Storia - Monumenti - Prodotti tipici MONCALIERI (TO

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MONCALIERI (TO)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
Lo stemma, già in uso dal 1619, viene descritto all'articolo 2 dello statuto comunale nel
seguente modo: «Scudo di rosso alla croce d'argento, con bordura oro e azzurro,
sormontato dal monogramma “M” in rosso - alla base due fronde simmetriche (quercia alloro) annodate con nastro rosso. Lo scudo è inoltre sormontato da una corona
marchionale, sostenuta da due leoni nascenti in nero linguati in rosso. »
BLASONATURA DEL GONFALONE
La descrizione del gonfalone, anch'essa presente all'articolo 2 dello statuto comunale, è la
seguente:
« Drappo di bianco riccamente ornato di ricami d'oro e caricato dello stemma comunale
con l'iscrizione centrata in oro: Città di Moncalieri. Le parti di metallo ed i cordoni saranno
dorati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto del colore del drappo con burlette dorate
poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo
inciso il nome. Cravatta e nastri tricolori dai colori nazionali frangiati d'oro. »
Il gonfalone è stato approvato con Decreto del Presidente della Repubblica del 18 marzo
1971.
COME ARRIVARE
In auto
Autostrada svincolo Moncalieri/San Paolo.
Tangenziale Sud di Torino.
In treno
Moncalieri è attraversata da due linee ferroviarie:
· la Torino-Genova, che ferma sul territorio comunale nella stazione di Moncalieri.
· la Torino-Pinerolo, che ferma sul territorio comunale nella stazione di Moncalieri
Sangone
In aereo
Aeroporto Torino-Caselle
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CARATTERISTICHE GENERALI
Moncalieri (in piemontese Moncalé, in latino Mons Calierus) è un comune di 57.768
abitanti della provincia di Torino (censimento al 31/12/2007). È il primo comune per
popolazione dopo il capoluogo della provincia, ed il quinto comune del Piemonte per
numero di residenti, superando in questa graduatoria alcuni capoluoghi di provincia della
regione.
Il territorio di Moncalieri ricalca per certi aspetti quello del capoluogo Torino. Infatti, come
esso si estende in parte in collina e in parte in pianura ed è attraversato dal Po nelle zone
centrali della città. L'abitato consta di tre corsi d'acqua principali, oltre al maggior fiume
italiano, anche il torrente Sangone e il torrente Chisola, nonché numerosi altri rii minori che
scendono dalle vicine colline. Il punto più alto della città lambisce il Faro della Vittoria,
posto nel Parco della Rimembranza sul Colle della Maddalena. Questo si trova nel
territorio del comune di Torino ad un'altezza di 716 m s.l.m..
PRODOTTI TIPICI
·
·
Cavolfiore di Moncalieri. E' una delle molteplici varietà orticole che appartengono alla
specie Brassica oleracea var. botrytis, pianta erbacea della famiglia delle Brassicacee
o Crucifere. Si presenta con un fusto provvisto lateralmente di foglie più o meno
espanse, delle quali, le più alte, avvolgono il germoglio.
La Trippa di Moncalieri è prodotta nell'omonimo comune in provincia di Torino.
È un salume cotto ottenuto dai prestomaci (rumine, reticolo, talvolta l'omaso) dei
ruminanti e dallo stomaco del suino.
La carne viene lessata e successivamente pressata in appositi stampi prima di essere
insaccata.
Ha una lunghezza di circa 30 cm, un diametro di 10-12 cm e un colore rosato.
STORIA
La città di Moncalieri sorse attorno ad un Monastero dedicato a Sant'Egidio (1113), che in
origine apparteneva ai monaci benedettini. Nel 1196 il Monastero passò ai Templari.
I Templari erano un ordine religioso-militare fondato nel 1118 a Gerusalemme. Avevano
una divisione al loro interno in classi di cavalieri, scudieri e più tardi cappellani con al
vertice un gran maestro. Il loro simbolo era la croce rossa, concessa da Papa Eugenio III
nel 1148. L'ordine ebbe riconoscimenti e privilegi che ne fecero un corpo ecclesiastico
soggetto direttamente all'autorità pontificia. I Templari possedevano terre, sedi, castelli e
vasti patrimoni, rendite su terreni e un'ampia attività bancaria; furono una potenza
finanziaria di importanza rilevante. Questo portò ad un inasprimento dei rapporti con le
altre potenze del posto, come conseguenza si ebbe, dopo un lungo processo che iniziò
nell'estate del 1307, lo scioglimento e la condanna per eresia dell'ordine.
L'atto ufficiale della nascita di Moncalieri come libero comune risale storicamente all'11
novembre 1230. Era la festività di San Martino: quel giorno, adunato al suono della
campana, si riuniva per la prima volta il Consiglio comunale "in porticu comunis",
convocato dal podestà Guido di Subinago. Trenta personaggi parteciparono alla storica
adunanza: sono stati gli ultimi Consiglieri testonesi ed i primi di Moncalieri.
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L'atto con cui inaugurarono la loro attività nel nuovo borgo concerneva l'approvazione per
l'accensione di un mutuo di 65 lire viennesi (sic), concesso alla Comunità dal cittadino
torinese Ubertino, figlio del fu Giacomo della Cavalla. Moncalieri, nell'arco di pochi mesi si
era già data una struttura amministrativa propria che le consentiva di stipulare contratti a
nome della comunità.
Proprio all'inizio del XIII secolo assistiamo al periodo di saldatura tra l'epoca feudale e
l'epoca comunale. Moncalieri pertanto si costituì in un periodo particolare della storia
urbana ed economica, nel periodo cioè in cui si stava affermando, sia in Italia che in
Europa, il ceto mercantile. Fu proprio in quell'epoca che si instaurò una condizione mai
verificatasi prima di allora: il prestigio di vivere in città, con diritti e stato giuridico
qualitativamente superiore al vivere in campagna.
Fino al 1277 Moncalieri si resse come libero Comune, governato da un Podestà eletto dal
popolo. In seguito alla conquista da parte di Tommaso III capostipite degli Acaja, al suo
posto subentrò un Castellano eletto dai Savoia che diede inizio alla costruzione di una
casa-forte e di una torre, dove ora sorge il castello. La rapida crescita urbana,
comportando sempre maggiori spese, obbligò gli amministratori a ricorrere alle prime
imposizioni fiscali. E così, già dal 1278, i reggitori della Comunità decisero di dare incarico
ad "octos sapientes super hoc ordinatos" di compilare i catasti comunali. La vita nel nuovo
borgo veniva efficacemente regolata dalle norme comunali, specie quelle contemplate
negli "Statuta", che non si potevano trasgredire: queste stabilivano strette pattuizioni tra il
Comune e il cittadino. Quest'ultimo era tenuto all'obbedienza al Castellano ed a
sopportare gli oneri di tributi, cariche e guardie, in cambio lo stesso godeva della
protezione del Comune, che assicurava l'incolumità della persona ed il possesso dei beni.
Il 25 aprile 1286 il Consiglio di Città, per mezzo del suo sindaco Giorgio di Riva, giurava
fedeltà ad Amedeo V di Savoia e Moncalieri non poté più fare scelte di alleanze con altri
Comuni, non poté più avere iniziative politiche, ma conservò pur sempre la possibilità di un
autogoverno interno, regolato dagli "Statuti" che la città si era liberamente data.
Vi erano fino alla Rivoluzione Francese, due classi sociali costituite in "homines de
albergo" ossia i nobili ed in "homines societatis populi",con opposti interessi.
Un grande apporto alla costituzione di Moncalieri è stato dato dagli Ordini religiosi, secolari
e monastici. Il primo e più importante fu il Capitolo dei Canonici di Santa Maria della Scala,
insediatosi a Moncalieri insieme ai primi profughi testonesi, era formato da tredici canonici
le cui autorità erano, in ordine, il Prevosto, il Cantore e poi dal 1451, l'Arciprete. Con
l'acquisizione del diritto di decimare su un vasto territorio e con cospicui lasciti di privati la
massa capitolare si ingrandì fino a diventare una potenza economica a Moncalieri. Una
congregazione religiosa che si insediò ai piedi del Castello fu quella dei Frati Minori di San
Francesco, la loro presenza non registrò mai cose notevoli, se non una continua carità. Gli
Umiliati di San Giacomo furono l'altra famiglia religiosa più antica a Moncalieri, aspiravano
a praticare il cristianesimo secondo l'esempio della semplicità apostolica, senza possedere
nulla.
Seguirono nel tempo altri ordini religiosi tra cui i Frati dell'Ordine Carmelitano nel 1420 e i
Frati Cappuccini dal 1540 al 1877.
Contemporaneamente il commercio favoriva gli scambi portando con sé una grande
disponibilità di denaro. Con gli scambi nacquero e si consolidarono le fiere e i mercati.
Moncalieri vanta forse il primato della più vecchia fiera del Piemonte, poiché si ha
memoria della sua regolamentazione attraverso una decisione della Società del Popolo
che porta la data del 22 ottobre 1344: si teneva l'ultimo lunedì del mese di ottobre e
durava 10 giorni ed era inoltre esente da gabella per tutti.
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Fu proprio l'affermarsi del ceto borghese che portò la necessità di un minimo di istruzione,
così sin dal 1331, si ha notizia di una scuola pubblica a Moncalieri.
In questi cento anni di vita Moncalieri si era già affermata economicamente e
strategicamente.
Moncalieri deteneva la giurisdizione su un esteso territorio che, rispetto ad oggi, era
grossomodo conchiuso a nord tra Torino, Lavoretto e Revigliasco, a levante da Chieri e
Trofarello, mentre verso meridione comprendeva la piana sino ai margini di Santena e
Villastellone, includeva poi La Loggia confinando con Carignano e Vinovo e accorpava a
ponente Nichelino a Stupinigi.
Nel secolo XV l'importanza strategica di Moncalieri era cresciuta a tal punto che, dopo il
crollo dell'antico ponte di pietra sul Po, Papa Callisto III autorizzò per il suo restauro
collette non solo in Torino, ma anche in Vercelli e Ivrea. Il 15 luglio 1458 morì a Moncalieri
Bernardo principe tedesco e marchese di Baden, oggi patrono della città.
Nel 1536, seguendo le sorti dello stato sabaudo, anche Moncalieri cadde sotto il dominio
francese, rimanendovi sino al 1559. Dopo aver riportato, a capo delle truppe spagnole, la
straordinaria vittoria di San Quintino, Emanuele Filiberto rientrò in possesso dei suoi stati,
facendo di Moncalieri una sede di prefettura con una giurisdizione molto ampia che si
estendeva non solo sui comuni limitrofi, ma anche su tutti i comuni delle valli di Susa e di
Lanzo. Lo stesso Emanuele Filiberto istituì nel 1594 la Società dell'Archibugio, che voleva
in ogni cittadino un difensore del paese: ogni anno questa società programmava feste
durante le quali si svolgevano gare di tiro a segno chiamate "gioco del tavolazzo", in cui
introiti venivano devoluti all'ospedale di Santa Croce.
Nel 1619, per festeggiare il matrimonio del principe ereditario Vittorio Amedeo con Maria
Cristina di Francia, furono compiuti diversi lavori urbanistici, tra cui l'allargamento della
piazza centrale e il restauro della Porta Navina. Nello stesso anno il grande architetto
Carlo di Castellamonte iniziò i lavori di sistemazione del castello.
Nel 1630 la Zecca del ducato sabaudo fu trasferita, per un breve periodo, da Torino a
Moncalieri. In questo secolo Moncalieri fu proclamata città, probabilmente da Maria
Cristina di Francia: è del 1649 il primo documento in cui Moncalieri si può fregiare di tale
titolo.
Il borgo subisce più volte l'aggressione della peste, oltreché gli assalti degli eserciti nemici,
tuttavia conserva le sue cariche comunali, dà vita alle sue Tradizioni, tuttora esistenti,
come la Fiera del bue grasso e la Fera dij subijett, il grande mercato del venerdì (istituito
da Amedeo V nel 1286), sviluppa l'arte tessile e l'allevamento dei bovini, incrementa la
rete commerciale, aumenta il numero dei mulini operanti sul Po, produce un ottimo olio,
vini pregiati e pratica la bachicoltura; nello stesso tempo si arricchisce di monumenti,
chiese e di scenografiche ville collinari, soprattutto nel 1600-'700, modificando in parte
l'originaria filosofia medioevale.
Nella Moncalieri ottocentesca, dimora prediletta di Vittorio Emanuele II, oltre l'attività
tessile, s'incrementa l'antica tradizione di laterizi, nascono fabbriche di zolfanelli e di
biciclette, si sviluppa l'industria alimentare e sorge la fonderia Limone vicino al Sangone: la
città rivela la sua vocazione industriale che ha raggiunto notevoli risultati ai giorni nostri, in
particolare nei settori della prototipizzazione dell'auto, del design industriale, dell'editoria e
della grafica.
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Mantiene anche fiorenti la floricoltura e l'ortocoltura: il cavolo a forma di piramide e il
crisantemo sono ancora oggi le specialità locali.
Attualmente Moncalieri ha raggiunto notevoli dimensioni e occupa un vasto territorio,
costituito da numerose frazioni e conserva ancora nel centro storico i tratti derivanti da
tanti secoli di storia a partire dalla Città Medioevale.
DA VEDERE
CASTELLO REALE DI MONCALIERI
Il castello, che domina dall'alto la città di Moncalieri, al tempo stesso importante
testimonianza storica e documento delle diverse fasi costruttive che, anno dopo anno, ne
hanno modificato l'aspetto. Basti pensare alla imperiosa facciata tra i due torrioni
quadrangolari barocchi al cui centro sono state incorporate le due torri medievali rotonde.
Oggi il castello è in parte sede del I Battaglione Carabinieri "Piemonte" e in parte adibito a
museo. E' infatti stata recuperata gran parte degli arredi che figurano oggi negli
appartamenti restaurati di Maria Letizia, di Vittorio Emanuele II e di Maria Clotilde (solo i
primi due sono aperti alla visita del pubblico).
Le fondazioni originarie sono di natura difensiva per la posizione dominante dall'alto di un
colle. Fin dall'epoca medievale vi era una roccaforte presso la quale trovarono rifugio le
genti di Testona quando, a causa delle lotte tra Asti e Chieri, le loro case furono rovinate.
Nel 1277 Tommaso III di Savoia, detto Tommasino, fece costruire una torre e una porta
merlata. Nella seconda metà del Quattrocento Jolanda di Valois ordinò la costruzione di
ben quattro torrioni circolari poi inglobati nei successivi rifacimenti. Dopo la pace di Cateau
Cambresis (1559), riparati i danni causati dalle lotte tra Carlo V di Spagna e Francesco XV
di Francia, la prima Madama Reale trasformò l'antica fortezza in dimora regale
arricchendo altresì il parco di circa duecento alberi. Le sale interne, fastosamente arredate
divennero la sede di continue grandiose feste. Da allora i lavori di abbellimento furono
continui e il castello si impreziosì di capolavori d'arte e di mobili preziosi.
La presenza di architetti di grande valore da Castellamonte a Benedetto Alfieri fino al
messinese Francesco Martinez (1775) finì col coinvolgere anche la struttura abitativa
circostante con edifici di pregio. Durante la dominazione francese (1798) il castello fu
usato anche come ospedale e carcere. Con la restaurazione la vita all'interno del castello
riprese e l'edificio passò di nuovo ai Savoia.
In epoca fascista divenne sede dei rappresentanti gerarchi e poi dei nazisti; fu infine usato
come rifugio per gli sfollati rimasti senza dimora. Dal 1948 il castello è sede del I
Battaglione "Piemonte" dell'Arma dei Carabinieri.
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PIAZZA MAGGIORE (OGGI PIAZZA VITTORIO EMANULE II)
L'antica Piazza Maggiore, su cui si affacciano le dimore delle più importanti famiglie nobili,
è stata più volte allargata fino all'attuale dimensione del 1629; poco dopo Moncalieri
acquisisce il titolo di città e lo stemma con lo scudo sabaudo. L'acciottolato è del 1825,
mentre la guida in pietra è del 1898. La piazza è porticata su tre lati a partire da fine del
Settecento, seguendo l'esempio del Palazzo del Comune, già della famiglia Duch e
ristrutturato a portici nel 1788, quando davanti alle sue quattro arcate viene collocata la
statua del Nettuno, detto il Saturnio, posta sull'antico pozzo pubblico, ora fontana. Risale
al 1888, per mano dell'architetto Enrico Mottura, l'attuale sistemazione sia interna che
esterna del palazzo comunale. Il lato sinistro della piazza, le cui facciate rivelano antiche
costruzioni medioevali, termina con la Chiesa di San Francesco.
Sul lato destro della piazza, dopo il palazzotto della banca CRT, edificato nel 1936-'37 su
una curiosa casa a colonne, l'ottocentesco albergo "Casa delle bambole", si succedono
alcuni palazzi quasi unificati dai portici scalari, tra cui l'interessante Palazzo Arduino (al n.
7), con la bella meridiana che campeggia sulla facciata, fino all'imponente Palazzo Duch,
costruito su un precedente edificio medievale, nel corso del '500, per il banchiere Duch e
poi rimaneggiato nei secoli. Importante la sistemazione settecentesca, con i portici in
muratura al posto di quelli lignei e l'apertura del grande cortile porticato; l'edificio, di
recente restaurato, costituisce il punto di maggior attrazione della piazza, insieme con la
Collegiata di Santa Maria della Scala.
CHIESA DI SAN FRANCESCO
La chiesa di S. Francesco posta al fondo del lato sinistro della piazza che un tempo si
chiamava Maggiore - oggi Piazza Vittorio Emanuele II - all'angolo di via Carlo Alberto, si
presenta con una severa facciata in cotto.
Le origini della chiesa sono antichissime infatti la fondazione di una prima cappella
dedicata a S. Francesco potrebbe risalire al 1210, al tempo del non sufficientemente
documentato passaggio del Santo nel suo viaggio verso la Francia.
La gotica chiesa originaria venne abbattuta nel 1755 e la ricostruzione fu affidata
all'architetto Filippo Castelli, seguace di Juvarra.
La chiesa era da poco terminata (1788) allorché, con l'occupazione francese, venne
confiscata assieme agli edifici conventuali e adibita ad usi militari; i francescani poterono,
salvare gli splendidi arredi che tuttora figurano nella chiesa, dai candelabri ai dipinti tra cui
l'Immacolata Concezione con l'Eterno, ora nel vano di accesso alle scale del Convento,
uno dei capolavori di Michele Antonio Milocco, realizzato tra il 1730 e il 1750.
Vanno infine ricordati i dipinti del pittore moncalierese Tommaso Juglaris, tra cui una
deposizione, la tela raffigurante San Giuseppe da Copertino di Giovanni Domenico
Molinari, uno tra i più fedeli allievi del Beaumont, e la pregevole statua lignea della
Madonna.
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COLLEGIATA SANTA MARIA DELLA SCALA
Il monumento, costruito in stile romano-gotico nella prima metà del Trecento,
dall'imponente facciata rimaneggiata nel XIX secolo con l'inserimento del rosone e della
balaustra, è stato modificato più volte nei secoli all'interno, dove era ricoperto d'affreschi.
La Collegiata è caratterizzata da tre navate con absidi terminali; la quarta navata fu opera
di un successivo inserimento di cappelle sepolcrali di nobili famiglie.
Un recente restauro ha ripristinato la struttura originaria, con le navate divise da pilastri a
fascio e coperta da volte a crociera.
Numerose le opere d'arte, quali lo splendido Compianto sul Cristo morto, gruppo di statue
in arenaria dipinta del XV secolo, gli stalli lignei del coro, opera di G. Antonio Riva (1749),
le quattro storie della Vita della Vergine, realizzate dal Milocco, l'Assunzione della Vergine
di C. F. Beaumont e G. D. Molinari (1766), la Madonna col Bimbo e Santi del Moncalvo,
l'assorta Maria Clotilde di Savoia in preghiera, opera scultorea di Pietro Canonica (1912).
REAL COLLEGIO CARLO ALBERTO
Il Real Collegio Carlo Alberto I, voluto dal sovrano sabaudo nel 1838 e affidato ai padri
Barnabiti per scopi educativi rivolto ai giovani della classe dirigente, è un ampliamento
dell'antico Convento di San Francesco, per opera dell'architetto Pio Taccone, mentre la
parte più recente è stata edificata dal torinese Pietro Betta, esponente dell'Art Noveau.
L'insieme è armonioso e funzionale ed è collegato alla zona antica della città mediante la
piccola facciata sormontata dalla torre specola per l'osservatorio meteorologico di Padre
Denza che qui lavorò dal 1859 al 1891.
Il collegio si è trasformato, col tempo, in un vero e proprio museo: basti ricordare la
Biblioteca storica, il museo di storia naturale, la collezione archeologica, i numerosi dipinti,
la raccolta di strumenti scientifici e la collezione dei bollettini meteorologici raccolti da
padre Denza. Quindi collezioni a carattere didattico-scientifico riguardanti l'archeologia,
l'entomologia, la mineralogia.
SANTA MARIA DI TESTONA
Rimaneggiato nei secoli XVII e XVIII, l'edificio attuale presenta una particolare mescolanza
architettonica dovuta alla sovrapposizione della struttura barocca sul preesistente edificio
romanico.
La struttura a tre navate, l'ampia cripta sovrastata dal presbiterio rialzato, il campanile alto
30 metri, con decorazioni ad archetti, monofore e bifore risalgono ai primi anni del 1000,
ma la facciata barocca cela la struttura romanica della chiesa. All'interno domina
l'ambiente una poderosa struttura lignea dell'altare maggiore risalente alla prima metà del
Seicento e numerosi dipinti del '700, oltre una tela del Moncalvo, dei primi anni del '600.
CHIESA DI SANT'EGIDIO
Sant'Egidio sorge sul sito occupato dai Templari fin dal XII secolo e dedicato al culto del
santo, il più antico in Moncalieri. Della primitiva costruzione rimane solo il campanile,
mentre la chiesa, a pianta quadrangolare con numerose cappelle, risale al XVI secolo, ma
è stata più volte modificata nel 1700-'800; presenta un ampio repertorio della locale pittura
del '700, in particolare per le opere del Milocco.
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PORTA NAVINA
La Porta Navina, che originariamente aveva un disegno molto semplice, è stata più volte
rimaneggiata nei secoli XV-XVI. L'aspetto attuale è quello raggiunto verso la metà del XIX
secolo, quando venne aggiunta una loggia con quattro archi. Questa porta difendeva
l'ingresso alla città da ponente ed è l'unica rimasta delle originarie porte medievali a
carattere difensivo. Secondo i documenti più antichi, le porte dovevano essere quattro o
sei; nelle incisioni settecentesche la città appare difesa da quattro porte: Mediolanensis,
Rivigliasca, Taurinensis e Piacentina. La Porta Navina è appunto l'antica Porta
Mediolanensis ed è sempre stata conosciuta come Navina in quanto vicina al porto fluviale
a carattere commerciale che si trovava in questo luogo dove il Po formava un'ampia ansa.
