PROSPETTIVE PSICOLOGICHE NELLA CURA DEL DIABETE DI PAZIENTI IN ETÀ INFANTILE E GIOVANILE A cura di: Maria Cipriani, Psicologa-Psicoterapeuta L’insorgenza di una malattia cronica è un evento che altera e rompe i precedenti equilibri organici, psicologici e sociali: ciò determina una sensazione di progressiva perdita di salute e integrità, che può indurre nel paziente l’idea di diversità e solitudine La comparsa della malattia cronica comporta l’attivazione del processo di separazione dalla immagine corporea precedente e la creazione di un nuovo modello di integrità fisica e psichica, che deve comprendere anche la dimensione malata del proprio corpo. Le caratteristiche di cronicità del diabete e le notevoli ripercussioni psicosociali, fanno sì che un approccio globale e integrato verso il paziente sia da considerarsi una necessità fondamentale, soprattutto in ambito pediatrico. Le peculiarità fisiologiche, nutrizionali e psicologiche proprie dell’età evolutiva, infatti, rendono particolarmente difficile la gestione di tale malattia. In proposito studi su pazienti in età evolutiva affetti da diabete mellito rivelano l’esistenza di processi psichici che incidono sulla cura del diabete e che il team medico deve prendere in considerazione. Il diabete, inoltre, impone notevoli richieste sui pazienti in età evolutiva perché essi sono già impegnati nelle delicate situazioni psicologiche derivanti dallo sviluppo e pertanto l‘addizionale onere della patologia cronica può incidere negativamente non solo sull’efficacia del trattamento ma anche, più in generale sulla positività di tale percorso di crescita. Stanti queste premesse ne derivano tre importanti considerazioni: a) gli psicologi dovrebbero essere parte integrante del team interdisciplinare; b) le problematiche psicologiche conclamate in bambini e adolescenti ammalati e nelle loro famiglie dovrebbero ricevere la giusta attenzione da parte degli operatori specialisti dell’area psicologica; c) il team diabetologico dovrebbe ricevere un adeguato training finalizzato a riconoscere e affrontare in modo corretto le problematiche psicologiche legate al diabete. Aspetti psicologici nei bambini con diabete e nelle famiglie I risultati di alcune interessanti ricerche indicano che i bambini con diabete di tipo 1 sono a rischio di rilevanti problemi psicologici di adattamento durante la fase iniziale dopo la diagnosi. Le visite, i prelievi e le cure in genere rappresentano interventi che possono alterare significativamente la formazione della fiducia di base necessaria per la futura evoluzione dei soggetti diabetici. Per i genitori stessi, poi, la fragilità del proprio bambino, sia perché piccolo di età, sia per l’immaturità affettiva, rende l’esordio del diabete particolarmente drammatico. Le comuni reazioni del bambino e/o dei suoi genitori alla diagnosi comportano la necessità di una accurata riflessione. Esse riguardano: Ferita narcisistica. Il bambino e i suoi genitori vivono la malattia come una minaccia alla propria integrità psico-fisica e una ferita al senso di benessere. La malattia rappresenta un’esperienza di perdita per i genitori e per il figlio, e un attacco al senso di onnipotenza dei genitori stessi, con il conseguente sviluppo di forti vissuti di colpa. Reazione depressiva. La ferita narcisistica induce sentimenti di tipo depressivo e talvolta si arricchisce di vissuti rabbiosi. Spesso nei genitori si osservano una perdita del gusto della vita, un vissuto di vergogna rispetto alla condizione di malattia del figlio, significative limitazioni di vita connesse con la condizione della malattia cronica (si isolano socialmente), tendenza ad amplificare le possibili complicanze future del diabete. Nei bambini si può riscontrare un calo della prestazione scolastica, una maggiore irritabilità generalizzata, oppure l’insorgere di atteggiamenti regressivi, come il dormire nel letto dei genitori. Atteggiamento di rifiuto e negazione. Tale atteggiamento, molto pericoloso, consiste nel negare lo stato di malattia a vari livelli e banalizzare o addirittura trascurare la terapia quotidiana. Atteggiamento di aumento di dipendenza. L’atteggiamento iperprotettivo che hanno i genitori verso il figlio diabetico può rappresentare un fattore aggravante per il normale sviluppo psicologico del bambino, provocando, spesso, una condizione di immaturità affettiva e un difficile raggiungimento dell’autonomia dalle figure genitoriali. Nella crisi familiare legata all’esordio diabetico sono inevitabilmente coinvolti, laddove presenti, anche i fratelli e/o le sorelle, che possono percepire i genitori lontani affettivamente, in quanto troppo preoccupati e ansiosi per il figlio malato. Aspetti psicologici negli adolescenti con diabete e nelle famiglie Tutti gli aspetti di ordine generale riferiti all’infanzia si presentano in misura più accentuata nei soggetti in età adolescenziale. Infatti, quando i pazienti raggiungono l’adolescenza, la situazione si complica, per il malato, per la sua famiglia e per l’équipe curante. Occorre individuare nuovi approcci e nuovi linguaggi che non rispondano più soltanto ai problemi di ordine medico, ma tengano largamente conto dei fattori psicologici