29-4-10

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Corso di laurea in Scienze dell’Educazione
A. A. 2009 / 2010
Istituzioni di Linguistica (M-Z)
Dr. Giorgio Francesco Arcodia / Dr.ssa Manana Topadze
([email protected] / [email protected])
1. La morfologia è necessaria?
“La presenza di morfologia (ossia di un componente morfologico ricco di
distinzioni esplicite) è distribuita in maniera molto ineguale nelle lingue del
mondo: questo fatto tuttavia non sembra aver nessuna conseguenza sulle
potenzialità comunicative di una lingua, sulla capacità di dare espressione a
qualsiasi contenuto. Le lingue senza o con poca morfologia funzionano
altrettanto bene, mettendo in gioco altri livelli, il livello sintattico e/o quello
pragmatico”
Giacalone Ramat, A., 2003, L’acquisizione della morfologia di italiano/L2: difficoltà e
strategie di sinofononi, in Banfi, Emanuele (a cura di), Italiano/L2 di cinesi, Milano,
Franco Angeli, p. 11)
Possibili spiegazioni per l’assenza / povertà della morfologia di L2:
 La morfologia è complessa, richiede sforzo mnemonico, presenta un
certo grado di arbitrarietà (it. il tavolo, la sedia; ted. der Stuhl, der
Tisch)
→ la morfologia può essere avvertita dagli apprendenti come una
complicazione non fondamentale per il successo della comunicazione
N.B.: la morfologia viene dimenticata “facilmente”
 La funzione della morfologia viene compensata con mezzi sintattici,
lessicali e pragmatici (ordine delle parole, pronomi soggetto espliciti...)
 Per gli apprendenti provenienti da alcune L1 (lingue cinesi, vietnamita,
etc.), lo sforzo è maggiore, in quanto è necessaria una “elaborazione
di categorie”, oltre all’apprendimento di superficie delle forme flesse
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2. Morfologia del nome nell’italiano/L2
La categoria del nome: “[i]l nome (N) è una parte del discorso normalmente
o prototipicamente dotata di funzione referenziale, che rimanda cioè a entità
del mondo extralinguistico (reale o no: ragazzo, albero, libertà, ippogrifo) o
anche linguistico (testo, morfema, diatesi), spesso entità tendenzialmente
stabili nel tempo (…) e potenzialmente suscettibili di divenire referenti
testuali, argomenti del discorso (…)”
(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura
di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p. 37)
→ il nome è la testa del sintagma nominale; in molte lingue, è caratterizzato
da categorie morfologiche (caso, numero) che possono essere “proiettate” su
altri costituenti
Il nome in italiano:
 numero
 genere
→ vari criteri (tendenziali) nell’assegnazione del genere: semantici,
mofologici, (mor)fonologici
Ess.:
genere naturale (il cantante, la gatta); campo semantico (mesi M, città
F, etc.); appartenenza alla classe flessiva (la recluta); suffissi
derivazionali (-zione F, -tore M); terminazioni “fossilizzate” (nomi
derivati dal greco in –ma M)
→ N.B.: due classi flessive (M –o, -i; F –a, -e) coprono il 70% del
lessico di base dell’italiano
 definitezza (articoli definiti vs. indefiniti)
→ l’articolo può essere l’unica marca del genere e del numero
nominale (lo stop, il parabrezza)
→ “Apprendere la morfologia nominale dell’italiano presuppone dunque
saper cogliere l’intreccio fra le tre categorie suddette, genere, numero e
definitezza, individuandone gli esponenti formali nell’input”
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(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura
di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p. 40)
→ un “lusso” che l’appredente non si può permettere nelle primissime
fasi dell’interlingua
Aspetti dell’apprendimento della morfologia nominale italiana:
 ogni nome dell’italiano ha un genere ed appartiene ad una classe
flessiva
 utilizzo dell’articolo per marcare la definitezza
 accordo (di genere e numero) tra il nome e alcuni target (articoli,
aggettivi…)
 paradigmi di forme flesse dei target del nome
Fattori di difficoltà nell’apprendimento:
 relativa arbitrarietà nel’assegnazione del genere
 scarsa salienza percettiva delle desinenze di genere e di numero e
degli articoli
