Atto secondo - Comunicati.net

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PARMADANZA 2007
Teatro Regio di Parma
mercoledì 2 maggio 2007, ore 20.00 turno A
giovedì 3 maggio 2007, ore 20.00 turno B
HAMBURG BALLETT JOHN NEUMEIER
A Cinderella Story
Teatro Regio di Parma
venerdì 11 maggio 2007, ore 20.00 turno A
sabato 12 maggio 2007, ore 17.00 turno B
ENSEMBLE DI MICHA VAN HOECKE
La Regina della Notte
Teatro Regio di Parma
mercoledì 16 maggio 2007, ore 20.00 turno A
giovedì 17 maggio 2007, ore 20.00 turno B
venerdì 18 maggio 2007, ore 20.00 fuori abbonamento
BÉJART BALLET LAUSANNE
Le Presbytère
n’a rien perdu de son charme,ni le jardin de son éclat
Teatro Regio di Parma
mercoledì 23 maggio 2007, ore 20.00 turno A
giovedì 24 maggio 2007, ore 20.00 turno B
prima nazionale
ZÜRCHER BALLETT
In den Winden im Nichts
Teatro Regio di Parma
martedì 29 maggio 2007, ore 20.00 turno A
mercoledì 30 maggio 2007, ore 20.00 turno B
giovedì 31 maggio 2007, ore 20.00 fuori abbonamento
CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA
La Bella addormentata nel bosco
Teatro Regio di Parma
mercoledì 2 maggio 2007, ore 20.00 turno A
giovedì 3 maggio 2007, ore 20.00 turno B
HAMBURG BALLETT JOHN NEUMEIER
Direttore John Neumeier
A Cinderella Story
Coreografia John Neumeier
Musica Sergej Prokof’ev: Cinderella op. 87, Sogni op. 6, Schizzi Sinfonici “Autunnali” o p.8
Scene e Costumi Jürgen Rose
Luci Max Keller
La Cenerentola di Sergej Prokof’ev, che fu composta durante la Seconda Guerra Mondiale, è uno dei
più popolari balletti-fiaba del Novecento.
Per il compositore russo, tuttavia, Cenerentola fu più di un semplice carattere fiabesco. Per Prokof ’ev
ella rappresentava un essere umano vivo, con veri sentimenti e un destino toccante. Nel 1992 John
Neumeier creò un’affasciante nuova interpretazione di questo classico del balletto. Enfatizzando la
qualità mitica della storia, e tratteggiando nello stesso tempo caratteri umani e situazioni credibili,
Neumeier, si è spinto oltre le tradizionali interpretazioni di Cenerentola.
JOHN NEUMEIER
Dal 1973 John Neumeier è Direttore e Coreografo Principale dell’Hamburg Ballett e dal 1997 è
Ballettintedant, ossia Sovrintedente del Balletto.
È nato nel 1942 a Milwaukee, Wisconsin, negli Stati Uniti, dove riceve la sua prima formazione di
danza. Continua a studiare balletto sia a Copenhagen che alla Royal Ballet School di Londra. Consegue
il Bachelor of Arts in Letteratura Inglese e Studi Teatrali alla Marquette University, Wisconsin. Nel
1963 viene scoperto a Londra da Marcia Haydée e Ray Barra, che inducono John Cranko a scritturarlo
allo Stuttgart Ballett, dove arriva a diventare danzatore solista, e dove crea i suoi primi lavori
coreografici. Nel 1969 Ulrich Erfurth nomina Neumeier Direttore del Balletto a Francoforte: le sue
prime creazioni fanno subito sensazione, soprattutto le nuove interpretazioni di classici del balletto
quali Lo Schiaccianoci, Romeo e Giulietta e Dafne e Cloe. Nel 1973 August Everding lo chiama ad Amburgo.
Sotto la sua direzione l’Hamburg Ballett diviene una delle compagnie di danza più importanti della
scena tedesca, e riceve subito riconoscimenti a livello internazionale.
Come coreografo, Neumeier si orienta sin dagli esordi verso la forma del grand ballet, a serata intera,
con uno spirito di conservazione e rivitalizzazione insieme della tradizione. Lo si è visto in particolare
nelle sue versioni rivisitate dei classici dell’Ottocento. Per le sue nuove creazioni ha cercato una propria
forma narrativa, che ha dato i suoi esiti in titoli quali La saga di Re Artù; in una serie di balletti di
argomento shakespeariano che comprendono Sogno di una notte di mezza estate, Amleto, Otello, Mozart e temi
da Come vi piace; in balletti di ispirazione letteraria creati per Marcia Haydée come La signora delle camelie e
Un tram chiamato desiderio, o il suo adattamento del Peer Gynt di Ibsen. Opere importanti sono anche i
balletti-fiaba, quali A Cinderella Story e Undine, così come la sua interpretazione del poema epico omerico
Odyssey, la cui prima mondiale ha avuto luogo ad Atene nel 1995. Nel 1997 ha creato Sylvia per il
Balletto dell’Opera di Parigi, ed quello stesso anno l’Hamburg Ballett ha incluso questo titolo nel
proprio repertorio. L’American Ballet Theater ha rappresentato la prima mondiale del suo balletto
Getting Closer nel 1999, ed il Tokyo Ballet, nel febbraio 2000, ha messo in scena in prima assoluta Seasons.
The Colors of Time. John Neumeier ha ricevuto speciali consensi in tutto il mondo per le sue coreografie
sulle Sinfonie di Gustav Mahler, sulla Passione secondo Matteo di Bach, sul Requiem di Mozart e il Messiah di
Händel. Altre creazioni di grande importanza sono state Nijinskij e una nuova produzione di Giselle nel
2000, e i suoi balletti più recenti: Winterreise (dicembre 2001), Il gabbiano (giugno 2002), Préludes CV
(giugno 2003) e Morte a Venezia (dicembre 2003). John Neumeier ha anche curato regie di opere e
musical: all’Opera di Stato Bavarese Otello di Verdi, all’Opera di Amburgo Orfeo ed Euridice di Gluck e
West Side Story e On the Town di Bernstein.
I suoi Ballet Workshop (ossia le lezioni-dimostrazioni in cui vengono presi in analisi vari aspetti
dell’attuale repertorio, oppure temi più generali sulla danza) godono di grande popolarità in Germania.
Nel 1978 Neumeier ha ricevuto la “Telecamera d’oro” per una serie televisiva in quattro parti registrata
dalla NDR (Radio della Germania del Nord). Quattro workshops sono stati prodotti per la televisione
nel 1981. Inoltre, la televisione tedesca ZDF e la radio tedesca NDR hanno registrato quattro delle
produzioni di balletto di Neumeier: Terza Sinfonia di Gustav Mahler, Wendung (sul Quintetto d’archi in do
maggiore di Franz Schubert), Scene di infanzia e Otello. La sua versione cinematografica della Signora delle
camelie, prodotta nel 1986 dalla Polyphon, ha ricevuto la medaglia d’oro al Festival Internazionale della
Televisione a New York. Nel 2002 è stata realizzato in DVD il balletto Illusions: like Swan Lake.
Nel 1975, alla sua seconda stagione ad Amburgo, Neumeier riesce a fare dell’Hamburg Ballett Festival il
momento culminante dell’intera stagione. Questo appuntamento annuale si conclude con il “NijinskijGala”, dedicato ad uno specifico tema di danza o di storia del balletto. Nell’estate 2004, per celebrare il
trentesimo anniversario della Compagnia sotto la direzione artistica di John Neumeier, il Ballett Festival
ha programmato una retrospettiva con le opere più importanti del repertorio della Compagnia.
L’Hamburg Ballett ha effettuato numerose tournées e rappresentazioni come ospite in teatri europei,
del Nord e Sud America, in Russia e in Asia.
John Neumeier ha lavorato come coreografo ospite con molte compagnie, tra le quali il Royal Ballet di
Londra, le Opere di Stato di Vienna, Monaco e Dresda, il Balletto della Deutsche Oper a Berlino, lo
Stuttgart Ballett (per cui ha creato diversi balletti), il Royal Danish Ballet, il Royal Swedish Ballet, il
Finnish National Ballet, Le Ballet du XXème Siècle a Bruxelles, il Balletto dell’Opéra di Parigi, il Tokyo
Ballet, l’American Ballet Theater di New York, il Royal Winnipeg Ballet, il National Ballet of Canada ed
il Balletto del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, il Balletto del Bol’šoj di Mosca, il Corpo di Ballo
della Scala di Milano tra gli altri.
Dal 1981 John Neumeier danza il ruolo principale della sua Passione secondo Matteo.
Nel 1984 Maurice Bejárt ha creato la coreografia di Les Chaises, dal testo teatrale di Ionesco, per
Neumeier e Marcia Haydée. Questo balletto è divenuto parte del repertorio dell’Hamburg Ballett e
dello Stuttgart Ballett, ed è stato eseguito in tour in numerose città, comprese New York, Zurigo,
Buenos Aires, San Paolo, Rio de Janeiro, Tel Aviv, Berlino, Essen, Dresda, Parigi e Copenhagen.
Nel 1978 John Neumeier ha fondato la Scuola di Balletto dell’Opera di Stato di Amburgo. Nell’autunno
1989 la scuola, assieme alla Compagnia, si è stabilita nel Ballettzentrum, una sede messa a disposizione
dalla città di Amburgo, la cui struttura comprende nove sale ed una scuola con annesso collegio per più
di trenta allievi. Oggi oltre la metà dei ballerini della compagnia provengono da questa scuola.
John Neumeier ha ricevuto il titolo dell’Ordine della Repubblica Federale Tedesca. Nel 1983 ha
ricevuto il “Dance Magazine Award”. Nel 1987 gli è stato assegnato il dottorato onorario delle Belle
Arti dalla Università Marquette di Milwaukee, ed il titolo di Professore dal Senato della Città Anseatica
di Amburgo. Nel 1988 ha ricevuto il “Premio della Danza Tedesca” ed il “Prix Diagjlev”. Nel 1991, su
iniziativa del Ministro della Cultura francese, è stato ammesso come Cavaliere nell’Ordre des Arts et des
Lettres. Nel 1992 ha ricevuto il “Benois de la Danse” a Mosca. Nel 1994 è stato insignito della Medaglia
d’Onore della Città di Tokyo, della “Carina Ari Goldmedal” (il più alto riconoscimento per la danza in
Svezia), e del “Bürgerpreis” di Amburgo. Nel 1996 ha ricevuto la “Medaglia Nijinskij” del Ministro
della Cultura polacco. Nel 1997 ha ricevuto a Tokyo il “Premio Internazionale per le Arti Min-On”. Nel
2000 John Neumeier ha ricevuto il Premio Europeo “Principe Henrick di Danimarca” ed il
“Danenbrog” d’oro dalla Regina Margherita II di Danimarca. Il suo balletto Messiah ha avuto il Premio
della rivista “Danza & Danza” per la miglior produzione della Stagione 2000/2001, mentre per Nijinskij
ha ricevuto il “Bayerischer Theaterpreis” 2001. Nell’aprile 2002 Neumeier ha ricevuto il più prestigioso
premio russo per il teatro, la “Maschera d’oro”, nell’ottobre dello stesso anno il danese “Wilhelm
Hansen Prize” e in dicembre è stato nominato “Membro onorario Semper Oper”. Nel 2003 è stato
insignito della “Medaglia per l’Arte e la Scienza”, il più alto riconoscimento della città di Amburgo ed è
stato nominato “Cavaliere della Legion d’Onore” dal Presidente Francese Jacques Chirac. Nel 2004 ha
ricevuto il “Premio Porselli, una vita per la danza” a Reggio Emilia ed è stato nominato "Hans Christian
Andersen Ambassador” 2005 in occasione della celebrazione mondiale in Germania del bicentenario
dello scrittore. Nel 2005 ha ricevuto il "Premio SAECULUM" a Dresda e nel novembre dello stesso
anno il "Steffen Kempe Prize" ad Amburgo.
La produzione del Teatro Bol’šoj di Sogno di una notte di mezza estate ha ricevuto la "Maschera d’Oro" per
“la migliore produzione moscovita di danza contemporanea” del 2005. Nel maggio del 2006 ha ricevuto
ad Amburgo il premio d’argento "Portugaleser" .
Nel febbrario del 2006 Neumeier ha inaugurato una Fondazione con l’intento di riunire gli oggetti
utilizzati nelle sue creazioni, oltre alla sua vasta collezione di memorabilia e documenti. La "John
Neumeier Foundation" conserva e custodisce per la città di Amburgo il lavoro della sua vita.
John Neumeier sostiene l’Hamburg Leuchtfeuer e la sua casa di riposo fin dalla sua fondazione.
HAMBURG BALLETT
Una breve storia
L’Hamburg Ballett è anche noto come Balletto dell’Opera di Stato di Amburgo. Tra i primi esempi di
opera cittadina in Germania, quella che allora si chiamava “Opera del Mercato dell’Oca di Amburgo”,
fondata nel 1678, presentava regolarmente al suo pubblico spettacoli di danza. Sembra che questi
fossero alquanto rozzi, anche se eseguiti su musiche di eminenti compositori, come Jean-Baptiste Lully
e Georg Telemann. Quando il teatro d’opera chiuse i battenti nel 1738, le rappresentazioni teatrali
venivano portate di città in città da compagnie di giro, che presentavano anche balletti nel mezzo delle
esecuzioni di opere, drammi in musica e spettacoli di prosa. Il balletto Don Juan, eseguito nel 1769 alla
Ackermannsche Komödienhaus, sembra fosse la famosa opera di Christoph Willibald Gluck.
Ma finchè il teatro municipale di Amburgo non ebbe una propria compagnia di danza, il pubblico della
città non potè conoscere il tipico repertorio romantico danzato da famose danzatrici ospiti quali Marie
Taglioni, Lucille Grahn, Fanny Cerrito e Fanny Elssler (che dopo il suo ritiro dalle scene fece di
Amburgo la propria residenza per diversi anni). A queste divine del balletto succedette Katti Lanner,
che lavorò ad Amburgo negli anni ‘50 e ’60 dell’Ottocento, fu una coreografa molto prolifica, e
condusse la compagnia di Amburgo nel suo primo tour a Berlino, nel 1865, dove diede venti
rappresentazioni.
Per il resto del XIX secolo, il repertorio dell’Hamburg Ballett fu limitato ad occasionali esecuzioni di
Coppelia, Die Puppenfee ed altri lavori della scuola Hassreiter-Bauer di Vienna. Persino dopo la Prima
Guerra Mondiale la compagnia, allora chiamata Balletto dell’Opera di Stato di Amburgo e diretta da
Helga Swedlund e Erika Hanka, cambiò poco. Né Amburgo dimostrò un particolare entusiasmo per il
balletto. Negli anni seguenti la Seconda Guerra Mondiale, ancora diretta dalla Swedlund, il balletto era
considerata soprattutto un’appendice dell’opera. La Compagnia cambiò brevemente direzione tra il
1949 ed 1951, sotto Dore Hoyer, una delle figure leader del movimento tedesco della modern dance,
ma questo esperimento si rivelò frustrante, sia per i danzatori che per il pubblico.
La Compagnia crebbe nell’organico e nelle capacità quando Rolf Liebermann fu nominato direttore
generale dell’Opera di Stato di Amburgo nel 1959. Egli condivise la direzione con Peter van Dyk, e
sebbene le coreografie di quest’ultimo non fossero particolarmente memorabili, nondimeno fu costruita
una Compagnia in grado di eseguire i balletti di Balanchine. In effetti, il Balletto dell’Opera di Stato di
Amburgo divenne la prima compagnia europea con un solido repertorio di creazioni di Balanchine.
Questa impostazione ebbe il suo culmine con la celebrazione ufficiale da parte della città
dell’ottantesimo compleanno di Stravinskij, nel giugno 1962, con il compositore stesso sul podio a
dirigere la partitura di Apollo, eseguito insieme a Orpheus e Agon, tutte coreografie di Balanchine.
Quando van Dyk la lasciò, nel 1970, il livello della Compagnia andò peggiorando, fino a quando John
Neumeier non fu nominato Direttore del Balletto, nel 1973. Da allora la Compagnia ha moltiplicato le
sue rappresentazioni, ha acquisito un ampio e variegato repertorio di opere classiche e contemporanee,
si è guadagnata spazi al di fuori del proprio teatro, ed ha considerevolmente ampliato la Scuola di ballo
ad essa collegata. Oggi l’Hamburg Ballett ha caratteristiche tutte proprie, segnata dal gusto estetico e
drammatico di John Neumeier.
La sensibilità di Neumeier per il dramma e l’originalità appare con chiarezza nella sua non
convenzionale messa in scena dei classici. Il suo Lago dei cigni, ad esempio, è ambientato alla corte del
folle re Ludovico II di Baviera, e la sua Bella addormentata è sognata da un ragazzo in blue jeans. La
visione “panoramica” del suo ciclo dedicato a Mahler, ed i raggruppamenti tematici dei suoi programmi
misti, riflettono anch’essi un’originale visione.