Passando sotto l'arco e percorrendo la ripida rampa di accesso, si entra nel cuore del
centro storico di Moncalieri. Un altorilievo di bronzo ricorda il "Proclama di Moncalieri"
firmato da Vittorio Emanuele II il 20 novembre 1849.
PALAZZO COMUNALE
L'antico palazzo comunale venne totalmente ristrutturato nel 1778 per opera dell'architetto
Pietro Mosso d'Andorno.
Il nuovo palazzo ospitava al piano terreno il corpo di guardia e la camera di sicurezza,
mentre al primo piano si trovavano il salone delle riunioni, l'archivio e la giudicatura, al
piano superiore gli uffici del catasto e del registro.
Già da allora il palazzo aveva portici in muratura resi più evidenti dopo la costruzione della
balconata.
L'architetto Pietro d'Andorno aveva progettato anche la realizzazione dello scalone d'onore
che però non venne realizzato se non nel 1888 dall'architetto Enrico Mottura che modificò
nuovamente anche la facciata.
Oggi, malgrado gli inevitabili cambiamenti e il decentramento delle diverse funzioni in uffici
adeguati, il palazzo resta il cuore del governo della Città.
CHIESA SANTA CROCE
Per chi, arrivando dal Viale di Porta Piacentina, si dirige alla piazza Centrale Vittorio
Emanuele, la vista della chiesa di Santa Croce si annuncia di lontano: le sue strutture
risaltano tra le vie Santa Croce e Real Collegio, con un sagrato di forma irregolare chiuso
da una cancellata.
Nell'interno l'impianto a sala, di per sè arioso, si dilata con le ampie cappelle laterali di cui,
quella sulla destra, dedicata alla Madonna Consolata, ha un altare animato da colonne
tortili. Nella nicchia posta sulla destra verso il presbiterio, un gruppo ligneo monumentale
del Settecento che raffigura il Cristo portacroce con ai lati la Veronica col sudario e un
soldato che impugna la lancia. Documento insieme d'arte e di costume locale in quanto,
malgrado la mole e il considerevole peso di trecento chili, soleva venire portato a braccia
in processione in occasione delle ricorrenze annuali della Settimana Santa. Tradizione
importante quanto antica, poichè la Confraternita di Santa Croce era stata fondata nel
1452 dai Cavalieri Gerosolimitani che, in quel sito, fuori porta, gestivano l'ospedale, ancora
intitolato alla "Santa Croce".
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CONVENTO DI SAN GIUSEPPE
Risalendo il vicolo Savonarola a partire dalla via Santa Croce, si percorre una ripida salita
chiusa tra i muri degli edifici. Alla sommità del vicolo ci si presenta il tamburo in cotto della
chiesa delle Carmelitane Scalze che è uno dei pochi conventi di clausura sopravvissuti
fino ad oggi. Il Carmelo San Giuseppe venne fondato nel 1703 per volere della Beata
Maria degli Angeli, congiunta dei Marchesi di Tana, cugini di S. Luigi Gonzaga. Questo
monastero conserva una copia a grandezza naturale della Sindone datata 1634. L'interno
decorato da suggestivi dipinti di noti artisti, tra i quali si ricordano Daniele Seiter e Michele
Antonio Milocco.
ORATORIO DEL GESU'
Si trova in via Carlo Alberto a fianco del Real Collegio. La costruzione fu iniziata
dall'omonima Arciconfraternita religiosa che, nel 1619, ottenne un contributo dal Comune
di cento fiorini.
La costruzione della nuova chiesa è iniziata nel 1710 e nel 1741 la Confraternita "per
sempre più abbellire la loro nuova chiesa" dà l'incarico ai pittori Michele Antonio Milocco e
Carlo Felice Bianchi per la decorazione della volta, per la pittura della chiesa e per la
doratura degli stucchi prevedendo un compenso di L. 1.400.
Sulla volta rappresentata una celebrazione del Sacro Nome di Gesù; immediatamente al
di sotto della volta sono rappresentati: la Glorificazione della Vergine; la Resurrezione di
Cristo; l'ascensione al cielo di una Santa con angeli festanti; S. Rocco che guarisce gli
appestati, con la visione di Moncalieri sullo sfondo. Le pareti sono studiate come un ampio
palcoscenico, con le figure umane che fanno capolino da dietro le colonne delle finte
architetture. La dimensione teatrale della pittura del Milocco molto evidente in tutta la
chiesa.
EVENTI E MANIFESTAZIONI
Tra le manifestazioni più importanti vi è sicuramente la festa patronale del Bernardo di
Baden Baden. La stessa si svolge a metà luglio e culmina con la rievocazione storicoreligiosa del XV secolo tra le vie cittadine. Ad animare questa processione vi sono più di
trecento figuranti in vesti medievali. Importante è anche l'antichissima Fera dij Subiet, che
vanta secoli di tradizione: molti banchi posti nel centro storico mettono in mostra fischietti
di ogni foggia. Inoltre sono importanti: la festa del cioccolato, inserita nella manifestazione
regionale Cioccolatò, che si svolge nel mese di marzo; il mercato dell'antiquariato, che ha
luogo ogni prima domenica del mese e la rassegna Mangiare Bene a Moncalieri, nata
dall'antichissima Fiera del Bue Grasso che si svolge nel mese di dicembre. Da ricordare vi
sono inoltre le iniziative di carattere musicale. Importanti la rassegna "Moncalieri Jazz" di
novembre al teatro Matteotti, recentemente si è espansa per le strade del centro cittadino
e di altri comuni dell'area torinese. Nonché "Ritmika", concorso per band emergenti che si
svolge a giugno alle fonderie Limone.
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CORNO DI ROSAZZO (UD)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
D'azzurro alla una cornucopia d'argento posta in banda e rivolta in basso, dalla quale
fuoriescono rose rosse, fogliate di verde.
D.P.R. del 01 novembre 1960
BLASONATURA DEL GONFALONE
"Drappo partito di bianco e d'azzurro, riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello
stemma sopra descritto con l'iscrizione centrata in argento: "Comune di Corno di
Rosazzo". Le parti in metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta
di velluto dai colori del drappo, alternati, con bullette argentate, poste a spirale. Nella
freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e
nastri tricolorati dai colori nazionali, frangiati d'argento".
D.P.R. del 01 novembre 1960
COME ARRIVARE
In auto
Da direzione nord: Autostrada A23 uscita Udine sud - seguire la SS. 56 direzione Gorizia
fino Manzano, proseguire direzione Cormons-Corno di Rosazzo.
Da direzione est: seguire la SS. 56 direzione Udine fino a Cormons, poi proseguire
direzione Cividale-Corno.
Da direzione Trieste-Venezia: Autostrada A4 uscita Palmanova, seguire direzione S.
Giovanni al Natisone, poi seguire direzione Corno di Rosazzo.
In treno
La stazione ferroviaria di Udine è collegata con pulman giornalieri di linea.
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Storia - Monumenti - Prodotti tipici
CARATTERISTICHE GENERALI
Sono probabilmente il corniolo e la rosa a dare il nome a questo paese, riparato da un
anfiteatro di colline ricche di depositi fossili, che è riuscito a coniugare lo sviluppo
dell’artigianato ed industria, collegata alla produzione del legno, e della viticoltura di pregio
con la valorizzazione del patrimonio naturalistico che fa da supporto allo sviluppo
dell’agriturismo e dei bed & breakfast.
ENOGASTRONOMIA
La cucina della provincia udinese e del territorio del Comune di Corno di Rosazzo
caratterizzata dalla presenza del riso e dall'impiego di uova, farina, polenta e verdura, con
piatti tipici come riso e fagioli, minestra di patate e fagioli, risotto con punte d'asparagi,
bisna (polenta, fagioli e crauti), pasta e fagioli, cialzons (ravioli con erbe aromatiche),
maiale allo spiedo, cacciagione. Prodotti tradizionali sono il Montasio (Dop) e il salame
friulano.
Il primo, formaggio grasso di latte vaccino a pasta dura e semicotta, può essere gustato
fresco, mezzano o invecchiato. Molto popolare è l’antichissimo tortino chiamato frico
(pezzetti di Montasio rosolati nel burro fino ad ottenere una sorta di frittatina dorata e
croccante da ambo le parti), anche nella versione con patate e pancetta.
Ma pure la frittata con le erbe (erbette selvatiche o verdure dell’orto come bietole, spinaci,
porro, basilico, erba cipollina o menta) si può insaporire con una spolverata di formaggio
grattugiato.
Il salame friulano è piuttosto grasso, morbido, condito con sale, pepe e aglio, qualche volta
con l'aggiunta di altri aromi naturali tenuti gelosamente segreti da ogni artigiano, come per
esempio un ben determinato tipo di vino. Da gustare sopra una tartina di polenta
abbrustolita alla griglia o al forno oppure in frittata, con uova, farina, pepe e di nuovo del
montasio semistagionato tagliato a listerelle finissime. Tipico dell’area è anche l’asperum,
mosto cotto ricavato da uve bianche delle colline di Manzano, dal sapore agrodolce e
molto aromatico che si esalta sia sui cibi salati sia sulla frutta e sul gelato di crema.
Da queste parti si trova anche il prosciutto d'oca, uno dei prodotti più pregiati ottenuti da
questo volatile: costituito dai due petti salati e aromatizzati con chiodo di garofano, noce
moscata, cannella, poco zucchero, si gusta di preferenza affettato sottilmente e
accompagnato da crostini imburrati ed eventualmente cren o con il frico con le patate.
Vini eleganti e di rara personalità sono prodotti in queste zone: Tocai, Pinot Bianco e
Grigio, Sauvignon, Ribolla, Malvasia, Cabernet Merlot, uniti agli autoctoni Schioppettino e
Refosco dal Peduncolo rosso danno ottimi calici, così come il fascino discreto del
Ramandolo e del Picolit.
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Storia - Monumenti - Prodotti tipici
STORIA
Il territorio comunale fu sede di insediamenti umani fin dal mesolitico. Sono state ritrovate
diverse tracce di insediamenti risalenti all’epoca romana, una fornace, una villa, tracce
della strada che collegava Forum Julii (Cividale) e il Pons Sontium (Isonzo), dove si
collegava alla via consolare fra Aquileia ed Emona (Lubiana). Abitato anche nell’alto
Medioevo, il sito appartenne ai patriarchi di Aquileia, che nel 1135 lo cedettero all’Abbazia
di Rosazzo. Di grande importanza storica per il territorio, l’Abbazia di Rosazzo fu fondata
attorno all’800 d. C. dall’eremita Cristinao Alemano. Nei secoli fu centro di cultura e
religione ed ebbe importanza pure per lo sviluppo sociale ed economico.
Per la sua posizione strategica fu identificata come una rocca militare e presa di mira in
tutte le guerre dei secoli seguenti. Subì l’assedio degli Ungari (1422 e 1431) e nel 1509 il
monastero venne distrutto con massacro dei suoi abitanti. Nel 1533 l’abate Gian Matteo
Giberti fece eseguire il restauro e la ricostruzione della Chiesa di S. Pietro con affreschi
eseguiti dal pittore Torbido di Verona. Nel 1823 Emanuele Lodi fece trasformare il
Monastero in villa, luogo di vacanza degli Arcivescovi di Udine. Nel 1994, terminati i lavori
di restauro che hanno riportato l’Abbazia all’antico splendore, è stata riaperta ai fedeli e ai
turisti come pure i suoi spazi espositivi per realizzare un centro culturale sperimentale,
religioso con convegni, seminari e corsi di studio. Un documento del 1292 cita il Castello di
Gramogliano, proprietà degli omonimi signori, fedeli al Patriarcato di Aquileia: dopo il loro
avvicinamento ai conti di Gorizia, all’inizio del 300, le truppe del Patriarca Ottobono
circondarono il maniero e ne saccheggiarono i dintorni. Passato in feudo ai signori di
Herbenstein, il fortilizio fu preso e atterrato nel 1353 dal patriarca Nicolò di Lussemburgo,
ma i conti di Gorizia nel 1377 ne decisero la ricostruzione e riuscirono nell’intento solo nel
1424; appena ultimato il castello fu occupato dalla Repubblica Veneziana, che lo infeudò
ai conti Zucco-Cuccagna. Nel 1431 il patriarca Ludovico di Teck, impegnato nel tentativo
di riprendere i territori sottrattagli dai Veneziani, mise a ferro e fuoco una vasta parte delle
colline orientali, compreso il paese di Corno. Questo insieme al castello di Gramogliano,
nel 1509, furono poi devastati dalle milizie guidate dal duca di Brunswich. Purtroppo delle
cinque torri originarie resta solo la torre centrale, alta 12 metri, con una circonferenza di 16
metri, di pietrame smussato e ciottoli di fiume. Risale al XIII sec. Villa Torriani. Fu costruita
dai conti Zucco-Cuccagna nel tardo 1200 però di quel periodo si conservano minime
tracce. L’impianto è a forma di ferro di cavallo, di cui una parte adibita ad abitazione, l’altra
a deposito e cantina: conserva nel suo giardino una vera da pozzo del 1200 ed
internamente vi è lo stemma in pietra degli Zucco con il motto ‘hic vivida virtus’. Ricorda la
fine del dominio austriaco l’antica Osteria all’Armistizio, che si trova alle porte del paese: è
celebre per il piatto, custodito in essa, nel quale la tradizione popolare vuole che, il 26
luglio 1866, le delegazioni italiana ed austriaca, impegnate nella stesura dell’Armistizio di
Cormons, abbiano consumato un frugale pasto. Altre sono le testimonianze belliche, come
la Stele di Visinale, che ricorda il colpo di fucile sparato da un finanziere, posto a guardia
del vecchio ponte di legno della dogana, contro gli Austriaci nella notte tra il 23 e il 24
maggio 1915, che segnò l’inizio della Prima Guerra Mondiale.
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DA VEDERE
CHIESA DI SAN GIACOMO APOSTOLO
La Chiesetta di S. Giacomo Apostolo a Noax risale al XIII sec., in seguito fu ampliata e
restaurata. Internamente ci sono affreschi risalenti al tardo 1300 e ai primi 1500 ed un
settecentesco altare in marmo policromo che accoglie una pala di Leopoldo Zuccolo.
CHIESA DI SAN LEONARDO
La Chiesetta di S. Leonardo in loc. Gramogliano risale al XV sec. con restauri del 1700. Vi
sono conservati due affreschi di Jacum Pitôr, pittore girovago di Nimis, unico esempio di
naïf friulano.
CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO
La Chiesetta di S. Michele Arcangelo in loc. Casali Gallo, nata come oratorio della vicina
Villa Vanni degli Onesti, probabilmente risale al XIV sec., ed è stata restaurata agli inizi del
1700. Sull’altare è collocata la statua di S. Michele Arcangelo a cui è dedicata. In fase di
restauro sono venuti alla luce alcuni affreschi di stile germanico raffiguranti gli Apostoli.
CHIESA DI SAN MARTINO
La Chiesa di S. Martino in loc. Visinale sorge su un’antico impianto del 1300, in seguito, fu
più volte distrutta e ricostruita. L’attuale moderno edificio ospita in una nicchia della
facciata, la statua di San Martino.
CHIESA PARROCCHIALE SANTA MARIA DEL ROSARIO
La Chiesa Parrocchiale, dedicata a S. Maria del Rosario, risale al 1400. Della vecchia
Chiesa resta una notizia: nel 1549 il pittore Polame Valentino di Udine dipinse un’icona;
nel 1674 fu dato inizio ai lavori di ristrutturazione e ampliamento terminati 62 anni dopo.
Nel 1903 il pittore Antonio Brollo di Gemona dipinse due quadri di pregevole fattura. Al suo
interno anche un pregevole organo settecentesco.
CHIESA DI SAN’ANDREA APOSTOLO
La Chiesa di S. Andrea nella frazione di S. Andrat del Judrio fu rifatta, su un impianto del
XI sec., ed inaugurata il 22 settembre 1807; fu utilizzata per la liturgia comunitaria fino al
11 novembre 1972, quando fu consacrata la moderna parrocchiale progettata
dall’architetto Ria, al cui interno è conservata una pregevole tela settecentesca,
raffigurante la Madonna con Bambino, attribuita alla Scuola del Dolci. La primitiva Chiesa
di S. Andrea posta all’interno di un’antica centa, ha semplici linee architettoniche. Alcuni
scavi hanno portato alla luce testimonianze di sepolture risalenti al XII sec.. Al suo fianco
si innalza il campanile inaugurato nel 1912. L’orologio (1944) completa con le campane,
sostituite e più volte rifuse, l’abbellimento della torre.
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SANTUARIO DI MADONNA D’AIUTO
Edificata dai fedeli a protezione dei viandanti quando, prima ancora che fosse costruito il
ponte, il guado del Corno era pauroso non solo per le asperità del territorio, ma per i
briganti che le infestavano. La maggior glorificazione della Madonna d'Aiuto è fatta per
miracolosa preservazione di Corno di Rosazzo dal colera del 1836, non va dimenticato
che anche nel 1916, quando più infieriva la grande guerra al fronte friulano, mentre ancora
il colera decimava le truppe di un intero Corpo d'Armata, apostato nel Bosco Romagno sul
versante concavo nord-est dell'arco collinare sino al limite della chiesetta, il morbo non
oltrepassò questo limite. Il piccolo Oratorio fu costruito sulla sponda sinistra del torrente
Corno, dove le acque impetuose del torrente avrebbero trasportato la statua della
Madonnina.
Nel 1655 gli abitanti di questa parrocchia vi eressero una chiesa e la dedicarono alla
Santissima Vergine. L'altare marmoreo, eretto nel 1760, contiene una nicchia con la statua
della B. V. Maria con Bambino seduta sul trono. La non felice posizione il Santuario, posto
sotto il livello stradale, va soggetto alle piene del fiume. Per cui il santuario per la forte
umidità assorbita dagli intonaci si deve ricorrere spesso a riparazioni e restauri.
VILLA BIGOZZI-CABASSI
Il corpo di fabbrica centrale della casa padronale risale al 1700 mentre il classico porticato
risale al 1800. L’ala rivolta verso il torrente Corno, sembra essere precedente al 1700.
FIERE E SAGRE
·
·
·
Fiera dei Vini dei Colli Orientali del Friuli 2a settimana di maggio nel Capoluogo.
Sagre dai Glaudîns 4a settimana di maggio loc. Visinale.
Sagre dal Giâl 4a settimana di luglio loc. Casali Gallo.
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SENIGALLIA (AN)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
D’azzurro, al pino d’Italia, di verde, fruttato di sei d’oro, fustato al naturale, nodrito nella
collina di verde, fondata in punta, sostenuto dai due leopardi d’oro, rimiranti all’infuori,
linguati di rosso, poggianti entrambe le zampe anteriori sul tronco del pino, il leopardo
posto a destra poggiante la zampa posteriore destra sulla collina e quella posteriore
sinistra sul tronco, il leopardo posto a sinistra poggiante la zampa posteriore sinistra sulla
collina e quella posteriore destra sul tronco, essi leopardi muniti di collare legato con
catene al tronco, collari e catena di ferro al naturale. Ornamenti esteriori da città".
DC 8 giugno 1992.
COME ARRIVARE
In auto
Autostrada A14 Bologna-Bari uscita Senigallia.
In aereo
Con voli Milano-Falconara Roma-Falconara. Aeroporto situato a circa 16 Km da
Senigallia.
In treno
Linea ferroviaria Milano-Lecce, fermata Senigallia.
In nave
Scalo al porto di Ancona - sito a circa 25 Km. da Ancona.
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CARATTERISTICHE GENERALI
L'antica Sena Gallica (colonia dedotta dai romani nella terra dei Galli Senoni) è famosa per
una Fiera (di Senigallia o della Maddalena) che ha origini duecentesche e che era
considerata una delle più importanti d'Europa. Il centro storico è chiuso da mura
quattrocentesche. Ha una lunga e famosa spiaggia sabbiosa che si prolunga per 12 km ed
un porto turistico costituito dalla foce del fiume Misa prolungata da due moli con 300 posti
barca, di cui 30 per le imbarcazioni in transito (informazioni: Ufficio locale Marittimo,
Banchina di Levante). Senigallia dal 1853, è uno dei più ricercati centri del turismo
balneare della costa Adriatica con i suoi tredici chilometri di sabbia dorata; la famosa
spiaggia di velluto.
ENOGASTRONOMIA
Specialità marinare: il famoso brodetto.
I piatti tipici: i vincisgrassi (lasagne), le lumache in porchetta e le beccute (formine di pane
dolce a base di farina di mais, pinoli, uva sultanina).
Zone di produzione di vini d.o.c.: Il Monte Conero con il Rosso Conero.
Le colline dei Castelli di Jesi da cui provengono il Lacrima di Morro (rosso nelle tipologie
asciutto e amabile) e il Verdicchio dei Castelli di Jesi, bianco.
STORIA
Senigallia fu la prima colonia fondata dai Romani sulla Costa Adriatica, agli inizi del terzo
secolo a.C..
Il suo nome ricorda quello dei Galli Senoni stanziati nel territorio e sconfitti nella battaglia
di Sentino, l'odierna Sassoferrato, nel 295 a.C.. Alla caduta dell'Impero Romano
d'Occidente nel 476 d.C. seguì per la città un periodo di degrado e abbandono. Si
tramanda che nel 1200 furono portate in città le reliquie di S. Maria Maddalena, che
divennero meta di un grande pellegrinaggio.
Da questa occasione d'incontro prese l'avvio la cosiddetta Fiera della Maddalena che
tanto contribuì alla crescita economica e demografica di Senigallia e che oggi rivive nella
Fiera di Sant'Agostino nei giorni 28, 29, 30 agosto. La vera rinascita della città si ebbe
però con Sigismondo Pandolfo Malatesti, Signore di Rimini, il quale, avendola avuta in
concessione dal Papa Eugenio IV ne promosse con un bando ricostruzione e
ripopolamento. Nel 1474, per concessione del Papa Sisto IV, la città passò sotto il dominio
dei Della Rovere i quali nel 1508 ereditarono anche il ducato di Urbino. La dinastia, stintasi
nel 1631 con la devoluzione del Ducato allo Stato Pontificio, arricchì Senigallia dei suoi più
prestigiosi Monumenti (la Rocca Roveresca, Palazzetto Baviera, il Convento di Santa
Maria delle Grazie, il Palazzo del Duca e la Fontana delle Anatre).
A metà del Settecento, per le aumentate esigenze della Fiera, Papa Benedetto XIV avviò
la costruzione dei Portici Ercolani e l'ampliamento della città.
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Senigallia conobbe un altro periodo di splendore sotto il pontificato di Papa Pio IX, il suo
figlio più illustre, munifico benefattore della città, recentemente beatificato.
Senigallia, oggigiorno, è una moderna città balneare, di circa 50.000 abitanti, che vanta
l'inaugurazione, nel 1853, dello "Stabilimento Idroterapico di Bagni Marini", tra i primi della
costa Adriatica. Attualmente mette a disposizione dei suoi ospiti più di 100 tra alberghi e
campeggi, impianti sportivi di ogni tipo, un porticciolo turistico per l'attracco di 200
imbarcazioni, 13 km. di spiaggia vellutata, nella cornice delle sue amene colline più volte
immortalate nelle fotografie di Mario Giacomelli.
