Relazione Finale

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LABORATORIO DI RICERCA
PER IL CURRICOLO VERTICALE
DI MATEMATICA
RELAZIONE FINALE 2005/2006
IL GRUPPO DI RICERCA
Il gruppo di ricerca è al secondo anno di attività ed è così composto:
• 2 insegnanti Scuola Infanzia
• 15 insegnanti Scuola Primaria
• 3 insegnanti Scuola Secondaria primo grado
Per un totale di 20 insegnanti compresa la figura strumentale.
GLI ESPERTI
Hanno contribuito all’attività del gruppo i seguenti esperti:
• Prof. Ivan Casaglia docente di Scuola secondaria di secondo grado
• Prof. Sandra Vannini docente Scuola secondaria di primo grado.
GLI INCONTRI
Gli incontri sono stati complessivamente otto di cui sei coordinati dal Prof. Canaglia e
due dalla Prof. Sandra Vannini.
GLI ALUNNI COINVOLTI NELL’ATTIVITA’ DI INNOVAZIONE DIDATTICA
Alunni coinvolti
nell’attività
didattica progettata
dal gruppo
Infanzia
Primaria
Secondaria
39
468
200
Totale alunni iscritti
RIFLESSIONI
Nel progetto……sulla costituzione del laboratorio di ricerca sul curricolo di matematica si legge:
“ La matematica deve essere concepita non più come disciplina normativa, fatta di regole già
precostituite e solo da trasmettere , ma come uno strumento per pensare e per interpretare la realtà
che ci circonda “
Perseguire questo obiettivo significa riuscire a progettare una reale innovazione curricolare
nell’insegnamento della matematica, dalla scuola dell’infanzia a tutto l’arco della scuola secondaria
inferiore permettendo a ciascun docente di coordinare il proprio sforzo con quello degli altri e di
creare una CONTINUITA’ SIGNIFICATIVA nell’insegnamento di questa disciplina nei diversi
ordini di scuola.
Per far questo dobbiamo ripartire da loro , dai ragazzi e preoccupandoci, davvero, di considerare
costantemente come centrale il soggetto che apprende. Porre il soggetto che apprende al centro del
processo di apprendimento significa sostanzialmente riuscire a costruire un progetto di istruzione
che individui percorsi formativi caratterizzati da adeguatezza cognitiva ed affettiva, condotti con
didattiche coinvolgenti e motivanti , in ambienti scolastici organizzati e attrezzati, cioè tali da
consentire lo svolgersi di un’azione didattica che realizza una scuola di qualità per tutti.
Senza adeguatezza cognitiva dei contenuti proposti agli alunni non ci può essere nessun incontro
significativo fra l’alunno e il sapere, per il semplice motivo che non ci si può interessare a ciò che
non siamo in grado di comprendere, su cui non sia possibile, cioè, effettuare le operazioni mentali
di pensare, di ragionare e quindi, di capire che cosa significa veramente capire. Adeguatezza
cognitiva dei contenuti che , almeno in tutta la scuola dell’obbligo dai 3 ai 14 anni ( mi piacerebbe
poter considerare scuola dell’obbligo anche la scuola dell’infanzia!!)devono essere trattati con una
didattica laboratoriale, costruttiva, che, partendo dall’esperienza concreta, offra ad ognuno la
possibilità di costruire conoscenze significative.
I ragazzi costruiscono dentro se stessi quello che sperimentano, ovvero acquistano conoscenza
attraverso l’esperienza; termine che si contrappone ad una scuola che si riferisce esclusivamente
alla parola o meglio alla trasmissione del sapere da parte dell’insegnante e dei manuali
Ma anche il significato del termine esperienza riferita all’ambito strettamente didattico deve essere
analizzato e compreso a fondo. Dobbiamo, davvero, attribuire valore a qualsiasi esperienza in
quanto tale? …” Ma esperienza ed esperimento non sono idee ovvie di per se stesse………
dobbiamo comprendere che cosa è l’esperienza. Credere che ogni educazione autentica proviene
dall’esperienza non significa già che tutte le esperienze siano genuinamente e parimenti
significative.
………il problema centrale di un’educazione basata sull’esperienza è quello di scegliere il tipo di
esperienze presenti che vivranno fecondamente e creativamente nelle esperienze che seguiranno.
……….Fino a che l’esperienza non è concepita in modo che quello che ne risulta sia un piano che
permetta di decidere circa la materia di studio, i metodi di istruzione e di disciplina, l’arredamento
materiale e l’organizzazione sociale della scuola, essa è campata in aria.”(Dewey- Esperienza e
Educazione – La Nuova italia)
L’esperienza che Dewey ci propone è quindi un’idea di esperienza profondamente progettata
all’interno di un piano dove “…..ogni esperienza dovrebbe in qualche modo preparare l’individuo
ad esperienze posteriori più profonde e più ampie. E’ questo il vero significato di crescenza,
continuità,ricostruzione dell’esperienza”(op.citata).