Molti dei lavori di John Neumeier per l’Hamburg Ballett si sono configurati come impegni su larga scala.
La sua messa in scena dell’intera Passione secondo Matteo di Bach ha debuttato in una cattedrale di
Amburgo, ma è ora eseguita nei teatri d’opera, ed i suoi balletti ispirati alle opere di Shakespeare
costituiscono un gruppo di lavori fondamentali nel repertorio dell’Hamburg Ballett, che include Romeo e
Giulietta creato sulla partitura di Prokof’ev; Hamlet – Connotations, danzato su musica di Aaron Copland;
West Side Story, il musical di Leonard Bernstein; Otello, sulle note di Arvo Pärt e Alfred Schnittke. Altri
ambiziosi progetti sono stati il balletto Peer Gynt, su musica di Schnittke, e Odyssey, su musica di George
Couroupos. Il repertorio della Compagnia, solidamente basato sulle creazioni di Neumeier, viene poi
completato da una selezione di balletti di John Cranko, George Balanchine, Mats Ek (che ha messo in
scena la sua sensazionale produzione moderna della Bella Addormentata nel 1996) ed alcuni altri
coreografi.
La Compagnia organizza abitualmente delle matinée-laboratorio in cui Neumeier tiene lezioni e
dimostrazioni pratiche su vari aspetti della sua arte. Durante le “Giornate dell’Hamburg Ballet”, al
termine di ogni stagione, la Compagnia presenta un compendio del proprio lavoro, che culmina con i
“Nijinskij Gala”. Organizzati ogni anno su temi diversi, si sono intitolati La danza sacra (1981), Dedicato a
Igor’ Stravinskij (1982), La danza romantica (1983) e La danza sinfonica (1984); seguiti, in tempi più recenti,
da Vaslav Nijinskij ed il suo centesimo compleanno (1989), Mozart (1991), Celebrazione della ventesima stagione
dell’Hamburg Ballett (1993), Racconti di fate e/o Ravel (1994), Mito e metamorfosi (1996).
Nel 1989 l’Opera di Stato di Amburgo ha aperto il Ballettzentrum Hamburg – John Neumeier, un
complesso che ospita vari studi ad uso della Compagnia, la scuola e un collegio. Con questa forte base
alle spalle, l’Hamburg Ballett continua a crescere.
Horst Koegler
Fatti, nomi, date dal 1973
 9 settembre 1973: primo “Ballett-Werkstatt”, un tradizionale workshop della domenica mattina
tenuto da John Neumeier
 30 settembre 1973: prima rappresentazione dell’Hamburg Ballett sotto la direzione di John
Neumeier: Divertimento n. 15 – Allegro Brillante – Désir – Jeu de cartes
 6 gennaio 1974: prima di Romeo e Giulietta
 12 maggio 1974: prima mondiale di Meyerbeer – Schumann
 20 giugno 1974: primo tour, a Granada per il XXIII° Festival Internacional de Musica y Danza
 14-22 giugno 1975: prima edizione delle “Giornate dell’Hamburg Ballett”
 14 giugno 1975: prima mondiale di Terza Sinfonia di Gustav Mahler
 22 giugno 1975: primo “Nijinskij – Gala”
 1 gennaio 1978: fondazione della Scuola dell’Hamburg Ballett
 5 novembre 1979: la Scuola si sposta nel nuovo edificio appositamente costruito
 14 maggio 1980: tour a Bucarest per la prima edizione della Settimana della Cultura tedesca in
Romania
 13 novembre 1980: prima mondiale di Skizzen zur Matthäus-Passion
 25 giugno 1981: prima mondiale di La passione secondo Matteo
 2 ottobre 1981: Galà di balletto in occasione dell’apertura del Theater am Spielbudenplatz
(Operettenhaus)
 1986: tour a Budapest, in occasione della visita del Presidente Federale della Germania
 26 settembre 1987: prima mondiale del film per il cinema e la televisione La signora delle camelie
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9 maggio 1988: Galà di beneficenza per il Ballettzentrum
22 gennaio 1989: prima mondiale di Peer Gynt, con partituta commissionata al compositore Alfred
Schnittke dalla Opera di Stato di Amburgo
23 settembre 1989: inaugurazione ufficiale del Ballettzentrum (4 studi di danza per la Compagnia, 5
per la scuola, e un collegio)
5 settembre 1990: tour a Toronto, in occasione della visita di Stato del Presidente Federale della
Germania, Richard von Weizsäcker
20 novembre 1995: prima mondiale di Odyssey, con partitura commissionata al compositore George
Couroupos dall’Opera di Stato di Amburgo
Stagione 1997/98: 25 anni dell’Hamburg Ballett
Stagione 1997/98: 20 anni della Scuola dell’Hamburg Ballett
Stagione 1999/2000: 10 anni del Ballettzentrum Hamburg – John Neumeier
6 luglio 1999: L’Hamburg Ballett organizza, in collaborazione con Moët Hennessy Germania, un
nuovo concorso coreografico: il “Prix Dom Pérignon”
22 giugno 2003: Prima Mondiale dei Preludi CV, partitura di Lera Auerbach
Stagione 2003 /2004: festeggiamenti per i trent’anni dell’Hamburg Ballett – John Neumeier
Coreografi in repertorio, oltre a John Neumeier:
George Balanchine – John Cranko – Sergej Handzic – Fred Howald – Oscar Araiz – Jerome Robbins –
Victor Hughes – Beatrice Cordua – Vladimir Bukovec – Marius Petipa - Gigi-Gheorghe Caciuleanu Murray Louis - Jean Coralli - Jules Perrot - Maurice Béjart - Leonid Jacobson - Rudi van Dantzig - José
Limón - Jiří Kylián - Antony Tudor - Lar Lubovitch - Mats Ek - Stephan Thoss - Kevin Haigen Nacho Duato - Christopher Wheeldon - Petr Zuska - Marco Goecke - Jirí Bubenícek - Frederick
Ashton - William Forsythe - Yukichi Hattori - Hans van Manen - Gustavo Ramirez Sansano
Danzatori importanti nella storia dell’Hamburg Ballett
Beatrice Cordua - Lynne Charles - Bettina Beckmann - Truman Finney - Gamal Gouda - Kevin Haigen
- Gigi Hyatt - Jeffrey Kirk - François Klaus - Marianne Kruuse - Chantal Lefèvre - Ivan Liska - Max
Midinet - Persephone Samaropoulo - Colleen Scott
Alcuni Teatri importanti che hanno ospitato l’Hamburg Ballett
Teatro Bol’šoj, Mosca - Teatro Colón, Buenos Aires - Deutsche Oper Berlin - Deutsche Staatsoper,
Berlin - Gran Teatro del Liceu, Barcellona - Teatro La Fenice, Venezia - Salzburger Festspiele - State
Theater Lincoln Center, New York - Teatro Mariinskij, San Pietroburgo - NHK Hall, Tokyo - Opéra
Garnier, Parigi - Teatro Comunale (Maggio Musicale Fiorentino), Firenze
Balletti filmati con la partecipazione della Compagnia
Tra gli altri: Terza sinfonia di Gustav Mahler , Othello, La signora delle camelie, Morte a Venezia, La Passione
secondo Matteo, Illusions - like Swan Lake.
Teatro Regio di Parma
venerdì 11 maggio 2007, ore 20.00 turno A
sabato 12 maggio 2007, ore 17.00 turno B
ENSEMBLE DI MICHA VAN HOECKE
Direttore Micha van Hoecke
La Regina della Notte
omaggio a Wolfgang Amadeus Mozart
Ideazione Cristina Mazzavillani Muti
Coreografia Micha van Hoecke
Musica Wolfgang Amadeus Mozart
Assistente alla coreografia Yoko Wakabayashi
Progetto sonoro su musiche di Wolfgang Amadeus Mozart Luciano Titi
Proiezioni del suono Tempo Reale, Firenze
Impianto scenico Stefania Battaglia
Costumi Massimo Poli
Disegno luci Valerio Alfieri
Produzione Ravenna Festival
REGINA DELLA NOTTE
da una conversazione con Cristina Mazzavillani Muti
Vedere?
Vedere la Regina astrifiammante?
Quale mortale può vantarsi di averla mai vista?
Quale occhio umano potrebbe guardare attraverso il suo velo intessuto di nero?
(da Il flauto magico, Papageno, atto I, scena 2)
Di lei non si sa abbastanza, è un personaggio irrisolto, nessuno riesce a vedere in fondo alla sua anima,
cosi tutti un poco la evitano. È insieme il bene e il male: madre disperata, in cerca della figlia rapita che
mai troverà, e madre vendicativa, pronta per orgoglio a sacrificare il proprio amore. Mozart scrive per
lei acuti sovrumani, suoni che solo la disperazione può produrre, suoni che ci avvincono non per la
purezza del timbro ma per la fatica fisica dell’emetterli, e per quella psicologica dell’ascoltarli. Per
questo, più le cantanti che la interpretano sono brave, meno mi piacciono: non è nella perfezione della
voce che riconosciamo la Regina della Notte, ma nello sforzo, nell’errore, nel tormento. Potremmo
giungere quasi a immaginarla mentre apre la bocca, muta, sopraffatta dal dolore e incapace di emettere
alcun suono…
Oh notte eterna! quando svanirai?
Quando la mia vista troverà la luce?
(Tamino, atto I, scena 15)
È nel buio, nel mistero della notte che siamo più creativi: il buio ci illumina attraverso il sogno. “È la
mia cameretta dei sogni” diceva Mozart alla sorella: è da quello scrigno prezioso che tutto deriva, è
quella la scintilla prima. Allora mi piace immaginare il grande compositore come un bimbo preda dei
suoi sogni, dei suoi incubi, dei suoi desideri, impaurito ma contento di quella paura che egli saprà
assorbire, trasformare e restituirci in musica, di quell’insanabile inquietudine che prenderà la voce e la
forma dei tanti personaggi scolpiti per sempre nel nostro immaginario: Figaro, Papageno, Don
Giovanni, Susanna e la Contessa… e Cherubino, più di tutti ambiguo e inafferrabile, quasi un burattino
capace di saltare dal balcone, sciupare un fragile garofano e volare via (“Oh guarda il demonietto! Come
fugge! È già un miglio lontano”, declama Susanna alla finestra, guardando la sua fuga), libero e pronto
allo sberleffo, come Mozart stesso. Mozart: burattinaio e burattino, icona immaginaria e immaginata, di
cui non ci rimane neppure una pietra su cui pregare. Immortale Mozart.
Entrando e cercando in quella “cameretta dei sogni”, la Regina li incontra tutti quei personaggi,
ritrovando i segni dell’infanzia e del teatro, quello irriverente di Mozart e Schikaneder: i giocattoli, la
scimmia e il pappagallo e il serpente, quegli animali che sulle scene di allora – esotiche meraviglie – si
lasciavano toccare; la carrozza su cui viaggiando Amadeus scrisse tanta della sua musica; la spinetta,
compagna di una vita. Poi tutti i suoni e i rumori che animano la sua opera: tuoni e lampi e vento, il
flauto e i campanelli incantati… Evocazioni, simboli, ombre forse… capaci di risvegliare quello che di
Mozart ognuno di noi porta dentro di sé.
Grazie alla potenza della musica
camminiamo lieti attraverso la notte tetra della morte.
(Tamino e Pamina, atto II, scena 27)
I temi, i motivi musicali arrivano e scompaiono, inafferrabili anch’essi: è la partitura della memoria che
si dipana, l’incorporeo flusso dei pensieri in cui ciascuno afferra quel che sa, perdendosi e ritrovandosi
in un caleidoscopio di echi e risonanze. Proviamo a immaginare che ad ogni personaggio di Mozart
appartenga un suono ed uno solo, e proviamo a immaginare di stringerli tutti, quei suoni, in un pugno,
e di lanciarli in aria come coriandoli di mille luci e colori, e di sentirceli poi scivolare addosso, riflessi
indistinti di una sola misteriosa e inconfondibile musica… Ma poi il pensiero si muove incontrollabile
verso sentieri sconosciuti, rivelando insospettate assonanze: la memoria raccoglie i frammenti del
vissuto musicale combinandoli in un nuovo enigma. Così, seguendo Mozart arriviamo a scorgere Verdi:
la Regina della Notte – perché no? – soffre le stesse insanabili pene di Lady Macbeth (“Or tutti sorgete,
ministri infernali”); Cherubino incontra la leggiadra ambiguità di Oscar del Ballo in maschera (“Saper
vorreste di che si veste… Oscar lo sa, ma nol dirà”); e il didascalico monito finale del Don Giovanni si
intreccia a quello illuminante del Falstaff (“Tutto nel mondo è burla”). Personaggi diversi e solo
apparentemente lontani si riflettono l’uno nell’altro, si incrociano e sovrappongono. Personaggi diversi
in cui si materializzano gli stessi sogni.
Al dolore sono stata eletta
da che la mia figliola mi è lontana.
(Regina, atto I, scena 6)
Cosa cerca forsennatamente la Regina? Cerca la figlia che poi tornerà a perdere e per sempre? Forse
non è così: forse come ogni Madre, come ogni Donna, cerca la Figlia che è in sé, cerca ciò che più non
è e che mai più potrà essere. È nella profonda consapevolezza dell’assenza che germoglia il suo – il
nostro – dolore, che si radica la sua – la nostra – paura. Paura di trovare la morte, la fede, la vendetta, il
perdono, l’inganno. Paura di trovare la pena, la felicità, il nero, il bianco, l’acqua, l’aria, il fuoco, la terra,
il cielo, la musica… Condannati a cercare, a dimenarci tra bene e male, con la disperazione di sapere
che ciò che veramente vorremmo – essere eterni, non essere nati per niente – mai ci sarà dato trovare.
La Regina cerca anche per noi.
L’umanità dolente
La commedia si chiude
I sogni svaniscono
Il respiro si spegne
Il mistero è irrisolto
Il genio è inafferrabile
Il virtuosismo è inutile
Il silenzio vince
Le maschere si abbassano
Dio dirige la sua partitura
nella malinconia di un addio.
La Regina cerca anche per noi, fino a svanire sulle note struggenti del Lacrimosa, simbolo di un’umanità
lacerata, pronta a contraddirsi e dolorosamente annullarsi, ma anche a ritrovarsi nell’assoluto della
musica di Mozart. Solo una stella, minuscolo dettaglio confuso nel tutto, rimane ad afferrare le speranze
e i sogni e ad illuminarli nel buio del tempo. Una stella, germe originario in cui tutto si fissa in eterno e
da cui tutto può nascere. Una stella, che dal cielo scende in terra. A trafiggere le coscienze.
a cura di Susanna Venturi
APPUNTI: TRA REGIA E COREOGRAFIA
Puisque ces mystères nous dépassent
feignons d’en être l’auteur.
(da Jean Cocteau, Les Maries de la Tour Effeil)
Può sembrare paradossale, ma io credo ci sia una differenza importante tra la “realtà” e ciò che è
“reale”: la realtà è il vissuto di ogni giorno, il lavoro, l’autodisciplina nell’affrontare il proprio compito e
le sfide che di volta in volta accettiamo; reale invece è quel misterioso trasporto, quel vento di passione
che insieme ci porta al risultato, oltre noi stessi in una sorta di alchimia che non sappiamo spiegarci ma
che ogni volta si rinnova qui, al Ravenna Festival. Anche per questa enigmatica Regina della Notte.
Chi è la Regina della Notte? Le impressioni, le sensazioni scambiate, intrecciate con coloro che
condividono questo lavoro creativo mi spingono a pensarla come una divinità. Una divinità che ci
affascina per l’enorme potenza come per la delicata fragilità. Una divinità che è il suono del dolore.
Mozart e Schikaneder per lei, di lei, hanno creato parole e suoni; i suoi gesti invece sono tutti da
scoprire e possiamo farlo solo indagando il sentire dell’interprete, il suo gesto interiore che si fa
movimento in un continuo lavoro di sottrazione: fare e disfare.
Nella stanza di Mozart bambino, in quel luogo dove lui ha già immaginato tutto, i suoi personaggi si
incontrano/scontrano e lei rimane sola con se stessa.
Donne e uomini, universi separati: Susanna, la Contessa, Elvira, Papagena, le messaggere e le donne del
catalogo dongiovannesco; dall’altra parte Cherubino, Papageno, Don Giovanni. Questi ultimi,
personaggi tutti eccessivi (secondo la definizione di Kierkegaard), ci impongono chiavi di lettura
inequivocabili: Cherubino innamorato dell’amore ci proietta nel teatro dei burattini; Papageno, che
l’amore lo cerca, ci immerge nella primordiale semplicità della natura, della giovinezza; Don Giovanni,
che l’amore lo sciupa, ci spinge verso il sanguigno temperamento spagnolo, verso il “doppio” di una
personalità di cui il solo elemento maschile non può riuscire a dare conto.
È un labirinto mozartiano, un gioco di specchi che rimanda da un personaggio all’altro, da un destino
all’altro: un po’ come succede nella vita di una compagnia: oggi l’Ensemble – in cui ogni artista incontra
gli altri nell’assoluta complementarietà dei ruoli –, allora gli attori, i saltimbanchi, i cantanti di
Schikaneder.
