Conflitti e territorio: il ruolo della metropoli nel contesto globale

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PROGETTO DI RICERCA PER IL DOTTORATO
Conflitti e territorio: il ruolo della metropoli nel contesto globale
Il progetto di ricerca di seguito esposto intende indagare il rapporto
esistente fra conflitto, inteso a partire dalla definizione presentata da
Gallino sul Dizionario di Sociologia come "un tipo di interazione più o meno
cosciente tra due o più soggetti individuali o collettivi, caratterizzata da una
divergenza di scopi tale, in presenza di risorse troppo scarse perché i
soggetti possono conseguire detti scopi simultaneamente, da rendere
oggettivamente necessario, o far apparire soggettivamente indispensabile,
a ciascuna delle parti, il neutralizzare o deviare verso altri scopi o impedire
l'azione altrui, anche se ciò comporta sia infliggere consapevolmente un
danno, sia sopportare costi relativamente elevati a fronte dello scopo che si
persegue"(UTET 1993), e territorio urbano nella globalizzazione. L'attuale
crisi economica e sociale, che affonda le sue radici nei mercati finanziari e
che "va vista come il punto di arrivo di un susseguirsi di crisi finanziarie
divenute sempre più gravi e frequenti negli anni trascorsi dall’ultima grande
crisi del capitalismo, scoppiata negli anni settanta e nei primi anni ottanta”
(David Harvey 2011, 18) a causa dell'abbandono delle politiche di stampo
keynesiano in favore di quelle neoliberali, ha profodamente sconvolto e
ridefinito gli assetti economici e politici a livello mondiale. "Questi
cambiamenti nella geografia e nella composizione delle transazioni
internazionali, e nel quadro in cui esse si svolgono, hanno contribuito alla
formazione di nuovi luoghi strategici nell'economia mondiale"(Saskia
Sassen 2000, 39). Una tesi centrale della letteratura empirica sulle città
globali [Sassen 1991; Friedman e Wolff 1982; Friedman 1986] afferma che
la combinazione di dispersione spaziale delle attività economiche e
integrazione sistemica, una combinazione fondamentale per l'era
economica attuale, ha contribuito ad attribuire un ruolo strategico alle
maggiori città. Per questo possiamo definire le città globali, secondo
Sassen, come "luoghi strategici per la gestione dell'economia globale, la
produzione dei servizi avanzati e lo svolgimento delle operazioni finanziarie;
sono anche i luoghi chiave per l'insediamento delle strutture che
provvedono ai servizi avanzati e alle telecomunicazioni, due fattori
indispensabili per l'attuazione e la gestione delle attività economiche
globali". Il territorio metropolitano, e più in generale il sistema urbano
definito come "l'articolazione specifica delle istanze di una struttura sociale
all'interno di un'unità(spaziale) di riproduzione della forza lavoro"(Manuel
Castells 1974, 277), assume di conseguenza una centralità determinante.
Secondo Simmel infatti "la quantità della vita si traduce immediatamente in
qualità e carattere. La sfera di vita della città di provincia si conclude
sostanzialmente in essa e con essa. Per la metropoli, invece, è decisivo il
fatto che la sua vita interiore si espande in onde concentriche su di
un'ampia area nazionale o internazionale"(Georg Simmel 1995, 50/ed. orig.