Siamo ben lontani dalla casualità, dallo spontaneismo, siamo di fronte alla necessità di realizzare un
piano, un progetto di istruzione estremamente complesso che non lascia niente al caso, ma studia
ogni aspetto della complessità del fare scuola quotidiano, dalla scelta dei contenuti alla loro
traduzione in percorsi didattici condotti con metodologie significative, dalla individuazione di
opportune modalità relazionali alla costruzione di ambienti di apprendimento adeguati.
E tutto questo nel rispetto dei tempi dei ragazzi che non solo hanno tempi personali di operatività in
un dato lavoro, ma hanno principalmente tempi personali di integrazione dei concetti. Emma
Castelnuovo sottolineava “ Lasciate ai ragazzi il tempo di perdere tempo” nel seno di garantire
loro l’opportunità di costruire soluzioni, anzichè far loro usare soluzioni già pronte il che è come
dire dare loro il tempo per riflettere, per pensare, per ipotizzare, per operare con la mente per
arrivare a capire e, quindi, a costruire conoscenze sicure. La questione del tempo è cruciale ed è un
assillo ben noto: i maestri si pongono il problema della preparazione dei ragazzi per la scuola
media, i professori della scuola media si preoccupano per il passaggio alla scuola superiore e
addirittura i professori della scuola media superiore pensano al passaggio all’Università e
paradossalmente non si accorgono di porre l’attenzione su un falso problema evitando così di
concentrare le energie sul vero problema e cioè il soggetto che apprende e quindi il potenziamento
delle sue strutture cognitive e l’apprendimento dei concetti. Dobbiamo avere la consapevolezza ch
la maturazione dei concetti è lenta e non ammette scorciatoie.
Le buone pratiche
Quando usiamo questa espressione “buone pratiche” a che cosa ci riferiamo?
Si dice che le “buone pratiche” siano diffuse, ma su quali aspetti del fare scuola incidono
prevalentemente? Coinvolgono le attività extracurricolari o si riferiscono alle discipline
fondamentali?
Se per buone pratiche si devono intendere percorsi di innovazione didattica credo che, finora, siano
ben poche le scuole che hanno tentato di innovare l’insegnamento delle discipline fondamentali.
Molta innovazione, invece, si è inserita nella dimensione extracurricolare, spesso anche orientata ad
offrire spazi alternativi di valorizzazione agli alunni in difficoltà. Ancora oggi si ascoltano nei
colloqui fra gli insegnanti frasi del tipo: “Dobbiamo progettare il corso di teatro o quello di
fotografia perché è l’unico modo per coinvolgere e valorizzare chi è in difficoltà “. E questo già
nella scuola primaria e secondaria di primo grado!!!!! Possibile che non si riesca a renderci conto
della gravità di quanto affermiamo……Con frasi simili….quanti ragazzi abbiamo già escluso
valutandoli inadatti all’acquisizione di un sapere disciplinare significativo, quanti ne abbiamo
praticamente bocciati già in corso d’anno?.
Non ci viene neanche in mente che possa essere la scuola e la tradizionale proposta enciclopedica e
trasmissiva dei saperi fondamentali la causa dell’insuccesso scolastico di molti, le responsabilità
sembrano sempre essere esterne alla scuola individuabili nel ragazzo, nella famiglia, nel contesto
socio culturale…..Non riusciamo a pensare che l’innovazione possa e debba coinvolgere le
discipline fondamentali anziché l’extraccurricolare: siamo pronti ad aprire le porte ai laboratori più
disparati: scacchi, ceramica, fotografia,…….ma non riusciamo a pensare che possa diventare
interessante, motivante e appassionante lavorare sulle frazioni, sul peso, sul volume…sulla
solubilità, sui passaggi di stato……per citare alcuni dei contenuti fondamentali del curricolo di
scienze e matematica. Diamo per scontato che le discipline debbano rimanere così come sono e non
possano essere cambiate e da questo assunto deriva che la loro difficoltà non è, purtroppo,
accessibile a tutti
Ma parlare di una scuola di qualità per tutti non è questo!!!significa porsi nell’ottica della
complessità e lavorare ad una idea di scuola che sappia incidere contemporaneamente su tutti gli
aspetti cruciali del fare scuola quotidiano e non soltanto su alcuni di questi: non solo, ad esempio,
sull’extracurricolare e neanche sulle metodologie trascurando la scelta dei contenuti, non solo sulla
relazionalità senza preoccuparsi di coinvolgere i ragazzi in un serio e rigoroso percorso di
costruzione di conoscenze significative, non solo sulla presenza nella scuola di strumentazioni
innovative o di ambienti ben attrezzati mantenendo sostanzialmente inalterata la proposta didattica
curricolare
In quest’ottica quando possiamo parlare di buone pratiche di insegnamento apprendimento? o
meglio, ha senso parlare di buone pratiche quando queste non si inseriscono in un piano che tenga
conto di tutti gli aspetti sopra menzionati?