Micha van Hoecke
DELLE SCENE
È inconfondibile l’abilità di Micha van Hoecke e del suo Ensemble nell’intrecciare tutti i linguaggi in
una tessitura singolare ed emblematica, tra scrittura coreografica e scrittura scenica.
L’ampio campo di magiche corrispondenze tra corpi, spazi, oggetti, colori, luci e suoni, restituisce al
palcoscenico il valore di cerchio unitivo per eccellenza e al teatro la consistenza di un’arte
concretamente totale.
La tensione verso una forma sintetica precede ed eccede l’orizzonte dell’illusione narrativa e costituisce
uno dei principi basilari della sua costruzione poetica. La scrittura teatrale di van Hoecke è infatti
trasversale a linguaggi e materiali e in ogni azione/immagine scenica, sin dalla fase germinale, risultano
inscritti ritmo e spazio, gesto e oggetto, personaggio e racconto.
Seguendo Micha, nel definire e modellare spazio e oggetti scenici ho cercato quindi di far emergere e
sostanziare in materiali, proporzioni, volumi, colori, dispositivi, un sistema di segni già in parte elaborati
a partire dalle suggestioni dell’ideazione di Cristina Mazzavillani Muti e stratificatosi durante il primo
periodo di prove con l’Ensemble.
L’utilizzo dell’apparato scenico come scrittura attiva, drammaturgica, ha consentito di proporre una
spazialità rarefatta, alleggerita nei valori descrittivi e d’ambiente, ma in grado di scandire e amplificare,
con flessibilità formale e d’uso, l’incalzante reticolo delle diverse visioni.
L’atmosfera notturna e onirica si sostanzia in un involucro dai confini incerti, giocato su trasparenze e
opacità virate in blu.
L’area scenica, che include anche la parte anteriore della platea, costituisce una sorta di luogo latente,
generatore e continuamente rigenerato dal rifrangersi e dall’estinguersi di apparizioni, chiamate ad
evocare e distillare i motivi, ora giocosi ora inquieti e drammatici, del mondo mozartiano.
Stefania Battaglia
DEI COSTUMI
La Regina è personaggio notturno, lunare: il blu della notte, in tutte le sue possibili gradazioni e
sfumature, e l’argento luminoso della luna sono i suoi colori. Ed è in questa dimensione, emanazione
dell’universo notturno, che sono attratte tutte le figure del mondo mozartiano. Ognuna, però,
conservando la propria particolare identità e distinguendosi tra quei due mondi – serio e comico – che
in Mozart continuamente si intrecciano. Ecco allora, da una parte la Regina, lo stesso Mozart e il
doppio Don Giovanni… vestire l’altera sontuosità di costumi richiamanti l’opera seria e le sue
convenzioni; dall’altra Cherubino, Papageno e Papagena… vestiti dei panni di burattini e marionette,
buffi nella frammentazione di forme, colori e dimensioni che occhieggia al cubismo dei burattini di
Picasso o alla poetica irrealtà delle figurine di Chagall. Tra realtà e citazione: la follia del teatro.
Massimo Poli
DELLE LUCI
Mettere in scena la poesia, mettere in scena il sogno: è questo il compito del teatro, di tutto il teatro.
Per questo ho potuto abbracciare e condividere da subito la visione poetica di Micha van Hoecke e di
Cristina Muti. Perché questa Regina della Notte non ci costringe nei confini di un testo, di una trama
predefinita, è qualcosa che nasce durante il lavoro, è un’idea, l’impalpabile, il mistero che prende corpo
sul palcoscenico, che da Mozart si trasferisce alla libera immaginazione dei suoi creatori.
Della luce non si può dire, come della musica, forse: se non che – ed è quello che ho cercato di fare –
dà corpo e forma e colore alla magia del teatro e di questa avvincente creatura.
Valerio Alfieri
MICHA VAN HOECKE
Danzatore, coreografo, attore e regista, Micha van Hoecke nasce a Bruxelles, studia a Parigi con Ol’ga
Preobrajenskaja e, nel 1960, entra a far parte della Compagnia di Roland Petit. Nello stesso periodo
vive un’intensa esperienza come attore cinematografico per poi passare al Ballet du XXème Siècle di
Maurice Béjart, prendendo parte ai suoi più importanti balletti. Sarà lo stesso Béjart, nel 1979, a
nominarlo Direttore Artistico del Centro MUDRA di Bruxelles: due anni più tardi Micha fonderà
l’Ensemble, formato dai migliori elementi del Centro.
Nel 1981 è chiamato a curare le coreografie del film Bolero di Claude Lelouch. Negli anni collabora con
interpreti quali Carla Fracci, Ute Lemper, Luciana Savignano; con celebri registi come Luca Ronconi,
Liliana Cavani, Roberto De Simone; nonché con grandi direttori d’orchestra tra i quali, in particolare,
Riccardo Muti.
Ha creato coreografie per l’Opera di Roma (Berg Kristall di Sylvano Bussotti nel 1983, Hommage à Petrassi
nel 1984, Fellini nel 1995), per il Teatro alla Scala di Milano (Orfeo di Poliziano nel 1983 ideato con lo
scenografo Luciano Damiani), per il San Carlo di Napoli (Lucia!), per il Festival d’Avignone (Antigone
nel 1972 con la Compagnia Anne Beranger e con Mikis Theodorakis, autore delle musiche).
A partire dal 1990 è regolarmente invitato al Ravenna Festival, con cui avvia un’intensa e prolifica
collaborazione, debuttando anche come regista d’opera ne La muette de Portici di Auber nel 1991. Per il
festival ravennate, e alla testa dell’Ensemble, dà vita a numerose produzioni, tra le quali Dante Symphonie
(1990), Adieu à l’Italie (1992) con il quale si aggiudica il Premio della critica italiana per la migliore
coreografia moderna, À la mémoire su musiche di Mahler (1994) interpretato da Luciana Savignano,
Odissea Blu (1995) con Ruben Celiberti, Orpheus Pulcinella (1996) con Luciana Savignano, Pèlerinage (1997)
con Chiara Muti e Alessio Boni, Pierrot lunaire (1998) con Alessandra Ferri e Maximiliano Guerra, La
foresta incantata su musiche di Francesco Geminiani (1999), Il paradosso svelato con musiche originali di
Naseer Shamma e musiche barocche eseguite dall’Accademia Bizantina (2002), Maria Callas, la voix des
choses (2003). E ancora regie d’opera, delle quali cura anche le coreografie: Carmen di Bizet (2000),
Macbeth di Verdi (2004), Faust di Gounod (2005).
Dal 1999 è Direttore del Corpo di Ballo e Coreografo principale al Teatro Massimo di Palermo, per il
quale cura nel 2001 il nuovo allestimento di Les Mariés de la Tour Eiffel di Jean Cocteau, musiche del
Groupe des Six, e di À Paris, su musiche tratte dal repertorio delle chansonnes françaises.
Nel 2002 allestisce I sette peccati capitali di Bertolt Brecht, su musiche di Kurt Weill, spettacolo che gli
vale il premio “Danza e Danza” 2002 per la migliore coreografia. Nello stesso anno realizza le
coreografie di Ifigenia in Aulide, regia di Yannis Kokkos, che sotto la direzione di Riccardo Muti inaugura
la stagione del Teatro alla Scala di Milano. Nella stagione successiva partecipa nuovamente
all’inaugurazione scaligera curando le coreografie di Moïse et Pharaon, con la regia di Luca Ronconi e
ancora con la direzione di Muti.
Alla guida del suo Ensemble, crea le coreografie per il Concerto di Capodanno 2005 diretto da Georges
Prêtre e trasmesso da RaiUno in diretta dal Teatro la Fenice di Venezia.
ENSEMBLE DI MICHA VAN HOECKE
L’Ensemble nasce nel novembre del 1981 da un gruppo di giovani danzatori provenienti dal Centro
MUDRA di Bruxelles che, sotto la guida di Micha van Hoecke, affinano e sviluppano la vocazione
interdisciplinare lavorando sulla fusione fra danza, arte scenica, canto e musica strumentale.
Nel 1983 la compagnia si trasferisce in Italia, a Rosignano Marittimo – Castiglioncello, dove stabilisce la
residenza artistica. L’esordio ufficiale è del 1982 con lo spettacolo Monsieur, monsieur a Bruxelles. A questa
prima produzione, che impone il gruppo all’attenzione del pubblico e della critica, fanno seguito altri
spettacoli: Doucha (1983), La dernière danse? (1984), Cascade (1986, produzione del Maggio Musicale
Fiorentino), Prospettiva Nevskij e poi Il cappotto, Il naso (rispettivamente 1986 e 1987, Cantiere
Internazionale d’Arte di Montepulciano), Voyage (1989, Teatro di Documenti, Roma), Chez Pierre et le
loup (1991, Torino Danza), Carmina burana e Le diable et le bon Dieu (1995 e 1997, Teatro Verdi di Pisa),
Quadro di famiglia (2000, Rosignano Solvay), Le Troiane e Pellegrini del Giubileo (2000, Teatro Stabile di
Catania), Omaggio ad Antonioni (2002). Per il Festival di Castiglioncello l’Ensemble crea Guitare (1988),
Regard (1991), Il combattimento (1993), Il violino di Rotschild (1994), La salle des pas perdus (2000), Quadro di
famiglia (2000), L’apprendista stregone e L’histoire du soldat (2003), Au café (2005).
L’Ensemble inoltre collabora regolarmente con il Ravenna Festival, sin dalla sua prima edizione. Frutti
di tale legame sono le produzioni: Dante Symphonie (1990), La muette de Portici di Auber (1991), Adieu à
l’Italie (1992, premio della critica per la migliore coreografia moderna), À la memoire (1994), Odissea Blu
(1995), Orpheus Pulcinella di Stravinskij (1996), Pélerinage (1997), Pierrot lunaire di Schönberg (1998), La
foresta incantata, su musica di Francesco Geminiani (1999), Il paradosso svelato (2002), Maria Callas, la voix
des choses (2003), Danse du sabre (2004), nonché la partecipazione al Macbeth di Verdi (2004) e al Faust di
Gounod (2005).
Numerose sono le coreografie a cui l’Ensemble ha dato vita nell’ambito di opere dirette da Riccardo Muti
con la regia di Liliana Cavani, così come molti sono gli interventi televisivi, curati da Vittoria Ottolenghi e
Vittoria Cappelli. L’Ensemble ha danzato le coreografie per il concerto di Capodanno 2005 diretto da
Georges Prêtre e trasmesso da RaiUno in diretta dal Teatro la Fenice di Venezia. Ha partecipato inoltre a
festival internazionali come il Festival di Taiwan (1985), il Carlton Festival a San Paolo e Rio de Janeiro
(1989), il Festival delle Notti Bianche di San Pietroburgo (1989) e a quelli di Terrassa a Barcellona, di
Caracas, di Città del Messico. Si è esibito a Mosca, Ulyanovsk e San Pietroburgo (2001), nella Cittadella
della Grande Moschea del Cairo (2002), per il Columbus Day a New York e durante le manifestazioni
ufficiali per il terzo centenario della città di San Pietroburgo (2003). Recente è un’importante tournée
cinese (Pechino, Dalian, Schenyang) per l’anno dell’Italia in Cina.
Teatro Regio di Parma
mercoledì 16 maggio 2007, ore 20.00 turno A
giovedì 17 maggio 2007, ore 20.00 turno B
venerdì 18 maggio 2007, ore 20.00 fuori abbonamento
BEJART BALLET LAUSANNE
Direttore Maurice Béjart
Le Presbytère
n’a rien perdu de son charme, ni le jardin de son éclat (Ballet for Life)
Coreografia Maurice Béjart
Musica Wolfgang Amadeus Mozart, Queen
Costumi Gianni Versace
Luci Clement Cayrol
Poco più di trent’anni fa, quando la sorprendente musica di Berlioz era interrotta dai bombardamenti e
dai rumori delle mitragliatrici, un Frate Lorenzo poco convenzionale gridava a Jorge Donn e Hitomi
Asakawa: "Fate l'amore, non la guerra!".
Oggi, Gil Roman, che ha più o meno gli stessi anni del mio balletto Romeo e Giulietta, circondato da
ballerini che non hanno mai visto questo balletto, risponde: "Voi ci avete detto: fate l'amore, non la
guerra. Noi abbiamo fatto l'amore, ma perchè l'amore ha fatto la guerra a noi?". Un grido di angoscia di
una gioventù per la quale al problema della morte per amore si aggiunge quello delle guerre continue
che non sono mai terminate nel mondo dal momento della cosiddetta FINE dell’ultima guerra
mondiale!
I miei balletti sono prima di tutto degli incontri: con una musica, con la vita, con la morte, con
l’amore...con degli esseri il cui passato e le cui opere rivivono in me, proprio come il ballerino che ero e
che non sono più si reincarna ogni volta in nuovi interpreti che lo superano.
Colpo di fulmine per la musica dei Queen. Invenzione, violenza, humour, amore, c’è di tutto. Li amo,
mi ispirano, mi guidano e, di tanto in tanto, in quella “terra di nessuno” ("no man's land") dove tutti noi
andremo un giorno, Freddie Mercury, ne sono sicuro, si siede al pianoforte proprio accanto a Mozart.
Un balletto sulla giovinezza e sulla speranza, perchè, da incorreggibile ottimista che sono, credo che
malgrado tutto The show must go on, come cantano i Queen.
Maurice Béjart
Nota: il titolo preso a prestito da un romanzo di Gaston Leroux, Le mystère de la chambre jaune, è un
codice segreto del detective Rouletabille. Questa frase, delizia dei surrealisti degli anni ’20, non ha
ovviamente nessun legame particolare con il contenuto del balletto. Mi piace, ecco tutto!
«Era da poco prima o forse poco dopo la morte di Donn. Freddie Mercury e Donn sono morti alla
stessa età. Erano due personalità molto diverse, caratterizzate tuttavia dalla stessa grinta e dalla stessa
voglia di vivere e di mettersi in mostra. Avvertivo una certa affinità (nel senso che Baudelaire dà a
questa parola) tra Donn e Freddie Mercury. Poi ho trovato lo chalet vicino a Montreux, mi sono seduto
di fronte ad un paesaggio che mi affascinava, un panorama sul Lago di Ginevra che sembrava senza
fine; qualche giorno dopo è uscito il disco dei Queen, quello pubblicato dopo la morte di Mercury, e
l’immagine sulla copertina del CD Made in Heaven era la stessa che vedevo io dallo chalet. Sono
estremamente sensibile a questo tipo di coincidenze.
In seguito ho letto alcuni libri su Freddy Mercury e sulla sua vita. Ho appreso che era nato a Zanzibar,
aveva vissuto in India, che era di origine iraniana, che la sua famiglia apparteneva alla setta dei parsis.
Parsis significa “persiani”: sono gli adoratori di Zoroastre-Zarathustra, partiti per Bombay al momento
dell’invasione musulmana. Il vero nome di Freddie Mercury era Farouk Bulsara. Ho anche letto che
sarebbe stato sepolto a Londra dopo una cerimonia privata tenuta da pretizoroastriani. Di colpo,
l’interesse per Freddie Mercury e per i Queen mi ha portato a rileggere alcuni testi di Henry Corbin.
Questo balletto è legato a molti sentimenti che mi appartengono in questo momento.
Lo considero un balletto allegro e pieno di gioia, né sinistro né disfattista. Se non dico che è un balletto
sulla morte, il pubblico non se ne accorgerà nemmeno.
Ispiratomi da Jorge Donn e da Freddie Mercury, non sarà un balletto sull’aids, ma su persone morte in
giovane età. Non voglio dire che sono morti troppo presto, perché non sono sicuro che le cose arrivino
troppo presto o troppo tardi, in genere arrivano quando devono arrivare.
Accanto ad alcuni brani dei Queen metterò qualche pezzo di Mozart per pianoforte, oppure dei brani
strumentali, ma nessuna voce perché già tutti i brani dei Queen sono cantati.
Anche Mozart è morto in giovane età, a 35 anni, dieci anni prima degli altri due: Freddie e Donn sono
morti a 45 anni.
Ecco io lavoro su tutto questo, cerco di approfondire alcune cose, a volte procedo a tentoni, allora
riguardo le videocassette dei Queen, ascolto sistematicamente tutti i loro dischi, paragono le diverse
registrazioni di ogni brano e ho in realtà un debole per le registrazioni live. Quando registrano in studio
sono più lenti, meno trasportati dal pubblico.
Poiché desideravo un titolo che non evocasse nulla, rileggendo Gaston Leroux ho scelto quella che ne
Le mystère de la chambre jaune è la parola d’ordine del detective Rouletabille: Le presbythère n’a rien perdu de
son charme, ni le jardin de son eclat. Mi è stato poi riferito che questa frase era stata ripresa dai surrealisti e
che circolava già “clandestinamente” a quei tempi. È in effetti una frase che non significa nulla ma che
è affascinante, poeticamente molto bella e musicale.