 espressione di numero e genere mediante morfi cumulativi
 omonimia tra morfi (grande vs. belle)
 eventuale assenza o diversa configurazione di genere, numero e
definitezza nella L1 (cf. 1)
2.1 Alcuni dati sull’apprendimento del genere in italiano/L2
Riconoscimento dell’appartenenza di genere dei nomi: non viene raggiunta
da alcuni soggetti (ad es., persianofoni), nemmeno dopo un anno e mezzo di
esposizione all’italiano → ma la loro interlingua gli consente comunque di
comunicare con italofoni
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Errori / imprecisioni nelle desinenze nominali:
 forme prive di vocale finale (pròblem, ànimal, giorn, mel)
 sovraestensione di –a senza valore di genere (uoma, filma, corpa,
agosta, specchia)
 sovraestensione di –o (bicchiero, zuppo, polvero)
 sovraestensione di –e (soprattutto persianofoni; salade, telefòne)
→ scarsa salienza fonica delle desinenze vocaliche italiane
Principi nella scelta delle terminazioni:
 ipercaratterizzazione di genere (problemo, moglia, meso, madla,
collego)
 interferenza di L1 (limona < Zitrone, piazzo < Platz, barco < Boot)
→ tendenza verso il paradigma dominante (M –o, F –a)
Incidenza degli errori nell’assegnazione del genere (I e II classe, scelta
dell’articolo singolare appropriato):
Persianofoni (69%) > anglofoni (60%) > tedescofoni (51%) > francofoni (37%)
→ gli apprendenti con L1 priva di genere (o con genere meno pervasivo)
commettono più errori di assegnazione con i nomi “facili”, più trasparenti
per genere
(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura
di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p. 45)
Regola di base di assegnazione del genere nell’interlingua:
–o = maschile; -a = femminile
→ estensioni “devianti”: le cane, lo gatto (persianofoni)
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Confronto con italofoni (preadolescenti) sull’assegnazione del genere a nomi
inesistenti: gli apprendenti sbagliano più frequentemente, ma “la graduatoria
di affidabilità delle terminazioni, interpretate come indizi di genere, è simile
a quella dei nativi italofoni”
(a) -o M, -essa F, -ina F (2-4% di errori nei nativi, 0% negli apprendenti!!)
(b) -tà F, -tore M, -one M (4-7% vs. 25-36%)
(c) –iere M, -trice F (9-10% vs. 45-58%)
→ la terminazione –a causa, in proporzione, meno errori negli apprendenti
(cf. “Regola di base”)
→ debolezza del criterio semantico di assegnazione del genere nelle
interlingue (soprattutto anglofoni e persianofoni): il donna, una uomo, il
moglie
→ Sequenza di produttività dei criteri di assegnazione:
criteri (mor)fonologici > criteri semantici (>) criteri di morfologia
derivazionale
(Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat, Anna (a cura
di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p. 46-7)
→ cf. italiano/L1
2.2 Alcuni dati sull’apprendimento del numero in italiano/L2
La categoria del numero è più diffusa rispetto a quella del genere nelle
lingue del mondo:
“Se una lingua ha la categoria del genere, ha sempre la categoria del
numero”
(Universale 36 di Greenberg)
→ nomi marcati per il plurale attestati sin dalle prime registrazioni
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Aspetti dell’acquisizione del numero:
 utilizzo di plurali inanalizzati (memorizzati dall’input): un mesi,
quetto piatti, pom anni nova (sinofoni)
 strategie lessicali: due settimana, due o tre ola, due amica
→ interferenza negativa di L1 cinese e persiano
 prevalenza del morfo –i
→ semplificazione del paradigma
 problemi di codificazione sovrapposta numero-genere: personi¸ donni,
ponte
 differenze tra i vari gruppi di apprendenti: incertezza nella flessione
presso i persianofoni, discreta padronanza di anglofoni e tedescofoni
(dopo 4-6 mesi)
→ la flessione di numero comincia a strutturarsi in periodi diversi a
seconda della L1 e dell’età (da un mese a un anno dall’inizio
dell’esposizione)
2.3 Fasi dello sviluppo della morfologia nominale
(1) Fase pragmatica
(2) Fase lessicale
(3) Fase (proto-)morfologica
(4) Fase morfosintattica
→ pronome tonico di 3° sg. > art. det. (>) art. indet. > aggett. attr. > aggett.
pred. (>) part. pass.
