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FARMACOLOGICO
Aggiornamento
Le tre età della donna
di Luigia Favalli
Farmacologa del Dipartimento di Farmacologia Sperimentale e Applicata, Università di Pavia
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nuovo Collegamento gennaio/febbraio 2007
Di recente è stato
introdotto un nuovo
concetto nella pratica
sanitaria, quello della
“farmacologia di
genere”
P
ensiamo di porci per un attimo
di fronte alla bellissima opera di
Gustav Klimt che illustra “le tre
età della donna”. In primo piano una
graziosa bimba dorme tranquilla tra le
braccia della giovane madre, donna di
fiorente bellezza. Dietro, la nonna nasconde il viso, attraverso la trascurata
chioma fluente e con un gesto protettivo della mano, quasi a cercare scampo di fronte alla esibizione della decadenza del suo corpo nudo.
Se la società odierna è orientata a non
accettare più passivamente il declino
della forma fisica, si deve comunque
sottolineare che tuttora vale la pessimistica realtà del vecchio adagio:
“ogni giorno ha la sua pena”. Così il
farmacista può essere chiamato in
causa per un valido consiglio alle donne di tutte le età, per la prevenzione e
la cura di piccoli o grossi disturbi, certo senza poter distribuire elisir di
eterna giovinezza, ma in modo da sug-
gerire formule utili per invecchiare
bene.
L’adolescenza
L’adolescenza è un momento critico
per eccellenza. L’avvio della pubertà
porta con sé qualche iniziale squilibrio
ormonale che si riflette spesso con
evidenti disturbi a livello fisico o psicologico. In questo periodo, anche per
i condizionamenti di una società che
si basa più sull’apparenza che sulla sostanza del benessere, due sembrano
gli spauracchi da esorcizzare: impurità della pelle ed eccesso di peso corporeo.
L’acne giovanile, pur rappresentando nella maggior parte dei casi un fenomeno transitorio e poco traumatico, viene vissuto come fattore negativo per la qualità di vita delle giovani.
Senza trascurare che in alcuni casi, a
causa di più profonde alterazioni del
L’età adulta
La qualità di vita di una donna nell’età
adulta è oggi spesso condizionata da
una dicotomia di scelte: tra casa e lavoro, cura della famiglia o carriera,
maternità responsabile e affermazione
del proprio ruolo professionale e sociale. Ovvio in questo contesto il ruolo
della contraccezione, ma anche la
necessità di una notevole efficienza,
non solo orientata ad un banale concetto di “fitness”, ma proiettata verso il
mantenimento costante di una forma
psicofisica ottimale sia per le attività
lavorative che riproduttive.
Escludendo alcuni interventi “di emergenza”, come la “pillola del giorno dopo” o un farmaco abortivo, la contraccezione ormonale si è aggiornata ultimamente più che altro dal punto di vista del dosaggio degli estro-progestinici, nonché per la via di somministrazione adottata. Sebbene con le classiche “pillole” di ultima generazione si
sia raggiunta una valida efficacia e una
buona tollerabilità, il rischio di effetti
collaterali dovute a pericolose “dimenticanze” può sempre rimanere in agguato. Da qui l’introduzione di formulazioni alternative che possano superare la schiavitù della somministrazione orale giornaliera.
L’uso ottimale dell’anello contraccettivo intravaginale, con il pregio del
bassissimo dosaggio ormonale e della
durata di ben 3 settimane di cessione
dei principi attivi, garantisce minima
incidenza di effetti collaterali ed eccellente controllo del ciclo. Non si tratta
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però di una azione locale, la cessione
lenta dei principi attivi dopo l’inserzione vaginale consente infatti un valido
assorbimento mucosale in grado di:
evitare il metabolismo epatico di primo
passaggio, mantenere costanti opportuni tassi ematici degli ormoni nonostante i bassi dosaggi somministrati,
creare minori rischi di effetti avversi e
liberare la mente dal pensiero fisso di
non dimenticare la dose giornaliera.
Il cerotto transdermico, una volta applicato sulla cute pulita ed integra di
zone diverse del corpo (glutei, braccia,
torace con esclusione delle mammelle,
parte bassa dell’addome con una minore efficienza) rilascia il suo dosaggio
ormonale, in modo analogo ma lievemente superiore rispetto all’anello, per
una intera settimana. Lo schema di impiego prevede quindi l’uso di 3 cerotti
al mese, con la solita pausa di una settimana senza trattamento. Le donne
hanno imparato presto ad apprezzare
questa via di somministrazione dei
preparati ormonali, ma si preoccupano
in genere del possibile distacco dei cerotti nel caso si faccia un bagno o doccia con acqua calda, oppure si frequentino palestre e centri benessere
per realizzare fitness e saune. Se pare
accertato come una intensa attività fisica possa far aumentare in media la
concentrazione ematica degli estrogeni, è da sottolineare che l’acqua, fredda o calda, non influenza significativamente la cessione transdermica. Unico
neo per questa forma di contraccettivo può risultare la sua “visibilità”, data
anche la superficie coinvolta, ma la
molteplicità della scelta del posizionamento potrebbe garantire una certa
discrezione persino in piena estate.