DA VEDERE
DUOMO
Iniziato verso la metà del '700 dai Gesuiti e poi interrotto, fu destinato a Cattedrale ed è la
quarta Cattedrale di Senigallia. La prima, distrutta da Alarico, sorgeva in prossimità
dell'attuale Politeama Rossi; la seconda, ricostruita nel secolo V, probabilmente sulle
rovine della precedente, fu fatta demolire da Sigismondo Malatesta, che ne fece
trasportare marmi e arredi a Rimini. Di una protobasilica situata in territorio di S.
Gaudenzio si hanno notizie molto vaghe.
L'interno della cattedrale è vasto e a croce latina a tre navate divise da pilastri. Sono
presenti tele di Ercole Ramazzani, del Barocci, di Domenico Corvi, di Alessandro Tiarini.
Nella sacrestia è custodito il Sarcofago di San Gaudenzio. Di autore ignoto, risale al
secolo VI. Le figure agli spigoli del coperchio rappresentano i simboli degli Evangelisti: sul
lato anteriore si trovano l'angelo di San Matteo ed il leone di San Marco; sul lato
posteriore, appena identificabile, a sinistra, l'aquila di San Giovanni, a destra il bue di San
Luca l'iscrizione riferisce che Sigismondo, vescovo di Senigallia, nel 590, collocò le
miracolose reliquie del Santo (nato ad Efeso e morto a Rimini tra il III e il IV secolo) nel
sarcofago, a custodia del quale - secondo la tradizione - la regina longobarda Teodolinda,
fece costruire un tempio di cui restano solo poche vestige nella contrada chiamata tuttora
San Gaudenzio.
Le reliquie furono trafugate nel 1520 e traslate ad Ostra, nella chiesa di San Francesco,
ove sono tuttora oggetto di devozione popolare.
CHIESA DELLA CROCE
Progettata dall'architetto ducale Muzio Oddi la chiesa fu consacrata nel 1608 per conto
della Confraternita del Sacramento e della Croce attiva nell'assistere i più bisognosi.
Presenta all'esterno sobri caratteri di stile tardo rinascimentale, in contrasto con lo
sfarzoso interno barocco, caratterizzato da sei altari laterali che fanno da cornice
all'autentico gioiello di questo prezioso scrigno: la Pala d'Altare dipinta da Federico
Barocci nel 1592, rappresentante La Sepoltura di Cristo, sullo sfondo di un evanescente
Palazzo ducale di Urbino, quale omaggio del pittore alla sua città natale. Pregevole il
soffitto a cassettoni lignei e l'organo di Pietro Callido del 1792.
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CHIESA DELLA MADDALENA
Forse edificata su di un antico tempio di cui si conserverebbe l'orientamento rituale. A
fianco della Chiesa sono stai rinvenuti resti delle mura bizantine erette dopo la distruzione
del secolo V, che conglobavano come materiale di risulta elementi architettonici di età
tardo-romana. In una delle cappelle è conservato un prezioso Crocifisso trecentesco.
CHIESA DI SAN MARTINO
Chiesa barocca eretta nel 1740, ha un interno a tre navate a pianta basilicale sormontato
da cupoletta ellissoidale. All'interno Madonna col bambino e Sant'Anna del Guercino,
Madonna col bambino e santi di Nicola Bertuzzi nonché tele di Terenzio Passerini, di
Palma il Giovane, di Ercole Guerrieri il giovane e di artisti di scuola veneta del secolo XVII.
CONVENTO DI S. MARIA DELLE GRAZIE
La Chiesa ed il Convento di Santa Maria delle Grazie sorgono su un'amena collina a 2
Km. dalla città. Esse sono dovute all'adempimento di un voto fatto da Giovanni Della
Rovere alla Madonna e a San Francesco per ottenere la grazia di un erede maschio.
Francesco Maria finalmente nacque il 25 Marzo 1490 giorno dell'Annunciazione, al quale
allude anche un piccolo rilievo in pietra sovrastante l'ingresso al cortile. Nel 1491 ebbe
inizio l'edificazione del Convento su progetto di Baccio Pontelli. Il complesso monumentale
fu portato a compimento dall'ultimo erede della dinastia roveresca nel 1684.
Il progetto originario prevedeva due grandi chiostri, ma esso fu successivamente ridotto
come si può tuttora vedere. I chiostri attuali conservano le lunette affrescate che illustrano
la vita ed i miracoli di San Francesco. Autore ne è Petrus Franciscus Renulfus, pittore di
Novara nel 1598. Nell'abside si ammira la Pala d'Altare del Perugino raffigurante la
"Vergine in Trono ed i Santi".
Nella chiesa è stato sepolto nel 1501 Giovanni Della Rovere il cui epitaffio, scolpito in
pietra di paragone, si legge ancora sulla parete destra della navata. Attualmente il
complesso monumentale ospita un eccellente museo di storia della mezzadria.
PINACOTECA DIOCESANA DI ARTE SACRA
Dal 16 maggio 1992, la Pinacoteca diocesana d'arte sacra apre all'ammirazione dei
visitatori le sue splendide sale che custodiscono prestigiose testimonianze dei secoli dal
1500 al 1800. Il gioiello più prezioso della raccolta è La Madonna del Rosario e San
Domenico di Federico Barocci (1535-1612), dipinto tra il 1588 e il 1592 su commissione
della Confraternita dell'Assunta e del Rosario per la Chiesa di San Rocco. Vi si ammirano,
inoltre, tele di Andrea Lilli, Ercole Ramazzani, del senigalliese Giovanni Inastasi, Lucia
Canalini Torelli e preziosi esemplari di suppellettili sacre. Ospita mostre e manifestazioni
culturali. In deposito temporaneo, proveniente dalla chiesa di San Medardo di Arcevia, Il
battesimo di Cristo di Luca Signorelli.
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MUSEO DELL’INFORMAZIONE
Il Museo Comunale d’arte moderna e dell’Informazione (Musinf) di Senigallia, ospitato in
una storica palazzina vicina al teatro La Fenice, è stato istituito nel 1981 dal Comune di
Senigallia, realizzando un progetto del critico Carlo Emanuele Bugatti, sottoscritto da artisti
del rilievo di Virgilio Guidi, Umberto Mastroianni, Orfeo Tamburi sulla documentazione del
rapporto tra parola e immagine, inteso come binomio informativo variamente configuratosi,
dal XVI secolo ad oggi per lo sviluppo delle tecniche dell’incisione e della stampa.
Notevoli sono state le adesioni a questo progetto museale da parte di grandi artisti, i quali
hanno donato cospicue raccolte di opere, caratterizzando il Musinf come uno dei principali
centri italiani di documentazione dell’arte contemporanea, dell’incisione e della fotografia.
COLLEZIONI: Tra i principali artisti, presenti nelle raccolte del Museo, ciascuno con un
nutrito corpus di opere vi sono: Vasarely, Cucchi, Dova, Mastroianni, Fazzini, Tamburi,
Treccani, Guidi, Breddo, Purificato, Ciarrocchi, Biasion, Caruso, Annigoni, Borgonzoni,
Piacesi, Trubbiani, Brindisi, Migneco, Cappello, Bianchi, Gentilini, Guttuso, Crippa,
Stradella. Complessivamente gli artisti del secondo Novecento rappresentati sono oltre
300, con un totale di opere che supera le duemila unità. Tutte le opere sono state
selezionate personalmente e donate al Musinf dagli stessi autori.
PALAZZO MASTAI - MUSEO PIO IX
La famiglia Mastai, originaria di Crema, nel 1579 si trasferì a Senigallia per esercitarvi la
mercatura. Acquisito il titolo nobiliare di Conti grazie ad una parentela per matrimonio con
la nobile famiglia Ferretti di Ancona, i Mastai vi abitarono fino ai primi del 900. Oggi il
Palazzo custodisce preziosi cimeli di Papa Pio IX. Pregevoli il portale stemmato e il Salone
di rappresentanza ornato di un ciclo di venti tele a soggetto biblico, opera del pittore
senigalliese Giovanni Anastasi (1653-1704).
PALAZZO DEL DUCA E FONTANA DELLE ANATRE
Fronteggiante la Rocca, ricorda nel nome Guidubaldo II della Rovere che a metà del ‘500,
su progetto di Gerolamo Genga lo eresse come dimora di rappresentanza per la corte e
per i suoi ospiti illustri. Uno splendido soffitto a cassettoni attribuito a Taddeo Zuccari,
impreziosisce la Sala del Trono. Successivamente il palazzo fu ampliato da Francesco
Maria II della Rovere, figlio di Guidubaldo e ultimo rappresentante della dinastia, che alterò
così la simmetria della facciata. La Piazza, il cui nome si riferisce invece a Giovanni Della
Rovere, era adibita a luogo di parate ed esercitazioni militari.
Per questo motivo la cosiddetta Fontana delle Anatre è decentrata rispetto alla
planimetria. Essa fu edificata nel 1599 per volontà di Francesco Maria II Della Rovere
onde celebrare il prosciugamento di insalubri paludi che recavano danno alla pubblica
salute.
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PALAZZO DEL GOVERNO E FONTANA DEL NETTUNO
Il Seicentesco Palazzo del Governo è attribuito all'Architetto Urbinate Muzio Oddi, lo
arricchisce la fontana del Nettuno, che è secondo alcuni reperto archelogico romano;
secondo altri, opera di scuola del Gianbologna.
PALAZZETTO BAVIERA
Si affaccia sulla Piazza del Duca, a sinistra di chi guarda la Rocca. Fu eretto per volontà di
Giovanni Giacomo Baviera, zio materno e luogotenente di Giovanni della Rovere,
contemporaneamente alla Rocca, forse, su progetto di Baccio Pontelli, come suggerisce
l'armoniosa proporzione del piccolo cortile.
Ma il maggior vanto del Palazzetto è la straordinaria sequenza di stucchi, risalenti al 1590,
che ornano le volte di cinque sale. Essi sono opera del celebre plasticatore urbinate
Federico Brandani e illustrano episodi tratti dall'Iliade, dalla Genesi, dalla Storia di Roma e
le fatiche di Ercole.
FORO ANNONARIO
Armoniosa struttura neoclassica in laterizio, a pianta circolare, è stato progettato nel 1834
dall'architetto senigalliese Pietro Ghinelli. E' caratterizzato da un portico, che accoglie con
le sue ventiquattro colonne in stile dorico, il quotidiano, pittoresco mercato di pesce, frutta
e verdura. Al centro della piazza le "triccole" con i coloratissimi saporosi prodotti dell'orto;
all'ombra del porticato, al riparo dai raggi del sole che la raggiungono solo al tramonto, la
pescheria. Attualmente i locali del sottotetto sono stati splendidamente restaurati ed adibiti
a sede della Biblioteca e dell'Archivio Comunale.
PORTICI ERCOLANI
Ricordano nel nome il cardinale Giuseppe Ercolani (1677-1759) che li ha progettati alla
metà del Settecento per volontà di Papa Benedetto XIV, al secolo prospero Lambertini al
fine di ospitare annualmente la celeberrima Fiera Franca in continua espansione. Essi
costeggiano la riva destra del Misa con una suggestiva sequenza di centoventisei arcate
in pietra d'Istria.
Il progetto originario prevedeva il raddoppio della struttura sulla riva sinistra del fiume, a
breve distanza del quale si innalza la settecentesca Porta Lambertina, inserita nel
perimetro delle mura erette da Guidubaldo II Della Rovere nel 1546. Il quartiere che essi
delimitano oltre il fiume conserva ancora nei toponimi viari il ricordo dei mercanti levantini
che qui avevano i loro magazzini che che portavano con sé, oltre le merci, anche il nome
dei loro paesi di origine; Samo, Smirne, Corfù, Cefalonia, Corinto.
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PIAZZA GARIBALDI
Come i Portici così anche questa piazza ci rievoca il periodo più splendido della fiera:
infatti si colloca al centro dell'ampliazione urbana volutala Papa Lambertini a metà del
‘700. Le fanno da cornice le pregevoli facciate del Palazzo della Filanda (originariamente
Palazzo Lovatelli), porticato nei 4 lati, la Cappella votiva ai Caduti delle due guerre
mondiali, l'Auditorium di San Rocco, il Palazzo della dogana, attualmente sede di una
scuola, Palazzo Becci, L'Episcopio, la Cattedrale.
AREA ARCHEOLOGICA LA FENICE
Durante i lavori di fondazione del Nuovo Teatro "La Fenice", nel 1989, sono emersi
importanti reperti di età romana, successivamente oggetto di sistematiche campagne di
scavo. Al centro dell'area si osserva un intersezione tra un "cardo" (Nord e Sud) e un
"decumanus" (Est e Ovest), appartenenti all'area periferica meridionale dell'antica Sena.
La pavimentazione è ben conservata, tanto che sono ancora visibili i solchi delle ruote dei
carri che vi hanno transitato.
Alla sinistra di chi entra da Viale Leopardi, attraverso un varco aperto nella cortina del
pentagono guidubaldino, si individuano le "tabernae", la prima delle quali era un
"termopolium" (rivendita di cibi e bevande calde). Sul lato opposto si può vedere ciò che
resta di un'ampia "domus" (abitazione signorile) che aveva l'ingresso sul "cardo".
Sono ancora ben conservati i pavimenti in cocciopesto decorato con tesserine bianche e
l'"impluvium" dell'atrio, pavimentato con mattoncini a spina di pesce. Durante gli scavi
sono affiorate 130 fosse ad inumazione di età medievale.
ROCCA ROVERESCA
La Rocca può essere definita uno straordinario libro di storia: infatti è il risultato della
sovrapposizione di strutture difensive succedutesi nei secoli, fin dalle origini della città, in
un sito di determinante importanza strategica. All'interno si individuano i tufi della
fondazione Romana, in grande evidenza nella parete del cortile a sinistra di chi entra; di
fronte all'ingresso invece i resti di una millenaria torre quadrangolare in blocchi calcarei
inglobata poi nel 1350 nella Rocchetta di Egidio di Albornoz, a ridosso della quale sorse
poi nel 1450 la Rocca di Sigismondo Pandolfo Malatesti, ed infine l'intervento conclusivo
del 1480 affidato da Giovanni della Rovere a Baccio Pontelli e Luciano Laurana, gli
architetti ducali ma, nella sua millenaria storia, la Rocca arresasi nel 1503 a Cesare Borgia
che a Senigallia compì la celebre strage descritta da Nicolò Machiavelli, non fu solo una
fortezza bensì anche dimora signorile, sede di una scuola di artiglieria fondata da
Guidubaldo della Rovere nel 1533 quindi, estintasi la dinastia ducale, dopo il ritorno della
città sotto il dominio della Chiesa nel 1631, fu carcere pontificio ed orfanotrofio. Oggi
ospita mostre d'arte e prestigiose manifestazioni culturali.
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FIERA DI SANT’AGOSTINO
Prima colonia romana sull'Adriatico, Senigallia ha visto nel corso della storia momenti di
prosperità e periodi più luttuosi, che l'hanno profondamente segnata e hanno lasciato
testimonianze sulla sua architettura e sulle sue tradizioni. Nel 1200, ad esempio, vennero
portate in città le reliquie di Santa Maria Maddalena, che divennero meta di un grande
pellegrinaggio; da lì prese il via la cosiddetta Fiera della Maddalena che contribuì alla
crescita economica e demografica della città e che ancora oggi rivive nella Fiera di
Sant'Agostino, nei giorni 28, 29 e 30 agosto.
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CORATO (BA)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
"Di verde, al filetto in croce che forma quattro quarti ciascuno caricato da una torre al
naturale merlata di tre aperte e finestrate di nero. Sul tutto uno scudetto d'argento caricato
da
un
cuore
fiammeggiante
di
rosso.
Motto:
Cor
sine
labe
doli"
Decreto del 7 aprile 1937.
BLASONATURA DEL GONFALONE
"Drappo di colore verde, ornato di ricami d'argento, contenente lo stemma comunale, con
l'iscrizione centrata in argento: COMUNE DI CORATO"
COME ARRIVARE
In auto
Autostrada A14 Bologna - Taranto. Uscita Trani o Barletta.
Strada statale 16 BIS Bari - Foggia. Uscita Trani centro. Seguire indicazione per Corato.
Strada statale 98 Bari - Foggia. Uscita Corato.
In treno
Ferrovie sello Stato: stazione Centrale di Trani o Barletta.
Ferrovia Bari Nord: stazione di Corato
In aereo
Aeroporto Bari Palese
Proseguire per Trani con la strada statale 16 bis Bari - Foggia e imboccare l'uscita Trani
centro. Seguire indicazione per Corato.
In pullman
Autolinea Corato-Napoli e Napoli-Corato.
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CARATTERISTICHE GENERALI
Corato è situata nel comprensorio ambientale del Parco dell’Alta Murgia, che comprende
l’area più interna delle Murge nord occidentali e in particolare quella estesa fascia di
territorio parallela al mare Adriatico. Notevole habitat naturalistico, è uno dei luoghi in Italia
con la maggior estensione di vegetazione spontanea: tra cui, arbusti, cardi, asfodeli,
muschi, licheni, piante aromatiche, ed orchidee selvatiche.
Il suolo è calcareo, affiorante, molto visibile a tratti.
Corato, con Andria, Barletta, Bisceglie, Canosa di Puglia, Margherita di Savoia, Minervino
Murge, San Ferdinando di Puglia, Spinazzola, Trani e Trinitapoli fa parte dell’area dei
Comuni detti della Puglia Imperiale.
Il progetto di promozione turistica di Puglia Imperiale, promosso dal Patto Territoriale per
l'Occupazione Nord Barese/Ofantino, che mira alla riscoperta del passato di questo
meraviglioso territorio, raccogliendo gli undici comuni sotto l'egida del monumento
federiciano più famoso del mondo, Castel del Monte.
Nessun viaggiatore può esimersi dal rimanere affascinato dalla storia, le bellezze culturali,
artistiche ed ambientali, folkloristiche ed enogastronomiche di questi luoghi.
Corato vive tutta dentro e fuori Lo Stradone, la prima circonvallazione cittadina.
Gli abitanti di Corato (Coratini) sono in gran parte emigrati e oggi tornati, hanno creato
comunità coratine rilevanti, ovunque nel mondo.
A Grenoble in Francia vi è una di queste.
PRODOTTI TIPICI
Immersa nel suggestivo scenario delle Murge e caratterizzata da un terreno ricco e fertile,
Corato vanta un crescente successo internazionale delle sue produzioni agricole, tanto da
essere diventata una tappa d’obbligo del turismo enogastronomico. Votata da sempre a
grandi produzioni di vino in termini di quantità, recentemente Corato ha puntato sulle
potenzialità delle sue uve dimostrando di saper produrre grandi rossi a base di uvaggi di
malvasia, nero di Troia, bombino e pampanuta, ma soprattutto bianchi pregiati da uve
come l’aleatico e il moscatello.
Di notevole rilevanza è anche la produzione dei migliori grani duri che hanno reso Corato
sede di due importanti pastifici a livello nazionale (La Granoro e La Riscossa) e di due
mulini.
Ma Corato è per eccellenza “la città dell’olio extravergine d’oliva”, quell’olio dall'aroma di
fruttato intenso e dal sapore piccante lievemente amarognolo, ricavato dalla varietà
colturale denominata per l’appunto “Coratina” o Racioppa di Corato. Il successo dell’olio
coratino è dovuto in gran parte al tipo di potatura degli ulivi concepita in maniera tale da
modificare la forma della pianta e portare i rami verso la base e non in alto.
La cucina tipica coratina è fatta essenzialmente da piatti poveri, ma dal sapore unico.
Passando da “l’acqua sala” e la “Tiedda” “Strascinati con le cime di rapa” arrivando alle
infinite varietà culinarie ottenute con il “fungo Cardoncello".
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STORIA
Sono gli storici in genere, in particolare Salvatore Addario, a far risalire l’ origine di Corato
all'epoca della seconda guerra punica (201 a.C.) subito dopo la distruzione di Cartagine
quando, Scipione l'Africano divise, per premio, ai suoi soldati i campi dauni e peuceti
confiscati agli Apuli delineando cosi le prime colonie romane in Puglia.
In quel periodo esatto il territorio di Corato fu ceduto al patrizio romano Caius Oratus, dal
cui nome e cognome, fuso ed abbreviato, derivarono le voci Coratus, Coratum, Curati,
Quarata e Quadrata fino a quando, con la dominazione di Federico II assunse la definitiva
denominazione di Corato.
Dopo la morte di Federico II, siamo nel 1250, Carlo D'Angiò impone il suo dominio in
quella parte di Italia meridionale, dopo aver sconfitto Corradino di Svevia.
Corato resta però fedele a Corradino, meritando da lui l'appellativo di "cor sine labe doli"
(cuore senza macchia di tradimento), motto sempre riportato sullo stemma della città.
Altre attendibili notizie storiche danno invece Corato preesistente come villaggio colonico
nel Vll/VllI sec. dell'era cristiana.
Sorta a breve distanza dal mare ma abbastanza alta (232 mt.) per difendersi dalla
minaccia dei pirati che assalivano le coste adriatiche, situata in zona fertilissima, rimase
per molti secoli un semplice borgo con una chiesa, quella Matrice, circondata da casali
abitati da alcune centinaia di agricoltori.
Il villaggio era caratterizzato da quattro torri costruite dai Longobardi e la difesa,
consisteva anche in un dedalo di viuzze congiunte da archi e cunicoli sotterranei,
caratteristica ancora presente nel centro storico della città.
Sotto il dominio dei Normanni, Corato divenne città fortificata, Pietro il Normanno, fece
unire le quattro torri, per cingere l'abitato con una muraglia intervallata da venticinque
torrioni e costruire un castello, Palazzo Gioia.
Svevi e Angioini, nel 1409, pensarono allo sviluppo della città nel commercio e
nell'industria agricola con la lavorazione di vino, olio, mandorle e pelli.
Abolito il Feudalesimo, Corato entrò in un periodo di progresso civile che trovò il suo
massimo sviluppo dopo l'unità d'Italia quando si dotò di importanti edifici pubblici.
Ulteriori miglioramenti delle condizioni socio-economiche si ebbero con Giacchino Murat,
vicerè di Napoli fino al Risorgimento italiano quando la città divenne parte attiva per l'unità
e l'indipendenza.
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DA VEDERE
CHIESA MADRE DI SANTA MARIA MAGGIORE
Secondo la tradizione le più antiche notizie della chiesa risalgono al 1139, anche se
l’edificio attuale conserva solo deboli
tracce di questa fase edilizia.
Medievale e il portale a sesto acuto, recante nella lunetta la raffigurazione del Cristo
benedicente fra i due dolenti, il paramento murario in calcare della zona più bassa ed il
campanile, su tre livelli terminanti con la cella campanaria, traforato da una bifora e da una
trifora rispettivamente nel secondo e nel terzo livello.
