Mons. LUCA BRESSAN

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Mons. LUCA BRESSAN
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale
Venite, adoremus
Rinasce l’iniziativa Un capolavoro per Milano. E riprende il cammino presentandoci un’opera
capace di farci sperimentare il senso non soltanto di questa iniziativa, ma di tutto il progetto dei
Chiostri di Sant’Eustorgio. Provate a sostare davanti al capolavoro di Albrecht Dürer che vi è
offerto, la sua Adorazione dei Magi. Subito un misto di emozioni si impadronisce del nostro
sguardo: stupore, ma anche un po’ di fastidio; curiosità, voglia di fare nostri tutti i dettagli,
domande che si aprono, ricerca del senso della scena…
Ammirare questo capolavoro nella Milano del dopo Expo, nella Milano che si vuole pensare
sempre più come metropoli d’Europa, è sicuramente un’avventura piena di fascino. Ci permette
infatti di potenziare i movimenti che l’opera di Dürer crea, dentro cui collocarci con le nostre
attese e le nostre domande. La Milano del terzo millennio, la Milano ambrosiana e carolina, si
sente riletta in toto dai movimenti di questo capolavoro, che ci invitano ad abitare le tensioni tra
antico e nuovo, amici e stranieri, concentrazione e distensione, come luoghi a partire dai quali
alimentare la contemplazione delle opere di Dio che continuano anche in questo nostro tempo;
luoghi in cui mettersi in adorazione del Risorto che sotto le spoglie del Bambino appena nato
raffigurato nel dipinto – sereno e curioso – ci guida dentro le trame del nostro quotidiano.
Antico e nuovo. I fasti della civiltà antica, lucidi nella loro maestà, ma al tempo stesso segnati dal
declino e in rovina, creano con il loro candore pallido una evidente tensione con la macchia di
colore rappresentata dalle forme piene di vita e movimento del nuovo che irrompe. Nello
spettatore nasce la tentazione di separare le due scene, quasi come due raffigurazioni che si
elidono reciprocamente: sembra impossibile la coesistenza tra questi due mondi così diversi.
Invece, nella sua fiera semplicità, il dipinto ci invita alla composizione, al legame tra i due scenari:
non c’è nuovo senza antico; non è possibile decifrare la salvezza che ci viene dal Bambino senza la
grammatica costruita dall’antichità, senza la sua comprensione dell’uomo che ci permette di avere
le parole per capire la nascita e il destino del Bambino presentato da Maria ai Magi.
Questa tensione antico-nuovo è davvero potente, se ricollocata nel nostro quotidiano. Nella
Milano europea sono tanti i luoghi che ridanno vita e forza a questa tensione: tra cristianesimo e
secolarizzazione, tra fede e non credenza, tra sapienza antica e scienze moderne, tra trascendenza
e regime dell’immanenza. Il sentimento di adorazione che il dipinto di Dürer accende chiede a ogni
spettatore di lavorare per comporre – proprio a partire dal mistero della nascita del Figlio di Dio –
scenari così diversi e distanti.
Amici e stranieri. Per arrivare a contemplare il Bambino, il percorso suggerito dal dipinto è davvero
articolato: si parte dal volto teso e assorto di colui che la critica ci svela essere l’autoritratto del
pittore, per passare attraverso lo sguardo del secondo saggio, proveniente da terre lontane e
assolate, tutto proteso verso il terzo saggio, inginocchiato in un gesto genuino e profondo di
adorazione. Il riconoscimento e la contemplazione del Figlio di Dio sono gesti frutto di un notevole
mescolamento di tempi e culture, ci fa intendere Dürer: ogni pezzetto di storia dell’umanità è una
tessera del mosaico utile a individuare quel Bambino; serve soltanto che gli uomini sappiano
cercare e raccogliere tutti questi indizi.
Nella Milano meticcia di questo inizio XXI secolo, l’indicazione del pittore si trasforma in consiglio
prezioso e pieno di futuro. Adorare il Figlio di Dio chiede a noi cristiani uno sguardo capace di
inclusione, una predisposizione all’incontro, all’ascolto, al dialogo, alla contaminazione reciproca e
alla testimonianza, attitudini senza le quali ogni sforzo di ricerca dei segni della nascita del Figlio di
Dio nel nostro mondo odierno rischia di rivelarsi sterile e vano. Senza queste attitudini sarà
davvero difficile riuscire a scorgere i segni delle grandi opere di salvezza che Dio non smette di
compiere anche ai nostri giorni.
Concentrazione e distensione. I personaggi del dipinto ci rimandano un clima di concentrazione e
di tensione a cui fanno da contrappunto il volto disteso e sereno della Madre – Maria – e lo
sguardo furbetto e curioso del Bambino, impaziente di conoscere il contenuto del dono. Anche
questo ultimo movimento diventa uno strumento utile al nostro impegno di contemplazione e
adorazione. Ci ricorda che è possibile vivere i due movimenti precedenti solo se al medesimo
tempo riusciamo a non dimenticare (o altrimenti sappiamo riapprendere) quella capacità di
abbandonarci fiduciosi alla Grazia di Dio, convinti che il suo Spirito non ci lasci mai soli.
Adorare il Bambino come i Magi, in questa Milano del XXI secolo, significa per noi cristiani saper
maturare quello stile di presenza, sereno e responsabile, di chi ha la consapevolezza di trovarsi
dentro grandi sfide, ma al tempo stesso sa anche di possedere gli strumenti per poterle affrontare;
e soprattutto di chi è convinto di averne colto il senso e i motivi che l’hanno spinto ad affrontarle.
Il mondo, Milano, ha bisogno di persone capaci di stare in mezzo ai conflitti e di respirare violenza
senza la necessità di risputarla a propria volta; il mondo, Milano, ha bisogno di persone capaci di
stemperare il tono tragico con cui fronteggiare i piccoli problemi del nostro quotidiano, per
restituirlo invece alle grandi tragedie che accadono non molto lontano da noi (nel Mediterraneo,
in Medio Oriente…) e dalle quali non vogliamo lasciarci toccare.
Venite, adoremus. Come ci chiede Dürer con il suo capolavoro, lasciamo che questo gesto semplice
e gratuito sia il dono per questo nostro Natale; sia lo stimolo per un nuovo passo nel nostro
cammino di fede, sospinto dal forte vento della misericordia di Dio che in questo Anno Santo
abbiamo sentito soffiare con forza nella nostra Chiesa, nella nostra città, nelle nostre vite. A ogni
visitatore auguriamo che i Chiostri di Sant’Eustorgio, con la loro capacità di intrecciare arte e fede,
siano lo spazio giusto per riaccendere dentro di noi il calore della gioia e della salvezza che Dio ci
ha donato nel suo Figlio Gesù Cristo.
Milano, 21 novembre 2016
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