1903]. Questo salto paradigmatico si traduce però in un automatismo che
porta l'autore a separare "queste vuote forme fenomeniche dal loro
naturale terreno capitalistico, rendendole autonome ed eterne come tipi
atemporali di possibili relazioni umane in generale"(Gyorgy Lukas 1978,
123). Per Weber, infatti, "la sola grandezza non può decidere in ogni
caso"(Max Weber 1995, 328/ed. orig. 1922) nonostante siano molte le
contraddizioni derivanti da tale processo. Ad esempio, secondo Mumford,
"la continua espansione della metropoli nell'informe conurbazine
megalopolitana, nonché la moltiplicazione e l'estensione della
conurbazione rivelano la gravità della situazione in ogni società attuale. E'
quindi impensabile che il problema possa essere risolto da organismi
locali"(Lewis Mumford 1967, 684). Manuel Castells, analizzando il processo
di produzione di questa nuova forma spaziale definita regione
metropolitana, afferma che "si tratta di qualche cosa di più di un aumento
in dimensione e densità degli agglomerati urbani esistenti. Cio' che
distingue questa forma dalle precedenti non è soltanto la sua ampiezza
(che è la conseguenza della sua struttura interna), ma la diffusione nello
spazio delle attività, delle funzioni e dei gruppi, e la loro interdipendenza
seguendo una dinamica sociale del tutto indipendente dal collegamento
geografico. All'interno di un tale spazio, si trova tutta una gamma di
attività-produzione (ivi compresa la produzione agricola), consumo (nel
senso lato: riproduzione della forza di lavoro), scambio e gestione". Per
Castells infatti "l'organizzazione interna delle metropoli implica
un'interdipendenza gerarchizzata delle differenti attività. Questa forma
spaziale è il prodotto diretto di una struttura sociale ben definita (Manuel
Castells 1974, 46-47). Una simile interpretazione del fenomeno urbano è
presente nella riflessione di Franco Ferrarotti che propone una concezione
della città come fenomeno sociale globale, ossia come una molteplicità di
sistemi interrelati e interragenti (fra cui individua un sistema economicoecologico o produttivo in prima istanza, un sistema politico, un sistema
culturale, un sistema familiare o riproduttivo e relativamente formativo, un
sistema simbolico), dotati di una autonomia e di logiche di sviluppo
relativamente indipendenti le une rispetto alle altre. Cio' trova parziale
conferma nell'opera principale di Weber, Economia e società, nella quale,
ricostruendo le dinamiche sociali e isolando i fattori principali che hanno
contribuito alla nascita e allo sviluppo della città, con particolare attenzione
al mondo occidentale, opera una classificazione ideale fra città antica, città
plebea e città medievale, in cui riscontra non solo "affinità sorprendenti tra
lo sviluppo italiano del medioevo e l'antico sviluppo romano nonostante
sussistano differenze fondamentali di carattere politico, sociale e
economico" ma afferma che "non c'è infatti a disposizione un numero
illimitato di forme tecnico-amministrative per la regolamentazione di
compromessi di ceto all'interno di una città; e l'identità della forma di
amministrazione politica non può essere interpretata come la
sovrastruttura sempre eguale dei medesimi fondamenti economici, ma
presenta una propria legge interna (Max Weber 1995, 413/ed. orig. 1922).
Proprio quest'ultimo elemento ci fa comprendere la distanza fra lo
stroricismo di Weber e il materialismo storico di Marx ed Engles che,
nell'opera di quest'ultimo, L'origine della famiglia, dello Stato e della
proprietà privata, conferma che le istituzioni religiose, familiari e politiche,
a partire dai popoli primitivi, sono correlate alle forme di vita economica,
fattore determinante, in ultima istanza, nello sviluppo storico. A questo
punto abbiamo bisogno di completare, in relazione alla metropoli, cio' che
Lefebvre propone per definire la città cioè "come proiezione della società
sul territorio, vale a dire non solo sul sito sensibile, ma sul piano specifico
percepito e concepito dal pensiero che determina la città e l'urbano"(Henri
Lefebvre 1970, 74) constatando che tale proiezione assume un carattere
continuo e apparentemente indeterminato. L'urbano ha un contenuto
relativamente preciso nel pensiero di Lefebvre: si tratta della centralità, o
meglio ancora della simultaneità, della concentrazione. Non è prodotto né