Desidero che i costumi siano bianchi, completamente bianchi. Ho voluto che li creasse Gianni Versace.
Con il bianco si possono inventare delle forme stravaganti, pur mantenendo sempre un certo rigore.
Uno dei regali che questa nuova creazione mi fa è l’occasione di lavorare con Gianni. Sono passati
alcuni anni dall’ultima volta che abbiamo collaborato. Io amo molto lavorare con lui perché il suo
entusiasmo e il suo fervore sono contagiosi. Oltre cento boutique in tutto il mondo portano il nome di
Gianni Versace, ma non è questo che mi interessa, e mi chiedo se è questo che interessa a lui. Dal
momento in cui iniziamo a lavorare insieme, lui ha le angosce e le manie tipiche di un debuttante,
proprio come me. È il segreto della nostra amicizia».
Maurice Béjart
Tratto da La vie de qui?, Ed. Flammarion, 1996
MAURICE BÉJART
Figlio del filosofo Gaston Berger, Maurice Béjart nasce a Marsiglia l’1 gennaio 1927. Ballerino, poi
coreografo, debutta a Parigi dove crea nel 1954 Les Ballets de l’Étoile che diventeranno, nel 1957, le
Ballet-Théâtre de Paris.
Nel 1960 si trasferisce a Bruxelles dove fonda il Ballet du XXème Siècle.
Venticinque anni più tardi trasferisce la sua Compagnia a Losanna per ribattezzarla Béjart Ballet
Lausanne e si insedia nella città dove lavora.
Béjart acquisisce i fondamenti della sua formazione di ballerino da Madame Egorova, da Madame
Rousanne e da Léo Staats. Sfrutta la sua preparazione classica a Vichy (1946), poi con Janine Charrat,
Roland Petit e soprattutto a Londra, nell'International Ballet.
Una tournée in Svezia con il Cullberg Ballet (1949) gli permette di scoprire le fonti dell’espressionismo
coreografico. E un contratto per un film svedese lo mette a confronto per la prima volta con
Stravinskij.
È tuttavia su brani di Chopin che, di ritorno a Parigi, Maurice Béjart sperimenta la coreografia, sotto
l’egida del critico Jean Laurent. Il ballerino si sdoppia in coreografo. Nel 1955, con les Ballets de
l'Étoile, si mette in luce con Symphonie pour un homme seul (musica: P. Henry e P. Schaeffer).
Padroneggiando il suo linguaggio, si impone grazie a una serie di creazioni: Haut Voltage, Prométhée,
Sonate à Trois (da Huis Clos di J.-P. Sartre).
Notato da Maurice Huisman, nuovo direttore del Théâtre Royal de la Monnaie, Béjart crea una trionfale
Sagra della Primavera (1959). Ed è con la fondazione della compagnia internazionale Ballet du XXème
Siècle (1960) che Béjart viaggia in tutto il mondo.
Alla Sagra, aggiunge Boléro (1961), Messe pour le temps présent (1967) e L'Uccello di Fuoco (1970).
Un gusto marcato per il cosmopolitismo culturale lo porta a volgersi all’espressione delle diverse civiltà
(con Bhakti, Golestan, Kabuki, Dibouk, Pyramide) e all’illustrazione di un ricco repertorio musicale (da
Boulez a Wagner).
La sua fibra pedadogica lo spinge a creare l'Ecole Mudra à Bruxelles (1970), poi a Dakar (1977) e
l'Ecole-Atelier Rudra a Losanna (1992).
Il passaggio dal Ballet du XXème Siècle al Béjart Ballet Lausanne (1987) avviene senza discontinuità.
Nel 1992 Béjart decide di ridurre le dimensioni della propria Compagnia a una trentina di ballerini per
"ritrovare l'essenza dell'interprete".
Tra i numerosi balletti creati per questa Compagnia, figurano Ring um den Ring, Il Mandarino meraviglioso,
King Lear – Prospero, A propos de Shéhérazade, Le Presbytère... !, Mutationx, La route de la soie, Le manteau,
Enfant-Roi, La lumière des eaux, Lumière, Tokyo Gesture, Il flauto magico, Ciao Federico, La mer .
Regista di teatro (La reine verte, Casta Diva, Cinq Nô modernes, A-6-Roc), di opere (Salomé, La Traviata e Don
Giovanni), di film (Bhakti, Paradoxe sur le comédien...), Maurice Béjart pubblica diversi libri (romanzi,
memorie, diari, commedie).
Oltre al Premio “Erasmo” nel 1974, l'imperatore giapponese Hirohito gli conferisce l’Ordine del Sol
Levante (1986) e il re Baldovino lo nomina Grande Ufficiale dell'Ordine della Corona Belga (1988). La
Japan Art Association gli conferisce il prestigioso Premio “Imperiale” (1993) e l’Inamori Foundation gli
consegna il Premio “Kyoto” (1999). Nel 1994 Maurice Béjart è nominato membro libero
dell’Accademia delle Belle Arti dell'Istituto di Francia. Il 4 dicembre 1995 Papa Giovanni Paolo II gli
conferisce il premio “Together for Piece Foundation”. La città di Losanna gli conferisce la cittadinanza
onoraria il 3 dicembre 1996. Il 22 novembre 2001 riceve anche il premio “Grand siècle” LaurentPerrier.
Nell’agosto 2002 crea una nuova Compagnia per giovani ballerini; è la Compagnie M, per la quale crea
un nuovo balletto: Mère Teresa et les enfants du monde, presentato per la prima volta a Losanna il 18 ottobre
2002 al Théâtre de Beaulieu.
Nell’ottobre 2003 rende omaggio a Fellini per i dieci anni della sua morte con la coreografia Ciao
Federico. Quello stesso anno (31 ottobre) ottiene la nomina di “Commendatore delle Arti e delle
Lettere” dall’ambasciatore francese.
Nel 2004 festeggia i 50 anni di direzione della Compagnia. Crea L’Art d’etre grandpère in collaborazione con i giovani ballerini della Compagnia.
Nel 2005 crea L’Amour-la Danse, spettacolo composto da più di una dozzina di estratti dai suoi balletti
più famosi.
In dicembre si aggiunge Zarathoustra, le chant de la danse, la sua più recente creazione.
GIL ROMAN
Gil Romain nasce ad Alès, nella regione della Gard (Francia). A sette anni debutta nella danza a
Montpellier per poi iscriversi all'Accademia Principessa Grâce di Monte-Carlo (dir. Marika
Besobrasova). Al Centre International de Cannes approfondisce la sua formazione di ballerino insieme
a grandi insegnanti quali Rosella Hightower e José Ferran.
Entrato al Ballet du XXe Siècle nel 1979, participa a tutte le creazioni di Maurice Béjart e ricopre il
ruolo principale in Messe pour le temps futur. Ricopre il ruolo da protagonista anche in Mephisto-Waltz, Le
Concours, Malraux, Piaf e soprattutto in Dibouk, per il quale crea il ruolo di Hanan.
Nel 1992, sotto la direzione di Maurice Béjart, gira un film, Paradoxe sur le comédien e crea il ruolo di Mr.
A. Il suo talento come ballerino e come attore emerge anche grazie a numerosi altri balletti quali Hamlet,
Pyramide, Ring um den Ring, Mr. C..., Il Mandarino meraviglioso, À propos de Shéhérazade, Le Presbytère… !,
Barocco-Bel Canto, Mutationx, Schiaccianoci, La route de la soie, Le manteau, La lumière des eaux, Lumière, La mort
du tambour, Renard e Il flauto magico.
Per lui Béjart crea i pas de deux Juan Y Teresa con Marie-Claude Pietragalla e Dialogue de l'ombre double
con Christine Blanc.
Dopo la creazione di L'habit ne fait pas le moine e Réflexion sur Béla, firma con successo un’importante
coreografia intitolata Echographie d’une baleine in omaggio a Federico Fellini. In occasione del gala per i 50
anni della Compagnia di Maurice Béjart, crea la sua ultima coreografia Le casino des ésprits. Nel dicembre
2004 Maurice Béjart gli dedica una serata intitolata Six personnages en quête d’un danseur, dove mette in
scena sei ruoli che hanno segnato la carriera del suo principale interprete negli ultimi venticinque anni.
Nel 2005 riceve in Italia il premio “Danza & Danza” per la sua interpretazione di Jacques Brel nel
balletto Brel et Barbara. Per la creazione Zarathoustra, le chant de la danse, gli viene affidato il ruolo di
Nietzsche confidando ancora una volta nelle sue qualità di attore e ballerino. Maurice Béjart gli affida il
ruolo principale della sua ultima creazione La vie du danseur, racontée par Zig et Puce. Nel 2006 vince il
prestigioso premio Nijinskij del Monaco Dance Forum per coronare 25 anni di danza ininterrotta.
Dal 1993, Gil Roman è direttore aggiunto del Béjart Ballet Lausanne.
BÉJART BALLET LAUSANNE
Alla fine del giugno 1987, a Bruxelles, il sipario si chiude per l’ultima volta sul Ballet du XXème Siècle.
Sei settimane più tardi, il Béjart Ballet inizia le prove a Losanna per diventare l’ormai celebre Béjart
Ballet Lausanne. Stimolato da questo trasloco-lampo, Maurice Béjart si lancia in una cascata di
creazioni: Souvenir de Léningrad, Prélude à l’Après-midi d’un Faune, Et Valse, Cantique, ... poi viaggia per il
mondo conformemente alla sua vocazione internazionale: Israele, Giappone, Belgio, Spagna, Italia,
Germania, ma anche Turchia, Grecia, Brasile, Egitto…assicurandosi qualcosa come 120
rappresentazioni all’anno.
Le 41 rappresentazioni de La danse en révolution nella primavera 1989 attirano più di 150.000 spettatori al
Grand Palais di Parigi. Instancabilmente, il coreografo abbozza affreschi monumentali. Nel marzo
1990, l’opera di una vita vede la luce alla Deutsch Oper di Berlino: Ring um den Ring, dalla Tetralogia di
Richard Wagner. Due mesi più tardi, all’Opera del Cairo, celebra la grandezza egiziana: Pyramide – El
Nour narra il cammino di una musica mistica attraverso il tempo e lo spazio. Le celebrazioni per i 700
anni della Confederazione elvetica nella primavera 1991 spingono Maurice Béjart ad interessarsi al
padre della psicologia delle profondità, lo svizzero Carl-Gustav Jung. La Tour si presenta allora come
uno di quegli affascinanti collage nell’arte nella quale il coreografo è maestro.
Stanco dei grandi spettacoli concepiti per le grandi sale, Béjart decide di concentrarsi su un lavoro più
personale, con una compagnia ridimensionata a 35 ballerini. Parallelamente al riposizionamento della
sua compagnia e cosciente di una mancanza, apre nel 1992 a Losanna l’Ecole-atelier RUDRA Béjart,
dove il suo insegnamento viene impartito nell’arco di due anni.
Sylvie Guillem, da lui rivelata all’Opéra di Parigi, gli ispira una suntuosa Sissi – L’Impératrice Anarchiste
nella quale la sovrana appare come un’”amica del popolo, degli artisti e dei poeti”. A Jean-Luc Godard,
il coreografo dedica La Nuit, un album d’immagini vive. Ma è il suo Mandarino meraviglioso, forte delle
ombre e delle luci di Métropolis e di M Le maudit di Fritz Lang, che fa epoca. Rifiutando il “prêt-àporter”, Maurice Béjart si dedica al “su misura” sotto forma di florilegio di qualche importante
momento: l’Art du pas de deux, che offre un panorama vertiginoso dell’opera del maestro.
La stretta relazione che Maurice Béjart intrattiene con la compagnia giapponese del Tokyo Ballet e
l’impatto delle tournée della sua compagnia in Giappone lo vedono assegnatario, nel 1993, del
Praemium Imperiale considerato come il Premio Nobel delle arti. Questo riconoscimento segue
l’investitura nell’Ordine del Sol Levante a lui assegnata sette anni prima. Il tutto seguito, il 29 marzo
1995, dall’eredità della poltrona del compianto Paul-Louis Weiller nell’illustre Accademia delle Arti,
affermandosi come il primo ballerino a diventarne membro.
Caso o precisa volontà, il 1996 è l’anno dei “revival”. Su richiesta dell’Opéra National de Paris, il
coreografo riporta in auge la sua Nona sinfonia di Beethoven. Uno spettacolo grandioso concepito in
un’epoca - il 1964 – nella quale si dedicava ai palazzetti dello sport e ad altre arene. Il successo di questa
produzione parigina è rapportabile alla misura dell’opera: 80 ballerini tra i quali 8 étoiles, 90 coristi, 4
cantanti solisti e un’orchestra sinfonica! Nel gennaio 1997, alla fine della prima parigina della nuova
creazione del Béjart Ballet Lausanne Le Presbytère n’a rien perdu de son charme, ni le jardin de son éclat, il
sipario si alza sul gruppo dei Queen e su Elton John che intonano Show must go on in mezzo alle
acclamazioni di un pubblico estasiato. Il successo dello spettacolo è tale che dopo una tournée trionfale
in Argentina, in Brasile e in Cile, Le Presbytère… ! diventa un film prodotto dalla Queen Productions
Ltd. Poi il coreografo inizia nuovamente a creare: per Sylvie Guillem crea Racine Cubique, a Mikhail
Baryshnikov offre Piano Bar e a Marie-Claude Pietragalla, étoile dell’Opéra National de Paris, dedica il
duo con Gil Roman Juan y Teresa. Sullo sfondo dei giardini di Boboli, a Firenze, Maurice Béjart e Gianni
Versace creano a quattro mani uno spettacolo di danza intrecciato con una sfilata di moda. Nel 1998 il
Béjart Ballet Lausanne riprendre a fare tournées: Italia, Francia, Belgio,Russia... Dopo una ventina
d’anni di assenza dal Bol’šoj, Béjart vi ritrova uno dei palcoscenici più mitici del mondo per crearvi
Mutationx, sorta di apologo nel quale il coreografo mette in scena un gruppo di sopravvissuti di una
catastrofe nucleare sul punto di lasciare la terra - o quello che ne resta - a bordo dell’ultimo razzo
disponibile.
Nel razzo, il Béjart Ballet Lausanne danza Le Presbytère… ! nel vasto palazzo del Cremlino dove la
musica dei Queen e l’evocazione di Jorge Donn sconvolgono i 6.000 spettatori che occupano fino
all’ultimo strapuntino. Disponendo di meno di un mese per montare uno Schiaccianoci insolito che si
inserisce nel filone di Gaîté parisienne e di Arepo, un nuovo progetto ha preso forma, maturato in Béjart
da un po’ di tempo: La Route de la soie. Una Route de la soie che colloca il coreografo dove si sente meglio:
al crocevia delle grandi civiltà.
Il Béjart Ballet Lausanne celebrerà il passaggio al XXI secolo e al III millennio con una commissione da
parte dell’Etablissement Public du Musée et du Domaine National di Versailles: Enfant-Roi, che avrà per
scenario l’Opéra Royal del castello nel giugno 2000. Su un vasto palcoscenico montato sulla vasca di
Nettuno nei giardini del castello, il maestro, sensibile allo spirito dei luoghi, realizzerà un patchwork
meraviglioso intitolato La Lumière des eaux, una sorta di reinterpretazione del “Ballet des ballets”,
applaudito da 25.000 spettatori!
La stagione 2000/2001 debutta a Londra, dove il pubblico inglese può scoprire Le Presbytère… ! ma
anche un programma misto con le Sette danze greche e il Boléro (con Sylvie Guillem). La compagnia parte
poi per la Romania, dove non è mai andata, e per il Brasile per una tournée di tre settimane: Rio, San
Paulo, Brasilia, Salvador e Belo Horizonte, dove ritrova un pubblico fedele ed entusiasta, e le standing
ovation sono di rigore. Di ritorno a Losanna, il Béjart Ballet Lausanne presenta Sette danze greche, Sinfonia
per un uomo solo (creato nel 1955) e Il Mandarino Meraviglioso. Seguirà Montréal, all’inizio del 2001, dove il
Béjart Ballet Lausanne si reca per la prima volta da quando è stato fondato. Da febbraio a maggio 2001
la compagnia va a Bordeaux e Montpellier, Madrid, Strasburgo e Mulhouse, dove riprende La Sagra della
Primavera prima di Bruxelles.
Spinto dalle possibilità che i teatri romani di Fourvière a Lione offrono, Maurice Béjart risponde
all’invito del Conseil Général du Rhône per creare un’opera importante nel giugno 2001: Lumière.
Ispirato dalla Genesi e dal Corano e dall’invenzione del cinema, questa nuova coreografia, acclamata da
quasi 30.000 spettatori, trova la sua ispirazione nell’emozione generata dall’incontro tra tre creatori
indimenticabili: Bach, Brel e Barbara.
Barcellona e Genova concludono la stagione 2001, e la stagione 2001/2002 si apre con una recita
eccezionale a Ginevra su invito del CERN. All’inizio dell’autunno, il Béjart Ballet Lausanne viene
invitato a Parigi, per una nuova serie di rappresentazioni di Presbytère… ! e della Sagra della Primavera.