Quanto al desiderio di efficienza e
quindi utilizzare gli integratori più
appropriati per “tirarsi su” di fronte ai
mille impegni della donna moderna,
nulla da obiettare a dosi ragionevoli di
vitamine e minerali. Attenzione invece
alle formule magiche a base di stimolanti per potenziare i muscoli o eccitare la mente, anche se propagandate
come naturali, sarà cura del farmacista
consigliare eventualmente solo prodotti sicuri, titolati e controllati, per
evitare quei rischi di contaminazione e
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cologico, mentre il consiglio del farmacista potrebbe integrare questa pratica
attraverso la sua nota funzione di operatore sanitario riconosciuto. Dirottare
la paziente dal consumo di lassativi
verso quello di probiotici, richiesti per
evitare il classico “gonfiore” addominale, o suggerire l’impiego di integratori
nutrizionali piuttosto che dimagranti
può contribuire a risolvere il disturbo
fisico; il colloquio amichevole non disgiunto da una “carica” di professionalità potrebbe servire poi ad ottimizzare
un intervento di tipo “cognitivo comportamentale”.
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quadro ormonale o fenomeni infettivi,
si possono registrare esiti cicatriziali
permanenti. E senza dimenticare che
l’acne può rappresentare anche la conseguenza di uso poco appropriato di
farmaci o integratori: cortisonici, ormoni androgeni, preparati anabolizzanti,
vitamina B12, fluoro, iodio, bromo.
Le forme di acne lieve e moderata rispondono ai soli trattamenti locali: pulizia giornaliera con prodotti detergenti delicati e utilizzo di creme antibatteriche e antinfiammatorie, compresi i
più drastici trattamenti locali con antibiotici e retinoidi. Da sottolineare che
le creme con benzoilperossido sono incompatibili con l’esposizione al sole o
raggi UV, mentre i preparati ad uso topico con retinoidi di prima generazione
possono risultare lievemente irritanti.
Da riservare alla precisa prescrizione
del dermatologo le terapie sistemiche a
base di antibiotici, di ormoni (sia i classici estro-progestinici che i più recenti
antiandrogeni o agonisti del GnRH) o
di isotretinoina (di cui si devono tenere ben presenti gli importanti effetti
collaterali: a partire dal rischio di teratogenesi, sempre incombente in
relazione al trattamento di giovani
donne fertili, fino a un recente caso
di pancreatite). Da considerare le
possibilità di trattamento con luce
pulsata, terapia fotodinamica e laserterapia (utilizzabile anche quando i farmaci sono sconsigliati).
Più difficile l’individuazione delle giovani donne soggette ai disturbi della
sfera alimentare. La prevalenza dei casi di anoressia sta raggiungendo livelli preoccupanti nelle adolescenti, mentre la bulimia risulta più comune in età
relativamente più avanzata. La diagnosi di anoressia è evidente, in quanto
semplicemente legata al massiccio calo
di peso delle ragazze, ma è soprattutto
nei casi di bulimia che il farmacista di
fiducia può giocare un ruolo determinante: osservare ripetute e costanti richieste di prodotti lassativi o diuretici,
se non dei comuni “integratori” utilizzati come dimagranti, può far emergere più di un sospetto di disturbo alimentare in atto. Da ricordare che la soluzione di queste patologie si ottiene in
genere solo con un forte supporto psi-
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sofisticazione che continuano a comparire attraverso segnalazioni di farmaco- e fitovigilanza.
E per le donne che hanno scelto di
programmare una desiderata gravidanza rimane il prezioso consiglio di
badare ad una adeguata integrazione di acido folico, almeno un mese
prima del concepimento e durante
la gravidanza. I dati di letteratura
concordano nel documentarne un
benefico effetto. Sarà il ginecologo a
prescrivere all’occorrenza integrazioni vitaminiche o minerali, a cominciare da ferro e calcio.
La terza età
Il passare del tempo nella donna è
scandito in modo impietoso soprattutto per il sopraggiungere della menopausa. Nella maggior parte dei
casi verso i 50 anni, e oltre, cominciano infatti inesorabilmente ad apparire quei piccoli e grandi disturbi
che sono connessi alla riduzione di
secrezione di estrogeni, e risultano
legati alle peggiori conseguenze sulla forma fisica e mentale delle femmine attempate. Se fino a qualche
anno fa gli specialisti erano fortemente orientati a prescrivere senza
remore la cosiddetta terapia ormonale sostitutiva (TOS) al primo apparire dei sintomi menopausali, oggi
la questione è molto più dibattuta.