dallo spazio né dal tempo, ma da una forma che, né oggetto né soggetto, è
definita prima di tutto dalla dialettica della centralità, o dalla sua
negazione. Sono la densità, il calore dell'assembramento che aumentando
l'interazione e la comunicazione favoriscono l'imprevisto, la gioia, la
socievolezza e allo stesso tempo il desiderio. Per poter giustificare questo
meccanismo di produzione della socialità (che si riallaccia direttamente
all'organicismo), Lefebvre deve avanzare un'ipotesi meccanicistica
nient'affatto giustificata: quella per cui "i rapporti sociali si rivelano nella
negazione della distanza"(Henri Lefebvre 1973, 159). Tuttavia Lefebvre è
cosciente del carattere eccessivamente grossolano della tesi secondo la
quale il semplice raggruppamento spaziale permette il nascere di nuovi
rapporti, come se non ci fosse organizzazione sociale e istituzionale al di
fuori del concatenamento nello spazio. E' per questo che egli aggiunge una
condizione: che questo raggruppamento sfugga ad ogni repressione; è
questo cio' che egli chiama in definitiva diritto alla città. Ma l'introduzione
di questo correlativo distrugge ogni rapporto causale fra la forma (la città) e
la creazione umana (l'urbano), poiché se si possono avere delle città
repressive e delle libertà senza luogo (utopie) cio' significa che le
determinazioni sociali di questa inattività, la produzione delle condizioni di
emergenza della spontaneità, passano per altra via che attraverso forme,
per esempio attraverso la prassi politica. "Analizzare lo spazio in quanto
espressione della struttura sociale porta, come conseguenza, allo studio di
come esso venga plasmato dagli elementi del sistema economico, di quello
politico e di quello ideologico, e così, anche delle loro combinazioni e
pratiche sociali derivate"(Manuel Castells 1974, 159). Cio' induce Castells a
criticare dal punto di vista teorico l'organicismo evoluzionistico ereditato da
Spencer che è alla base dell'ecologia umana, la sociologia dei valori di
Parson che influenza direttamente le analisi culturalistiche e lo storicismo di
origine weberiana che influenza invece i temi volontaristici della crazione
dello spazio perché nella misura in cui scoperte e risultati ottenuti sono
compresi e analizzati all'interno di un processo prevalentemente
ideologico, esse restano difficilmente trasferibili e poco rilevanti. In sintesi
"non c'è una teoria specifica dello spazio, ma semplicemente spiegamento
e specificazione della teoria della struttura sociale per render conto delle
caratteristiche di una forma sociale particolare, lo spazio, e delle sue
connessioni con altre forme e processi storicamente stabiliti (Manuel
Castells 1974, 158). Non esiste in definitiva teoria dello spazio che non sia
parte integrante di una teoria sociale generale. In particolare, lo sforzo
teorico dell'ecologia umana, a partire dalla scuola di Chicago il cui aspetto
più rilevante è la naturalizzazione delle contraddizioni sociali, questa
riduzione della storia umana ad un rapporto diretto fra Uomo, in quanto
realtà eterna e indifferenziata, e Natura, in quanto insieme di risorse
preesistentegli, si presta alla critica di Willehelm che mostra come, sotto il
pretesto dell'organicismo ecologico, venga trascurato un fatto
fondamentale dello spazio umano, cioè la divisione contraddittoria tra
gruppi sociali, il fatto che l'approriazione dello spazio fa parte di un
processo di lotta che riguarda l'insieme del prodotto sociale e che questa
lotta non è una pura competizione individuale, ma che essa contrappone
gruppi formati dal diverso inserimento degli individui nelle diverse
componenti della struttura sociale-"mentre il complesso ecologico presenta
una distinzione senza mostrare una differenza"(Bernhard Willhelm 1964,
241-248). Di conseguenza non si può accettare interamente l'ipotesi
esposta da Park in La Città dove si afferma che "l'attrazione per la
metropoli è douta, in parte, al fatto che a lungo andare l'individuo trova, tra
le varie manifestazioni della vita cittadina il tipo di ambiente nel quale può
svilupparsi e sentirsi a proprio agio;in breve, egli trova il clima morale da cui
la sua peculiare natura trae gli stimoli che conferiscono un'espressione
completa e libera alle sue disposizioni innate."(Robert E. Park1999, 39/ed.