Segue una tournée in Asia: Seul, Pechino, Shanghai e Taipei riservano alla compagnia e a Presbytère… !
un’accoglienza trionfale. Il mese di dicembre viene riservato per una serie di rappresentazioni a
Losanna. Baden-Baden, Amsterdam e Budapest scandiscono i primi mesi del 2002, insieme a Parigi per
una rappresentazione eccezionale della compagnia all’Unesco, in onore di Léopold Sedar Senghor. Il
Béjart Ballet Lausanne parte poi per il Giappone, dove resta per cinque settimane. Una tournée sotto il
segno del sole conclude la stagione 2001/2002: Atene, Cipro, Nîme, Palermo, Verona e Roma.
La stagione 2002/2003 è caratterizzata da due avvenimenti: Maurice Béjart, stupito dalla qualità dei
diplomati della sua scuola Rudra, fonda una compagnia junior: la Compagnie M. Lo spettacolo che crea
per questi 15 giovani artisti e per Marcia Haydée, Mère Teresa et les enfants du monde, intraprende una lunga
tournée in tutto il mondo, fino in Brasile e in Argentina. Inoltre, il coreografo prepara un programma
interamente consacrato a Stravinskij per il Béjart Ballet Lausanne. Presentato a Losanna prima e poi a
San Pietroburgo e Mosca, questo spettacolo ha come “highlights” il Concerto per violino e l’Uccello di fuoco.
Prima di ciò, la compagnia si è esibita a Lisbona con il Boléro e le Sette danze greche, e in Estonia dove il
pubblico baltico scopre Maurice Béjart e Le Presbytère… !
Il catalogo béjartiano raccoglie così tante perle che sarebbe davvero assurdo non pescarne di tanto in
tanto. Nella primavera 2003 Lione accoglie una ripresa de Il flauto magico (1981), celebrazione della
complementarietà dei generi e dell’unione nella felicità, che avrà ugualmente un grande successo a
Parigi. Ma appena il BBL lascia il Palazzo dei Congressi, il sipario dell’Opéra si apre su un programma
esclusivamente béjartiano, danzato come si deve dal corpo di ballo, dai solisti e dalle étoiles del teatro.
Oltre a una creazione per Manuel Legris, questo programma unisce tre capolavori: Il Mandarino
Meraviglioso (1992), L’Uccello di fuoco (1970) e Webern Opus V (1966). E come ogni anno, il BBL fa il giro
delle metropoli: Bruxelles, Berlino, Barcellona, Amsterdam… Non essendo disponibile per la data
scelta per la consegna al Bol’šoj del suo premio “Benois de la danse”, Maurice Béjart viene di lì a poco
festeggiato a Losanna. Il premio gli viene consegnato dall’autore, lo scultore Igor Ustinov.
Inserito in una retrospettiva a Losanna (film, disegni, scene, costumi…) per i 10 anni della morte di
Fellini, Ciao Federico costituisce, alla fine di ottobre al Palais de Beaulieu, l’omaggio di un gigante del
palcoscenico a un gigante dello schermo. Béjart che era legato in amicizia con il cineasta e con il suo
compositore Nino Rota, avrebbe potuto intitolare questo spettacolo Amarcord… (“mi ricordo” nel
dialetto di Rimini). Per lo stesso gala, Gil Roman crea Echographie d’une baleine, su diversi brani di Rota, a
cominciare dal concerto per pianoforte. E durante questo periodo, coreografi e ballerini ripetono il
programma della fine dell’anno: un programma con la doppia invocazione del mare e della morte. Il
mare simbolizza la vita (La musique souvent me prend comme une mer); la morte che ossessiona i Vier letzte
Lieder di Richard Strauss (Serait-ce la mort, 1970) e che si abbatterà su San Giovanni Battista quando
Salomé si sarà spogliata del suo settimo velo (Iokanaan, creazione).
Da Marsiglia a Palermo, da Genova a Lisbona e a Tokio, il primo semestre 2004 del BBL sarà molto
internazionale. Stessa cosa vale a titolo personale per il coreografo Maurice Béjart. La Scala riprende la
sua Sagra; l’Opéra du Rhin rimonta Le marteau sans maître (musica P. Boulez), il Balletto di Berlino gli
chiede il suo Ring um den Ring (Wagner), il Tokyo Ballet presenta Il mandarino meraviglioso (Bartok). I
proventi dei diritti di tali riprese alimentano una fondazione destinata ad aiutare i giovani ballerini
durante il loro periodo formativo.
A Losanna, in primavera, Béjart presenta un ricco florilegio composto da Il flauto magico e Bhakti
(versione integrale, 1968). Come un’eco lontana degli anni ’60 o forse cedendo alla tentazione
dell’Oriente, Bhakti stabilisce un legame con il passato lontano del coreografo, verso quel periodo in cui
incarnava la modernità infrangendo ogni codice. Unendo il vocabolario del bharat natyam alla
grammatica della danza classica occidentale, a lungo impegnati in tournée in tutto il mondo - Mosca e il
suo Bol’šoj incluso – questo balletto cult ritrova le luci della ribalta.
Effettivamente, è ora di ritrovarsi. Nel dicembre 2004 Béjart fa tanto di cappello al suo complice di
sempre, il compositore Pierre Henry. Da Symphonie pour un homme seul (1955), una decina di creazioni
hanno siglato la loro collaborazione. Per questa “serata Pierre Henry”, Béjart sceglie l’inevitabile
Symphonie – che oggi considera come il suo opus 1 - su Batterie fugace e Variations pour une porte et un soupir.
Altro omaggio che il coreografo fa al suo interprete feticcio, al suo fianco da 25 anni! Con il titolo Six
personnages en quête d’un danseur, Béjart mette in scena sei ruoli che hanno segnato la carriera di Gil
Roman: Amleto, Faust, Brel, Chaplin, il derviscio rotante di Golestan e il Manteau.
Per festeggiare le nozze d’oro del coreografo e di una compagnia che si è chiamata, cronologicamente
parlando, Ballets de l’Étoile, Ballet-théâtre de Paris, Ballet du XXème Siècle e Béjart Ballet Lausanne,
viene organizzato un grand gala allo Zénith di Lille. Da Duska Sifnios, la prima interprete di Boléro, a
Jean Babilée, interprete di Life, numerosi artisti hanno reso omaggio a Béjart. Un altro film gli viene
dedicato. Firmato da Serge Korber e girato nelle catacombe di Palermo, a Cadaques e a Tokio, Béjart ?
Vous avez dit Béjart ! fa incursioni nel passato, immagini d’archivio alla mano, e nel presente. Nell’aprile
2005, al Métropole a Losanna, le Editions Jacques Bref registrano Brel et Barbara. Questa registrazione è
arricchita da documenti d’archivio ed è completata da un ritratto di Béjart girato durante le prove di
questo balletto. Queste produzioni sono disponibili in DVD, come B comme Béjart, lungometraggio di
Marcel Schüpbach girato nel 2001, quando il coreografo montava Lumière.
Sempre nel 2005, il BBL attraversa l’Europa (Belgio, Francia, Italia, Slovenia), il Medio Oriente
(Libano) e l’Asia (Corea, Hong Kong, Shanghai, Pechino e Taipei) con sette diversi programmi. Sempre
nel 2005 Maurice Béjart propone, con il titolo L’amour – La danse, una suite di estratti dei balletti legati
dal sentimento dell’amore: Roméo et Juliette, Brel et Barbara, Souvent la mer me prend…, ecc.
La fine dell’anno è dedicata alla messa in scena di Zarathoustra, le chant de la danse, evidente riferimento a
Nietzsche, uno degli autori preferiti del coreografo. Il “compagnonnage” di Béjart e di Nietzsche ha già
dato vita a numerosi balletti, da Messe pour le temps présent a Dionysos. Questa nuova opera rappresenta
quello che c’è di più béjartiano, con la forte simbologia del triangolo e del quadrato, dei quattro
elementi, della coppia eterna e delle creature mitiche. Senza dimenticare i colpi di scena e gli effetti della
messa in scena. Qualche mese dopo, con la doppia firma di Maurice Béjart e di Michel Robert, le
edizioni Actes Sud pubblicano Ainsi danse Zarathoustra, una serie di colloqui che hanno Nietzsche come
“filo d’Arianna”.
GIANNI VERSACE
Sin dagli esordi Gianni Versace si appassiona alla creazione di costumi teatrali, un’attività che per tutta
la sua carriera andrà di pari passo con l’elaborazione delle sue numerose collezioni. Versace scopre
presto la sua vocazione; forse proprio grazie all’influenza della madre, sarta di grande talento, il cui
atelier rappresentava per lui una sorta di “teatro magico”.
Nato in Italia il 2 dicembre 1946, Versace a 25 anni si trasferisce a Milano dove comincia a lavorare
come stilista. Nel 1978 presenta alla Galleria Permanente di Milano la prima collezione Donna che
porta il suo nome. È nel 1982 però che versace inizia una collaborazione con il Teatro alla Scala,
disegnando i costumi del balletto Josephlegende di Richard Strauss con scenografie del pittore Luigi
Veronesi; poi, nel 1984 i costumi del Don Pasquale di Donizetti e del balletto Dyonisos coreografato da
Maurice Béjart.
Il 1986 è un anno fertile per premi e mostre. Il Presidente della Repubblica Italiana, Francesco Cossiga, lo
nomina Commendatore della Repubblica Italiana e il National Field Museum di Chicago presenta una
grande retrospettiva sugli ultimi dieci anni di carriera dello stilista. A Parigi, durante l’esposizione “Gianni
Versace: Obiettivo Moda” che illustra la collaborazione professionale tra Versace e fotografi internazionali
di grande fama (Avedon, Newton, Penn, ecc.), Jacques Chirac gli consegna la “Grande Médaille de Vermeil
de la Ville de Paris”. Nel novembre dello stesso anno va in scena la prima del balletto Malraux ou la
métamorphose des dieux a Bruxelles, con costumi di Gianni Versaci e coreografia di Maurice Béjart.
Nel gennaio 1987 Versace realizza i costumi per Salomé di Richard Strauss, rappresentato alla Scala e
diretto da Bob Wilson. Alla fine di marzo di quello stesso anno, sempre al Teatro alla Scala, Versace
crea i costumi per Leda et le Cygne di Maurice Béjart. In aprile Franco Maria Ricci pubblica il libro Versace
Teatro; in giugno Versace segue Béjart in Russia e crea i costumi per Nuits Blanches de la danse, trasmesso
in mondovisione da Leningrado. Il grande contributo artistico di Versace al teatro viene ricompensato
nel settembre dello stesso anno con l’assegnazione della “Maschera d’argento”. A dicembre ritroviamo
Versace sulla locandina di Souvenirs da Leningrado, un balletto della nuova Compagnia di Maurice Béjart,
il Béjart Ballet Lausanne.
Il 30 marzo 1988 al Théatre Royal de la Monnaie di Bruxelles Versace presenta, a fianco di Maurice
Béjart, i costumi di un balletto ispirato a Evita Peron. L’8 giugno la giuria del “Cutty Sark” definisce
Versace lo stilista per uomo più creativo ed innovatore del mondo.
Nel gennaio 1989, in occasione della serata alla Gare d’Orsay dove, alla presenza di Danielle Mitterand,
viene presentato il film Le Bonheur de l’Amitie che narra del rapporto tra lo stilista e Maurice Béjart, viene
annunciata l’apertura dell’Atelier Versace, un atelier di creazioni per modelli di haute couture. Il 13
aprile, presso il Castello degli Sforza di Milano, viene inaugurata la mostra “L’abito per pensare”, che
presenta , in una rilettura storico-sociale, 25 anni di attività nel settore della moda e del teatro, anni che
rappresentano tappe fondamentali nella storia del costume. Il 16 maggio segna il debutto alla Scala del
Doktor Faustus diretto da Bob Wilson con i costumi di Versace. Il 26 maggio, in occasione delle
celebrazioni per il Bicentenario della Rivoluzione Francese, crea per Béjart i costumi del balletto Chaka
Zulu ispirato al poeta Léopold Sédar Senghor.
Nell’ottobre 1990 la stagione teatrale dell’Opera di San Francisco viene inaugurata con Capriccio di
Richard Strauss, costumi di Gianni Versace. Il 7 gennaio 1991 viene presentata al Royal College of Art
di Londra la mostra “Versace Teatro”. In seguito il Kobe City Museum (Giappone) accoglie la mostra
“L’Abito per pensare”. Nel mese di ottobre William Forsythe mette in scena i suoi balletti allo
Städtische Bühnen di Francoforte con i costumi di Gianni Versace.
Nel gennaio 1992 Franco Maria Ricci pubblica il secondo volume di “Versace Teatro”. A Monaco
l’esposizione itinerante “Theater der Mode” celebra le sue più recenti creazioni stilistiche e teatrali. Alla fine
di maggio inizia la tournée internazionale di Elton John, ammiratore incondizionato della moda di Versace,
al quale il musicista chiede di creare i costumi per i suoi concerti. Al Fashion Institute of Technology di New
York viene allestita una grande retrospettiva sull’attività dello stilista italiano: “Versace: Signatures”.
Il primo febbraio 1993 il Council of Fashion Designers of America consegna allo stilista italiano l’Oscar
americano per la moda. Nel mese di marzo Béjart presenta al Sadler’s Wells di Londra il balletto Sissi,
l’imperatrice anarchiste con costumi di Versace. Il 17 gennaio 1995 ha luogo l’inaugurazione della mostra
fotografica di Richard Avedon “Richard Avedon: 1944-1994” patrocinata da Versace e ufficialmente
ospitata dalla Città di Milano al Palazzo Reale presso la Sala delle Cariatidi. Il 3 marzo viene presentata
presso il Kennedy Center di Washington D.C. la prima mondiale del nuovo spettacolo dell’American
Ballet Theatre How Near Heaven con la coreografia di Twyla Tharp, per la quale Versace disegna i
costumi. Il 3 dicembre a New York Elton John consegna a Gianni Versace il VHI Fashion and Music
Award per il contributo speciale del mondo della moda alla musica. Il 4 dicembre Gianni Versace
presenta la mostra “Haute Couture” al Metropolitan Museum di New York: i suoi costumi faranno
parte della collezione del museo.
Il 3 luglio 1996 ha luogo l’inaugurazione della prima mostra fotografica di Bruce Weber in Italia,
“Weber Vietnam Versace”, patrocinata e ospitata dalla Città di Milano al Palazzo Reale. Dal 21
settembre al 15 dicembre a Firenze, presso Forte Belvedere, Versace partecipa in collaborazione con
Roy Lichtestein alla prima edizione della Biennale di Firenze dedicata al tema “Il Tempo e la Moda”.
Nel gennaio 1997 Béjart firma una nuova coreografia intitolata Le presbythère n’a rien perdu de son charme, ni
le jardin de son éclat su musiche dei Queen e di Mozart con costumi che Gianni Versace ha voluto
estremamente semplici per sottolineare ed accentuare ancora di più la personalità di chi li indossa. 24
aprile: “Beauty Icons”, una nuova mostra organizzata in collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna
di Bologna per la 30esima edizione del salone Cosmoprof. In questa occasione viene presentata in
anteprima internazionale la nuova linea make-up e viene consegnato un premio allo stilista “che ha
saputo unire il mondo della moda a quello della bellezza e dell’arte in tutte le sue forme”. 25 giugno,
Firenze – Giardino dei Boboli – Pitti Immagine: in occasione della 52esima edizione di Pitti Uomo
viene rappresentata la prima di Barocco Bel Canto, un balletto di Maurice Béjart con i costumi di Gianni
Versace. Nel corso dello spettacolo vengono presentate in esclusiva mondiale la collezione uomo e
un’anticipazione della collezione donna per la primavera-estate 1998.
QUEEN
Rompendo tutte le regole, traendo ispirazione dall’opera, dal jazz, ma anche dal rock e dalla disco
music, i Queen sono diventati uno dei gruppi più quotati e popolari della scena musicale. In vent’anni i
Queen si sono regolarmente trovati in testa a tutte le classifiche nel mondo intero con vendite superiori
ai 130 milioni di dischi. Con le loro
canzoni, i loro concerti live e i loro video, John Deacon, Brian May, Freddie Mercury e Roger Taylor
continuano ancora oggi ad influenzare le nuove generazioni di artisti e di musicisti.
Malgrado la tragica scomparsa di Freddie Mercury nel 1991, a causa dell’aids, i Queen hanno mantenuto
la loro grande forza creativa. Vincitore del disco d’oro e di platino in oltre 20 paesi, il loro ultimo album
Made in Heaven è da considerarsi tra i più venduti ed ascoltati del gruppo. Grazie al Mercury Phoenix
Trust e al suo costante impegno a favore delle opere di beneficenza per combattere l’aids, il gruppo ha
raccolto fino ad oggi oltre quattro milioni di sterline.