La fabbrica primitiva fu restaurata dopo il terremoto del 1627 e puntellata sul fianco sinistro
da un arco rampante, tuttora esistente.
Nel 1726 il vescovo di Trani, Giuseppe Davanzati, dedicava solennemente la chiesa
collegiata di Corato alla Madonna Assunta (lapide in contro facciata).
L’assetto attuale della chiesa è determinato dai massicci interventi di restauro realizzati nel
1863 che hanno comportato un rialzamento della navata e modificato la parte alta della
facciata con l’apertura di due loculi e la realizzazione del coronamento triangolare in tufo.
Anche l’arredo interno è stato progressivamente rinnovato dalla fine dell’Ottocento fino alla
metà del Novecento.
CHIESA E CONVENTO SAN BENEDETTO
Del 1627, nata sul sito di un precedente convento, dedicato a Santa Maria Annunziata,
all’interno delle mura cittadine, nei pressi della Porta delle Monache.
Le attuali fabbriche conventuali sorsero nel 1627 (data sul portale) sul sito di un
precedente convento intitolato a Santa Maria Annunziata, all’interno delle mura cittadine,
nei pressi della Porta delle Monache.
Da un’iscrizione incisa sul portale veniamo a conoscenza che protagonista del progetto di
ampliamento fu Diego Alvarez, frate domenicano spagnolo, divenuto arcivescovo di Trani
dal 1606 al 1634.
Il fianco della chiesa lungo via San Benedetto presenta una cortina secentesca in bugnato
rustico con interventi settecenteschi nella parte alta.
A quest’epoca risalgono infatti la serie di quattro finestroni mistilinei, l’aereo loggiato e
l’elegante campanile con terminazione a bulbo.
Il sobrio portale di accesso, a timpano spezzato, si apre su questo fianco della chiesa, in
asse con via Monte di Pietà, di cui costituisce una scenografica quinta urbana.
L’interno della chiesa conserva quasi intatto l’aspetto originario, nonostante gli interventi
ottocenteschi, documentati a partire dal 1825 (data sulla cantoria).
Nel 1827 la chiesa veniva consacrata alla Vergine Annunziata, mentre era badessa Donna
Beatrice Capano (lapide in contro facciata), e nel 1853 venivano condotti restauri a spese
del monastero di cui era badessa Donna Maria Consiglia Capano (lapide in contro
facciata).
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CHIESA DI SANTA MARIA GRECA
La chiesa sorse nel XVII secolo intorno al culto della Madonna Greca diffusosi in seguito al
ritrovamento di un’icona della Vergine in una delle torri cittadine. (Padre Cosma Loiodice).
La torre dove fu ritrovata l’immagine sacra ha costituito il primo corpo dell’edificio.
Nel 1664, con le elemosine raccolte, fu edificata una chiesa superiore che occupava lo
spazio che si estendeva dal primitivo portale principale, ora interamente murato alle spalle
dell’attuale altare maggiore, sino ai primi pilastri massicci che sorreggono il tamburo.
La chiesa subì in seguito altre trasformazioni e il 19 Marzo 1726 Monsignor Davanzati la
consacrò con una solenne cerimonia, come è ricordato nell’iscrizione della lapide collocata
nella navata destra.
Nel 1891 l’edificio fu nuovamente restaurato (iscrizione della lapide murata nella navata
sinistra).
I lavori del 1992 sono quelli, però, che hanno dato alla chiesa il suo volto attuale, ripulendo
muri e pilastri e riportando alla luce una splendida pietra locale.
CHIESA DI MARIA SS. INCORONATA
Già San Cataldo.
La grande chiesa attuale riunisce, nella duplice dedicazione, la memoria di due culti
strettamente legati alla storia della comunità coratina.
Una chiesa dedicata a San Cataldo sorgeva extra moenia, nel 1506 sul luogo di una
miracolosa apparizione del santo avvenuta nel 1483 all’epoca di una tragica pestilenza.
Mentre l’immagine della Madonna Incoronata si venerava in un’edicola sita nel vicino
giardino dei Minori Osservanti. Secondo fonti francescane, i molti miracoli compiuti dalla
Madonna generarono il desiderio di costruire un tempio dedicato a Maria SS. Incoronata,
collegato alla chiesa di San Cataldo.
La costruzione fu consacrata nel 1617, ma i lavori continuarono nei decenni successivi,
ostacolati dai tragici effetti della rivolta di Masaniello e dalle terribili pestilenze.
L’edificio attuale conserva il paramento murario in bugnato rustico e l’abside a vista,
mentre sul portale timpanato si legge la data 1629, epoca nella quale furono costruite pure
le finestre sul fianco.
Nel 1866 all’atto della soppressione dell’ordine dei Minori Osservanti, il convento venne
adibito a Palazzo di Città, inglobando l’antica chiesa di San Cataldo.
La chiesa dell’Incoronata, dopo alcuni anni di abbandono, venne riscattata nel 1907 e
riaperta al culto nel 1915. A questa fase si devono gli interventi alla parte alta della
facciata, alle mura perimetrali e all’abside, seguiti al crollo del tetto.
L’interno della chiesa rivela le travagliate vicende di continui rifacimenti. A navata unica,
molto ampia, presenta attualmente due accessi: uno, in asse con l’abside, ed un secondo,
dal fianco sinistro.
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CHIESA E CONVENTO DI SAN DOMENICO
La fondazione di una chiesa, occupata da monache benedettine, risaliva al XIII secolo.
Nel XVI secolo le monache si ritirarono all’interno delle mura ed il complesso, che si era
ampliato per la costruzione di un convento fatto edificare da Ladislao de Aquino nel 1518,
passo ai Domenicani.
L’ultima fase edilizia di rilievo cade alla fine dell’Ottocento, quando la vecchia chiesa di
impianto medievale e parte del convento vengono modificati in un nuovo edificio
chiesastico a due navate.
I prospetti esterni della attuale chiesa mostrano in maniera evidente la differenza fra i due
corpi di fabbrica: alla navata di destra corrisponde in facciata un portale neogotico e
cinque bifore neomedievali sul fianco destro.
All’interno la navata è divisa in cinque campate, coperte da volte a crociera, su grandi
archi ogivali, con un ricco arredo neogotico.
CHIESA E CONVENTO DI SAN FRANCESCO
Attualmente non agibile, ha un complesso edilizio che risale alla seconda metà del XVIII
secolo.
La chiesa è attualmente chiusa al culto per motivi di sicurezza, così come dell’ex convento
sono utilizzati solo alcuni locali.
Tutto il complesso edilizio è riferibile alla seconda metà del XVIII secolo.
La facciata della chiesa, prospiciente su via Carmine, è molto semplice, con fastigio
mistilineo e con piccolo campanile.
Il convento, con due prospetti, su via Carmine e su corso Garibaldi, presenta varie fasi
costruttive: settecenteschi sono, infatti, i due portali che si aprono sulla via omonima, di cui
quello al numero civico 4 di tipo sanfeliciano con architrave e stipiti scanalati interrotti da
bugna liscia.
Il prospetto su corso Garibaldi presenta, invece, un paramento murario a fasce lisce con
portali riferibili al XIX secolo.
Tra il corso e la strada, nello spigolo, colonna angolare incassata nell’edificio.
CHIESA E CONVENTO DEL CARMINE
Su via Carmine prospetta la facciata della chiesa di Santa Maria del Carmine, che ospita
attualmente la confraternita omonima.
Nel paramento murario, a bugnato rustico, si apre un semplice portale architravato, mentre
la parte alta della facciata, terminata in tempi più recenti, ha un coronamento a timpano.
L’edificio, realizzato nella seconda metà del XVIII secolo, ha subito rifacimenti negli anni
trenta del Novecento, circostanza confermata dalla data 1936 rilevabile sul portale
secondario che si affaccia su via Filangieri.
L’interno, di non grandi dimensioni, ha conservato l’aspetto originario, anche se l’odierna
coloritura degli intonaci è stata realizzata in questo secolo.
La chiesa a navata unica, coperta a botte unghiata, è movimentata dalla presenza di tre
cappelle per lato, sotto grandi archi poco profondi, e termina con una ampia abside
all’interno della quale si aprono due simmetrici portali.
L’unità visiva dello spazio architettonico è rafforzata dalla presenza di paraste e di un
marcato cornicione soprastante, che segnano tutto l’invaso della navata e dell’abside.
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CHIESA DI SAN GIUSEPPE
La chiesa sorge in piazza Bolivar, lungo corso Mazzini. Sul portale si legge la data di
fondazione, 1605.
L’edificio ha una semplice facciata con fastigio mistilineo e finestrone settecentesco con
vetrata moderna raffigurante la Natività.
Al 1750 (lapide con iscrizione) risale invece la dedicazione a San Giuseppe.
L’interno della chiesa e a tre navate, divise da archi decorati a stucco.
La navata centrale, con copertura a botte, presenta sul soffitto un dipinto raffigurante la
Sacra Famiglia.
La zona presbiteriale è coperta da una cupola. Il sottostante altare maggiore è in tarsie
marmoree, di tradizione meridionale, e nell’ancona è collocata la statua di San Giuseppe
con il Bambino.
Lungo le navate laterali si aprono nicchie che ospitano le statue raffiguranti, partendo dalla
destra, San Pietro, riconoscibile per la presenza del gallo sulla colonna, L’Addolorata
(manichino vestito), Cristo Morto e I’Ecce Homo.
Le nicchie della navata sinistra accolgono il gruppo statuario della Crocifissione, la statua
del Sacro Cuore ed un Cristo Portacroce. Alcune di queste statue vengono portate in
processione il Venerdì Santo dalla Confraternita di San Giuseppe.
CHIESA E CONVENTO DEI CAPPUCCINI
I Frati Cappuccini erano presenti a Corato fin dal 1594, ma il complesso che li ospitò fino
alla soppressione dell’ordine ci appare di impianto settecentesco.
L’iscrizione sul portale ricorda la costruzione "a fundamentis" dell’edificio ad opera del
"senatus Corati" nel 1756.
La larga facciata della chiesa, con coronamento mistilineo e campanile a vela, si affaccia
su piazza Venezuela. Massicci rimaneggiamenti sono stati apportati alle fabbriche fra
Ottocento (la data 1836 e incisa su un portale minore della facciata) e Novecento.
Un profondo vestibolo, coperto a crociera, si frappone tra la facciata e I’ingresso alla
chiesa.
L’interno di questa presenta una navata maggiore coperta a botte, a cui si affianca a
sinistra una navata minore divisa in tre campate, comunicante con l’altra mediante archi a
tutto sesto, definiti da paraste con capitelli d’acanto.
Nella prima campata della navata minore si conserva un bell'aItare ligneo dei primi del
Seicento, con ancona inquadrata da colonne tortili e tela raffigurante San Nicola in
cattedra attribuita al pittore fiammingo Gaspar Hovic, che ne firmò nel 1581 una versione
analoga per la chiesa dell’Ospedale a Minervino Murge.
CHIESA DI SAN VITO
La prima testimonianza a Corato di una chiesa intitolata a "San Vito de Templo" risale ad
un documento notarile datato 1206 e riportato nel Codice Diplomatico Barese.
L’intitolazione ha indotto ad ipotizzarne l’appartenenza all’ordine dei Cavalieri Templari,
che avevano fondato "commende", ospedali e chiese in Puglia, in prossimità delle città
portuali di imbarco per la Terra Santa, e che gestivano possedimenti terrieri nell’agro di
Terlizzi e Ruvo.
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La successiva citazione come "Templi S.Viti de Caurato" risale al 1276. La posizione della
chiesa, fuori dell’abitato medievale, ma in prossimità di una delle porte di accesso alla città
e dell’importante asse viario della Traiana ne fanno una presumibile stazione di
accoglienza per viaggiatori e pellegrini.
Non è improbabile che, alla soppressione dell’ordine Templare, la chiesa sia passata ai
Cavalieri Gerosolimitani o Ospitalieri, piu tardi divenuti Cavalieri di Malta, dal momento che
tarde testimonianze la dicono commenda dell’ordine Gerosolimitano già nel 1600.
CHIESA VALDESE
La comunità evangelica Valdese di Corato nacque verso la fine del secolo scorso ed ebbe
come luogo di riunione e di preghiere un locale ubicato in via Santa Rita.
Nell'arco di quegli anni si suggerirono diversi pastori: il primo fu Giovanni Pons,
proveniente da Angrogna (Piemonte) che visitava la comunità saltuariamente.
Fu questo pastore, nei primi mesi del 1879, a battezzare il primo bambino con rito
Valdese e più o meno nello stesso periodo risale il primo matrimonio di due giovani sposi.
Qualche anno dopo arrivò a Corato il pastore Vito Garretti che si occupo stabilmente della
comunità e cercò di trovare una sede nel centro della città. Questa fu individuata in un
locale in Corso Mazzini e precisamente al pianterreno del palazzo "Gioia".
Attualmente quel locale ospita un bar nel cui interno si può notare ancora lo stemma
Valdese. Il trasferimento di sede fu utile e la comunità divenne più numerosa.
Ma il desiderio della comunità era quello di costruire un vero e proprio tempio: perciò si
impegnò a raccogliere la somma di L. 1.000 per l'acquisto di un terreno. Dopo vari tentativi
fu trovato il luogo adatto sul corso principale della città; si trattava di un ex frantoio adibito
a magazzino.
Il Comitato di Evangelizzazione Valdese, che aveva sede a Torre Pellice (Torino), lo
acquistò nel 1910.
I lavori di costruzione iniziarono nell'ottobre del 1912 ad opera del costruttore Di Gioia.
Il Tempio fu ultimato nel dicembre del 1913 ed inaugurato alla presenza del Pastore
Enrico Tron il 21 dicembre del 1913.
Esso consta di un unica navata in fondo alla quale c'è un pulpito; attigue vi sono le salette
per le attività della chiesa
Al piano superiore c'è l'abitazione del pastore, com'è d'uso nelle chiese protestanti.
PALAZZO CAPANO
Questo edificio ha solo un piano, ed un bellissimo portale a bugne secondo quelli che
furono i modelli napoletani del Sanfelice. All'interno si apre un vasto cortile con finestre e
balconi con la soglia sagomata.
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PALAZZO LAMONICA VECCHIO
Facciata imponente con portale tardo rinascimentale. E` sito su corso Garibaldi al n. 2327, imponente fabbrica, con due prospetti, uno sul corso, dove si aprono i portali
ottocenteschi, l'altro su via Lamonica, con bel portale tardo rinascimentale. Al bugnato
rustico del piano terra, si sostituisce, di seguito, un rivestimento a bugne rettangolari
appena aggettanti, alternate a filari di conci lisci, che crea un particolare effetto
chiaroscurale. I balconi del piano superiore sono sostenuti da mensoloni trilobati. L'edificio
è coronato da una balaustra continua, che cinge un camminamento perimetrale ristretto
per la presenza di successive sopraelevazioni.
PALAZZO DE MATTIS
E' sito in via Roma, angolo De Mattis detto popolarmente "u palazz de re péte pezzute", in
riferimento al bugnato a punta di diamante che ne riveste il piano nobile e ne inquadra il
portale. Quest'ultimo è profilato da tredici grandi bugne piramidali, tagliate con grande
precisione e maestria. Il pianterreno è invece ricoperto da un bugnato rustico a conici
quadrangolari, alleggerito da rilievi e motivi vegetali e con una testina di cherubino come
soluzione angolare. Nello spigolo, all'altezza del piano nobile, è collocato lo stemma della
famiglia Patroni-Griffi, a cui molto probabilmente il cinquecentesco palazzo è appartenuto.
In alto l'edificio termina con un coronamento rettilineo.
PALAZZO CATALANO
E` sito in via Roma al n. 103, datato 1598. Si tratta di una modesta fabbrica ricca, però, di
vivaci decorazioni di gusto tipicamente popolare. Nello spigolo sono scolpiti busti maschili,
testine e mascheroni che si innalzano sino alla cornice marcapiano del primo piano.
Quest'ultimo presenta, tutt'intorno, un fregio raffigurante una movimentata scena di caccia,
con uomini a cavallo, cani e selvaggina. Al di sopra del secondo piano è ancora
parzialmente leggibile un'iscrizione "TAM SIBI C... TANT(A) CONDIDIT AEDES
CATALANUS RARUS IN ARTE FABER M. ANTONIUS CATALANUS. 1598" che ricorda il
nome del fondatore del palazzo, un non meglio identificato Antonio Catalano. Il portale
reca incisa la sigla "R.o.C.o.".
PALAZZO GENTILE GRIFFI
Alle spalle della Chiesa Madre, sorge una costruzione cinquecentesca, denominata
Palazzo Gentile. In origine il palazzo apparteneva alla famiglia Griffi, com'è attestato dallo
stemma (grifo rampante) e dall'iscrizione "MARINUS ANTISTES GRIPHORUM-1559"
posti al di sopra dell'architrave del portale. L'elegante accesso a tutto sesto è delimitato da
paraste con capitelli e decorato da motivi floreali. Superato l'androne, modificato da
interventi successivi, ci si immette nel cortile interno. Nell'atrio si affaccia un ballatoio
sostenuto da mensole decorate a girali d'acanto, sul quale si aprono alcuni semplici
portali, a coronamento rettilineo, riferibili alla fabbrica più antica.
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PALAZZO SPALLUCCI
Sito su Corso Garibaldi, è rivestito da bugnato rustico al piano terra e con un portale ad
arco su lesene. Le finestre dei due piani superiori sono ornate da ricchi fastigi, alcuni dei
quali ospitano teste virili nelle nicchie. Anche mascheroni apotropaici decorano il
cornicione di coronamento.
PALAZZO DI CITTÀ
Ex. Convento S. Cataldo, oggi ospita gli uffici del Comune.
La principale quinta urbana di piazza Matteotti è costituita dalla larga fronte ottocentesca
dell'ex convento dei Minori Osservanti, sede dal 1866 del Municipio di Corato. Del
complesso cinquecentesco si conserva il bel chiostro con archi ogivali tardo gotici su
pilastri. Sotto il deambulatorio sono collocate alcune colonne miliari dell'antica via Traiana
di epoca imperiale. Mentre nei locali interni, oggi adibiti a pubblici uffici, si conservano una
scultura raffigurante la Madonna del latte (1548) ed un affresco con la Pietà con evidenti
ascendenze ferraresi.
PALAZZO LAMONICA NUOVO
E` sito su Corso Garibaldi al n. 9. Sulla larga fronte si apre il portale classichegiante
inquadrato da colonne doriche con coronamento architravato.
PIAZZA MERCATO
Lo sviluppo edilizio rinascimentale ha caratterizzato il volto di questa piazza fino a prima
del 1922, quando furono abbattuti Palazzo Ducale (o Palazzo Nuovo) e il complesso dalla
chiesa e dal Palazzo del Monte di Pietà. Ciò che resta delle altre testimonianze
architettoniche cinque-seicentesche va ricercato lungo le fabbriche di via Monte Pietà e
nelle facciate dei palazzetti che si affacciano sulla piazza. Al n. 9 di via Monte di Pietà è
ancora visibile un pregevole portale ad arco a tutto sesto, finemente scolpito e decorato
negli stipiti e nell'archivolto da formelle a rosette; l'architrave presenta una decorazione a
racemi.
Sulla facciata del palazzo, al primo piano, un balcone conserva ancora mensole scolpite a
bassorilievo. Sulla piazza, ad angolo con via Nazario Sauro e con via Roma, sono
individuabili due balconi con balaustra composta da pilastri scolpiti.
PIAZZA SEDILE
La piazza Sedile assumeva l'assetto odierno negli anni successivi all'Unità d'Italia. Palazzo
Gioia, che sorge sull'area dell'antico Castello, domina lo spazio con la sua mole severa
per il bugnato che ne riveste l'ordine inferiore.
Il portale di destra, sulla piazza, copre in parte due rilievi raffiguranti "stadere", emblemi
della famiglia Carafa, fedudataria di Corato in età moderna. Il perimetro irregolare della
piazza è definito dalle facciate del palazzo dell'ex Biblioteca Comunale, databile XVIII
secolo, della Pretura, antica sede della "Universitas", restaurato in stile neoclassico alla
fine del Settecento, e dal prospetto di un edificio del 1920, costruito in stile
neosettecentesco.
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PIAZZA CESARE BATTISTI
E' il cuore della città. Su di essa si affaccia il Palazzo S. Cataldo (Municipio). In essa si
svolgono da secoli le manifestazioni politiche, sindacali, culturali (Carnevale Coratino,
Dicembre Coratino, Estate Coratina, ecc.). Ha una capienza di diverse migliaia di persone.
Si incontrano gli imprenditori, gli operai e soprattutto gli agricoltori per la ricerca di
personale bracciantile.
Anticamente, in Piazza Cesare Battisti, i braccianti agricoli si vincolavono contrattualmente
con una semplice stretta di mano.
EVENTI E MANIFESTAZIONI
In febbraio si celebra il carnevale coratino, con una grande sfilata di gruppi mascherati e
carri allegorici, mentre in occasione della Pasqua si svolge una solenne processione, con
la rappresentazione dei misteri della locale parrocchia di San Giuseppe; il sabato santo è
solita la Processione della Pietà dal vicino santuario di Santa Maria della Greca, antica
protettrice della città. A maggio, durante la Fiera di San Cataldo, si celebra una sfilata di
carrozze e attacchi d'epoca.
A maggio si tiene il concorso internazionale di musica "Euterpe" e la rassegna di teatro
studentesco "Città del Dolmen". Il Festival delle Murge è organizzato durante il mese di
giugno, mentre il concorso locale di musica leggera, la Nota d'Oro, avviene a luglio.
Importanti sono le celebrazioni di agosto per la festa del patrono locale, San Cataldo, che
secondo la tradizione, nel 1483 salvò il paese da una grave pestilenza: varie processioni
accompagnano le celebrazioni, con un concorso di pittura per giovani artisti meridionali.
Per Ferragosto è usuale il concorso della Barca di Santa Maria, una caratteristica
esposizione di barche in carta velina. In novembre si tiene la manifestazione detta
"Coraton", maratona di artisti locali. Infine, il 12 dicembre, avviene la joajo di Santa Lucia,
con un grande falò ed alcune degustazioni di dolci tipici.
Gli ultimi nove giorni di agosto, ogni anno, si celebra, nella Chiesa della Risurrezione di
Gesù Cristo, detta dei Cappuccini, la novena in onore della Beata Vergine Maria, venerata
sotto il titolo di Madonna del Pozzo. A conclusione della novena, l'ultimo lunedì del mese
di agosto, si svolge una processione, che si snoda lungo il corso cittadino.
Molto caratteristiche sono le sagre del paese, fra le quali si ricordano quella del calzone di
cipolla ad aprile, della ciliegia a giugno, della bruschetta e della castagna a novembre. Di
sabato si tiene il mercato settimanale. Presente nel territorio anche la manifestazione del
Santo Patrono San Cataldo, che si svolge nel mese di agosto.
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RECANATI (MC)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
"Di rosso al leone d'oro rampante con la spada brandita nella zampa anteriore destra e
timbrato da una corona nobiliare; il tutto timbrato da una corona decorata di principe; nella
parte inferiore la scritta di nero su fondo oro "Justissima Civitas Recineti"".