Da una parte non si può negare che
una corretta prevenzione o cura delle
sindromi legate alla menopausa abbiano permesso a molte cinquantenni
d’assalto di mantenere una invidiabile
qualità e vivacità di vita. Dall’altra
sembrano confermati i dubbi sui gravi
rischi per la salute connessi con il protrarsi delle terapie sostitutive ormonali ai dosaggi più elevati. La prematura
interruzione dello studio “Women’s
Health Iniative” (WHI) in seguito all’osservazione di un maggior rischio di
patologie tumorali della mammella o di
eventi cardiocerebrovascolari ha creato scompiglio sia tra i sanitari che nelle pazienti. Senza dimenticare che in
Italia molte signore attempate sembravano non gradire fin dall’inizio una cu-
ra a base “di ormoni”. Non poche relazioni epidemiologiche testimoniano
che sia in Francia che agli antipodi della terra, in Australia, le pazienti sottoposte a TOS si sono notevolmente ridotte dagli anni ’90 al 2004-5. Gli ultimi
rapporti sembrano convergere verso la
necessità di una più approfondita selezione delle donne da sottoporre a TOS,
che non devono ovviamente presentare fattori di rischio per i noti effetti avversi degli estroprogestinici. D’altra
parte paiono molto ridimensionate le
speranze riposte in questi trattamenti
al fine di una protezione contro le demenze o per una vera rimineralizzazione dell’osso. Per quanto riguarda la
TOS si può quindi consigliare di impiegarla alle dosi più basse possibili e per
periodi limitati, più che altro per evitare la brusca sintomatologia della menopausa chirurgica o di quella precoce
nelle donne giovani. Per il resto questa
si può considerare solo un intervento
di seconda scelta come profilassi dell’osteoporosi, preferendo comunque la
forma farmaceutica del cerotto transdermico.
Molte donne in menopausa, specie se
ritengono di presentare fattori di rischio a controindicazione di una TOS,
si rivolgono ai prodotti naturali affini:
da qui il grande successo, prevalentemente, dei trattamenti a base di isoflavoni della soia. L’analisi della maggior parte dei lavori scientifici in merito fa registrare un favorevole rapporto
beneficio/rischio, almeno quando questi trattamenti siano effettuati con preparati ben titolati. I benefici riguardano, sia pure con esiti variabili, tanto le
“vampate” quanto i più significativi rischi oncologici femminili o quelli relativi all’osteoporosi. Rimane qualche
dubbio su un residuo rischio di eventi
cardiocerebrovascolari legato ad un
uso scorretto per dosaggio e durata del
trattamento. In ogni caso gli studi a
lungo termine dei fitoestrogeni per la
prevenzione dei rischi della menopausa non sono ancora definitivi e si ritiene utile procedere con cautela prima
di consigliarne un ampio uso prolungato. Il recentissimo intervento dell’EMEA che ha portato al ritiro dei preparati di fitoestrogeni derivati da Cimici-
fuga racemosa ha portato in primo piano il dubbio di una possibile epatotossicità per questi composti, per lo meno
in rari casi selezionati.
Ancora oggi, tra le maggiori cause di
morbilità e mortalità femminile durante la cosiddetta “quarta età” rimangono le fratture conseguenti ad osteoporosi. Data la forte interazione tra
fattori genetici e ambientali per l’evoluzione della patologia, uno dei primi
suggerimenti per la donna risiede nel
prendersi cura della propria salute ossea fin dalla gioventù: i giusti apporti
di calcio e vitamina D, nonché attività fisica equilibrata e costante, rappresentano i cardini della prevenzione. Ricordando anche l’importanza di
evitare il fumo e gli eccessi di bevande
alcoliche, abitudini sempre criticate
che oggi sembrano mantenere un certo fascino “trasgressivo” più tra le
donne che nei maschi.
Solo dopo i sessantanni, o nell’evenienza di una frattura, ci si potrà
orientare alle terapie rimineralizzanti
più consolidate con vari bifosfonati,
sicuramente efficaci come farmaco di
prima scelta se ben tollerati. Ovvio
preferire in tal caso le formulazioni
per via orale, facendo però molta attenzione alla biodisponibilità e tollerabilità gastrica di tali preparati. Buoni
risultati potrebbero venire da nuove
proposte di molecole, che sono state
già approvate dalla FDA, per limitare
la somministrazione a una dose orale
mensile.
In alternativa, gli integratori di fluoro
paiono alquanto obsoleti, mentre si
considerano ancora proponibili la classica TOS o l’impiego selettivo di raloxifene, oltre a valutare la nuova proposta di terapia con teraparatide, un
analogo del paratormone, da usare secondo prescrizione solo ciclicamente e
con qualche cautela, ma che si ritiene
di buona efficacia.
E allora, passando all’iconografia più
moderna, con la giusta attenzione alla propria salute anche le over-settanta potranno forse aspirare a mostrarsi
senza imbarazzo sul calendario alla
moda, seguendo l’esempio della sempre bella e raffinata Sofia Loren.
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