicola? Il 3D.
Il 3D è una tecnica vecchia; già nell’ottocento , contemporaneamente allo sviluppo della
fotografia si è sperimentata la visione stereoscopica. Nel solaio della mia famiglia ho
ritrovato una serie di fotografie doppie, su lastre di vetro, per la visione stereoscopica
risalenti agli anni 20 del secolo scorso. Negli anni sessanta circolava una macchinetta
chiamata view master, che forniva immagini tridimensionali dei monumenti e dei panorami
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delle città turistiche. Poi la cosa è finita lì. Per un semplicissimo motivo: è il cervello che
elabora la percezione e non viceversa. Quindi, per sollecitare i cinque sensi dello spettatore
è molto più efficace lavorare sulla struttura narrativa capace di evocare la memoria
piuttosto del tentativo, teoricamente imperfetto, della ricostruzione della realtà
tridimensionale. La convergenza dello sguardo,infatti, che fornisce la visione stereoscopica,
non potrà mai adattarsi alla percezione reale essendo il posto dello spettatore sempre alla
medesima distanza dallo schermo. Ne risulta così sempre una visione artefatta, che crea
quell’effetto di straniamento da molti provato. Un buon carrello cinematografico è in grado
di rendere la tridimensionalità dello spazio meglio dell’artificio generato con la complicità
dei fastidiosi occhialetti.
Ma il cinema è stato sempre fiera e baraccone, fin dalla sua nascita. E il 3D applicato ai
proiettori digitali ha creato l’evento che ha permesso di finanziare, col suo successo
commerciale legato ad una accurata campagna pubblicitaria, la sostituzione dei proiettori
meccanici con i proiettori digitali. Non posso prevedere se in futuro questi verranno
utilizzati solo per il 3D o se invece verranno utilizzati anche per la programmazione
tradizionale in 2D, ma intanto la sostituzione delle macchine da proiezione è avvenuta, ed è
nelle mani “dei poteri forti” sopra citati, che ne faranno quello che vogliono.
E veniamo al convegno.
Fortunatamente la tecnologia, e l’intelligenza che la gestisce, sono di dominio pubblico, ed
esiste ancora la possibilità, pur avendo perso tutti i potenziali vantaggi di posizione, di
utilizzare l’innovazione tecnologica per permettere al cinema e più in generale
all’audiovisivo uno spazio che ne garantisca la sua libertà culturale.
Il cosiddetto mondo digitale interviene nella catena produttiva nelle tre principali aree,
produzione, distribuzione ed esercizio, abbattendone i costi e permettendone maggiore
flessibilità nell’utilizzo. Non solo. Dagli studi effettuati in questi ultimi 14 anni, emergono
ampie aree, sia urbane che extraurbane, dove le strategia commerciale degli operatori
dominanti non ha ritorno economico con le tipologie dei loro film: questa è quindi una
opportunità per tutti quegli operatori, autori, produttori ed esercenti innovativi che
vedono il cinema ancora come una forma di intrattenimento capace di divulgare bellezza e
cultura, che possono convivere, a mio avviso, in spazi liberi intellettualmente ed
economicamente.
Sarà inoltre necessario sviluppare e sperimentare nuovi modelli gestionali che sappiano
sfruttare le opportunità del mezzo (ogni tecnologia condiziona l’utilizzo per la quale è stata
realizzata) che prevedano, tra le altre anche il web in HD in sala.
Dagli studi di settore emerge, a grandi linee, che l’autonomia economica di una rete di
nuove sale digitali, che comprenda distribuzione ed esercizio, richiede un’occupancy
giornaliera di sala di circa il 50%, ovvero, una sala da 100 posti deve vendere almeno 50
biglietti in tutta la giornata (da suddividere in funzione del numero degli spettacoli). Sembra
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un numero molto alto, ma infinitamente piccolo rispetto ai grandi numeri degli anni ‘60.
Basterebbe riportare in Italia la media di frequentazione delle sale al livello europeo, e
posizionare le sale negli innumerevoli punti strategici sparsi sul territorio per ottenere tale
risultato. Ma per farlo l’unica possibilità, a mio avviso, è una collaborazione leale e sincera
di tutti gli operatori del settore interessati, capaci di unire le forze perlomeno in questa fase
di transizione, che permetta di superare l’esiziale gioco di veti incrociati che ha permesso,
ancora una volta ai “poteri forti” l’assoluto controllo dell’immaginario collettivo.
Andrea Papini è stato fondatore della Microcinema nel 1997 della quale ha ricoperto la
carica di ad e poi di presidente fino al 2009.
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