BLASONATURA DEL GONFALONE
"Drappo di colore bianco, presenta la forma di drappo quadrangolare terminante in basso
con due punte, bordato da guarnizioni e frange dorate; nella parte superiore reca la scritta
"Città", nella parte inferiore "di Recanati", al centro è riprodotto lo stemma comunale. Il
drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un'asta completata in punta da una
freccia".
COME ARRIVARE
In auto
Autostrada A14 Bologna Bari - uscita Loreto-Recanati
Strada Statale 16. Dopo l'uscita per Loreto e poco prima di entrare a Porto Recanati, si
svolta a destra e percorrendo la provinciale 10 si sale fino alla strada statale 77.
In treno
Le stazioni più vicine sono quelle di Ancona (linee: Milano - Lecce , Roma - Ancona) e
Porto Recanati.
In aereo
L’aeroporto più vicino è quello di Ancona Raffaello Sanzio.
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Storia - Monumenti - Prodotti tipici
CARATTERISTICHE GENERALI
Il Comune sorto nel XII secolo, fu attraversato dalle lotte fra guelfi e ghibellini; Federico II
gli conferì il diritto di costruire un porto (l'attuale Porto Recanati); passata allo stato
pontificio e unita alla sede episcopale di Loreto, la fama della città scemò. Famosa per i
suoi statuti e la sua fiera, presenta importanti edifici del XV - XVI e palazzi sette
ottocenteschi. Antiquariato, letture di poesie, un teatro - il Persiani - il Centro Studi
Leopardiani e un premio musicale internazionale.
PRODOTTI TIPICI
Brodetto di pesce di Porto Recanati, olive all’ascolana, tartufo di Acqualagna, salame
Ciauscolo dei Monti Sibellini, Vincisgrassi (lasagne), Castrenga: crostino di polente, fichi,
uvetta, noci.
Tra i vini Vernaccia di Serrapetrona, Rosso Conero, Verdicchio, Faleriense, Rosso Piceno,
Lacrima di Morro d’Alba.
STORIA
E' stata l'acqua con i due fiumi Musone e Potenza a dare il via nel territorio di Recanati allo
sviluppo e alla civilizzazione. Quando in età preromana vi arrivarono i Piceni, già
esistevano nuclei abitativi più antichi. La città si è costituita alla fine del XII secolo quando i
signori di tre alture ( Monte Volpino, Monte San Vito, Monte Morello ) decisero di unirsi.
Agli inizi della lotta per le investiture, Recanati appoggiò Federico II e ne ebbe in cambio la
licenza di costruire un porto tra le foci dell' Aspio e del Potenza. Si alleò dapprima con i
ghibellini, successivamente si schierò dalla parte dei vescovi e del Papa e ricevette il
diritto di chiamarsi città e battere moneta. Costruita sul crinale di un colle, fu protetta da
una cerchia robusta di mura, fatta rinforzare da Francesco Sforza. Nel 1798 fu occupata
da Napoleone e annessa al Regno Italico nel 1808. Ritornata allo Stato della Chiesa dopo
il Congresso di Vienna, fu conquistata nel 1860 dall'esercito piemontese ed entrò a far
parte del nuovissimo Regno d'Italia.
DA VEDERE
CATTEDRALE DI SAN FLAVIANO
Al suo interno sono custoditi sarcofagi quattrocenteschi, compreso quello di Papa
Gregorio XII. Da segnalare tele del Guercino e del Pomarancio, tavole e un trittico
quattrocenteschi.
CHIESA DI SANTA MARIA DI CASTELNUOVO
Splendida la cripta romanica. E’ la chiesa più antica della cittadina (XII sec.), con un rilievo
di Nicola d’Ancona. Di notevole pregio è la Trasfigurazione di Lorenzo Lotto.
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CHIESA DI SANTA MARIA DI MONTE MORELLO
Edificata nel 1581 ma rimaneggiata nel 1810. Qui veniva a pregare la famiglia Leopardi e
qui fu battezzato il poeta. Vi è conservata la panca dove pregavano.
CHIESA DI SANT'AGOSTINO
Chiesa gotica del XIII secolo, rielaborata nel successivo: il portale in pietra d'Istria è di
Giuliano da Maiano, il campanile della chiesa, visitabile dal chiostro del convento attiguo è
la torre antica cantata da Leopardi nel Passero Solitario.
CHIESA DI SAN VITO
Costruita su un'antica chiesa romanico-bizantina; la facciata fu danneggiata dal terremoto
nel 1741 e fu rifatta, su disegno del Vanvitelli, in cotto con le colonne a spirale bicromate.
Nella cappella adiacente (inizio navata destra) c'è l'oratorio con la tela del Pomarancio
raffigurante la Presentazione al Tempio e dove Leopardi ragazzo leggeva i suoi sermoni.
CHIESA DEI CAPPUCCINI
Nell'altare maggiore costruito in noce, quadro della Madonna di Loreto dipinto del
Pomarancio, mentre nel secondo altare alla destra di chi entra, la "Madonna dell'Insalata
(inizio secolo XVII).
CHIESA DI SAN PIETRINO
Gli ornamenti esterni risalgono al XIV secolo, mentre il portale si presume sia del
Vanvitelli. Nel fianco destro sono visibili resti di costruzione romanica.
CHIESA DI SAN DOMENICO
Ricostruita nel '300, dal bel portale di marmo, realizzato da maestri lombardi su disegno di
Giuliano da Maiano. Da segnalare un affresco di Lorenzo Lotto.
PALAZZO LEOPARDI
Casa natale di Giacomo. Custodisce la ricchissima biblioteca del conte Monaldo, con
incunaboli e antichi volumi, e ospita la mostra "Giacomo, la Vita", un'esposizione allestita
dai discendenti per narrare la vita del poeta attraverso i suoi oggetti, documenti e
manoscritti.
PALAZZO ANTICI MATTEI
L'edificio risale al XVI secolo. Casa nativa della marchesa Adelaide Antici, madre di
Giacomo Leopardi.
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PALAZZO MAZZAGALLI
Costruzione in mattone cotto, con ornamenti in pietra; il disegno viene attribuito a Giuliano
da Majano (fine 1400). Lo stemma sovrastante il portone è dei Massucci della Stella, una
delle antiche e importanti famiglie nobili ora estinta.
PALAZZO CECCARONI
Settecentesco palazzo, già Massucci, costruito su edifici trecenteschi, disegno di Carlo
Orazio Leopardi. Fu abitazione del ceramista Adolfo Ceccaroni.
PALAZZO PODALIRI
Ha all'interno una sala decorata con affreschi di scuola romana del secolo XVI.
Interessanti gli infissi lungo Corso Persiani.
PALAZZO VENIERI
La data di inizio dei lavori può fissarsi intorno ai primi mesi del 1473, in un tempo assai
prossimo alla nomina cardinalizia del Venieri.
Le spese per la costruzione dell'imponente edificio furono in parte sostenute dalla
comunità di Recanati che nel 1473 erogava 700 ducati ed altri 800 nel 1475; in cambio di
questi cospicui sussidi il Venieri si impegnava ad ospitare nel nuovo palazzo i cardinali
legati ed altri illustri personaggi di passaggio a Recanati.
L'aspetto che il palazzo doveva avere secondo il disegno quattrocentesco è oggi di difficile
ricostruzione perché le vicende intercorse ne hanno notevolmente alterato la forma.
Doveva trattarsi di un imponente edificio quadrilatero di 4 piani sopra il suolo, articolato
intorno ad un cortile centrale a cinque interculumni per lato, secondo uno schema
tipicamente toscano riscontrabile anche in altri palazzi ideati dal Majano (Palazzi Pazzi e
Quaratesi a Firenze, palazzo Spannocchi a Siena).
Passato nel 1729 in proprietà della famiglia Carradori, l'antico Palazzo dei Venieri subiva
un radicale intervento di trasformazione per essere adibito alle funzioni di rappresentanza
richieste dal rango dei nuovi proprietari.
Durante i 153 anni che il Palazzo rimase in proprietà alla famiglia Carradori subì continui
miglioramenti interni tanto da essere ritenuto degno di ospitare nel 1814 Pio VII. Era già
stata da tempo ultimata la decorazione della cappella domestica dove vennero collocate le
spoglie di Santa Ruffina rinvenute sin dal 1805 nelle catacombe di Roma.
All'amenità del Palazzo contribuivano poi due giardini, l'uno verso il mare prospiciente le
mura cittadine, l'altro assai più grande, organizzato a terrazze, sul lato anteriore della
costruzione.
I mobili, i quadri, i libri rari e le statue del giardino vennero vendute nel 1882 alla morte del
conte Antonio quando, per far fronte alle disagiate condizioni finanziarie della famiglia,
anche il Palazzo cambiò proprietario; ad acquistarlo era il genero del Carradori, Pascucci
Carulli che apportava ben poche modifiche, fatta eccezione per la decorazione del soffitto
dello scalone dove campeggiava lo stemma della casata.
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PALAZZO COMUNALE
Inaugurato, con l'antistante monumento a Giacomo Leopardi, nel 1898 in occasione del
centenario della nascita del grande poeta, l'imponente edificio, con ampio porticato a due
ali avanzate, ospita il Museo Beniamino Gigli.
MUSEO BENIAMINO GIGLI
Il museo conserva oggetti personali, fotografie, costumi di scena e una singolare rassegna
stampa del grande tenore nato a Recanati. 300 registrazioni fonografiche, 61 opere liriche
interpretate, 16 film girati fra 1935 e il 1951: queste le cifre del suo successo. Uomo di
grande generosità e rappresentante del bel canto italiano nel mondo (al Metropolitan di
New York per 12 stagioni consecutive) Beniamino Gigli fu sempre legato alla sua terra
d'infanzia. A Porto Recanati fece costruire una grande villa in stile liberty.
PIAZZA LEOPARDI
Sistemata nella seconda metà dell'800, la piazza conserva inalterata la duecentesca Torre
del Borgo, unico resto dell'antico edificio comunale con il quadrante dell'orologio del 1562
e un leone rampante, simbolo della città. La piazza è dominata dall'imponente palazzo
comunale e dalla statua di Giacomo Leopardi, colto in atteggiamento pensoso.
PIAZZA SABATO DEL VILLAGGIO
La piazza, raccolta e suggestiva, è il luogo in cui si concentrano i maggiori ricordi
leopardiani. La piazza che prende il nome attuale dal titolo di una poesia. Su di essa si
affacciano il palazzo Leopardi e di fronte la casa di Silvia, la figlia del cocchiere di casa
Leopardi ricordata nel celebre componimento "A Silvia".
COLLE DELL'INFINITO
E' la sommità del Monte Tabor da cui si domina un panorama vastissimo, ispiratore
dell'omonima poesia composta da Leopardi a ventuno anni. Una stradina segue il muro di
cinta ed è percorribile uscendo da Palazzo Leopardi e dal Centro Nazionale di Studi
Leopardiani. Sul colle c'è un convento, un tempo sotto la regola di San Francesco e Santa
Chiara e poi delle monache del Sacro Cuore. Attualmente è aperto al pubblico come sede
del Centro Mondiale della Poesia e della Cultura "G. Leopardi".
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TORRE DEL BORGO
Alta 36 metri e coronata da merlatura ghibellina, fu costruita nella seconda metà del
secolo XII come simbolo della fusione in un unico Comune degli antichi Castelli. Rimase
isolata dopo la demolizione del quattrocentesco Palazzo Comunale nel 1872. L'attuale
merlatura ghibellina su beccatelli a sporgere appartiene ad un posteriore rifacimento. Sulla
torre: targa dei caduti di Guido Cirilli (1923); bassorilievo bronzeo rappresentante la
Traslazione della Santa Casa di Loreto di Pierpaolo Iacometti (1634); orologio il cui
quadrante risale al 1562; leone rampante raffigurato nello stemma cittadino, scultura del
Sansovino.
MUSEO VILLA COLLOREDO MELS
Di impianto medievale, l'edificio assunse la fisionomia di Palazzo verso la fine del 500,
diventando oggetto di continue trasformazioni nei secoli seguenti fino ad ottenere l'aspetto
attuale in età neoclassica. L'inaugurazione è avvenuta nell'estate 1998 dopo il
trasferimento della Pinacoteca dal Palazzo Comunale. E' articolato in cinque sezioni: la
sezione archeologica, che permette di conoscere l'organizzazione di una comunità
neolitica con varie sovrapposizioni fino all'età del ferro; la sezione medievale che
documenta la vita della città nel periodo di massimo splendore e comprende, tra l'altro,
opere di Ludovico da Siena, Pietro di Domenico da Montepulciano e Vincenzo Pagani
(1490-1568); la sezione rinascimentale che raggruppa quattro tra le più significative opere
di Lorenzo Lotto (1480 - 1556): l'Annunciazione, il Polittico, la Trasfigurazione, il San
Giacomo Maggiore, la sezione dedicata al Seicento e Settecento; la sezione ottocentesca
che illustra il contesto storico-economico e sociale in cui è maturata l'esperienza di
Giacomo Leopardi. Il Museo comprende inoltre la Galleria d'Arte moderna e
contemporanea, con sale dedicate ad artisti recanatesi o legati culturalmente alla città.
Uno spazio per le esposizioni temporanee artistico - culturali è situato al piano terra.
MUSEO DIOCESANO
Il Museo è ospitato nei locali del vecchio Episcopio, antica costruzione risalente al 1240,
che, dopo varie ristrutturazioni e destinazioni d'uso, venne restaurato nel 1957 per
accogliere la raccolta diocesana d'arte sacra. All'edificio sono tuttora annesse le carceri
pontificie che comprendono una stanza di guardia, una grande sala e due celle di rigore. Il
Museo è articolato in due grandi ambienti cui si accede attraverso un'artistica porta a
pannelli intarsiati del recanatese Vitaliano Benedettucci (1957). Le raccolte di quadri,
statue, suppellettili ed arredi sacri che costituiscono l'artistico patrimonio del museo,
provengono dalle Chiese e sacrestie della Diocesi ed in particolare dalla Cattedrale. Tra le
varie opere, si segnalano di particolare interesse una Sacra Famiglia, attribuita ad Andrea
Mantegna (1431-1506), un tabernacolo in legno dorato e dipinto del XV secolo, una
Madonna del Cardellino datata e firmata Giacomo da Recanati (1443), un trittico
raffigurante una Madonna e Santi di Ludovico Urbani da San Severino (1460-1493), una
Santa Lucia attribuita a Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino (1591-1666), una
Virgo Purissima di Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato (1605-1685) ed alcune
statue lignee raffiguranti San Pietro, Santa Lucia e Santa Apollonia del XVII secolo.
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CENTRO NAZIONALE DI STUDI LEOPARDIANI
Il Centro Nazionale di Studi Leopardiani è nato nel 1937 con la finalità di diffondere l'opera
di Giacomo Leopardi in Italia e nel mondo. Oltre ad una biblioteca è costituito da un Museo
articolato in tre sezioni fondamentali: una prima comprende un excursus biografico e
bibliografico sul Poeta che presenta documentari relativi alla sua città, alla famiglia, alla
vita e all'ambiente in cui visse. Una seconda sezione raccoglie alcune delle opere
pittoriche e grafiche di proprietà del Centro ispirate al Poeta. Una terza sezione ospita
mezzi audiovisivi per una presentazione del Leopardi più originale e gradita ai giovani. La
caratteristica principale del Museo è quella di offrire una visione del Poeta immersa
nell'ambiente culturale del suo tempo. La Biblioteca si compone di circa 15.000 scritti tra
libri, recensioni, riviste e miscellanee che costituiscono una raccolta critica esclusiva sulla
produzione leopardiana che inizia con le prime edizioni a stampa del Poeta.
Sono stati aggiunti una saletta audiovisivi ed un archivio fotografico con circa 3.000
riproduzioni fra fotografie a colori, in bianco e nero e diapositive.
Così composto il Centro Nazionale di Studi Leopardiani, si configura come un istituto
culturale che promuove e favorisce gli studi e le ricerche intorno alla vita e alle opere di
Giacomo Leopardi. Di particolare interesse un ritratto del pittore eseguito post-mortem da
Domenico Morelli nel 1845.
CENTRO MONDIALE DELLA POESIA E DELLA CULTURA G. LEOPARDI
Nell'adiacente Convento di Santo Stefano, sul Colle dell'Infinito, ha ora sede il Centro
mondiale della Poesia e della Cultura la più grande realizzazione del bicentenario dedicata
a G. Leopardi, affinché i giovani e gli studiosi di tutto il mondo possano trovare
accoglienza ed ospitalità. In questo luogo è sorta la biblioteca della poesia e si svolgono
incontri di studio e di ricerca aperti a tutte le culture del mondo.
EVENTI E MANIFESTAZIONI
Marzo
Celebrazioni gigliane. Concerto lirico in onore dei tenore "B. Gigli" nell'anniversario della
nascita.
Giugno
Giugno recanatese e Fiera di S. Vito (antiquariato e artigianato). Celebrazioni leopardiane
(il 29 Giugno si celebra l'anniversario della nascita dei poeta Giacomo Leopardi).
Settembre
Sagra della frittella.
Sabato e Domenica di ogni mese
Recanati Antiquaria: mercatino di piccolo antiquariato e collezionismo.
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RIETI (RI)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
"Spaccato: nel primo di rosso al cavaliere armato d'argento nell'atto di ricevere lo
stendardo, fustato d'oro, svolazzante a destra, dalle mani di una donna rivoltata d'argento,
coronata all'antica d'oro; nel secondo d'azzurro a tre pesci natanti d'argento, posti 2 a 1, in
una rete attraversante sul tutto pure d'argento".
Decreto del 28 luglio 1942.
COME ARRIVARE
In auto:
da Roma: percorrere la Salaria (SS4) che conduce direttamente a Rieti. Volendo
abbreviare si può imboccare il raccordo autostradale che va fino a Fiano Romano e da lì
continuare per la Salaria (SS4) verso Rieti;
da Firenze: autostrada A1 direzione sud, uscire a Fiano Romano e da lì percorrere la
Salaria (SS4) fino a Rieti;
da Perugia: superstrada E45 fino a Terni poi la SS79 verso Marmore e Rieti.
da Ancona: autostrada A14 fino a San Benedetto del Tronto, poi imboccare la superstrada
Ascoli Mare e da Ascoli Piceno percorrere la Salaria (SS4) direttamente fino a Rieti;
da L'aquila: SS17 per Antrodoco e Salaria (SS4) per Rieti;
da Pescara: autostrada A14 fino a Roseto, SS150 fino a Villa Vomano, da lì prendere
l'autostrada A24 direzione L'Aquila, infine la SS17 per Antrodoco e la Salaria (SS4) per
Rieti;
da Napoli: autostrada A1 direzione nord fino a Fiano Romano, poi Salaria (SS4) verso
Rieti.
In treno:
da Roma: Roma Termini-Terni; Terni-Rieti. Da Roma è comunque più conveniente
raggiungere Rieti in autobus;
da Perugia: Perugia-Terni; Terni-Rieti;
da Ancona: Ancona-Terni; Terni-Rieti;
da Pescara: Pescara-Sulmona; Sulmona-L'Aquila; L'Aquila-Rieti;
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da Napoli: Napoli Centrale-Roma Termini; Roma Termini-Terni; Terni-Rieti; da Roma è
comunque più conveniente raggiungere Rieti in autobus;
da Firenze: Firenze S.M.N.-Orte; Orte-Terni; Terni-Rieti.
CARATTERISTICHE GENERALI
Capoluogo di provincia (405 mt. sul livello del mare), centro storico della Sabina,
posizionato sulla riva destra del Velino.
PIATTI TIPICI
Vi sono alcuni piatti tipici assimilati dalle tradizioni laziali come i bucatini all'amatriciana.
Ottimi i formaggi pecorini, la ricotta, gli agnelli del contado, i capretti. Vi si trovano saporiti
salumi e prelibate carni fresche suine che vengono cucinate al ragù o arrosto. Tra i dolci
sono da segnalare i maccheroni alle noci e la torta di Pasqua.
STORIA
Situata al centro della Valle Reatina, una vasta zona pianeggiante, posta a circa 400 metri
sul livello del mare, anticamente in gran parte occupata da un ampio bacino che costituiva
il lago Velino, di cui i laghi di Ripasottile e di Cantalice sono ormai gli ultimi residui, la Città
di Rieti, fu conquistata nel 290 a.C. da Marco Curio Dentato. Le acque del fiume Velino,
ricche di sostanze minerali, avevano nel corso dei secoli incrostato le rocce, creando una
barriera travertinosa che impediva il deflusso delle stesse a valle. Il Console Romano fece
eseguire il taglio delle Marmore, consentendo così al fiume di precipitare nel Nera e
liberare la pianura di Rieti dalle acque del lacus Velinus. Questa importante opera di
idraulica, citata spesso nelle fonti antiche, è considerata uno degli interventi paesaggistici
più interessanti e spettacolari della storia, che da una parte mise Reate in urto con Terni
per i contrastanti interessi, connessi alla regolamentazione delle acque del fiume Velino,
dall'altra trasformò la città in un importante centro agricolo. Dopo la conquista, Rieti fu
sempre molto legata a Roma: vestigia romane si trovano all'ingresso della città, nei resti
del solido ponte in pietra dove sono visibili i profondi solchi lasciati dalle ruote dei carri,
utilizzati per il trasporto del sale. Questo manufatto, superando il fiume Velino, permetteva
alla via Salaria, l'antica via del sale, di raggiungere la città, evitando allagamenti ed
impaludamenti, assumendo così un ruolo di d'estrema importanza per la Reate romana
che necessitava di un diretto collegamento con l'Urbe.
La struttura inglobata nei sotterranei di alcune dimore nobili reatine è formata da grandiosi
fornici romani, costruiti con enormi blocchi squadrati di calcare cavernoso, a sostegno del
piano stradale. La consolare Salaria, l'odierna via Roma, dopo aver attraversato il forum,
situato dove oggi si estende piazza Vittorio Emanuele, piegava a destra sulla via Garibaldi,
formando gli antichi cardo e decumanus che rappresentano ancor oggi i due assi principali
su cui imperniare una visita ai luoghi di maggiore interesse.
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La cinta muraria medievale fu eretta nella metà del Duecento, incantevoli chiese e nobili
palazzi fecero da cornice ad importanti avvenimenti: Costanza da Altavilla, salì in città nel
1185 a sposare per procura Enrico IV, figlio del Barbarossa, mosso dal disegno di
unificare il Mezzogiorno all'impero di marca sveva; Carlo Il d'Angiò, nel 1289 in cattedrale
venne incoronato Re di Puglia, Sicilia e di Gerusalemme da Papa Nicolò I; Gregorio IX, nel
1234 celebrò la canonizzazione di San Domenico. Rieti dovette far fede alle promesse
fatte al papato e scese più volte in guerra per difendere la città ed il territorio della Sabina
contro nuovi e prepotenti casati, ma anche alla durezza degli eserciti di Germania degli
imperatori di Hohenstaufen, tra cui sanguinario Federico Barbarossa prima e suo nipote
Federico II dopo. Successivamente dovette scontrarsi anche con le vicine città di
Cittaducale, Lugnano e Cantalice, ma anche con i ternani che tentavano di appropriarsi
del controllo delle acque del Velino. Alla fine del XVIII sec. venne occupata dalle truppe
francesi, e successivamente dai reazionari abruzzesi e napoletani e via via un susseguirsi
di scontri alternati a momenti di relativa pace fino all'unione d'Italia. Infine, nel 1927 venne
per la terza volta elevata a capoluogo della provincia reatina. Nonostante gli assedi, le
guerre, i saccheggi e le devastazioni subite nei secoli, Rieti mantiene ancora oggi preziosi
monumenti e importanti opere architettoniche.