(adattato da: Chini, M. & Ferraris, S., 2003, Morfologia del nome, in Giacalone Ramat,
Anna (a cura di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p. 66)
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3. Il verbo nell’italiano/L2
“Qualsiasi enunciato, anche il più semplice, ruota attorno alla categoria del
verbo: espresso o non espresso – realizzato cioè mediante morfi che rinviano
a morfemi riferentisi a precise categorie nozionali (tempo, modo, aspetto,
diatesi, persona, numero, genere) oppure “cancellato” superficialmente dalla
catena morfo-sintattica (come avviene, ad esempio, in modo evidente nelle
frasi nominali; che bella giornata, tutti a casa) – il verbo funge comunque
da nucleo della predicazione”
Caratteristiche generali dei verbi italiani:
 struttura relativamente regolare, buon indice di trasparenza
 notevoli fenomeni di allomorfia e suppletivismo
 opposizioni basate sulla posizione dell’accento: pòrto vs. portò; lìbero
vs. liberò
 variabilità della posizione dell’accento (nelle forme rizotoniche): invì-to, de-scrì-vo vs. cà-ri-co, mè-ri-to
 presenza di verbi “complessi”: entrarci, starci, farcela, prendersela,
andarsene, andare dietro, fare fuori
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3.1 Le tappe del processo di apprendimento della morfologia verbale
Tratti caratteristici delle varietà di apprendimento iniziali:
Varietà
Prebasica
Basica
Postbasica
Categorie
grammaticali
nessuna
predicato e
argomenti
nomi, verbi
Morfologia
nessuna
forma base
dei verbi
verbi e nomi
flessi
Organizzazione dello
enunciato
pragmatica
semanticosintattica
sintattica
Dipendenza dal
contesto
estrema
minore
bassa
(adattato da: Banfi, E. & Bernini, G., 2003, Il verbo, in Giacalone Ramat, Anna (a cura
di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p.84; cf. anche Klein, W. & Perdue, C., 1992,
Utterance Structure. Developing Grammars Again, Amsterdam-Philadelphia, John
Benjamins)
Sequenza di apprendimento di tempi e modi del verbo italiano:
Presente (e Infinito) > (Ausiliare) Participio Passato > Imperfetto >
Futuro > Condizionale > Congiuntivo
Strategie (non morfologiche) di espressione di tempo, modo e aspetto:
(1) Mantenimento del riferimento temporale instaurato dall’interlocutore
\IT\ che cos’hai fatto?
\HG\ che +++ ehm + in – casa + che + là fuori ++
che +++ che lavoro lavore che + eh + che
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\IT\
<come si chiama> che la – borta che lavora sì là
mmh che sta
ah ho capito – hai liberato la porta di casa – hai spalato la neve
(adattato da: Banfi, E. & Bernini, G., 2003, Il verbo, in Giacalone Ramat, Anna (a cura
di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p.85)
(2) Riproduzione iconica della successione reale degli eventi descritti
(“principio dell’ordine naturale”)
\IT\ e poi fino a Khartum come sei arrivato?
\MK\ fino Khartum – eh, uno uno omo – americano – “questo qua (e)
mio figlio, mio figlio, eh, Milano” eh (la) l’uomo – adesso c’è
Amereca”
(3) utilizzo di elementi lessicali, anche con valore locativo, per esprimere il
riferimento temporale
\TU\ io cina fa tècnica di labolatolio ++ lavolare
benissimo + giusto? ++ più belo + più classe +
più su ++ qua fa cameriere ++
no mi piace ++ brutto
→ le strategie possono sovrapporsi
→ sequenza dei mezzi di espressione della temporalità:
Discorsivi (contesto/ordine naturale) > Lessicali > Grammaticali
(3bis) utilizzo di elementi lessicali anche per esprimere valore modale
\AB\ io (vol se) i carabinieri forse + hanno + trovarmi
voglio dire/dirle
‘Se i carabinieri mi trovassero, direi loro’
(ess. adattati da: Banfi, E. & Bernini, G., 2003, Il verbo, in Giacalone Ramat, Anna (a
cura di), Verso l’Italiano, Roma, Carocci, p.86-8)
Sviluppo dell’espressione delle categorie di aspetto, tempo e modo:
aspetto > tempo > modo
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