chigiana - unico sett. 2005_chigiana - unico sett. 2005

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le semplice, sfruttando spesso il contrasto fra modo maggiore e
minore e impiegando generalmente progressioni armoniche limitate
alle funzioni dei gradi fondamentali (I-IV-V-I). Al tempo stesso
arricchisce il discorso di dissonanze e cromatismi, modulando spesso in maniera anticonvenzionale (non attraverso la dominante, bensì
tramite la mediante, la sottodominante o la sensibile). Impiega
temi semplici che paiono generati dalla tecnica stessa dello strumento (spesso coniati su figure di accordi spezzati, ad andamento
triadico), basati su veloci ribattuti o intervalli ampi, dai quali con
vistosa maestria il compositore ricava una serie di variazioni motiviche. Non rifiuta in toto il contrappunto, impiegandolo specialmente nei lavori sacri, con parsimonia e comunque in maniera anticonvenzionale. Si tratta di un contrappunto scenografico che non ricerca uno sviluppo lineare esaustivo dei motivi, bensì l’esplorazione
delle loro possibilità foniche. La coesione formale è assicurata non
già per mezzo dello sviluppo di un singolo elemento tematico,
bensì di un certo numero di motivi, che si ripresentano liberamente
trasformati in una mutevole struttura a mosaico assai flessibile. Tale
inesauribile varietà ed estrosità, se si vuole, sembra perfettamente in
sintonia con la cangiante scenografia del paesaggio e della vita
veneziani. La repubblica lagunare infatti, con isole e dossi, il cui
tessuto connettivo è costituito da “labirinto viario e rete d’acqua”,
ci suggerisce “l’incessante mobilità degli elementi luminosi e atmosferici”4 di un luogo sempre aperto.
Dunque l’elegante e prezioso gioco di simmetrie, la regolarità, la compostezza, il decoro, l’equilibrio formale del classicismo
arcadico dei concerti grossi di Corelli non erano più elementi sufficienti a soddisfare la forza e la novità espressiva di Vivaldi. L’euritmia formale e la concezione a ‘terrazze’ col tradizionale rapporto
chiaroscurale non soddisfacevano più la tavolozza espressiva di un
compositore indubbiamente aperto ad una costante e progressiva
ricerca sperimentale, che, al di là di qualsiasi accademismo o dogmatismo, sentiva ormai l’esigenza irrinunciabile di esplorare a tutto
campo le infinite possibilità della materia sonora. In effetti, l’indagine materica del suono che è sempre al centro dell’attenzione del
“Prete Rosso”, può sostanziarsi nell’impiego raffinato di timbri particolari e desueti (tiorba, liuto, mandolino, viola d’amore, viola all’inglese, chalumeau, flautino, ecc.), nella dislocazione spaziale delle
fonti sonore (“concerti in eco” o “concerti in due cori”), ma anche
nell’incessante arte combinatoria che illumina prospetticamente in
maniera sempre diversa il materiale tematico a disposizione. Basti
4
LUDOVICO ZORZI, Il teatro e la città, Torino, Einaudi, 1977, p. 69.
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