Teatro Regio di Parma
mercoledì 23 maggio 2007, ore 20.00 turno A
giovedì 24 maggio 2007, ore 20.00 turno B
prima nazionale
ZÜRCHER BALLETT
Direttore Heinz Spoerli
In den Winden im Nichts
Coreografia Heinz Spoerli
Musica Johann Sebastian Bach: Suite n.. 2, Re Min. BWV 1008, Suite n. 3, Do Magg. BWV 1009, Suite n. 6,
Re Magg. BWV 1012
Violoncello Claudius Herrmann
Scenografia Sergio Cavero
Costumi Heinz Spoerli
Luci Martin Gebhardt
Heinz Spoerli non si limita esclusivamente a parafrasare la musica di Johann Sebastian Bach in pura
danza. La consistenza e la regolarità di forma con le quali egli fedelmente segue le forme musicali di
Bach, incluse le ripetizioni, è solo un aspetto. L’altro aspetto è il riconoscimento del contenuto
intellettuale, dell’assoluta perfezione e dell’incantevole serenità di questa musica. Stati emozionali e
atmosfere chiaramente simboliche fluttuano nello spazio e continuano a vibrare tra i movimenti, nel
silenzio delle cadenze danzate, quando la musica è già svanita.
Die Bachfuge
fliegt in den Himmel
kommt zurück zu mir
Fliegt in den Himmel
Mathematik
erklärt eine Stimme
Ich weiss nicht
will nichts wissen
wie viele Köpfe auf Flügeln
welche Geschwindigkeiten
ich zähl nicht
die Zahlen
Bach
mein Blutstrom
zum Himmel
Rose Ausländer (1901 – 1988)
HEINZ SPOERLI
Nato a Basilea nel 1940, Heinz Spoerli è irresistibilmente attratto dal teatro fin da giovanissimo. A14
anni inizia a prendere lezioni di ballo e conclude la sua preparazione a Basilea.
Dal 1960 per Spoerli si sussegue una lunga serie di ingaggi come ballerino: a Basilea, Colonia e in
Canada e, nel frattempo, debutta anche come coreografo, con un primo lavoro messo in scena a
Calgary nel 1967.
Nell’autunno del 1971 accetta un’offerta di lavoro presso il Grand Théâtre di Ginevra, dove avrà anche
l’opportunità di lavorare a proprie creazioni. È in seno alla compagnia svizzera, infatti, che realizza il
suo primo, vero, balletto: Le Chemin. Un’opera di grande successo, che oltre ad essere registrata per una
trasmissione televisiva, attira l’attenzione di Werner Düggelin, il nuovo direttore di Basilea, che gli offre
un contratto come direttore del balletto.
Spoerli rimane a Basilea per 17 anni, organizzando una compagnia di altissimo livello tecnico, basata
sulla tradizione classica arricchita dagli insegnamenti moderni.
I risultati ottenuti gli valgono un contratto come ospite presso l’Opera di Parigi, per la quale crea
un’acclamata versione di La fille mal gardée nel 1981.
Nel 1984, dà vita ad un’altra geniale creazione per il proprio ensamble, Coppelia, su musica di Leo
Délibes .Nel 1984 crea la coreografia dell’opera Falstaff, scritturando il ballerino e coreografo Hans von
Manen per il ruolo principale. Nel 1988, è la volta di La belle vie, considerato per molti anni il suo
capolavoro assoluto.
All’inizio degli anni ‘90 accetta l’incarico di direttore della Deutsche Oper am Rhein, con i suoi due
teatri di Düsseldorf e Duisburg. Nel giro di cinque anni, risolleva le sorti della compagnia della duplice
istituzione, restituendole l’antico splendore e imponndola come uno degli ensemble classici più
prestigiosi della Germania.
La creazione più importante di Spoerli durante questo periodo è una limpida versione per balletto delle
Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, considerata l’apice del suo repertorio creativo.
Nel 1996 il Land del NordRhein-Westfalia gli dedica il Festival Internazionale della Danza e
contemporaneamente Zurigo gli offre l’opportunità di dirigere la maggiore compagnia di ballo della
Svizzera: Spoerli accetta. Alla guida dello Zürcher Ballett, Spoerli continua a consolidare la propria
reputazione come uno dei più validi coreografi europei. In occasione del suo 60° compleanno,
nell’autunno del 2000, fonda un’associazione e, per consolidare la propria compagnia, crea lo Junior
Ballet, con lo scopo di promuovere i giovani talenti diplomati alla Scuola di Balletto Professionale
Svizzera .
Nel corso degli anni, Spoerli avvia nuove iniziative, come il festival “Basel Tanzt” o la Scuola di Balletto
Professionale Svizzera.
Dal maggio 2004 Spoerli fa parte parte del board della Fondazione Nureyev, coreografa musiche di
Berio e Schnittke (Approaching Clouds, 2000), Ligeti (Aventures & Nouvelles Aventures, 1997) e Brahms
(Brahms, ein Ballett, 1997), Mozart (…eine Lichte, Helle, Shöne Ferne, 1999) e ancora Bach (… und Mied den
Wind, 1999, In den Winden im Nichts, 2003), e il Quintetto in Do Maggiore di Schubert (2002). Infine,
unendo i due ruoli di produttore e coreografo, mette in scena l'audace opera-balletto di Rameau Les
Indes Galantes (2003). Porta inoltre il suo ensemble nei più importanti teatri del mondo, primo fra tutti il
Teatro Bol’šoj di Mosca.
ZÜRCHER BALLETT: STORIA, ENSEMBLE, REPERTORIO
Rispetto a Parigi o Londra, Vienna o Copenhagen, Zurigo è una capitale della danza relativamente
giovane. La città, infatti, è entrata nel panorama internazionale del balletto solo all’inizio del XX secolo.
Appena prima della Prima Guerra Mondiale, Rudolf von Laban aprì una scuola di ballo a Zurigo:
all’epoca, e fino agli anni ‘30, il balletto presso lo Stadttheater aveva solo una funzione decorativa,
marginale nell’ambito della produzione legata all’opera e all’operetta di questa istituzione.
La direzione dello Zürcher Ballett cambiava ogni due o tre stagioni e numerosi direttori si susseguirono
fino alla metà degli anni ‘80, quando Uwe Scholz rimase in tale posizione per cinque anni consecutivi.
Il periodo intermedio tra la direzione di Scholz e di Spoerli non si ricorda come il più fortunato di
questo teatro.
Quando Heinz Spoerli assume la guida dello Zürcher Ballett nel 1996, deve anzitutto fare i conti con le
gravi carenze createsi negli anni precedenti.
Se è noto che nella storia della danza che gli ensemble più validi esistano solo in relazione ad un capace
coreografo, la combinazione Zürcher Ballett-Heinz Spoerli si può certamente definire, ormai da tempo,
una delle più riuscite tra le compagnie di balletto.
Negli ultimi otto anni, Spoerli ha mostrato il repertorio coreografico da lui voluto per lo Zürcher Ballett
sulle scene internazionali. Balletti di George Balanchine, coreografie di Hans van Manen, William
Forsythe, Merce Cunningham e Twyla Tharp – sono sempre accostati al proprio contributo
coreografico, di pari pregio.
Sebbene la maggior parte delle coreografie create da Heinz Spoeli sia stata ideata per i ballerini dello
Zürcher Ballett , almeno uno dei precedenti lavori coreografato a Düsseldorf è stato – ovviamente –
trapiantato senza indugio a Zurigo (ma con nuovi costumi): le Variazioni Goldberg di Johann Sebastian
Bach, con esecuzione dal vivo al pianoforte. Con questa prova Spoerli ha introdotto una nuova forma
di drammaturgia nel balletto in più atti: non una semplice interpretazione astratta della musica, ma
piuttosto un tentativo di ritrarre nella danza "lo scorrere della vita”.
Forse Spoerli, già reduce da un grande successo decennale, soprattutto in qualità di maestro di balletto
oratorio, ha ora voluto creare una nuova dimensione ed un nuovo genere, grazie all’esperienza acquisita
di coreografo più maturo: pura danza, con solo un minimo accenno di trama.
Nelle sue esclusive coreografie, Heinz Spoerli ha inoltre interpretato la musica di grandi compositori,
quali Brahms, Mozart, Schubert e Bach.
Tra le sue maggiori creazioni attualmente presenti nel repertorio dello Zürcher Ballett, si ricorda
Approaching Clouds, un balletto in quattro atti che non include un singolo balletto oratorio nel senso
tradizionale. Sicuramente, la terza parte del balletto Szenen su musica di Robert Schumann, già messa in
scena a Düsseldorf, contempla qualche abbozzo di trama – ma questi contorni sono così vaghi e
confusi da perdersi completamente all’interno della danza, rendendo pertanto l’opera classificabile a
stento come “balletto con trama”
Naturalmente, un imponente lavoro quale Les Indes galantes, opéra-ballet di Rameau risalente alla
primavera 2003 - in cui Spoerli, nel duplice ruolo di direttore e coreografo, ha intrecciato ballo e musica
ponendoli sullo stesso piano - non può rimanere costantemente all’interno del repertorio di una
compagnia di ballo legata ad un teatro d’opera. E in effetti non è nemmeno necessario. Unitamente ad
un’accurata selezione di balletti classici e contemporanei – Sogno di una notte di mezz’estate, Giselle, La fille
mal gardée, Lo schiaccianoci (che va ben al di là di un semplice sogno di Natale), alle opere di Prokof’ev
Romeo e Giulietta e Cenerentola, nonché ad una nuova versione di La belle vie, ideata a suo tempo per
Basilea (un balletto in più atti in cui l’epoca della fin de siècle è ritratta in modo geniale, con tutti i suoi
vantaggi e problematiche sociali ed umane) – l'essenza della danza viene condensata in un repertorio
unico, che poche altre compagnie contemporanee possono vantare. E tutto ciò è stato creato in soli
dieci anni: tuttavia non si tratta di un “miracolo”, ma del risultato di un grande impegno da parte di
tutti, davanti e dietro le quinte.
Jochen Schmidt
CLAUDIUS HERMANN
Nato a Mannheim nel 1967, Claudius Hermann ha iniziato a suonare il violoncello all’età di otto anni.
Nel 1981 ha iniziato gli studi con Hans Adomeit e come giovane talento ha vinto numerosi premi e
riconoscimenti, tra i quali l’incoraggiante premio della Federal Union of German Industry e una borsa
di studio dalla German National Academic Foundation. Dal 1987 al 1991 ha studiato con David
Geringas presso la Musikhochschule di Lubecca, laureandosi con lode nel 1991. Nel 2000 ha
conseguito il diploma di solista, ancora una volta con ottimi voti. Ha frequentato il Piatigorsky Seminar
di Los Angeles e ha partecipato all’International Cello Festival a Manchester e al Ravinia Festival di
Chicago. Nel 1990 la sua esecuzione del Doppio Concerto gli ha fatto vincere il premio per la miglior
interpretazione all’International Brahms Competition di Amburgo. Dal 1992 è membro della Zürich
Opera Orchestra ed ha suonato sia come solista che come basso continuo in concerti da camera diretti
da direttori d’orchestra del calibro di Nikolaus Harnoncourt, Georg Solti, Christoph von Dohnanyi,
Riccardo Chailly, Nello Santi e Franz Welser-Möst. Il M° Herrmann è anche membro dell’Amati
Quartet, con il quale recentemente si è esibito al Musikverein di Vienna, al Concertgebouw di
Amsterdam, alla Wigmore Hall di Londra, al Théâtre des Champs-Elysées di Parigi, alla Cologne
Philharmonia, alla Konzerthaus di Berlino e, nel Marzo 2001, alla Carnegie Hall di New York. Come
solista ha lavorato con l’Hamburg Symphony Orchestra, la Stuttgart Philharmonia, la Kiel
Philharmonia, la Philharmonic Orchestra of the Hanseatic City di Lubecca, e la Zürich Opera
Orchestra per Don Chisciotte. Ha realizzato numerose registrazioni e grazie alla collaborazione con
l’Amati Quartet ha conquistato premi internazionali come il Deutsche Schallplattenpreis (2 volte) e il
Franc È s Choc du Monde de la Musique. Il suo lavoro di incisione annovera le sonate per violoncello
di Brahms, Reinecke e Herzogenberg.
Il M° Herrmann suona un magnifico strumento costruito da Giovanni Paolo Maggini nel 1600,
prestatogli dalla Maggini Foundation di Langenthal, Svizzera.
Testi riprodotti grazie alla gentile concessione della Zürcher Opera House.
Teatro Regio di Parma
martedì 29 maggio 2007, ore 20.00 turno A
mercoledì 30 maggio 2007, ore 20.00 turno B
giovedì 31 maggio 2007, ore 20.00 fuori abbonamento
CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA
Direttore Frédéric Olivieri
La Bella addormentata nel bosco
Balletto in un prologo e tre atti dalla fiaba "La belle au bois dormant" di Charles Perrault
Libretto di M. Petipa e I.A. Vsevoložkij
Coreografia e Regia Rudolf Nureyev
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
Scene e costumi Franca Squarciapino
Artista ospite Leonid Sarafanov
Orchestra del Teatro Regio di Parma
Direttore David Garforth
Allestimento del Teatro alla Scala
IL SOGGETTO
Prologo
Al di là dei cancelli, si apre la reggia di re Florestano XXIV. Il salone dei ricevimenti è pronto per la
cerimonia della presentazione alla corte della principessa Aurora. Scende dalla scalea il corteo reale: i
cortigiani, il re, la regina, e finalmente la neonata recata in braccio dalle bambinaie. Catalabutte, maestro
delle cerimonie, dà inizio ai festeggiamenti. Entrano le sette Fate, accompagnate dai loro cavalieri, a
portare ciascuna un dono e una benedizione. Ma, all’improvviso, appare la perfida maga Carabosse con
i suoi accoliti e, indignata per non essere stata invitata alla festa, lancia sulla neonata una maledizione: a
sedici anni – proprio come nella visione che ella evoca – la principessa morirà dopo essersi punta un
dito. Ma ecco la buona Fata dei lillà a rassicurare i genitori disperati: Aurora non morirà, ma cadrà in un
sonno profondo da cui la sveglierà un bacio d’amore.
Atto primo
Davanti ai cancelli del giardino reale, tre donne lavorano ai ferri. Il maestro delle cerimonie le scopre,
tra la costernazione degli astanti: ogni tipo di ferro o di fuso è stato bandito dal paese per paura
dell’avverarsi della maledizione. Arrivano i reali che preferiscono adottare la massima clemenza: oggi è il
sedicesimo compleanno della principessa Aurora. Hanno inizio le danze. Aurora giunge con le amiche e
danza l’Adagio della rosa con i quattro prìncipi che aspirano alla sua mano. Carabosse, travestita da
vecchia, si avvicina ad Aurora e fa sì che ella, senza accorgersene, si punga con un ago nascosto nel
mazzo di fiori che le offre. La maga, trionfante, scompare. Aurora cade nel suo sonno profondo ed è
trasportata tristemente nelle sue stanze dai cortigiani. In breve, l’intera corte si addormenta. Ritorna la
Fata dei lillà, che magicamente fa avvolgere l’intero castello da una fitta foresta.
Atto secondo
Cento anni dopo, giungono in una radura del bosco tre carrozze. Ne escono i cortigiani del principe
Désiré e iniziano i loro giochi e le loro danze. Compare il principe, che si unisce ai loro passatempi e
organizza una “mosca cieca”.Chiede poi di restare solo. È malinconico e inquieto, finché non gli si fa
incontro la Fata dei lillà, che gli racconta la storia di Aurora e ne suscita la visione in mezzo a un gruppo
di silfidi. Il principe se ne invaghisce ed è condotto dalla Fata dei lillà verso il castello della Bella
addormentata. Qui sta Carabosse che svolge il suo filo di perfidia. Quando arriva la Fata dei lillà,il filo si
spezza e Carabosse è trascinata via svenuta. Désiré avanza incredulo nella corte addormentata.
Accostatosi al letto di Aurora, contempla rapito la fanciulla e la bacia. Subito Aurora si ridesta,e con lei
l’intera corte. La principessa conduce Florimondo dai genitori, che benedicono la giovane coppia.
Atto terzo
Nel salone da ballo si svolge la festa per le nozze di Aurora e Désiré. Il re, la regina e i cortigiani
danzano una sarabanda.Quindi arrivano i doni e alcuni personaggi delle favole di Perrault: Diamanti,
Oro, Argento, Zaffiro, il Gatto con gli stivali e la Gatta Bianca,l’Uccello Azzurro e Fiorina. Chiudono le
danze i due sposi promessi, i quali poi si avviano verso la cerimonia e la felicità.
RUDOLF NUREYEV LA VITA E LA CARRIERA
1938 Rudolf Hametovicˇ Nureev (Nureyev) nasce il 17 marzo su un treno, in una regione del Lago
Bajkal, durante un viaggio che la madre Farida aveva intrapreso per raggiungere il marito Hamet, a
Vladivostok.
1943 A quattro anni, narrano le biografie, assiste al suo primo balletto.
1949 Nonostante il divieto del padre, dopo aver assistito ad alcuni spettacoli di balletto all’Opera di
Ufa, la cittadina dove vive, inizia lo studio della danza.