DA VEDERE
CATTEDRALE
Eretta nel 1109 per volere del vescovo Benincasa e consacrata nel 1225 da Onorio III, col
Battistero, al centro del quale spicca un fonte battesimale quattrocentesco: il Battistero
ospita attualmente il Museo Diocesano.
Davanti alla cattedrale si erge la Torre Campanaria, eseguita nel 1252, che presenta in
ogni lato un doppio ordine di bifore che ne illuminano la cella e tre altorilievi marmorei
incastrati sui fianchi, raffiguranti due leoni ed un grifone.
PALAZZO DEL GOVERNO
Rappresenta una delle principali costruzioni del periodo tardo rinascimentale (1596). Il
palazzo è impreziosito da una loggia ad archi sostenuti da doppie colonne, attribuita al
Vignola, che si affaccia su un giardino pensile. Da qui si scopre un suggestivo panorama
che scivola dalla parte più antica della città a quella moderna, sino alla verdeggiante fascia
collinare.
PALAZZO COMUNALE
Di fronte alla fontana della centralissima Piazza Vittorio Emanuele II, la cui costruzione fu
iniziata nel XIII secolo e proseguita nel XVI secolo.
La facciata fu realizzata nel 1748 dall'architetto romano Filippo Brioni. Sotto i portici fanno
bella mostra di sé i busti di Garibaldi e di Vittorio Emanuele II.
All'interno si trovano la Sala Consiliare, affrescata dall'artista reatino Antonino
Calcagnadoro, la Biblioteca Comunale ed il Museo Civico, che ospita opere di grande
valore archeologico ed artistico.
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PALAZZO VECCHIARELLI
Opera di Carlo Maderno, caratterizzato da un cortile interno sul quale si affaccia una
grande loggia; attigua al palazzo, uno dei più prestigiosi dell'epoca barocca, si trova la
Chiesa di San Pietro Apostolo, oggi utilizzata come sala mostre.
Dal ponte sul Velino, fiume che attraversa la città caratterizzandola con le sue acque
limpidissime e ricolme di vegetazione e di fauna fluviale, e percorrendo via S. Francesco,
si giunge alla piazza omonima, dominata dalla Chiesa di San Francesco, di stile goticoromanico, costruita nel XIII secolo; di particolare interesse all'interno, gli affreschi di scuola
giottesca che rappresentano i principali Fatti di San Francesco.
PALAZZO VESCOVILE
Con la sua monumentale loggia a due ordini di archi si affaccia su Piazza Vittori, sul lato
Nord della Cattedrale. Il piano terra presenta un un ampio porticato suddiviso centralmente
da sei piloni quadrangolari. La copertura è data da un sistema di volte a crociera che
creano un gioco di luce e di acustica molto suggestivo. Da un cortile interno si accede alla
sala dell'episcopio (Salone Papale), vasto ambiente destinato a cerimonie e riunioni, dove
fu celebrato il matrimonio tra Enrico VI e Costanza di Altavilla.
PALAZZO VINCENTINI
Attribuito al Sangallo, rappresenta a Rieti una delle costruzioni più interessanti del XVI
sec..
PALAZZO DEL SEMINARIO
Già sede del Palazzo del Podestà, ascrivibile agli ultimi anni del XIII sec., rappresenta uno
dei principali edifici medioevali reatini, così come la Chiesa di Sant'Agostino.
MUSEO CIVICO
La prima raccolta del museo civico di Rieti risale al 1865. Successive donazioni hanno
arricchito l'esposizione con materiali di rilevante interesse archeologico e storico-artistico
per la ricostruzione dell'ambiente culturale del territorio reatino. I reperti archeologici sono
databili dall'età del ferro all’epoca romana. La pinacoteca comprende opere dal Medioevo
all'età contemporanea.
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DINTORNI
Da Porta d'Arci, contornata dalla cinta muraria medioevale, è possibile uscire dal centro
cittadino per scoprire luoghi di grande interesse storico e naturalistico quali Colle San
Mauro, il Convento di Sant'Antonio al Monte, le Terme di Fonte Cottorella.
Da Porta Romana è invece possibile intraprendere un itinerario tra i più interessanti della
Provincia di Rieti: quello che conduce alla scoperta dei Santuari Francescani luoghi dove
San Francesco trascorse fasi fondamentali della sua vita, immersi in una natura
assolutamente intatta e ricca di suggestioni: il Santuario di Fonte Colombo, il Santuario di
Greccio (da dove è possibile godere di un indimenticabile panorama de massiccio del
Terminillo e della pianura reatina e dove San Francesco diede inizio alla tradizione del
presepe), il Santuario di Poggio Bustone, il Santuario della Foresta.
Dal punto di vista naturalistico è altresì imperdibile una visita alla Riserva Naturale dei
laghi Lungo e Ripasottile, e, ovviamente, al Terminillo, vetta più elevata dei Monti Reatini e
stazione turistica tra le più importanti e meglio attrezzate dell'Appennino Centrale. Tra i
1500 e i 2000 metri di quota sono collocati 40 km. di piste per lo sci da discesa e 26 km.
per lo sci di fondo.
EVENTI E MANIFESTAZIONI
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Dal 19 al 24 Gennaio
"Cavalli infiocchettati"
Si rievoca una tradizione risalente ai primi del novencento consisteva nel portare i
cavalli addobbati alla festa della benedizione in occasione della ricorrenza di Sant'
Antonio Abate
Febbraio:
"Carnevale nel Centro d'Italia" carri allegorici, musiche, danze e degustazione di
prodotti tipici.
Dal 31 marzo al 3 aprile
"Memorial Manlio e Loris Scopigno".
Aprile:
Festival di danza - Concorso Internazionale di Danza Città di Rieti ".
Giugno
Tradizionale Processione dei Ceri in onore di sant'Antonio di Padova.
Luglio
Gara automobilistica in salita Rieti - Terminillo, “Bruno Carotti”. Festa del Sole, Palio
della Tinozza e competizioni sul fiume Velino.
Luglio e Agosto:
Rassegna di musica, danza e teatro denominata "Ribalta d'Estate" Rieti-Terminillo.
Settembre
Meeting internazionale di atletica leggera “Città di Rieti”.
Dicembre
Fiera della Patrona Santa Barbara.
Terzo sabato e la terza domenica di ogni mese mostra mercato dell'antiquariato.
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PIACENZA (PC)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
"Partito al primo di rosso al dado d'argento; al secondo d'argento alla lupa d'azzurro,
lampassata di rosso, passante".
D.Ric. 27 settembre 1938 - Libro Araldico Enti Morali vol. II pag. 617 n. 2044.
BLASONATURA DEL GONFALONE
"Drappo di forma rettangolare di colore bianco..."
COME ARRIVARE
In auto
Da Milano e da Bologna A1 uscita Piacenza sud; da Torino A21 uscita Piacenza ovest e
da Brescia A21 uscita Piacenza est.
In treno
Stazione di Piacenza
In aereo
Da Milano Linate km 60.
Da Milano Malpensa Km 90.
Da Parma 60 Km - aeroporto Giuseppe Verdi.
Da Brescia Montichiari 80 Km - aeroporto Gabriele D’Annunzio.
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CARATTERISTICHE GENERALI
Piacenza (Piasëinsa in piacentino) è una città di 102.204 abitanti, capoluogo dell'omonima
provincia.
Posta fra Emilia e Lombardia, la città e la sua provincia risentono in maniera notevole
dell'influenza di Milano, alla cui regione economica appartengono per molti aspetti e alla
quale hanno spesso legato i propri destini.
Piacenza è situata nella Pianura Padana ad un'altitudine di 61 metri s.l.m. e sorge sulla
riva destra del Po, dove in esso confluiscono il fiume Trebbia a ovest e il torrente Nure ad
est della città. Ad una quindicina di chilometri in direzione sud, compaiono i declivi dei Colli
Piacentini, prime propaggini dell'Appennino Ligure. La posizione geografica ne ha da
sempre determinato le sorti strategico-militari e ne ha fatto un importante nodo
autostradale e ferroviario.
PRODOTTI TIPICI
Qui si trova il maggior numero di vini DOC e di prodotti DOP di tutta la regione. I tesori?
Certamente i tre grandi salumi di eccellenza: coppa, pancetta e salame. Tutti DOP.
Significa che i suini destinati alla loro produzione non possono provenire da altre zone e la
lavorazione deve rispettare un protocollo rigidissimo.
Pregiati anche i formaggi: il Grana Padano DOP e Provolone Valpadana DOP. Il piatto
tipico è "pisarei e fasò", invenzione della cucina povera per utilizzare il pane raffermo.
Gli gnocchetti si servono con un particolare sugo di fagioli (sette fagioli per un gnocchetto).
Oltre ai classici anolini (piccoli cappelletti in brodo) di stracotto, un’altra specialità,
dell'antica nobiltà settecentesca, sono i "tortelli con la coda", a forma di caramella e ripieni
di erbette e ricotta.
Fra i secondi ecco la coppa arrosto e la "picula ad caval", carne trita di cavallo con
pomodori, cipolla e peperoni. Tutti accompagnati da una delle ben 21 tipologie di vino
D.O.C. della zona come il bianco Ortrugo. La sapienza enologica è millenaria.
STORIA
Prima dell'arrivo dei romani, nelle zone limitrofe all'odierna città di Piacenza vivevano tribù
appartenenti ai popoli dei liguri e dei celti.
La città fu fondata dai romani sulle rive del fiume Po nel 218 a.C. e probabilmente su un
presistente insediamento celtico. Nello stesso anno nacque la colonia gemella di
Cremona. I romani preferirono costruire il castrum su un pianoro alluvionale più alto di 4-5
metri rispetto al territorio circostante aumentando in tal modo la capacità difensiva
dell'insediamento. Essendo la zona popolata dai Celti, entrambe le città nacquero come
avamposto per consolidare le conquiste in territorio gallico e per tenere a bada le genti
celtiche.
Sia Piacenza che Cremona vennero fondate come colonie latine e furono inviati 6.000
coloni latini, specialmente selezionati fra i cavalieri romani. La scelta fu dovuta
particolarmente all'incombente minaccia di una seconda guerra punica con Annibale che,
alla guida dell'esercito cartaginese, aveva appena vinto la battaglia del Ticino e si
preparava alla conquista di queste zone. Dopo aver espugnato Casteggio, Annibale vinse
anche la battaglia della Trebbia nel corso della quale caddero circa 20.000 soldati romani.
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Placentia seppe resistere: il territorio paludoso fu bonificato, la produzione di grano, orzo e
miglio fu incrementata, si iniziò anche la tessitura della lana, quindi divenne un importante
municipio romano con un attivo porto lungo il fiume Po durante la Repubblica e l'Impero. Il
fiume e la via Emilia,che la congiungeva con Ariminum o Rimini, già allora
caratterizzavano la vocazione logistica della città. Lo schema viario romano con "cardo" e
"decumano" è ancora ben visibile nel centro storico. Uno storico dell'epoca testimonia
inoltre dell'esistenza di un anfiteatro "che volge verso il Po" di cui purtroppo non è rimasto
nulla. La sua ubicazione sarebbe, secondo lo storico, nella zona dell'attuale Via Campo
della Fiera. Essendo città di frontiera, subisce vari saccheggi e distruzioni, ma sempre si
risolleva e durante l'epoca di Augusto era una città rinomata. Procopio la definisce "Urbs
Aemiliae Princeps", Publio Cornelio Tacito la descrive come "colonia potente per forze e
per ricchezze" e secondo Strabone era, insieme alla vicina Cremona, una delle città più
celebri dell'area padana.
In era cristiana i cittadini di Placentia costruiscono piccoli sacelli dedicati ai martiri del
luogo, tra cui Antonino. Centurione romano della legione Tebea, cristianizzò la
popolazione della zona all'inizio del IV secolo e fu martirizzato sotto Diocleziano. Divenne
patrono della città che lo onorò con la costruzione di una basilica che porta il suo nome.
Nel 476 d.C., proprio a Piacenza si concluse il ciclo storico dell'Impero Romano
d'Occidente con l'uccisione del generale Flavio Oreste e la successiva deposizione
dell'ultimo imperatore, Romolo Augusto, ad opera del re degli Eruli Odoacre.
Caduto l'Impero Romano, la città fu saccheggiata e ricostruita in seguito alle invasioni
barbariche. Si ritrovò al centro della guerra tra i Goti e le truppe dell'Impero Romano
d'Oriente. Le sorti cittadine si risollevarono quando divenne sede comitale longobarda
(cioè vi fu stabilita la sede di un ducato longobardo), ma solo con la dominazione dei
Franchi (dal IX secolo) si ha una consistente rinascita. Importanza sempre maggiore ebbe
intorno all'anno Mille, quando si registrò anche una crescita demografica ed economica,
essendo posta lungo la Via Francigena che portava in città numerosi pellegrini e mercanti.
Con l'affermazione dell'Impero Romano Germanico, del feudalesimo e dei vescovi-conti,
sorgono nuove classi sociali, tra le quali un intraprendente ceto mercantile e artigianale,
ma anche feudatari rurali che si uniscono al governo della città.
In questo periodo regnarono: Adelgis II, Aimone e Amandus, tutti e tre conti di Piacenza.
Nel 1095 papa Urbano II indice da Piacenza, dove era tornato in auge un sentimento
filopapale, la Prima Crociata per la liberazione della Terra Santa. Il luogo di quest'evento è
identificabile oggi in Piazza delle Crociate, in Via Campagna. Il Concilio di Piacenza fu
seguito da quello di Clermont, in Francia, da dove fu ufficialmente indetta la Prima
Crociata cristiana contro gli infedeli che infestavano la Terra Santa.
Fu un importante Libero Comune (dal 1126) aderente alla Lega Lombarda e nell'XI secolo
partecipò alla guerra contro il Barbarossa, scendendo in campo con gli altri comuni della
Lega Lombarda nel 1176 (fra i quali vi era anche Bobbio) in occasione della battaglia di
Legnano.
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Non lontano dalla città, nell'attuale frazione Roncaglia (ma secondo taluni si tratterebbe di
Cotrebbia Vecchia, frazione di Calendasco) si tennero placiti imperiali o diete a partire
dagli inizi del XI secolo: nel 1154 e 1158 le due più importanti e solenni tra quelle
convocate dall'imperatore Federico Barbarossa. Nella prima l'imperatore illustrò le direttive
della propria politica italiana mettendo al bando le guerre tra i comuni lombardi e nella
seconda si prefisse di restaurare l'autorità imperiale (che risultò inattuabile vista la strenua
resistenza dei comuni). Esse si svolsero nei "pratae runcaliae" così come attestano i
documenti antichi pubblicati nei Regesti, che era il luogo prossimo alla abbazia di San
Pietro presso "Caput Trebiae" (Cotrebbia vecchia). Dopo varie inondazioni del fiume Po,
venne edificata Cotrebbia Nuova attuale frazione del comune di Calendasco.
Piacenza combatté con successo contro i comuni confinanti di Cremona, Pavia e Parma,
riuscendo ad allargare i suoi domini al contado e strappando ai Malaspina e al vescovo di
Bobbio il controllo delle vie commerciali per Genova, dove già erano insediati i primi
banchieri piacentini. In questo secolo, nonostante le poco fruttuose lotte contro
l'imperatore Federico II, conquistò qualche caposaldo sulla sponda lombarda del Po. Nella
chiesa di Sant'Antonino furono firmati i preliminari della Pace di Costanza nel 1183. Le
attività mercantili e agricole assai fruttuose nei secoli XII e XIII, portarono ad un notevole
arricchimento urbanistico della città. Dalla seconda metà del XIII secolo furono frequenti le
lotte intestine per il potere e l'amministrazione e quindi si susseguirono alla guida del
territorio di Piacenza e del circondario i Pallavicino, Matteo I e Gian Galeazzo Visconti e
Alberto Scoto (o Scotti) eletto nel 1290 signore perpetuo della città che resse fino al 1304
e poi con interruzioni sino al 1313.
Sotto quest'ultimo governante, mercante e banchiere che fu signore anche di Tortona (Al)
e Novara e per breve tempo di Milano, nel 1313, fu assediata. Nel 1336, Pinalla Aliprandi,
a capo di una parte dell'esercito di Azzone Visconti, devastò le terre intorno a Piacenza e
partecipò all'assedio della città, che capitolò nelle mani dei viscontei e rimase in loro
dominio fino al 1447. Il duca Gian Galeazzo riformò lo statuto cittadino e trasferì
temporaneamente a Piacenza la sede dell'Università di Pavia. Passerà poi, dopo un
terribile assedio che si concluse con la deportazione di migliaia di cittadini, agli Sforza cui
resterà fino al 1499.
Le lotte per il potere in città, iniziate nel XIII secolo, lasciarono un'eredità di profonde
divisioni interne anche durante il periodo visconteo-sforzesco e la prima età moderna, sia
tra i ceti dominanti, sia tra la popolazione, dando luogo a una vivace dinamica di scontri di
fazione tra le parti dei guelfi e ghibellini. Tra le maggiori famiglie guelfe piacentine sono da
annoverare gli Scotti, i Fontana, i Malvicini, i Banduchi, i Fulgosi; tra i ghibellini i Landi e gli
Anguissola.
Su una moneta del XVI secolo è impresso il motto: "Placentia floret" poiché la città stava
nuovamente sbocciando grazie al lavoro delle campagne circostanti. Sempre nel corso del
Cinquecento vennero ricostruite le mura cittadine. Fu governata dalla monarchia francese
fino al 1521, poiché il re Luigi XII rivendicava il possesso del Milanese di cui aveva fatto
parte anche il Piacentino sotto le dominazioni delle due famiglie lombarde. Andrà allo
Stato Pontificio sotto la reggenza di papa Leone X, rimanendoci per un breve periodo in
quanto nel 1545 divenne capitale del Ducato di Piacenza e Parma sotto la famiglia
Farnese.
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A fondare il ducato fu papa Paolo III e il primo duca fu suo figlio Pierluigi Farnese che volle
fare di Piacenza la sua capitale e fece cominciare i lavori di costruzione di Palazzo
Farnese che sarebbe diventata la sua base operativa. Questo resterà incompleto in
quanto il Duca morirà due anni più tardi; infatti l'arrivo dei Farnese aveva allertato la
nobiltà terriera dei dintorni che sentiva minacciata la propria supremazia. Si creò una
congiura e Pierluigi Farnese venne pugnalato da un esponente della nobiltà piacentina,
che era stato ricevuto amichevolmente a corte. Le fonti identificano l'assassino come il
leader della famiglia Anguissola. Secondo le stesse fonti costui sarebbe anche tra l'altro
l'ideatore del complotto. Si avvicendarono alla guida del Ducato altri sette duchi, tra i quali
spiccano Ottavio (figlio di Pier Luigi e seppellito nella chiesa di San Sisto), Alessandro,
Ranuccio. Ottavio, in seguito all'assassinio del padre, spostò per ovvie ragioni di sicurezza
la capitale a Parma, cambiando di conseguenza la titolatura del ducato in Ducato di Parma
e Piacenza, si impossessò di Borgo Val di Taro (Pr) e dello Stato Pallavicino (territorio
della pianura lungo il Po, al confine tra le attuali province di Piacenza e Parma), introdusse
l'industria della seta e del velluto oltre a rinnovare i catasti. Alessandro, che aveva
partecipato alla battaglia di Lepanto nel 1571, riconquistò le Fiandre.
Sotto Ranuccio I vennero promulgate le costituzioni e fu nominato il governatore. Tempi
duri invece si ebbero sotto di Odoardo, quando su trentamila piacentini, seimila morirono
di fame e tredicimila perirono colpiti dalla peste. Ci furono avanzate di soldati francesi nel
territorio ducale che spadroneggiavano in città e nel contado; la popolazione era in preda
a scorribande di banditi. Nel 1682 Ranuccio II annesse al proprio ducato il feudo di Bardi e
Compiano comprati dai Doria. L'importante cardinale Giulio Alberoni divenne primo
ministro spagnolo dopo aver favorito le nozze tra Elisabetta Farnese e Filippo V di Spagna
e da questo momento la città e il resto del ducato andarono ai Borbone. Dal 1732 al 1859
vi fu il dominio borbonico, dapprima con Carlo (figlio di Elisabetta Farnese), poi con Filippo
e Ferdinando. Nel corso del XVIII secolo, mancando in città la corte ducale, vennero
edificati numerosi palazzi che le altrettanto famiglie nobili (come gli Scotti, i Landi e i
Fogliani) costruirono per ostentare le proprie ricchezze ed il proprio potere. Nel 1746,
durante la guerra di successione austriaca, la città fu teatro di una violenta battaglia tra le
truppe austro-sarde e quelle franco-spagnole. Il ministro Du Tuillot fu ricordato per
l'impulso riformista che permeò la sua attività politica. Nel 1802 la città fu annessa
all'Impero Francese di Napoleone che, con la coscrizione obbligatoria, inviò i giovani
piacentini a combattere le battaglie di Russia, Spagna e Germania. Napoleone e le sue
truppe saccheggiarono abbondantemente Piacenza, spogliandola di tantissime opere che
tuttora sono esposte nei musei francesi. Il governo di Maria Luigia d'Austria (1816-1847) fu
una sorta di regno illuminato per i piacentini di città e del contado che la ricordarono a
lungo; la devozione a questo personaggio era tale che moltissime delle infanti che
nacquero in questo periodo e in quello subito successivo presero il nome da lei, in segno
di tributo. La duchessa bonificò ampi territori, fece costruire ponti lungo la Trebbia e il
torrente Nure, avviò iniziative scolastiche ed artistiche.
Allontanate le truppe austriache dalla città tra la popolazione e le milizie croate
(appartenenti all'esercito austriaco), con un plebiscito del 10 maggio 1848 Piacenza
chiese l'annessione al nascente Regno d'Italia, allora ancora Regno di Sardegna (su
37.585 votanti, ben 37.089 vollero seguire le sorti del Piemonte e dei Savoia).