orig. 1938). L'analisi della struttura dello spazio prepara ed esige lo studio
della politica urbana. Procedendo nell'analisi di una situazione concreta, il
punto essenziale della sua interpretazione deriva prima di tutto dal suo
inserimento nel processo politico, cioè dal suo rapporto col potere, a
condizione di precisare che il potere e la politica non sono accantonati in
maniera preferenziale in un'istanza particolare della struttura sociale e che
la problematica del potere condensa ed esprime l'insieme dei rapporti
sociali. Secondo Castells infatti "la struttura urbana si trasforma per mezzo
di interventi dell'apparato politico e dei movimenti sociali; questi interventi
non sono comprensibili (in rapporto alle unità urbane) senza un
inserimento nella struttura di contraddizioni che le costituiscono." Di
conseguenza "lo studio della politica urbana si scompone così in due campi
analitici indissolubilmente legati nella realtà sociale: la pianificazione
urbana sotto le sue differenti forme, e i movimenti sociali urbani"(Manuel
Castells 1974, 301). La tensione esistente fra queste due variabili può
generare una dinamica conflittuale che si configura come l'elemento
centrale alla base dello sviluppo della città. "In altri termini, e più
precisamente, lo sviluppo della città è una funzione del conflitto di cui la
città stessa è teatro. La lacerazione e il conflitto sono insieme la condizione
essenziale e il prezzo che la città paga per il suo sviluppo" (Franco Ferrarotti
1975, 21). "L'urbano, di conseguenza, funziona come luogo centrale di
azione politica e di rivolta. Le sue caratteristiche oggettive sono di grande
importanza e la sua riconfigurazione fisica e sociale, così come
l'organizzazione territoriale, diventa un'arma nella lotta politica"(David
Harvey 2013, 144).
In questo quadro, l'approfondimento del rapporto esistente tra conflitto e
territorio urbano nella globalizzazione, e più in generale della politica
locale, campo di studio troppo spesso trascurato dalla ricerca sociologica e
politologica italiana, assume un'importanza fondamentale in relazione alla
comprensione dei fenomeni generali che riguardano le trasformazioni
economiche e sociali nelle società contemporanee. Allo stesso tempo,
orientarsi, attraverso gli strumenti della ricerca qualitativa, "verso lo studio
della realtà sociale circostante a preferenza di altri temi lontani,
apparentemente più importanti, magari più fotogenici, ma non
direttamente ricollegabili con la nostra esperienza quotidiana, non
affrontabili in base ai presupposti della sociologia concepita come
partecipazione e della ricerca intesa come con-ricerca, come impresa
umana, qualche cosa di diverso e di più decisivo di una semplice
esercitazione accademica o anche della risposta a un bisogno genuino di
conoscenza: un'occasione di crescita e di auto-sviluppo"(Franco Ferrarotti
1975, 9).
Un approccio multilivello e basato sulla complessità deve analizzare il
rapporto esistente fra la sfera macro e micro della politica, non solo in
un'ottica top-down ma anche down-top, definendo caratteristiche e
peculiarità, influssi ed influenze, potenzialità e limiti della politica "dal
basso". Per Sennet "l'esaltazione del territorio comunitario contro i mali di
un'urbanistica impersonale e capitalista si adatta al sistema complessivo,
perchè porta a una logica di difesa locale dal mondo esterno invece che a
una messa in discussione del suo funzionamento. Quando una comunità
lotta localmente in questi termini, lotta per essere lasciata in pace, per
autoescludersi dal processo politico, e non per modificare l'assetto politico
in sé. E' per questo motivo che la logica emotiva della comunità, che nasce
come opposizione ai mali del capitalismo moderno, finisce per diventare
una strana forma di rifiuto e di spoliticizzazione". Nell'ultimo saggio di
David Harvey, Città ribelli, si sostiene contrariamente che "la recinzione può
essere un mezzo politico temporaneo per perseguire un fine politico
comune"(David Harvey 2013, 102). In ultima istanza abbiamo la necessità di
verificare se la rifondazione delle comunità locali e più in generale della vita
urbana possa o no rappresentare "il punto di partenza di una rifondazione
politica dell'intera società"(Richard Sennet 2006, 363/ed. orig. 1974-76).