e sociali. L’adolescenza può essere definita come un periodo critico dello sviluppo biologico, psicologico e sociale. La malattia fisica, specie se cronica, può influire sui tre aspetti di questa maturazione in modi diversi che tuttavia si intrecciano tra loro, incidendo, anche, sul trattamento. I possibili effetti della patologia diabetica sullo sviluppo evolutivo possono essere distinti in: 1. Bio-psicologici La malattia cronica può rappresentare un’importante fonte di inquietudine durante l’adolescenza, poiché l’individuo si confronta con il problema del suo funzionamento e della sua identità sessuale. Da un lato si profilano interrogativi che riguardano l’eventuale ereditarietà e la trasmissione genetica; dall’altro possono sorgere dubbi sulla propria di mantenere relazioni stabili e soddisfacenti con persone dell’altro sesso. In letteratura esistono dati contrastanti in ordine alla possibilità che un adolescente con una patologia cronica possa avere (o meno) disturbi nel suo funzionamento psichico. Numerosi fattori, fortunatamente, sembrano poter mediare su tale effetto: il suo carattere, le sue risorse interne e il sostegno del contesto familiare e sociale nel quale vive, le modalità con cui la gestione della comunicazione della diagnosi e del trattamento viene condotta e le misure prese per favorire la sua crescita e la sua autonomia. 2. Psico-Sociali Nel periodo dell’adolescenza ogni individuo deve acquisire un’autonomia affettiva e costruire la sua identità e le sue relazioni sociali. L’adolescente con il diabete deve fabbricarsi un’immagine di sé a partire da un corpo che, nel suo funzionamento, è “carente”; il suo compito diventa così estremamente difficile. Alcuni autori hanno evidenziato come spesso la conoscenza che gli adolescenti hanno della loro malattia sia distorta o inibita, al fine di evitare l’ansia legata alla consapevolezza di essere colpiti da una patologia cronica, per dimostrare di poter vivere una vita sociale non gravata e condizionata da incombenze terapeutiche. In alcuni casi l’adolescente può comportarsi come se la malattia non gli appartenesse, o come se a non appartenergli fosse il suo stesso corpo. Le conseguenze più gravi di tali comportamenti sono quelle riguardanti l’accettazione della terapia e la sua conseguente gestione. 3. Terapeutici (gestione della terapia). Molte caratteristiche proprie dell’adolescenza, quali il gusto del rischio, un certo disprezzo del pericolo, la difficoltà a proiettarsi nell’avvenire e la propensione a vivere alla giornata, il bisogno di mettere alla prova il proprio corpo, di sperimentarsi sessualmente, di infrangere i limiti e di trasgredire le regole, di opporsi agli adulti, possono complicare la terapia del diabete. Tutte queste tendenze “fisiologiche”, in un modo o nell’altro, nel periodo dell’adolescenza diventano per i genitori, per i medici e per lo stesso giovane fonte di difficoltà. Alcuni adolescenti, e in alcuni casi i genitori stessi, mentono sulle condotte e falsificano il diario clinico. In questa modalità è anche inscritto, per esempio, il tentativo di rompere il legame di dipendenza dal medico e dai regimi terapeutici, affermando in tal modo autonomia e libertà. Considerazioni conclusive Le implicazioni psico-affettive del diabete e il rapporto bidirezionale fra salute fisica e psichica sono ampiamente documentati. Una malattia cronica come il diabete, insorta in età evolutiva, grava sullo sviluppo emozionale e rientra tra i fattori di rischio per lo sviluppo della personalità. Il perseguimento della salute dei soggetti in età evolutiva affetti da una malattia cronica come il diabete include il benessere psico- sociale individuale e familiare e una soddisfacente qualità di vita. In diabetologia pediatrica la figura dello psicologo clinico risulta fondamentale per affrontare le problematiche psico-relazionali del paziente e della sua famiglia, ma anche per indirizzare il team sanitario a saper individuare i problemi di quest’area e a sapersi dirigere nei comportamenti terapeutici. Diversi studi hanno mostrato l’efficacia di interventi psicosociali e comportamentali per bambini e adolescenti con diabete integrati con quelli medici. I risultati di questi studi indicano che procedure terapeutiche basate su tecniche quali la programmazione di obiettivi, il rinforzo positivo, contratti comportamentali, comunicazioni di sostegno alla famiglia, e un’adeguata condivisione della responsabilità, hanno migliorato significativamente il regime di aderenza alle prescrizioni terapeutiche e il controllo glicemico. I possibili obiettivi dell’intervento psicologico sono: 1. Sostenere nella gestione dell’impatto con la nuova diagnosi e nel disagio emotivo e psicologico che ne consegue; 2. Esplorare il significato che la malattia ha per ciascuno, tenendo conto delle diverse reazioni emotive; 3. Individuare bisogni, riconoscendo e dando voce a timori, convinzioni, sentimenti ed emozioni; 4. Identificare le risorse interiori disponibili e funzionali e quelle all’interno del nucleo familiare, favorendo il processo decisionale e l’adattamento alle condizioni imposte dalla malattia; 5. Promuovere una sufficiente accettazione della malattia stessa.