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Il 14 maggio una delegazione composta da illustri cittadini, portava al re Carlo Alberto,
accampato nei pressi di Verona, i risultati del plebiscito. Il monarca proclamava così
Piacenza Primogenita dell'Unità d'Italia, titolo di cui la città ancora si vanta. Il massiccio
arruolamento dei piacentini fra le truppe volontarie guidate da Giuseppe Garibaldi
rappresentano la continuazione dell'impegno a favore dell'indipendenza. Il primo sindaco
cittadino, una volta unificata l'Italia, fu Faustino Perletti (nato a Calendasco nel 1815 e
morto a Firenze nel 1878) nominato con Regio decreto del 18 marzo 1860 del re Vittorio
Emanuele; la prima seduta del consiglio comunale fu il 23 marzo 1860.
Il 3 giugno 1865 fu inaugurato il primo ponte ferroviario. Nel 1891 l'atto costitutivo della
prima Camera del Lavoro italiana fu firmato proprio a Piacenza come tentativo di tutela dei
lavoratori. Le due guerre mondiali interessarono la città e la provincia, vista anche la
notevole partecipazione dei piacentini nell'esercito.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la città fu pesantemente colpita dai bombardamenti
aerei degli Alleati che fecero crollare anche l'importante ponte ferroviario sul Po, la
stazione ferroviaria, l'ospedale e l'arsenale oltre a porzioni del centro storico. Fuori città, in
collina e sull'Appennino, erano attivi diversi nuclei di partigiani che combattevano l'esercito
nazista.
Nella seconda metà del XIX secolo e nella prima del XX nuove iniziative imprenditoriali
diedero un notevole impulso allo sviluppo economico ed industriale, ma anche alla
modernizzazione delle aziende agricole. Per questa vocazione agricola e considerata
anche la forte tradizione cristiana, l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
inaugurò in città la prima facoltà negli anni cinquanta, quella di Agraria, nel distaccamento
piacentino dell'ateneo.
La posizione centrale, l'importante nodo ferroviario e il passaggio di due importanti
autostrade, continuano a favorire lo sviluppo economico ed industriale di Piacenza e dei
dintorni fino ai giorni nostri in cui si sta sviluppando e ampliando un polo logistico nella
periferia cittadina.
Ottenuto negli ultimi anni il titolo di "città d'arte" (come i comuni di Bobbio, Cortemaggiore
e Castell'Arquato), Piacenza ha visto aumentare la presenza turistica. Piacenza è
interessata dal tratto padano della Via Francigena, importante via antica percorsa da
Sigerico.
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DA VEDERE
IL DUOMO
I lavori furono iniziati nel 1122 e si conclusero nel 1233 e furono sostenuti dall'intera
cittadinanza. La cattedrale è dedicata a santa Giustina e a santa Maria Assunta ed è un
esempio importantissimo di architettura romanica.
Sulla facciata di marmo rosa e arenaria sono presenti due contrafforti e alcune gallerie
cieche con sottili colonnine. I portali sono tre, sormontati da protiri e ornati da capitelli,
architravi, formelle e cariatidi.
L'interno è decorato da sontuosi affreschi, realizzati tra i secoli XIV e XVI, da Camillo
Procaccini e da Ludovico Carracci. Quelli seicenteschi che impreziosiscono la cupola sono
opera di Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone e di Giovanni Francesco Barbieri
detto il Guercino. Nella navatella sinistra del presbiterio ospita un'edicola amadeesca con
candelabre, una scultura in legno del 1479, un coro ligneo di Giangiacomo da Genova
(1471) e statue di scuola lombarda del secolo XV. La cripta ha la forma a croce greca con
108 colonnine romaniche e raccoglie le reliquie di Santa Giustina, santa alla quale era
dedicata la prima cattedrale cittadina, crollata in seguito ad un terremoto nel 1117. Il
duomo fu proprio costruito sulle macerie del preesistente luogo di culto.
BASILICA DI SANT'ANTONINO
La Basilica di Sant'Antonino, patrono di Piacenza, è un esempio di romanico ed è
caratterizzata da una grossa torre ottagonale. Fu voluta da San Vittore, il primo vescovo
della città, intorno al 350 e fu ultimata nel 375; conserva le reliquie di Antonino, martire
cristiano ucciso presso Travo, in Val Trebbia. Fu sottoposta a varie opere di
ristrutturazione in seguito ai danneggiamenti delle popolazioni barbariche calate nel Nord
Italia. A lato vi è un chiostro edificato nel tardo Quattrocento. Tra i dipinti e gli affreschi,
sono da menzionare quelli di Camillo Gervasetti del 1622 nonché le 5 tele con "Scene
della vita di Sant'Antonino" del De Longe (1693). Nel 1183 ospitò i delegati della Lega
Lombarda e l'imperatore Federico Barbarossa che vi si riunirono per firmare i preliminari
della pace di Costanza.
BASILICA DI SAN SAVINO
La Basilica di San Savino, dedicata al secondo vescovo cittadino dopo San Vittore si trova
in Via Alberoni a Piacenza. In un'urna all'interno dell'altare principale riposano le spoglie
del Santo. Fu edificata nel 903, ma subì alcune distruzioni dopo l'invasione degli Ungari,
per cui venne ricostruita. Il prospetto ed il portico sono infatti risalenti al XVII e XVIII
secolo.
Nel presbiterio si trova un mosaico policromo del XII secolo, un altro della stessa epoca è
presente nella cripta e uno ancora nella navata sinistra. Lo stile romanico lombardo
caratterizza gli interni ornati da raffinati capitelli antropomorfi, zoomorfi, con figure
mostruose e vegetali.
Sopra l'altare è collocato un crocefisso ligneo del XII secolo, il sui autore è ignoto.
Nella cripta, ai lati, entro nicchie, quattro santi scolpiti nel 1481 denotano chiari influssi
della scuola dell'Amadeo.
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BASILICA DI SAN FRANCESCO
Si trova in Piazza Cavalli all'incrocio con via XX Settembre. È realizzata in stile gotico
lombardo del XII secolo (1278-1373). Sulla facciata sono visibili due contrafforti, un
rosone, una cuspide e alcune guglie, mentre archi rampanti sono presenti sui lati; su
quello destro è ancora esistente parte dei chiostri di cui rimane un porticato. Al suo
interno, ornato di affreschi del XV e XVI secolo, venne proclamata l'annessione della città
al Regno del Piemonte nel 1848. Il "portale mediano" della basilica reca al sommo una
lunetta con il rilievo di "San Francesco stigmatizzato", e all'interno, sulla parete destra del
deambulatorio, v'è un bassorilievo con "Rettore in cattedra e frati", eseguiti nella bottega
dell'Amadeo intorno al 1490.
BASILICA DI SAN GIOVANNI IN CANALE
E' un tempio fondato nel 1220 dai Domenicani. Tre campate ampliarono a metà del secolo
XVI gli interni gotici di questo complesso; nella stessa epoca venne anche ampliato il coro.
Tra i vari monumenti sepolcrali che vi si conservano vi è una tomba dipinta, unica a
Piacenza, ed il grande sarcofago della famiglia Scotti. Il "sepolcro" di Guglielmo da
Saliceto del 1501, posto nel chiostro denota i caratteri dello stile dell'Amadeo.
SANTA MARIA DI CAMPAGNA
La rinascimentale basilica di Santa Maria di Campagna si trova in Piazzale delle Crociate,
così chiamato perché in questo luogo papa Urbano II bandì la prima crociata nel 1095. Fu
edificata tra il 1522 ed il 1528 per poter conservare più degnamente una Madonna lignea
policroma, detta "della Campagnola" venerata come miracolosa. La pianta aveva
inizialmente forma greca, ma in seguito assunse una forma a croce latina rovesciata in
seguito all'allungamento del presbiterio. La chiesa è facilmente riconoscibile grazie
all'imponente tiburio ottagonale e alla lanterna. Splendidi gli affreschi opera di Giovanni
Antonio Sacchi detto il Pordenone che abbelliscono la cupola e due cappelle poste sul lato
sinistro. Altre opere sono di Galeazzo, Antonio, Giulio e Bernardino Campi, Camillo
Procaccini, Guercino, Malosso, De Longe, Bibbiena, Stern e Avanzini.
La chiesa rappresenta forse il maggior capolavoro raggiunto dall'architetto piacentino
Alessio Tramello. Contiene inoltre due pregevoli organi a canne fabbricati dai Serassi di
Bergamo. Quello più grande è collocato in cornu Epistolae, costruito tra nel 1825 e nel
1838, consta di due tastiere, ciascuna di 69 tasti, corrispondenti la prima all'Organo Eco e
la seconda al Grand'Organo. Le sue particolarità lo rendono quasi unico in Italia perché
possiede il meccanismo della Banda Turca (piatti, grancassa, campanelli, rullante, sistro,
ecc.), il registro dei campanelli, delle campane d'armonia ai tasti e delle campana al
pedale. Lo strumento è stato progettato del famoso organista e compositore dell'Ottocento
Musicale Organistico Italiano Padre Davide da Bergamo il quale compose moltissime
sonate, sinfonie, elevazioni su quest'organo. Invece l'organo più piccolo, collocato nella
navata sul pavimento, è stato costruito nel 1836 ed era in origine strumento di "casa" dei
Serassi collocato nella basilica nel 1991 dal Teatro Municipale.
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SAN SISTO
E' un'altra basilica rinascimentale che vanta un prezioso coro ligneo del 1514. I lavori
iniziarono intorno al XIV secolo dove antecedentemente si trovava un tempio edificato
nell'874 per volere dell'imperatrice Angilberga ed è la prima opera religiosa dell'architetto
Alessio Tramello nella sua maturità. Ospita la copia del capolavoro di Raffaello Sanzio, la
Madonna Sistina: l'originale, eseguito per la chiesa piacentina, venne venduto dai
benedettini nel 1754 ad Augusto III re di Polonia ed elettore di Sassonia. Ancora oggi la
"Madonna Sistina", con i suoi angioletti, è l' ambasciatrice più conosciuta della pinacoteca
di Dresda "Alte Meister" ove rappresenta il pezzo più pregiato. La basilica di San Sisto, per
secoli il principale monastero benedettino della città prima che le soppressioni
decretassero l'allontanamento definitivo dei religiosi, sta tornando ad appropriarsi di
capitoli importanti della sua storia, trascurati in passato a causa delle traversie, prima
napoleoniche e poi post-unitarie, dalle quali il monumentale complesso ne è uscito
separato in due. La quasi totalità del monastero risulta oggi occupata dai militari del
Secondo Reggimento Genio Pontieri e gli spazi in uso a San Sisto, trasformata in
parrocchia, comprendono la chiesa e una piccola parte dell'edificio un tempo dimora dei
benedettini. In quest'ala si stanno concentrando i restauri.
SAN SEPOLCRO
E' un'altra importante basilica realizzata da Alessio Tramello tra il XV e il XVI secolo. La
verticalità della facciata è accentuata dalla presenza di contrafforti, mentre un portale
barocco contribuisce ad arricchirla. il nome forse deriva da un pellegrino piacentino che,
tornato dalla visita del Santo Sepolcro a Gerusalemme, nel 938 fece edificare un luogo di
culto che poi andò distrutto. In epoca napoleonica fu riadattata come ospedale militare e
solo nel 1903 fu nuovamente riconsacrata alla preghiera.
CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Edificata nel 1951 per volere del parroco mons. Antonio Tagliaferri che prima di realizzare
l'impresa andò a colloquio da Padre Pio da Pietrelcina che gli disse: "Questa chiesa darà
grande lode a Dio, va' e fa' questa chiesa". Particolare è l'abside, che comprende un
grande affresco di circa 500 m2, su fondo dorato, realizzato da Kiko Argüello in occasione
del grande Giubileo del 2000. Il dipinto è in stile bizantino e raffigura eventi caratterizzanti
della vita di Gesù Cristo.
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CHIESA DI SAN PAOLO
L'attuale chiesa è un edificio in stile barocco ma, come altre chiese piacentine, in periodi
antecedenti al 1600 vi era un altro luogo di culto. Documentato con certezza è un edificio
religioso trecentesco ed ancora un'altra chiesa antecedente al Mille. La chiesa ha una
facciata molto semplice e l'interno è ad unica navata con sei cappelle laterali. Le opere
conservate all'interno di San Paolo sono "San Biagio guarisce un fanciullo" e "San Biagio
accolto in paradiso dal redentore" di Giovanni Evangelista Draghi. Di Robert de Longe è il
"Martirio di San Biagio". Di un pittore trecentesco anonimo è la Madonna con Bambino in
trono. Di Pietro e Bartolomeo Baderna sono gli "Episodi della sacra scrittura" e l'affresco
con la "Caduta di San Paolo sulla via di Damasco”. Gli affreschi raffiguranti le "Beatitudini"
sono di Luciano Ricchetti mentre le decorazioni della volta sono di Angelo Capelli. Il
Pergamo di Giovanni Leoni è un progetto del piacentino Andrea Guidotti.
BASILICA DI SANT'AGOSTINO
Del XVI secolo è la basilica di Sant'Agostino; sconsacrata, ora ospita varie mostre. La
facciata granitica è in stile neoclassico, realizzata da Camillo Morigi. È l'unica chiesa della
città i cui interni, ampi ed armoniosi, presentano cinque navate. Frammenti di affreschi del
Malosso sono visibili sulle pareti del transetto.
PALAZZO COMUNALE
Anche detto il Gotico, fu edificato nel 1281 per volere di Alberto Scoto, reggente guelfo
della città. Avrebbe dovuto essere quadrangolare secondo il progetto, ma l'opera rimase
incompiuta per lo scoppio di una grave pestilenza. A causa della depressione economica
causata dalla peste il progetto fu interrotto e venne realizzato solo il lato nord. Grande
esempio di architettura civile dell'epoca, ricalca lo stile dei broletti lombardi e si
caratterizza per la merlatura a coda di rondine, la cornice ornata da archetti, la torretta
centrale che racchiude il campanone oltre a due torrette laterali. Il lato lungo è provvisto di
cinque arcate i cui archi sono a sesto acuto. È finemente ornato in marmo rosa nella parte
inferiore ed in cotto decorato a motivi geometrici in quella superiore. Archi a pieno centro
con snelle trifore caratterizzano il piano superiore. Il rosone sovrasta il lato corto, a tre
arcate. Nel salone architravato, abbellito da raffigurazioni pittoriche, si tengono conferenze
o eventi particolari quali le mostre.
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PALAZZO FARNESE
Importante edificio la cui costruzione venne iniziata nel 1568 su desiderio di Ottavio
Farnese (secondo duca di Parma e Piacenza) e di sua moglie, Margherita d'Austria, figlia
di Carlo V di Spagna. Il progetto iniziale venne elaborato da Francesco Paciotto da Urbino
e il cantiere fu affidato ai maestri murari Giovanni Bernardo Dalla Valle, Giovanni
Lavezzari e Bernardo Panizzari detto il Caramosino. Il progetto venne poi modificato nel
1589, quando l'architetto Jacopo Barozzi detto Il Vignola, ne prese parte, modificandone
l'alzata. Il palazzo non venne terminato poiché i lavori subirono una lunga pausa nel 1568
per mancanza di fondi e per assenza di una direzione competente ma anche per il
disinteressamento di Margherita d'Austria. Soltanto nel 1588 riaprirono i cantieri su
interesse di Alessandro Farnese e dei figli Ranuccio I Farnese (1670), e Ranuccio II
Farnese (1690) che si adoperarono ad ornare sale con splendide decorazioni e
arredamenti preziosi. Dal 1731, anno di decesso dell'ultimo duca della dinastia Farnese,
inizia un lungo periodo di decadenza che terminerà solo nel 1909 quando iniziarono le
prime opere di restauro. Oggi ospita varie rassegne culturali ed è sede del Museo Civico.
VIALE PUBBLICO PASSEGGIO O FAXHALL
E' la passeggiata nel verde del centro storico. Il Faxhall è essenzialmente il percorso su
una parte di ciò che è rimasto delle vecchie mura. Ombreggiato da platani secolari e in
posizione di rilievo (essendo appunto posto sulle mura cittadine rinascimentali), è luogo di
passeggiate o riposo sulle numerose panchine di cui è disseminato. Parte dal centro
storico (corso Vittorio Emanuele II) e arriva fino al piazzale della Libertà, a pochi passi
dalla stazione ferroviaria.
VIA TAVERNA
(La Strä Lvä o Strä Alvä) con la vicina via Campagna era una delle zone più popolari del
centro storico. Tuttora sono considerate residenza di chi è piacentino da sette generazioni
(localmente denominati piasintëin dal sass) e luogo delle specificità piacentine per
antonomasia. Era detta Strada Levata poiché si trova in una posizione più alta rispetto ad
altre vie limitrofe come via Campagna.
PIAZZA CAVALLI
E' la piazza duecentesca su cui sorgono il palazzo Gotico, il palazzo del Governatore e la
chiesa di San Francesco e da cui parte via XX Settembre. Le due statue equestri poste ai
lati opposti della piazza sono diventati uno dei simboli della città insieme alla piazza stessa
e al palazzo Gotico.
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VIA XX SETTEMBRE
(La Strä Drita), nota per i suoi balconi in ferro battuto, collega piazza Duomo e piazza
Cavalli in quanto era uso nel medioevo collegare con una strada dritta il simbolo del potere
politico con quello religioso. Fu rinominata via XX Settembre per forgiare la memoria
popolare sul ricordo della conquista di Roma da parte del Re d'Italia nel 1861. È
attualmente la via dello shopping per eccellenza, insieme al Corso Vittorio Emanuele (San
Raimond o, più recentemente, al Curs). In alcuni periodi storici era chiamata anche la Strä
di Urévas (la Strada degli Orefici) perché vi si trovavano diverse botteghe di oreficeria.
LA MUNTÄ DI RAT
E' la caratteristica scalinata che collega via Mazzini alla più bassa via San Bartolomeo
(San Burtlamé). Secondo la tradizione popolare, era detta "montata dei topi" perché questi
roditori l'avrebbero percorsa al fine di lasciare le zone cittadine più basse e adiacenti al Po
durante le alluvioni e le piene del fiume. In realtà è più probabile che l'etimologia sia
riconducibile a "montata ratta", espressione che stava ad indicare una ripida salita.
PORTA GALERA
Un tempo era un quartiere popolare del centro storico. I piacentini chiamavano così le parti
terminali di via Scalabrini e via Roma, con relative adiacenze, comprese nella parrocchia
di Sant'Anna. Oggi la zona è popolata da numerosi stranieri, specialmente da comunità
arabe e sudamericane.
PIAZZALE ROMA
Anche detta la Lupa è la vecchia porta nelle mura che volgeva in direzione di Roma. Il suo
soprannome deriva dalla colonna monumentale posta al centro della piazza sull'apice
della quale è scolpita la lupa, simbolo di Roma, con gli infanti Romolo e Remo. È situata
alla conclusione a sud di via Roma e via Scalabrini e segna l'inizio della via Emilia.
SANT'AGNESE
Quartiere, un tempo popolare, al limitare del centro storico che porta il nome della patrona
dei barcaioli, essendo un tempo la zona in cui i canali costruiti dai pescatori confluivano
nel fiume Po.
PIAZZA BORGO
Era il limite a ovest della vecchia città romana. Si formò quando nell'XI secolo con il
fenomeno dell'inurbamento arrivarono delle masse contadine dalla campagna sperando di
trovare fortuna. Non trovando posto in città, ancora delimitata dalle vecchie mura romane,
costruirono le loro case al di fuori del territorio urbano, case che furono poi inglobate dal
comune in seguito. Da questa piazza si diramano via del Castello, via Campagna e via
Taverna, tre delle strade considerate storiche dai piacentini.
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EVENTI E MANIFESTAZIONI
CENA BIANCA
In occasione del solstizio d'estate, il 21 giugno 2006, circa 250 persone hanno partecipato
alla prima "Cena Bianca" d'Italia. I partecipanti, ritrovatisi attorno alla basilica di
Sant'Antonino e tutti vestiti di bianco, portavano un mazzo di fiori e una candela ciascuno,
dello stesso colore. L'evento si ispira al "diner blanc" che si tiene ogni anno, lo stesso
giorno, a Parigi nei pressi della cattedrale di Notre Dame. Da allora viene organizzato ogni
anno.
FESTA DEL PATRONO
Il 4 luglio si festeggia il patrono della città, Sant'Antonino. In questa occasione si
incontrano l'autorità politica rappresentata dal sindaco, e quella religiosa rappresentata dal
vescovo cattolico, con il tradizionale dono del cero. Si tiene anche una fiera costituita da
un'imponente numero di bancarelle che occupano il Viale del Pubblico Passeggio dalle
prime luci dell'alba sino a notte.
FESTA DI SANTA RITA DA CASCIA
Il 22 maggio è celebrata la festa di Santa Rita da Cascia. L'importante evento per i
piacentini devoti alla "Santa della Rosa", è caratterizzato da una Messa nella "Chiesa dei
Cappuccini" (sul cui sagrato vengono distribuite ai fedeli rose benedette e gagliardetti
raffiguranti la Santa in preghiera) e da una lunga processione di auto per la benedizione,
che inizia al mattino e termina la sera tardi.
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REGGIO DI CALABRIA (RC)
DESCRIZIONE ARALDICA DELLO STEMMA
"D'azzurro al S. Giorgio in atto di ferire con la lancia il drago, sinistrato da una donzella
genuflessa in manto e corona reale, sormontata da raggi di luce uscente dal capo, il tutto
d'oro, con la scritta intorno allo scudo: Urbs Rhegina Nobilis Insignis Fidelissima Provincae
Prima Mater et Caput".
Decreto del 22 dicembre 1934.
COME ARRIVARE
In auto
Dal versante Ionico - Strada Statale 106
Dal versante Tirrenico Autostrada A 3 Salerno- Reggio Calabria. Uscita PORTO e si arriva
direttamente in centro. Se si prosegue dritto, invece in ordine si troveranno le uscite: Via
Lia, Cardinale Portanova, Spirito Santo, RC Centro, Modena, Gallina. Proseguire fino
all'uscita utile.
In treno
Stazione Centrale di Reggio Calabria
In aereo
Aeroporto dello Stretto: "Tito Minniti"
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CARATTERISTICHE GENERALI
La città si estende per 23 chilometri lungo le rive orientali dello Stretto di Messina e si
arrampica lungo le pendici dell'Aspromonte fino a 1708 m. del monte Basilicò.
Reggio, è il centro urbano più popoloso della Calabria, è situata all’ estremità meridionale
della penisola, tra le pendici dell’Aspromonte e la sponda orientale dello Stretto di
Messina. E' una zona fertile grazie al clima mite e alla ricchezza di acque, in cui si
sviluppano le colture dell’ulivo, della vite e degli agrumi, in particolare del bergamotto,
pianta che cresce esclusivamente nella fascia costiera che va da Reggio a Gioiosa Jonica.
Più volte rasa al suolo da catastrofici terremoti, ha sempre saputo rinascere dalle sue
rovine, costruendosi via via un’immagine proiettata nel futuro senza dimenticare mai la
propria storia. Una città singolare e luminosa le cui ricchezze architettoniche, artistiche e
ambientali ne fanno uno dei luoghi più interessanti del meridione.
PRODOTTI TIPICI
Patria di gran parte delle specialità della cucina calabrese, la gastronomia di Reggio è
infatti abbastanza varia. Pur risentendo di notevoli influenze da parte della cucina
napoletana e di quella siciliana mantiene, comunque, una sua tipicità, legata ai prodotti
della terra e del mare sul quale la città si affaccia.
