Musica Rinascimentale

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RELAZIONE PROGETTO APOLLO ANNO SCOLASTICO 2013-2014
Musica Rinascimentale
A cura di: Sara Pacher, Chiara Salafia, Valeria Dandrea, Eleonora Zuin, Elisabetta Brigo
L’argomento della prima lezione è stata la musica in epoca rinascimentale. Abbiamo trattato in
particolare le forme musicali che si sono sviluppate all’interno delle corti.
Nelle corti rinascimentali vivevano i signori, che governavano le varie signorie. A corte molto spesso
venivano indette feste e banchetti, in occasione di grandi eventi come matrimoni, nascite di eredi, vittorie
in guerra, patti di alleanza, feste di Carnevale o ricorrenze religiose. Non si trattava, quindi, di un semplice
momento di convivialità, bensì di una vera e propria opera diplomatica e politica: gli invitati, infatti, erano
nobili provenienti dalle vicine signorie. Le feste a corte potevano durare anche intere settimane e
prevedevano lunghi e complessi preparativi dal momento che nel Rinascimento erano espressione della
potenza del signore. Le componenti principali che animavano tali eventi erano il teatro e la musica, ai quali
si prestava una particolare attenzione nell'organizzazione della festa.
Uno scrittore dell'epoca, Cristoforo da Messisbugo, nella sua opera Banchetti composizioni di vivande et
apparecchio generale, pubblicata nel 1549, descrive l’esperienza di alcuni nobili a feste organizzate alla
corte degli Estensi, a Ferrara (si può leggere un brano in: Gallico, L'età dell'Umanesimo e del Rinascimento,
EDT, pp.128-135). Questa città nel Rinascimento era uno dei maggiori centri di produzione della cultura,
grazie alla presenza di letterati come Boiardo, Ariosto e Tasso e di musicisti che mettevano in musica i loro
testi. Naturalmente un tale sviluppo della cultura all’interno della corte è stato possibile grazie all’opera
degli Estensi, che più di qualunque altro casato italiano hanno saputo valorizzare gli intellettuali della loro
città, accogliendoli a corte e soprattutto mettendo in scena le loro opere in occasione di tali feste. La
musica ferrarese era considerata la più raffinata e molti nobili ambivano ad assistere anche alle
rappresentazioni teatrali, dove recitazione e musica si univano.
La musica era presente in tutti i diversi momenti di cui si componeva il banchetto:
fin dal loro arrivo all’esterno della corte gli ospiti erano accolti dal suono di
strumenti molto sonori, in particolare strumenti a fiato accompagnati da tamburi,
che suonavano la cosiddetta “intrada”. Si trattava di una composizione semplice,
ripetitiva e caratterizzata da un forte ritmo di marcia (era anche suonata come
preludio alle danze). In questo modo l’ingresso avveniva in modo ordinato, perché
il passo seguiva il ritmo della musica.
Una volta che gli ospiti erano tutti entrati, si svolgeva uno dei momenti di
maggiore intrattenimento della festa: il teatro. Tutti i nobili venivano invitati a
spostarsi all'interno di una sala, dove veniva messa in scena l’opera di uno dei letterati
protetti dal signore. È importante sottolineare che la sala in cui si svolgeva la
rappresentazione era interna alla corte e veniva allestita con delle scenografie, facendola
diventare, così, un teatro: tutto si svolgeva nel palazzo. Tutto ciò aveva sempre lo scopo di
dare lustro al signore.
Seguiva, poi, un momento di “musiche e ragionamenti”, durante il quale gli ospiti
discorrevano accompagnati da musica di sottofondo. In questo caso non venivano utilizzati
solo strumenti a fiato, ma anche a corde e le musiche eseguite erano tratte dalla tradizione popolare
medievale.
Infine si svolgeva il momento centrale della serata: il banchetto. I commensali entravano nella sala del
banchetto lavandosi le mani al suono di trombe, che conferivano solennità all'ingresso. Le pietanze, poi,
venivano portate in tavola dai servi a ritmo di musica. I banchetti erano estremamente ricchi e abbondanti.