1953 Partecipa come mimo ad alcuni spettacoli di balletto dell’Opera di Ufa.
1955 Prende parte a Mosca a un festival intitolato «Dieci anni di arte baskira», segue le lezioni di
danza di Assaf Messerer al Teatro Bol’sˇoj e, incoraggiato da alcuni insegnanti, va a Leningrado per
frequentare il celebre Istituto Agrippina Vaganova. Dopo pochi mesi viene ammesso alla scuola ed
entra a far parte della classe diretta da Aleksandr Ivanovicˇ Pusˇkin.
1957 Entra nella compagnia del Teatro Kirov di Leningrado, danzando nel repertorio del teatro: Il
lago dei cigni, Esmeralda, Il papavero rosso, La bella addormentata, Laurencia.
1959 Danza per la prima volta in Giselle.
1961 Danza in Taras Bulba. Al termine della tournée del Kirov a Parigi, il 17 giugno, chiede asilo
politico in Francia. Eludendo la sorveglianza dei poliziotti e con l’aiuto di alcuni amici, riesce a fuggire
all’aeroporto di Le Bourget pochi attimi prima della partenza dell’aereo. Ha inizio la sua carriera in
Occidente. Il 23 giugno si esibisce nella Bella addormentata, messa in scena dal Ballet du Marquis de
Cuevas. Danza anche La sylphide e Infiorata a Genzano.
1962 A Londra, su invito di Margot Fonteyn, danza con il Royal Ballet al Covent Garden: Poème
tragique, Antigone di John Cranko, Giselle, Il lago dei cigni, Le danze polovesiane. Danza anche a Chicago con
la Lyric Opera and Ballet Company. Crea la sua prima versione dello Schiaccianoci al Covent Garden.
1963 Frederick Ashton crea per lui e per Margot Fonteyn la coreografia di Marguerite and Armand. In
tournée con il Royal Ballet interpreta Petrusˇka, Raymonda (di cui cura la ripresa coreografica su
commissione del Festival dei Due Mondi di Spoleto), Il lago dei cigni. Crea la sua prima edizione di La
bayadère.
1964 Allestisce Il lago dei cigni alla Staatsoper di Vienna. Interpreta Romeo e Giulietta di Kenneth
MacMillan, Images of Love, Paquita.
1965 Cura la coreografia di Raymonda per l’Australian Ballet. Danza alla Scala, ospite del Royal Ballet
in Romeo e Giulietta, coreografia di Kenneth MacMillan con Margot Fonteyn, e La bayadère
1966 Crea Tancredi, danza Song of the Hearth di MacMillan, Marguerite and Armand e il “pas de deux” Il
corsaro in coppia con Margot Fonteyn. Roland Petit crea per lui e per la Fonteyn Paradise Lost al Covent
Garden, e offre a Nureyev Le jeune homme et la Mort, che Nureyev interpreta accanto a Zizi Jeanmaire. La
bella addormentata alla Scala, con Carla Fracci, Don Chisciotte a Vienna.
1967-68 Incontra George Balanchine e danza per la prima volta il suo Apollon Musagète con l’Opera di
Vienna e Lo schiaccianoci per il Balletto Reale Danese. Danza Birthday Offering e Jazz Calendar di Ashton,
riprende La bella addormentata alla Scala danzando con Vera Colombo.
1969 Il poema dell’estasi di Roland Petit, con Luciana Savignano, alla Scala. Danza Pelléas et Mélisande al
Covent Garden di Londra. In occasione di un gala danza Les rendez-vous di Ashton. Alla Scala allestisce
Lo schiaccianoci, con Liliana Cosi e Vera Colombo, e danza Giselle con Margot Fonteyn.
1970 Rudy van Dantzig crea per lui The Ropes of Time. Interpreta Monumento per un ragazzo morto con il
Balletto Nazionale Olandese che debutta anche al Festival del Balletto di Nervi. Prima
rappresentazione, in Gran Bretagna, di Dances at a Gathering di Jerome Robbins. Giselle con la Fracci e
Les sylphides alla Scala.
1971 Danza Chant du compagnon errant e Le sacre du printemps di Maurice Béjart, a Bruxelles, con il Ballet
du XXème Siècle; alla Scala Le nozze d’Aurora e Chant du compagnon errant, Apollon Musagète, di George
Balanchine.
1972 Field Figures, coreografia di Glen Tetley, Afternoon of a Faune di Jerome Robbins, Sideshow di
Kenneth MacMillan, Aureole e Laborintus di Paul Taylor al Covent Garden di Londra, The Moor’s Pavane
di José Limon. Serata Stravinskij e Il lago dei cigni al Castello Sforzesco di Milano, con Margot Fonteyn e il
Corpo di ballo della Scala.
1973 Figliol prodigo di George Balanchine. Danza per la prima volta con Natalia Makarova La bella
addormentata e Romeo e Giulietta, a Londra. Alla Scala, Il lago dei cigni con Carla Fracci, Apollon Musagète di
George Balanchine.
1974 Don Giovanni, coreografia di John Neumeier, Agon di George Balanchine, Manon di Kenneth
MacMillan, La fille mal gardée di Frederick Ashton. Alla Scala, Chant du compagnon errant con Paolo
Bortoluzzi e Il lago dei cigni con Carla Fracci, poi ripreso al Castello Sforzesco nella stagione estiva.
1975 Tristano di Glen Tetley con Carolyn Carlson all’Opéra di Parigi, Coppélia con il National Ballet of
Canada. Danza con la compagnia di Martha Graham, a New York, Lucifer. La ventana di Auguste
Bournonville lo vede tra le file dell’American Ballet Theatre. Crea La bella addormentata per il London
Festival Ballet. Danza The Lesson di Flemming Flindt.
1976 Torna come ospite nel Ballet du XXème Siècle dove danza Sonate à trois di Béjart. Danza
Moments di Mourray Louis, e Blow in the Gentle Wind di Rudy van Dantzig con lo Het National Ballet di
Amsterdam. Ospite di Martha Graham, che gli offre di danzare Appalachian Spring, Night Journey e La
lettera scarlatta. Interpreta anche Four Schumann Pieces di Hans van Manen.
1977 Pierrot Lunaire di Glen Tetley, El penitente di Martha Graham, Hamlet Prelude di Ashton e Toreador
pas de deux di Flindt. Torna alla Scala per Lo schiaccianoci. Crea una nuova versione di Romeo e Giulietta per
il London Festival Ballet. Nasce a Londra e a New York un «Comitato per assistere Nureyev»: lo scopo
è quello di sollecitare le autorità sovietiche a concedere un permesso alla famiglia Nureyev di lasciare la
Russia.
1978 Giselle con Elisabetta Terabust alla Fenice di Venezia, Faun di Toer van Shayk, About a Dark
House di Rudy van Dantzig, Conservatoire di Auguste Bournonville, Shéhérazade con il London Festival
Ballet. Interpreta anche Don Chisciotte di Michail Baryshnikov con l’American Ballet Theatre. Dà vita alla
compagnia «Nureyev and Friends» con altri ballerini: insieme, danzano in Europa balletti
prevalentemente moderni. Monta Romeo e Giulietta all’Opéra di Parigi.
1979 Interpreta Le bourgeois gentilhomme di Balanchine al New York City Ballet. Crea Manfred all’Opéra
di Parigi. Il Musée Grevin di Parigi gli dedica una statua di cera. Rudy van Dantzig crea per lui Ulysses
all’Opera di Vienna; danza Miss Julie con l’American Ballet Theatre.
1980 Allestisce Lo schiaccianoci e Don Chisciotte alla Scala, poi monta per la compagnia milanese Romeo e
Giulietta, che va in tournée al Metropolitan di New York l’anno seguente. Durante la stagione scaligera
danza Miss Julie con Anna Razzi. Interpreta Apollon, Le nozze di Aurora, Chant du compagnon errant al
Teatro Comunale di Firenze; Pierrot lunaire, Aureole e Chant du compagnon errant al Teatro Nazionale di
Milano. Clamorosa rentrée della coppia Fracci-Nureyev all’Opera di Roma in Giselle. Riprende Miss Julie
all’Opera di Berlino, con Five Tangos di Hans van Manen, L’idiota di Panov. Danza Il lago dei cigni
all’Opéra di Parigi.
1981 Giselle a Firenze, Don Chisciotte all’Opéra di Parigi; nel mese di luglio viene organizzato a Londra
un imponente Festival Nureyev. Danza From Sea to Shining Sea di Paul Taylor insieme a Baryshnikov e
Marco Spada di Pierre Lacotte all’Opera di Roma. Tournée con la Scala negli Stati Uniti.
1982 Diventa cittadino austriaco. Danza Omaggio a Djagilev (Les biches, Le spectre de la rose, Le
danze polovesiane, Petrusˇka), al Teatro Comunale di Firenze; Giselle con Yoko Morishita a Genova;
effettua una lunga tournée in Francia e in Italia con il Ballet Théâtre de Nancy.
1983 Crea The Tempest per il Royal Ballet, danza Il lago dei cigni con il Boston Ballet in diverse città
italiane. Il 10 settembre si insedia come direttore del ballo all’Opéra di Parigi, dove allestisce e interpreta
Don Chisciotte (poi in tournée italiana) e Raymonda.
1984 Bach Suite all’Opéra di Parigi e ripresa di Romeo e Giulietta. Crea una nuova versione del Lago dei
cigni, che debutta qualche mese dopo all’Opéra (la stessa versione che è in repertorio alla Scala).
1985 Crea Washington Square e debutta al Carnevale veneziano con Le bourgeois gentilhomme.
1986 Crea per la compagnia parigina una riedizione di Cendrillon. Danza in un gala con Baryshnikov e
il Balletto dell’Opéra de Paris al Metropolitan di New York in occasione dei festeggiamenti per i cento
anni della Statua della Libertà; danza Miss Julie con il Northern Ballet. Si “scontra” pubblicamente con
Roland Petit e Maurice Béjart: in una lettera al quotidiano Le Figaro, i due coreografi lo accusano di
non saper dirigere l’Opéra di Parigi.
1987 In ottobre riesce a ottenere un permesso di 48 ore per tornare a Ufa, dove è nato, e
riabbracciare la madre malata da tempo, che morirà pochi mesi dopo. Riceve il Capezio Award.
1988 Compie cinquant’anni e nel mondo intero lo si festeggia: un gala a Los Angeles in cui danza
Giselle, un festival a Vienna a lui intitolato, un omaggio al Metropolitan. La sylphide alla Scala, con Carla
Fracci. Viene nominato Cavaliere della Legion d’onore dallo Stato francese.
1989 Il cappotto, coreografia di Flemming Flindt, al Teatro La Pergola di Firenze, con la compagnia del
Maggio Musicale Fiorentino. Debutta nel musical The King and I (precedentemente interpretato da Yul
Brynner), con cui compie una tournée negli Stati Uniti. Crea il personaggio del maestro di ballo in The
Lesson alla Scala, al fianco di Oriella Dorella nei panni dell’allieva. Torna a Leningrado, invitato dal
Kirov, dopo ventotto anni di esilio: nella serata in suo onore danza La sylphide di Michel Fokine.
1990 Prende parte, insieme a Michael Jackson, a un videoclip in memoria di John Lennon. Tournée
con i Friends negli Stati Uniti e in Europa. Lascia la direzione dell’Opéra di Parigi.
1991 Firma un contratto con la Scala, che acquista i diritti per alcune sue coreografie da immettere
stabilmente nel repertorio del teatro. Viene licenziato dal direttore dell’Opera di Vienna a seguito di
alcune dichiarazioni a un settimanale nelle quali esprimeva sul corpo di ballo del teatro giudizi poco
lusinghieri. Morte a Venezia, coreografia di Flemming Flindt, al Teatro Filarmonico di Verona e ruolo di
Mercuzio in Romeo e Giulietta. Coreografa Cendrillon al San Carlo di Napoli; si cimenta in una nuova
professione: la direzione d’orchestra.
1992 Crea La bayadère per l’Opéra di Parigi: sarà la sua ultima apparizione sul palcoscenico dell’Opéra
dove, al termine della rappresentazione salutata da ovazioni, Rudolf Nureyev riceve dalle mani del
ministro Jack Lang la carica di Commendatore delle Arti e delle Lettere.
1993
Muore a Parigi il 6 gennaio, a 54 anni.
Teatro alla Scala, dal programma di sala Stagione 2002 – 2003
FRÉDÉRIC OLIVIERI
Nato a Nizza nel 1961, dieci anni dopo inizia a frequentare il Conservatorio di Musica e Danza e si
diploma nel 1977. Nello stesso anno vince il Primo Premio del Prix de Lausanne entrando così di
diritto alla Scuola di Ballo dell’Opéra di Parigi.
Nel 1978 viene chiamato a far parte del Corpo di Ballo dell’Opéra di Parigi sotto la direzione di Violette
Verdy e successivamente di Rosella Highthower. Viene nominato solista nel 1981, quando alla direzione
artistica del complesso parigino vi è Rudolf Nureyev. In questa compagnia danza i più importanti ruoli
del repertorio classico e viene scelto da numerosi coreografi ospiti, quali Maurice Béjart, John
Neumeier, Kenneth MacMillan, Alwin Nikolais, Alvin Ailey, Paul Taylor.
Nel 1985, su invito di Ghislaine Thesmar e Pierre Lacotte, partecipa alla fondazione dei Ballets de
Monte Carlo, assumendo il ruolo di étoile, titolo che gli viene conferito dalla principessa Carolina di
Monaco. Con i Ballets de Monte Carlo interpreta, sino al 1993, tutti i ruoli più importanti del repertorio
classico, neoclassico e contemporaneo, ed è protagonista di creazioni che gli vengono espressamente
dedicate da coreografi quali Uwe Scholz, John Neumeier, Roland Petit. Partecipa anche a numerose
tournées in Europa, Giappone, Russia, Stati Uniti, Canada.
Nel 1992 ha ricevuto dal principe Ranieri di Monaco la nomina a “Cavaliere dell’Ordine per meriti
culturali”.
In veste di étoile-ospite danza in diverse compagnie internazionali e partecipa a gala e festival. Nel 1993,
John Neumeier lo invita a raggiungere lo Hamburg Ballett, dove, a causa di un grave infortunio, è
costretto a terminare la sua brillante carriera di danzatore.
Dal 1996 al 1998 assume l’incarico di maître de ballet e assistente-coreografo della compagnia
MaggioDanza, il Balletto del Teatro Comunale di Firenze, creando anche le coreografie dell’ Orfeo di
Claudio Monteverdi per la regia di Luca Ronconi.
Nel 1998 è ospite del Balletto dell’Opera di Zurigo, diretto da Heinz Spoerli, in qualità di maître de
ballet; nel 1999 è nuovamente invitato dal Teatro Comunale di Firenze per creare la coreografia di Aida
di Giuseppe Verdi, per la regia di Mariani. Nel 2000, ancora al Teatro Comunale di Firenze, diviene
direttore artistico di MaggioDanza e, dal settembre dello stesso anno, è nominato maître de ballet
principale del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala.
L’ente scaligero gli affida, a partire dal luglio 2001, la delega alla direzione artistica del suo Corpo di
Ballo che si tramuta, dal gennaio 2002, nella nomina ufficiale a Direttore Artistico del Ballo. Dal 1°
aprile 2003 è direttore del Dipartimento Danza dell’Accademia d’Arti e Mestieri dello Spettacolo del
Teatro alla Scala. Nel luglio 2005 viene insignito del titolo di “Cavaliere delle Arti e delle Lettere” dal
Ministro della Cultura francese.
IL CORPO DI BALLO DEL TEATRO ALLA SCALA
L’illustre passato della compagnia di balletto del Teatro alla Scala affonda le proprie radici nei secoli
precedenti all’inaugurazione, nel 1778, del più celebre teatro musicale del mondo, che ne è tuttora la sede.
La sua storia si intreccia alla nascita stessa del genere balletto, promosso proprio nelle corti rinascimentali
italiane e in particolare nella splendida dimora degli Sforza, a Milano. Qui, tra il 1779 e il 1789 Gasparo
Angiolini, il coreografo della riforma gluckiana del melodramma, fece danzare una compagnia di oltre
cinquanta elementi, e Salvatore Viganò, il “sommo tra i coreografi”, idolatrato da Stendhal, collaudò in Il
noce di Benevento (1812), Prometeo (1813), Mirra (1817), Dedalo (1817), Otello (1818), La vestale (1818) e I Titani
(1819) la sua personale declinazione del ballet d’action definita “coreodramma”. Enorme l’influenza
esercitata sugli autori di danza del tempo come Gaetano Gioja e sui danzatori che furono beniamini del
pubblico come il danseur noble Carlo Blasis, il cui nome resta per sempre legato ai fasti della scuola scaligera
fondata nel 1813.