Tra i primi piatti tipici: a pasta ca muddhica e chi lici, i maccarruni 'i casa cu ragù, i
vermicelli all'usu i Riggiu, a pasta 'ncasciata;
Tra i secondi di carne: u suffrittu, i bracioletti, u bruschettu, u fictu a' riggitana, i curcuci;
Tra i secondi di verdura: a parmigiana, a turtera 'i caccioffùli, i brocculi 'ffucati;
Tra i piatti di pesce ricordiamo: a turtera chi lici, i cutuletti 'i spatula, i custardeddhi 'mpanati
e fritti (=costardella molto simile alla più delicata aguglia), u pisci spata a riggitana, u
piscistoccu; Inoltre tra i pesci che si pescano in provincia di Reggio Calabria in presenza di
fondale sabbioso (Melito Porto Salvo) ed in Calabria (Soverato - Paola) va ricordato il
pesce Surice anche detto pettine (Xyrichthys novacula), simile alla sogliola da mangiare
infarinato e fritto.
Tra i dolci: i crispeddhi i Natali cu meli, cu zuccuru, ca licia o ca pumaroru sicca, i petrali i
Natali, u turruni gelatu, a pignolata, i cuddhuraci, i Pasca, le susumelle, le paste di
mandorla etc, la pastiera di pasqua ecc.
Sono della tradizione anche le frittole (i frìttuli), ossia tutte le parti del maiale che non si
usano per fare insaccati o salati come il muso, le orecchie, la pancia, le cotiche, i rognoni,
le costine, le ossa, i piedini, i gamboni ecc., cotti nel proprio grasso sugna per ore a fuoco
lentissimo. Anche i curcuci (sottoprodotto delle frittole).
Molte preparazioni della cucina calabrese sono legate alle festività. Così i petrali a Natale,
la pignolata a Carnevale, u soffrittu di capretto al Sabato Santo ed il capretto arrostito a
Pasqua, a pitta chi curcuci al Lunedì dell'Angelo e a pasta ncasciata a Ferragosto.
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STORIA
Reggio (Rhegion) fu fondata verso la metà dell'VIII secolo a.C. da coloni calcidesi. Nell'89
a.C. divenne municipium romano. Nel IV secolo d.C. divenne residenza del governatore
(corrector) della Lucania e del Bruzio.
Nel 61 d.C. San Paolo, nel corso dei suoi viaggi, fece tappa anche a Reggio. Subì il
saccheggio dei Visigoti di Alarico nel 410, l’assedio degli Ostrogoti di Totila nel 549. Per
più di cinque secoli rimase sotto il dominio dei Bizantini. Dal IX secolo, Reggio fu oggetto
di ripetute incursioni e razzie da parte degli Arabi di Sicilia. Nel 1060 Reggio fu conquistata
dai Normanni di Roberto il Guiscardo; venne istituito il primo arcivescovato latino. Nel
1267 posso sotto il dominio degli Angioini. Nel 1433 il re aragonese Alfonso il Magnanimo
conquistò Reggio. Nel 1502 ad opera del Gran Capitano Consalvo di Cordova fu
assoggettata al potere del re di Spagna, Ferdinando il Cattolico. È del 1543 il terribile
saccheggio ad opera del condottiero turco Khayr al-Din come nel 1594 un altro
saccheggio fu operato da Scipione Sinan Cicala. Passata sotto il governo dei Borbone, la
ripresa economica avvenne nel corso del ‘700.
Due tragici eventi segnarono però la storia di Reggio in questo periodo: l’epidemia di peste
del 1743 e il terremoto del 1783 che causo ingentissimi danni e dovette essere
praticamente ricostruita su progetto di Mori. Sotto il governo di Gioacchino Murat venne
istituito il primo Liceo cittadino e furono iniziate numerose opere pubbliche. Nel 1814
Reggio ritornò sotto il dominio borbonico. Il 2 settembre del 1947 scoppia la rivolta
antiborbonica, ma la reazione del governo fu durissima: morirono Domenico Romeo ed
altri, come Paolo Pellicano, Agostino e Antonino Plutino finirono in esilio. Il 21 agosto 1860
Reggio fu conquistata dai garibaldini. Il 28 dicembre 1908 Reggio venne devastata da un
altro terribile sisma e dal maremoto. Della ricostruzione, lenta e difficile si occupò
l'ingegnere Pietro De Nava e Giuseppe Valentino sindaco della città nel periodo compreso
fra 1918 al 1923. Sotto il governo fascista fu creata la "Grande Reggio" con
l’accorpamento di ben 14 comuni limitrofi ad opera del Potestà Giuseppe Genoese-Zerbi.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la città fu ripetutamente bombardata. Fino a quando
le truppe alleate non entrarono a Reggio. Il primo sindaco fu Antonio Priolo (dal 3
settembre al 27 dicembre 1943). Il 2 giugno 1946 a Reggio i maggiori consensi per
l’elezione dell’Assemblea costituente li raccolse la Democrazia Cristiana. Fra il luglio 1970
e il settembre 1971 esplosero in città dei moti di protesta poiché il Capoluogo di Regione
divenne Catanzaro. Dagli anni ‘60 in poi si delineò un fenomeno di emigrazione verso il
Nord Italia che si prolungò per tutti gli anni ’70. Negli anni ’80 la città attraverso una fase
difficile dovuta al ripercuotersi sul tessuto sociale degli eventi legati alla cosiddetta "guerra
di mafia" che seminò centinaia di morti e ad inchieste giudiziarie che coinvolsero le
amministrazioni comunali dell’epoca.
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DA VEDERE
DUOMO DI REGGIO CALABRIA
Cattedrale dell'arcidiocesi metropolitana, è l'edificio sacro più grande della Calabria. Ha
opere d'arte come le imponenti statue ai lati della scalinata di San Paolo e Santo Stefano
opera di Francesco Jerace, e la cappella del Santissimo Sacramento (monumento
nazionale) tra i maggiori esempi di barocco calabrese, le cui pareti sono rivestite di intarsi
marmorei policromi, provenienti dall'antico duomo.
CHIESA DEGLI OTTIMATI
Costruita nel X secolo, l'antica chiesa bizantina-normanna fu distrutta durante le invasioni
saracene e dai successivi terremoti, ma fu riedificata sul sito originario. Presenta al suo
interno e nella propria struttura gran parte delle architetture e delle opere artistiche
originali, integrate anche con quelle presenti nell'antica basilica normanna di Santa Maria
di Terreti. Tra queste spicca uno splendido pavimento a mosaico cosmatesco, ed una pala
dell'altare di notevole valore artistico raffigurante l'Annunciazione, opera di Agostino
Ciampelli.
CHIESA DELLA GRAZIELLA
E' una delle chiese più antiche della città ed è in stile Barocco calabrese. La chiesa fu
inaugurata il 29 marzo 1691, come testimoniato da una iscrizione su marmo, e sorge nel
quartiere di Sbarre. L'edificio, di modeste dimensioni, consta di tre corpi di fabbrica: la
chiesa, il campanile e la sagrestia. Dopo lunghi lavori di restauro, la chiesa è stata
restituita al culto il 30 aprile 2000.
CATTOLICA DEI GRECI
La chiesa rappresenta l'istituzione cristiana più antica della città. Le origini del tempio sono
legate al culto Cristiano-Ortodosso e per secoli rappresentò la Cattedrale della città. In
origine si trovava nei pressi di piazza Vittorio Emanuele II ma, dopo che il terremoto del
1783 la distrusse, fu riedificata nel 1876 nell'attuale sito posto nella parte alta del centro
cittadino. La chiesa, di stile neoclassico, ha pianta a croce latina e presenta tre navate,
delle quali la centrale termina con abside semicircolare. Di notevole importanza è il portale
bronzeo dorato sul quale sono rappresentate simbolicamente alcune scene della vita di
Gesù.
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TEATRO FRANCESCO CILEA
Intitolato al musicista di Palmi Francesco Cilea, è il teatro più grande della Calabria e
dispone di una grande sala di stile ottocentesco dalla forma a ferro di cavallo. Le linee
esterne sono ispirate all'architettura classica e riprendono i motivi e le forme
architettoniche dalle origini magnogreche della città. Nel secondo dopoguerra il Teatro
Cilea fu ampliato, divenendo così ancora più bello e funzionale. La prima esecuzione dopo
i lavori di restauro fu Il Trovatore di Giuseppe Verdi.
Terminati ulteriori restauri che lo hanno tenuto inattivo per lungo tempo, da alcuni anni il
Teatro Cilea è stato restituito alla città per proseguire la sua nobile tradizione artistica e
culturale.
ARENA DELLO STRETTO (O TEATRO SENATORE CICCIO FRANCO)
Teatro in stile greco, con vista dal lungomare Falcomatà sullo Stretto.
VILLA GENOESE ZERBI
Si trova sul lungomare Falcomatà ed è una villa in stile veneziano del XIV secolo, con
elementi decorativi e cromatismi molto evidenti.
Tra i più importanti centri d'arte della città, Villa Zerbi offre periodiche mostre artistiche e
d'architettura. E' inoltre sede espositiva della Biennale di Venezia nel sud Italia.
TORRE NERVI
Costruzione circolare opera dell'architetto Pier Luigi Nervi, che si staglia dal lido comunale
Zerbi situato sotto piazza Indipendenza in pieno centro cittadino.
Dopo aver attraversato un ventennio di degrado, la struttura è recentemente tornata ad
essere fruibile e ospita periodicamente iniziative artistico-culturali, tra le quali alcune in
collaborazione con l'Accademia di Belle Arti.
CASTELLO ARAGONESE
Di origine molto antica, la sua costruzione si ritiene anteriore all'invasione dei Goti di Totila
del 549. Punto strategico di difesa della città, fu dominio di Bizantini, Arabi, Normanni,
Svevi ed Angioini. Nel 1459 Ferdinando d'Aragona fece aggiungere le due torri cilindriche
merlate, che ne danno il caratteristico aspetto "aragonese", ora dichiarate monumento
nazionale.
Oggi il castello è una delle principali sedi espositive della città.
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MURA DELLA CITTÀ GRECA
Tra le poche sopravvissute fino ai giorni nostri, a testimonianza della vastità dell'antica
polis di Rhegion. Ne esiste ancora un tratto sul lungomare Falcomatà (sito archeologico
denominato "Mura Greche"), uno sulla Collina degli Angeli (che sembra essere la
testimonianza più antica risalente all'VIII secolo a.C.), ed uno sulla collina del Trabocchetto
(denominato "Parco Archeologico Trabocchetto"). Al momento è possibile visitare solo
quelle sul lungomare, risalenti al IV secolo a.C., che farebbero parte della ricostruzione
operata da Dionisio II di Siracusa, avvenuta dopo che la città fu espugnata dal padre
Dionisio I. Sono costituite da due file parallele di grossi blocchi di arenaria tenera.
Recentemente hanno ospitato rappresentazioni teatrali d'epoca classica.
IMPIANTI TERMALI DI EPOCA ROMANA
Rinvenuti da scavi effettuati sul lungomare, sono i ruderi di uno tra gli otto impianti termali
presenti in città in epoca Romana, con resti di pavimento musivo a piccole tessere bianche
e nere. Il sito denominato "Terme Romane" è tra le poche testimonianze giunte ai giorni
nostri del periodo in cui la città di Rhegium Julium fu Civitas Confoederata di Roma e
prosperoso Municipium dell'Impero Romano in Magna Grecia. Sembra infatti che l'area
interessata dall'impianto termale sia di gran lunga più estesa di quanto non sia la zona
visitabile del sito, rendendo l'impianto paragonabile per estensione alle Terme di
Diocleziano.
LUNGOMARE FALCOMATÀ
Il fronte a mare della città nel suo centro storico si sviluppa fra architetture stile liberty e
piante rare. Fu definito da Gabriele D'Annunzio "il più bel chilometro d'Italia",
probabilmente anche per via del miraggio della Fata Morgana che contribuisce a rendere
la passeggiata particolarmente suggestiva.
PIAZZA VITTORIO EMANUELE II (DETTA PIAZZA ITALIA)
La piazza è sempre stata importante centro politico-amministrativo della città. Era infatti
sede dell'agorà in epoca greca e sede del foro in epoca romana. L'attuale studio ed i
recenti scavi archeologici hanno portato alla luce resti di antiche costruzioni distribuite in
varie stratificazioni. Queste percorrono la storia della città dall'VIII secolo a.C. al XV secolo
d.C. (dai greci agli angioini), esempio probabilmente unico nel suo genere.
Dopo il terremoto del 1783, la piazza fu riprogettata dall'ingegner Giovan Battista Mori ed
ebbe varie denominazioni fino all'attuale toponimo di piazza Vittorio Emanuele II. Nel 1869
al centro della piazza fu collocato il Monumento all'Italia dello scultore Rocco Larussa e da
allora è identificata impropriamente dai reggini con la denominazione di Piazza Italia. Sulla
piazza si affacciano a nord il palazzo del Municipio (Palazzo San Giorgio), a ovest il
palazzo della Prefettura e a sud il palazzo della Provincia (Palazzo Foti).
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PIAZZA DE NAVA
È la piazza su cui dà il prospetto principale il Museo Nazionale della Magna Grecia ed è
intitolata al reggino Giuseppe De Nava, ministro del Regno d'Italia nel 1918 e nel 1921. Al
centro della piazza, adorna di palme e aranci, sorge una monumentale fontana a due
bocche, sormontata da una statua del ministro De Nava.
PIAZZA DEL CARMINE
Costituiva anticamente la porta d'ingresso sud della cinta muraria, attraverso la quale i
garibaldini entrarono in città. Sulla piazza si affaccia l'omonima Chiesa del Carmine, nel
cui interno si conserva un altare del 1787 in ricco stile barocco (appartenuto alla vecchia
cattedrale distrutta dal terremoto del 1908). Decorato con marmi di colore verde e giallo,
l'altare è sormontato da una nicchia e da un piccolo tempietto dove è conservata la statua
in legno della Madonna del Carmine. La piazza dopo il recente restauro è stata adornata
con una fontana artistica.
PIAZZA GARIBALDI
Al centro della grande piazza, cuore di un quartiere multietnico, sorge la maestosa statua
in marmo bianco di Carrara, opera di Alessandro Monteleone, raffigurante l'eroe dei Mille.
Sulla piazza si affaccia la Stazione Ferroviaria Centrale, costruita nel 1925, nel cui atrio
principale si trova un bassorilievo in ceramica dello scultore Michele di Raco che raffigura
la Fata Morgana.
PIAZZA SANT'AGOSTINO
Originariamente piazza Mezzacapo è oggi denominata Sant'Agostino per la chiesa
omonima che vi sorge, costruita nel 1937 in stile romanico-bizantino. Conserva un
interessante quadro di San Filippo e San Giacomo. Sulla piazza si affaccia inoltre la
Caserma Mezzacapo.
PIAZZA INDIPENDENZA
Nel cuore della città e del lungomare Falcomatà, ospita la Stazione Lido ed è il centro
nevralgico del traffico stradale reggino. La piazza è famosa in città per le vicissitudini della
sua fontana artistica, ricostruita numerose volte deludendo sempre le aspettative dei
reggini. Per questo è diventata simbolo delle originali scelte delle amministrazioni
comunali, quindi argomento di una poesia del poeta satirico reggino Nicola Giunta.
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LE "STRADE CANNOCCHIALE"
Sulla zona collinare del centro storico e nei pressi di Villa Nesci, dalla via Reggio Campi si
dipartono scalinate che giungono fino al lungomare Falcomatà.
Queste strade sono particolarmente caratteristiche e dotate di un singolare effetto ottico:
se dalla cima si osservano il mare e la Sicilia, si ha l'impressione che il panorama sia
molto più vicino di quanto in effetti non sia realmente, per questo motivo da molti reggini
esse sono chiamate "Strade Cannocchiale".
BRONZI DI RIACE
Sono tra i simboli della città e vengono esposti al Museo Nazionale della Magna Grecia. Si
tratta di due grandi statue che - secondo le più recenti ipotesi - raffigurerebbero due eroi
appartenenti al mito dei Sette contro Tebe (forse Tideo e Anfiarao o Eteocle e Polinice). I
bronzi sono statue di origine greca (o magnogreca) della metà del V secolo a.C., e
insieme all'Auriga di Delfi sono considerate le uniche testimonianze bronzee dei grandi
maestri scultori dell'arte classica in Grecia e Magna Grecia.
CIPPO MARMOREO A VITTORIO EMANUELE III
Opera di Camillo Autore, fu eretto in onore di Vittorio Emanuele III che vi sbarcò toccando
per la prima volta il suolo nazionale da sovrano il 31 luglio 1900, sorge sul "Molo di Porto
Salvo" antistante l'Arena dello Stretto.
MONUMENTO AI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE
Eretto sul Lungomare, fu inaugurato nel 1930 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III.
Il monumento, progettato dallo scultore locale Francesco Jerace (autore per altro de
L'Azione, celebre scultura del Vittoriano), è costituito da una statua in bronzo della vittoria
alata recante una spada e la palma del martirio, su una colonna rostrata.
Due statue in bronzo alla base rappresentano un antico guerriero bruzio, con un vistoso
scudo ed un fante armato su un cannone.
MUSEO NAZIONALE DELLA MAGNA GRECIA
È considerato uno dei più importanti musei della Magna Grecia. L'edificio del Piacentini è
ricco di collezioni archeologiche con numerosissimi reperti provenienti dalle antiche cittàstato nei siti della Calabria, Basilicata e Sicilia. Oltre ai famosissimi Bronzi di Riace, per i
quali è stato avviato l'iter per il riconoscimento dall'UNESCO come patrimonio mondiale
dell'umanità, il Museo di Reggio annovera tra i suoi pezzi più importanti: la testa del
filosofo, il Kuros di Reggio, la testa di Apollo, il gruppo dei Dioscuri, le tavole bronzee
dell'archivio del tempio di Zeus di Locri Epizefiri, le collezioni di pinakes, oltre a gioielli e
monete varie di diverse epoche storiche.
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PINACOTECA CIVICA
La nuova Pinacoteca si trova presso il Teatro Francesco Cilea. Comprende un
considerevole numero di opere di maestri quali Mattia Preti, Luca Giordano, Vincenzo
Cannizzaro, Giuseppe Benassai, Ignazio Lavagna Fieschi, Andrea Cefaly e Lionello
Spada. Vi si possono ammirare anche due tavolette di Antonello da Messina (Abramo
servito dagli angeli e San Girolamo penitente), frammenti architettonico-decorativi e
sculture in marmo ed oggetti di devozione privata e dipinti su tela e tavola, provenienti da
raccolte private e collezioni civiche e statali e risalenti a un arco di tempo compreso tra il
VII secolo ed il XIX secolo.
MUSEO DELL'ARTIGIANATO TESSILE, DELLA SETA, DEL COSTUME E DELLA MODA
CALABRESE
Illustra la storia dell'artigianato tessile in Calabria dal periodo greco fino al 1948. Oltre ai
tessuti vi sono i macchinari utilizzati per la lavorazione e campioni di materia prima
(cotone, lana, seta);.
MUSEO DI BIOLOGIA E PALEONTOLOGIA MARINA
La collezione documenta la storia del mondo animale e vegetale del passato e si compone
della sezione di paleontologia, comprendente reperti fossili catalogati per era geologica e
per tipi, e della sezione di Biologia marina, comprendente esemplari marini attualmente
viventi (conchiglie, invertebrati, pesci abissali dello Stretto).
MUSEO AGRUMARIO
Situato all'interno della Stazione Sperimentale per le industrie delle Essenze e dei derivati
dagli Agrumi (SSEA), ospita diversi macchinari utilizzati per l'estrazione del succo e delle
essenze dagli agrumi tra cui la Macchina da bergamotti "Gangeri", derivata dal modello di
Macchina Calabrese inventato nel 1840 da Nicola Barillà. Inoltre il museo ospita una
raccolta fotografica che illustra la coltivazione, la raccolta e la lavorazione del gelsomino e
la coltivazione del papavero da oppio.
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EVENTI E MANIFESTAZIONI
Festa di San Giorgio, il 23 aprile.
Arcobaleno Motor Show - Fiera Motoristica.
Reggio Estate - Il più bel chilometro d'Estate (Estate Reggina): Rappresenta, nelle sue
varie forme, un appuntamento fisso per i reggini. Il comune organizza, per tutta l'estate,
una serie di eventi culturali e di spettacoli.
Reggio Calabria Filmfest - retrospettiva sul cinema italiano: Si tiene ogni anno in
primavera e nasce dall'idea di mettere a confronto il cinema italiano di ieri e di oggi,
attraverso omaggi e retrospettive ad autori del passato e una vetrina sulle opere più
recenti, con alcune anteprime. Durante il corso del festival che dura alcuni giorni viene
attribuito il "Leopoldo Trieste Award-Città di Reggio Calabria" a due interpreti emergenti
del cinema italiano.
Concorso Ippico Città di Reggio Calabria: Si svolge a luglio.
Ecojazz: Rassegna estiva di jazz nazionale e internazionale, che da molti anni
rappresenta a Reggio un punto di riferimento nel cartellone degli eventi estivi. Si tiene
generalmente nel quartiere di Pellaro.
Catonateatro: Giunta quest'anno alla XXII edizione, è una rassegna di teatro e musica con
artisti del panorama nazionale ed internazionale. Si tiene da luglio a settembre all'Arena
Neri, nel quartiere Catona.
Festival dello Stretto : Nel mese di agosto, giunto alla VI edizione, è una rassegna etnicomusicale in cui, attraverso l'uso delle proprie lingue locali, innumerevoli artisti interpretano
vicende, usi e abitudini del territorio del Sud-Italia. Numerose sono infatti le partecipazioni
tra cui quelle di "Enzo Avitabile e i Bottari", i "Folkabbestia" e gli "Asteriskos" del "Womad"
di Peter Gabriel.
Regata di Ulisse: Un evento di sport e cultura che si svolge ogni anno alla fine di agosto
per cinque giorni, finalizzato al ricordo della Magna Grecia e del viaggio di Ulisse. Vi
partecipano enti locali da tutta Italia.
Festa Madonna (Festa di Maria Santissima Madonna della Consolazione)
Dal secondo sabato di settembre, per una settimana si festeggia in tutta la città. Si celebra
l'effige della Madonna con una caratteristica processione dalla basilica dell'Eremo alla
Cattedrale. Viene festeggiata tra le caratteristiche bancarelle, i luna park allestiti per
l'occasione e gli spettacoli.
Notte Bianca: Alla fine dell'estate, si svolgono una serie di spettacoli, intrattenimenti vari e
visite gratuite ai musei. Dura tutta una nottata.
Fiera di settembre. Esposizione Nazionale del Cane di Reggio Calabria: Si svolge a
settembre.
Mostra Nazionale del Canarino: Viene fatta a dicembre.
Palio di San Rocco: Competizione tra contrade in località Puzzi. Il Palio si corre a metà
agosto.
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