Composti da molte portate, ciascuna presentava cibi raffinati e pregiati. Anche il cuoco, così come i
letterati, doveva essere in grado di dimostrare la potenza del signore: per questo motivo c’erano sempre
cibi e bevande in abbondanza e le stesse ricette dovevano elogiare il padrone della corte.
Nastagio degli Onesti, Banchetto nuziale (1483 ca.)
Botticelli,
Il banchetto proseguiva, costantemente accompagnato
dalla musica: l’impiego di musicisti, infatti, era notevole.
Alla musica strumentale si aggiungeva allora il canto,
dapprima di un solista. Si trattava di “canto improvvisato”,
dove il solista leggeva il testo di un poema epico (scritto da
uno dei letterati di corte per elogiare il casato che ospitava
la festa), seguendo una linea melodica che andasse a
sovrapporsi all’accompagnamento strumentale. Questa
modalità di canto era anche chiamata “poesia cantata”.
In un secondo momento il canto assumeva una forma più
complessa diventando polifonico, a quattro voci. Non si
trattava più di improvvisazione, ma di una forma musicale
ben precisa: il “madrigale”. Esso deriva dalla musica
Caravaggio, Il suonatore di liuto (1597)
liturgica, in particolare dal canto gregoriano, al quale dal X
secolo furono aggiunte voci alla linea melodica principale e fu, così, reso polifonico. Nel corso del ‘400
nell’ambito della musica di Chiesa si svilupparono polifonie basate sulla matematica e sulla geometria: è
nella polifonia, infatti, che si dimostra l’”ingenium”, le capacità dell’intelletto umano. Nel Rinascimento lo
spirito di rivalutazione dell’uomo è ancora forte della tradizione Umanista e il principio di costruire anche la
musica sulla base di regole matematiche è fortemente sentito per dimostrare tutte le potenzialità
dell’uomo anche in quest’arte. Si assiste, comunque, a un equilibrio tra intelletto e sensi, quindi la musica
all’epoca non risultava asciutta. Certamente erano molto apprezzate le opere intrise di proporzioni e
costruzioni matematiche e geometriche.
Attraverso il madrigale la musica liturgica veniva, in un certo
senso, inglobata nella corte: così come durante la Liturgia i Testi
Sacri venivano intonati in forma polifonica, durante le feste di
corte i testi poetici venivano cantati nello stesso modo.
I cortigiani dovevano essere in grado di leggere la musica: al
termine del banchetto, infatti, il signore radunava attorno a sé
nelle sue stanze private i nobili a lui più vicini per cantare. Questa
forma di musica è ancora diversa rispetto alle precedenti ascoltate
durante il banchetto: si tratta di “musica reservata”, la più
raffinata, che pochi avevano il privilegio di condividere. Era
comunque un madrigale, quindi si sviluppava in quattro voci, ma i
testi che venivano cantati erano diversi: non erano più poemi, ma
testi classici, sia antichi, sia della tradizione medievale. In
particolare, erano molto apprezzati i testi del Petrarca, tanto che
nell’Umanesimo e nel Rinascimento possiamo parlare di
Ferrara, Palazzo Costabili, Sala del Tesoro:
“petrarchismo”. Era in questo momento della festa, con il signore particolare del soffitto affrescato da Benvenuto Tisi
tra il 1503 e il 1506
circondato dai suoi cortigiani più stretti, che si manifestava il
massimo “ingenium”.
Infine, tutti gli ospiti si spostavano nella sala da ballo: venivano eseguite musiche più leggere, per esempio
le “frottole”, che invitavano alla danza. Nel Rinascimento si assiste anche a un grandissimo sviluppo della
danza, dal momento che anche la dimensione dei sensi, e quindi del corpo, voleva essere stimolata insieme
all’intelletto.
Filippino Lippi, Banchetto di Erode, nel Duomo di Prato (1465)
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