Comprendere come e quando si genera il conflitto nelle città, ed in
particolar nell'area metropolitana di Roma per quanto riguarda il contesto
italiano, quali sono gli attori e i fattori di sviluppo, l'ampiezza del contagio,
l'intensità e l'efficacia, l'aspetto riformatore o conservatore, reazionario o
rivoluzionario, rappresenta un'utile chiave di lettura dei fenomeni
contemporanei. L'intreccio che caratterizza le relazioni esistenti fra partiti,
sindacati, associazioni, comitati, movimenti, media, poteri pubblici e privati
si sintetizza in un sistema di governance locale che è a sua volta incluso in
un sistema di governance più generale che si compone di moltepilci piani e
livelli. Individuando il raggio, lo scope, delle nostre indagini nella città di
Roma, ed in particolare nel territorio del VII Municipio, l'osservazione
diretta della realtà e l'acquisizione specifica di testimonianze, dati e
documenti contribuirà ad aumentare la profondità della ricerca e la
comprensione dei fenomeni. Così come il centro urbano ha bisogno di esser
definito "in rapporto all'insieme della struttura urbana"(Manuel Castells
1974, 264), anche un territorio periferico e riccamente popolato come
quello del VII Municipio ha bisogno di essere analizzato in rapporto al
centro urbano e più in generale all'insieme della struttura urbana romana.
La fotografia della città di Roma scattata da Ferrarotti nel suo lavoro
magistrale Roma da capitale a perferia e le conclusioni tratte nella raccolta
di saggi La città come fenomeno di classe rappresentano una guida
indispensabile, un punto di partenza da cui ogni ricerca che abbia come
oggetto lo studio di questa città non può prescindere. "L'urbanizzazione
senza industrializzazione, il declino conseguente della popolazione attiva, la
crisi dei servizi pubblici e in generale il fallimento di tutte le infrasttrutture,
l'indebitamento del comune e la conseguente degradazione sociale e
cuturale di Roma non sono fenomeni che piovono dalle nuvole; hanno al
contrario una matrice causale precisa e individuabile; corrispondono con
impressionante puntualità a condizioni storiche e politiche determinate;
possono esprimersi con una frase: costituiscono il risultato della tensione
fra rendita e profitto. La rendita derivata dalla proprietà fondiaria e in
generale dal controllo dei suoli urbani e paraurbani entra in conflitto e si
costituisce come pesante manomorta parassitaria nei confronti del profitto
come frutto di calcolo razionale e di investimenti produttivi a media e a
lunga scadenza. Qui sta il nocciolo della questione di Roma; sono queste le
ipoteche che condizionano il suo sviluppo futuro"(Franco Ferrarotti 1975,
14).
Partendo dalla ricerche da me svolte sulla crisi economica che ha colpito gli
studi cinematografici di Cinecittà e sull' impatto ambientale causato dall'
aumento del traffico dell' aeroporto di Ciampino, continuerò a studiare la
relazione fra conflitto e territorio sviluppando la categoria del diritto
all'abitare e del diritto alla città. Sono molteplici i luoghi dove
potenzialmente può verificarsi un conflitto o dove attualmente questo è già
in corso: dalla crisi di efficienza e funzionalità che sta attraversando il
Policlinico di Tor Vergata alle trasformazioni ubanistiche che riguardano
l'Università di Tor Vergata, dall' incompiuta Città dello Sport di Calatrava
alla realizzazione della centralità di Romanina prevista dal NPRG,
dall'emergenza abitativa alla questione degli spazi pubblici abbandonati
come il deposito della Stefer, dalla costruzione della Linea C della
metropolitana alla questione della valorizzazione dei parchi urbani come
quello degli Acquedotti, di Centocelle e di Torre Spaccata all'interno del
sistema di protezione del Parco Regionale dell'Appia Antica. La ricerca
cercherà poi di mettere in relazione questi conflitti con il contesto cittadino
e procederà all'analisi comparata attraverso la costruzione di indicatori e
variabili.
BIBLIOGRAFIA
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