Questo non significa che il complesso lavoro di innovazione didattica non debba avvenire per gradi,
ma avendo ben chiaro il modello di scuola a cui tendere. Avendo ben chiaro che una scuola di
qualità che riesce, veramente , ad includere e ad appassionare è una scuola che dà valore al lavoro
quotidiano e, quindi, alla sua progettazione cioè alla ricerca didattica disciplinare per la costruzione
di piani, progetti, curricoli disciplinari che sappiano individuare con chiarezza il che cosa e il come
si insegna nelle diverse fasce di età. Ho parlato di curricoli disciplinari , non a caso, volendo
sottolineare che il lavoro quotidiano è sempre prevalentemente disciplinare ed è con il curricolo
delle diverse discipline che dobbiamo confrontarci: con il curricolo di lingua, di matematica, di
storia, di scienze……. per rendere le discipline stesse appassionanti per tutti.
Se di buone pratiche si deve parlare, queste devono essere tali da produrre dei cambiamenti
significativi nell’apprendimento dei ragazzi.
L’innovazione dell’extracurricolare, l’unica che finora ha interessato massicciamente ogni ordine di
scuola quali cambiamenti significativi ha veramente prodotto?
Si è aggiunta alla scuola che conta e che determina l’andamento scolastico degli alunni, ma non ha
certo inciso su questo. Si è trattato spesso di esperienze sicuramente gradevoli e anche stimolanti in
sé…. ma che non costituiscono un tutto ben saldo. L’energia allora si dissipa e l’attenzione si
disperde. Le singole esperienze possono essere vive e interessanti e, tuttavia la sconnessione fra le
parti può generare artificialmente abiti dispersivi, disintegrati.…..(Dewey op. cit.)
Il teatro, la fotografia………possono essere strumenti di grande rilevanza se inseriti all’interno di
un piano, di un curricolo che individui quando e come collocarli nell’insegnamento della lingua,
dell’arte………..alle diverse età.
Quel che conta è l’innovazione nell’insegnamento delle discipline fondamentali
Occorre che le energie degli insegnanti si orientino verso l’innovazione curricolare disciplinare.
Occorre che per ogni disciplina ci si pongano i seguenti interrogativi:
Quali sono i nuclei fondanti? come devono essere affrontati nei diversi ordini di scuola tenendo
conto dei bisogni cognitivi e affettivi dei ragazzi ? e se vogliamo che l’alunno sia davvero il
protagonista nella costruzione del proprio sapere con quali metodologie devono essere proposti ?
con quale progressione? con quali approfondimenti a spirale nei diversi anni ?. Questi interrogativi
obbligano ad una complessa riflessione sull’epistemologia delle singole discipline che deve, poi,
interagire con altri ambiti del sapere, la pedagogia, la psicologia dell’apprendimento la sociologia
dell’educazione i cui contributi sono indispensabili perla costruzione di piani di istruziione dove il
processo di formazione individuale diventa una spirale senza fine……”…Ancora una volta fa parte
ella responsabilità dell’educatore di tener presenti due cose ad un tempo: in primo luogo che il
problema nasca dalle condizioni dell’esperienza presente e si contenga entro il raggio della
capacità degli alunni; in secondo luogo che esso sia di tal natura da suscitare nell’educando una
richiesta attiva di informazioni e da stimolarlo a produrre nuove idee. I nuovi fatti e le nuove idee
che si ottengono in tal modo diventano la base per ulteriori esperienze che danno origine a nuovi
problemi. Il processo è una spirale senza fine” ( Dewey op. cit.). La complessità di quanto delineato
impone ad ogni scuola, la responsabilità di costituirsi come luogo di ricerca didattica disciplinare e
ad ogni collegio docenti l’obbligo di assumersi la responsabilità del processo di insegnamento
apprendimento di tutti gli alunni non uno di meno. Lart. 6 del d.p.r./99 offre ad ogni scuola questa
possibilità, , ma pochissime scuole l’hanno raccolta:
Certo non si tratta di un impegno che possono gestire i singoli insegnanti da soli, si tratta di
costituire veri e propri gruppi di ricerca disciplinare che operano all’interno delle singole scuole,
dell’infanzia, elementare, media, superiore che si pongono l’obiettiva di fare ricerca didattica per
favorire in ogni alunno un incontro significativo con il sapere disciplinare.
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