Grande didatta e teorico del balletto romantico, Blasis fu direttore dell’Imperial Regia Accademia dal 1838
al 1851; con lui studiarono le maggiori stelle della prima metà dell’Ottocento: da Carlotta Grisi a Fanny
Cerrito, da Lucine Grahn ad Amelia Boschetti. Molte sue allieve scaligere, come Caterina Beretta e
Virginia Zucchi, si contesero i favori del pubblico occidentale e in Russia, meta di una successiva schiera
di prime ballerine provenienti dalla Scala che contribuirono alla nascita del balletto tardo-romantico o
“classico”. Carlotta Brianza fu la prima interprete di La Bella addormentata di Čaikovskij/Petipa (1890),
Pierina Legnani la prima Odette/Odile del Lago dei cigni ancora di Čaikovskij/Petipa (1895), a cui si deve la
prodezza tecnica dei 32 fouettés del Cigno Nero, e Carlotta Zambelli fu l’ultima rappresentante della scuola
ottocentesca del balletto milanese, capitanata da Enrico Cecchetti, alla testa della Scuola scaligera dal 1926
al 1928, l’anno della sua morte. Tra i maggiori didatti della storia coreutica di tutti i tempi, proprio
Cecchetti proiettò l’insegnamento italiano della tecnica accademica nel mondo.
Già nel 1881, con il debutto di Excelsior di Luigi Manzotti, Romualdo Marenco e Alfredo Edel, la Scala si
allineava, in modo originale, alla moda spettacolare invalsa a fine Ottocento. Inneggiante al progresso,
Excelsior fu il più celebrato dei “balli grandi” manzottiani (al quale seguirono Amor, 1886, e Sport, 1897):
anticipò il genere della rivista musicale e, oltre a ottenere una fama planetaria, creò proseliti scaligeri. Saldi
professionisti come Raffaele Grassi, Nicola Guerra e Giovanni Pratesi (autore, nel 1928, di Vecchia Milano)
traghettarono la compagnia scaligera nel Novecento. Una nuova leva di stelle, formata da Teresa Battaggi,
Cia Fornaroli, Rosa Piovella Ansaldo, Attilia Radice, Ria Teresa Legnani, Vincenzo Celli, Gennaro Corbo,
contribuì a dar lustro al Teatro dopo la pausa bellica, e grandi coreografi, come Michel Fokin e Léonide
Massine, si impegnarono nell’adattare al gusto scaligero le novità apportate nella danza, nella musica e
nella scenografia dai Ballets Russes.
Dopo il debutto, nel 1942, del suo paradigmatico Mandarino meraviglioso (musica di Béla Bartók, scene e
costumi di Enrico Prampolini), Aurelio Milloss fu incaricato da Arturo Toscanini, a rilanciare il Balletto
alla Scala del secondo dopoguerra. Milly Clerici, Edda Martignoni, Wanda Sciaccaluga, Elide Bonagiunta e
soprattutto Olga Amati, Luciana Novaro, Ugo Dell’Ara, Giulio Perugini, Mario Pistoni, Walter Venditti e
Amedeo Amodio si imposero sotto la sua direzione, in tante coreografie (tra le altre, La follia d’Orlando,
Marsia, La rivolta di Sisifo) affiancate alle opere di Massine, che alla Scala tornò nel 1948 per allestire la sua
Sagra della primavera. Massine esercitò per oltre un decennio una grande influenza sul Corpo di Ballo (Gaîté
parisienne, Capriccio, Il cappello a tre punte, Laudes Evangeli) che in quegli anni conobbe anche il New York City
Ballet e George Balanchine, chiamato alla Scala dal 1952 al 1964 (Ballet Impérial, Il bacio della fata, Palais de
cristal, Concerto barocco, I quattro temperamenti e Orfeo). Grande lustro diedero al balletto di allora stelle come
Vera Colombo, Gilda Majocchi, Elettra Morini, Fiorella Cova e soprattutto Carla Fracci che avviò la sua
carriera nel 1956 interpretando Cenerentola di Alfred Rodriguez e, due anni dopo, Romeo e Giulietta di John
Cranko, allestito proprio per il complesso scaligero al Teatro Verde dell’Isola di San Giorgio a Venezia.
Fracci fu partner di Rudolf Nureyev, che, apparso per la prima volta alla Scala nel 1965, destinò alla
compagnia quasi tutti i suoi classici: La Bella addormentata (1966), Lo schiaccianoci (1969), Paquita (1970), Don
Chisciotte, Romeo e Giulietta (1980) e Il lago dei cigni (1990), mantenendo un legame del tutto particolare con la
compagnia diretta dal 1971 da John Field e ricca di talenti classici come Liliana Cosi, anche lei partner di
Nureyev, e moderni come Luciana Savignano e Paolo Bortoluzzi. Molte le creazioni pensate per la Fracci
in quarant’anni: da La strada di Rota-Pistoni (1966) a Medea (1987) di John Butler sino a Chéri di Roland
Petit (1997) e le novità destinate alla prediletta Savignano da Maurice Béjart (Bolero nel 1975 e La luna) che
alla Scala allestì L’uccello di fuoco, Le marteau sans maître, Bakhti e ancora Le martyre de Saint Sébastien (1986) e
Dyonisos (1988) mescolando spesso la compagnia scaligera al suo Ballet du XXème Siècle a partire dalla
Nona Sinfonia di Beethoven (1973).
Con Le Jeune homme et la Mort si inaugura, addirittura nel 1955, per prendere quota nel 1963, anche la lunga e
fertile collaborazione del Balletto della Scala con Roland Petit (Le loup, La chambre, Les demoiselles de la nuit e in
anni più recenti The Marriage of Heaven and Hell, Proust, ou Les intermittences du coeur, L’Angelo azzurro, Tout Satie,
Carmen e Nôtre-Dame de Paris) mentre continuano a essere valorizzati i talenti della coreografia interni come
Mario Pistoni, Amedeo Amodio, Ugo Dell’Ara: il coreografo del nuovo Excelsior (1967) con la regia di
Filippo Crivelli e l’adattamento musicale di Fiorenzo Carpi, portato alla Scala nel 1978, nel 1999 e dal 2002
in tournée. Negli anni Settanta e Ottanta si avvicendano étoiles e primi ballerini quali Anna Razzi, Oriella
Dorella, Renata Calderini, Angelo Moretto, Paolo Podini, Bruno Vescovo e ancora Maurizio Bellezza,
Davide Bombana e Marco Pierin: è l’epoca di una nuova apertura all’Europa e all’America con Jiří Kylián
(Sinfonia in Re, La cathédrale engloutie), Jerome Robbins (Après midi d’une faune, Les noces), Birgit Cullberg
(Signorina Giulia), Louis Falco (Eagl È s Nest) e Joseph Russillo (La leggenda di Giuseppe, Lieb und Leid).
Nel Lago dei cigni di Franco Zeffirelli (1985) si affaccia, accanto a Carla Fracci, una giovanissima
Alessandra Ferri: cresciuta alla Scuola di Ballo della Scala e perfezionatasi alla Scuola del Royal Ballet di
Londra, diventa nel 1992, prima ballerina assoluta del Teatro alla Scala, legando il suo nome a una lunga
serie di debutti: Il bacio della fata (1993) con la direzione musicale di Riccardo Muti, Onegin di John Cranko
(1994), L’histoire de Manon (1994) e Romeo e Giulietta (1995) entrambi nelle versioni di Kenneth MacMillan,
Nôtre-Dame de Paris (1998) di Roland Petit, Quartetto (1998), creazione a lei destinata da William Forsythe, e
Ondine di Frederick Ashton (2000).
Nel frattempo tra i direttori artistici di prestigio internazionale della compagnia, come Rosella Hightower
e Patricia Neary, s’impone l’étoile Elisabetta Terabust che esalta il talento di ballerini come il danseur noble
Roberto Bolle e l’espressivo e moderno Massimo Murru. Formati e cresciuti nel vivaio della Scuola di
Ballo della Scala diretta da Anna Maria Prina, i due ballerini diventano star di livello mondiale e, con
l’inizio della stagione 2003-2004, acquistano il rango di étoile del Teatro. Tra le presenze femminili di
maggior fama spicca Sylvie Guillem, il cui debutto alla Scala, in coppia con Rudolf Nureyev, risale al 1987.
La grande ballerina francese crea per il complesso scaligero la sua seconda versione di Giselle (2001) e
figura tra gli ospiti d’onore, con Diana Vishneva del Mariinskij-Kirov, l’argentino Maximiliano Guerra, il
cubano José Manuel Carreño, i francesi Laurent Hilaire e Manuel Legris. Nel repertorio, alla cui
costruzione ha contribuito anche Giuseppe Carbone, per due volte direttore del Balletto scaligero, tra gli
anni Ottanta e Novanta, figurano, oltre ai classici, coreografie di Mats Ek, William Forsythe, Antony
Tudor, Glen Tetley, Alvin Ailey, Agnes de Mille, Paul Taylor e Maguy Marin.
All’inizio del 2002 la direzione artistica del Corpo di Ballo viene affidata al francese Frédéric Olivieri, già
ancienne étoile del Balletto di Monte-Carlo e danzatore celebre nel mondo. La sua nomina coincide con il
passaggio al ruolo di primi ballerini di Sabrina Brazzo, Gilda Gelati, Marta Romagna, Alessandro Grillo e
Mick Zeni, e al ruolo di solista di Riccardo Massimi, Maurizio Licitra, Deborah Gismondi, Antonino
Sutera, Emanuela Montanari, che si affiancano alle prime interpreti Elisabetta Armiato, Anita Magyari,
Isabel Seabra e ai primi ballerini Vittorio D’Amato, Francisco Sedeño, Biagio Tambone, Maurizio
Vanadia, Michele Villanova. Nel decennale della morte di Rudolf Nureyev, il nuovo direttore imposta una
programmazione celebrativa dell’evento (Lo schiaccianoci, Don Chisciotte, soprattutto un Galà internazionale
che riporta alla Scala il gusto delle competizioni tra divi mondiali) e stabilisce contatti con John Neumeier
(Daphnis et Chloé e Now and Then), Angelin Preljocaj e Maurice Béjart. Il franco-albanese Preljocaj dona alla
Scala l’intenso duetto Annonciation e il settantenne Béjart ripristina Bolero nell’interpretazione di Sylvie
Guillem in Serata Ravel, un progetto musicale che Olivieri manterrà nel tempo, e che abbina al semplice
titolo di “Serata” il nome del compositore cui fanno capo tutte le partiture dei balletti prescelti (qui oltre a
Bolero, proprio i raveliani Daphnis et Chloé e Now and Then).
Altro biglietto da visita, allestito nel ventennale della morte di George Balanchine, e in anticipo sulle
celebrazioni del centenario stesso, è Sogno di una notte di mezza estate: originale coreografia del 1962 del
grande coreografo russo-americano, fortemente voluta da Olivieri e di cui solo la Scala in questi anni
detiene i diritti in Europa. Il suo trionfale debutto, nell’ottobre 2003, al Teatro Mariinskij-Kirov di San
Pietroburgo ha riscattato la compagnia scaligera dalla sua secolare assenza su quell’illustre palcoscenico
della danza. Grazie a fortunati eventi consimili (il debutto al Bol’šoj con Romeo e Giulietta di MacMillan) e
ripetuti successi, l’attività del complesso si intensifica con la conseguenze valorizzazione di talenti come
Marta Romagna, Mick Zeni, Antonino Sutera, Francesco Ventriglia, Beatrice Carbone, Emanuela
Montanari, Lara Montanaro, Maria Francesca Garritano, Riccardo Massimi, Deborah Gismondi provenienti dalla Scuola di Ballo.
L’incremento delle tournée all’estero (speciale è stato il debutto di Excelsior al Théâtre National de
l’Opéra-Palais Garnier nel dicembre 2002 ma anche la lunga tournée americana nell’estate del 2001,
seguita dal debutto della Giselle di Sylvie Guillem al Covent Garden di Londra) proietta la compagnia da
Milano in Italia e sui palcoscenici internazionali. I nomi delle sue étoiles - Ferri,
Bolle, Murru (questi ultimi nominati da Olivieri) - sono una garanzia, e il livello raggiunto dall’intero
Corpo di Ballo è un lasciapassare per ogni futura acquisizione coreografica. Ne danno conferma, nella
stagione 2003-2004, apertasi con il ritorno di Roland Petit e il debutto del suo Pipistrello (protagonisti
Alessandra Ferri, Massimo Murru, Luigi Bonino) sia la messinscena dello storico Lago dei cigni di Vladimir
Bourmeister, sia quella, in esclusiva, del Sacre du printemps . Il capolavoro del 1959 di Maurice Béjart
confluisce in una Serata Stravinskij che, ancora in omaggio al centenario della nascita di Balanchine, annette
anche Rubies e il drammatico The Cage di Jerome Robbins in cui risalta, nel ruolo della Novizia, Sabrina
Brazzo.
Con il nuovo allestimento del Lago di Bourmeister, ripreso da Florence Clerc e dallo stesso direttore
Olivieri (le scene e i costumi sono di Roberta Guidi di Bagno), l’ucraina Svetlana Zakharova , già stella di
Mariinskij-Kirov e ormai in forza al Balletto del Bol’šoj, si fa conoscere più da vicino dal pubblico
scaligero (dopo la fugace apparizione nel Gala Nureyev) e, in coppia con Roberto Bolle, comincia a
diventare una delle star ospiti di maggior richiamo della compagnia. Sempre beniamina della Scala, Sylvie
Guillem stupisce nel Sacre (in coppia con Massimo Murru) come nella ripresa dell’ Histoire de Manon che
annovera tra i suoi ospiti d’eccezione anche Sir Anthony Dowell (nel ruolo di Monsieur G.M.) al suo
primo debutto scaligero! Il titolo di MacMillan (con due frizzanti comprimarie come Beatrice Carbone e
Deborah Gismondi), s’imporrà, in seguito, come un vero e proprio duello ravvicinato tra star: Alessandra
Ferri (in coppia con Bolle) e la Guillem (ancora affiancata da Murru).
Intanto il Sogno di una notte di mezza estate continua il suo “tour du monde” sia in Italia (debutta al
Comunale di Bologna, alla “Fenice” di Venezia, al “Regio” di Torino, al “Ravenna Festival”) sia all’estero:
al Festspielhaus di Baden-Baden, in Turchia, in Brasile (nei teatri municipali di San Paolo e di Rio de
Janeiro), a Cipro e in Messico, mentre ad Atene, nella speciale cornice del Teatro di Erode Attico, viene
affiancato da un Gala Nureyev, questa volta quasi tutto interpretato dai primi ballerini della compagnia, in
cui si mette in luce la pulizia delle linee di Marta Romagna. Ormai nessun coreografo può negare
l’accresciuto fascino del complesso scaligero: neppure il “difficile” Jiří Kylián che, a distanza di vent’anni
dall’ultimo ingaggio alla Scala, dona al complesso la sua spirituale Sinfonia di Salmi. Il balletto rifulge nel
trittico Novecento, in cui compare, tra l’altro Theme and Variations di Balanchine (debutto al 34°Festival
Internazionale del Balletto di Genova, e in seguito anche al Teatro Real di Madrid con The Cage di cui
sono interpreti nei ruoli principali Gilda Gelati e Mick Zeni, e il béjartiano Sacre).
La stagione del ritorno di Kylián alla Scala è di particolare importanza e non solo per il Corpo di Ballo:
l’intero teatro - dopo tre stagioni di residenza al Teatro degli Arcimboldi - si riappropria degli spazi e del
palcoscenico del Piermarini, restaurati e adeguati dall’architetto Mario Botta. Per l’occasione del rientro
Alessandra Ferri e Roberto Bolle, assieme ad alcuni primi ballerini, ottengono un caloroso successo nell’
Europa riconosciuta di Antonio Salieri, l’opera della “terza” inaugurazione della Scala, per la quale viene
chiamato un coreografo neoclassico ma esperto in danze del Settecento come Heinz Spoerli. Nella Scala
restaurata un Gala des étoiles, nuova occasione per conoscere i ballerini più affascinanti del momento e per
il rientro di Luciana Savignano e Gheorghe Iancu, porta con sé Marguerite and Armand (interpreti Sylvie
Guillem e Massimo Murru): l’indimenticato cammeo di Sir Frederick Ashton aveva fatto ammirare, nel
1966, la speciale liaison artistica di Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev . Torna anche Giselle nella felice
versione di Yvette Chauviré, mentre due novità mantengono il rapporto con la platea più popolare del
Teatro degli Arcimboldi: il trittico Europa e Carmen di Amedeo Amodio con Roberto Bolle nel ruolo di
Don José e Marta Romagna (Carmen).
Nel trittico “europeo”, la vivaldiana Stravaganza di Angeljn Preljocaj, si affianca a Polyphonia dell’inglese
Christopher Wheeldon, già accreditato talento della coreografia internazionale, e a Contropotere di Jacopo
Godani. Il Corpo di Ballo scaligero riconferma così il suo rapporto con Preljocaj, l’autore del suasivo
affresco settecentesco Le Parc - nuova acquisizione per la stagione 2006-2007 - e rafforza il proposito, subito
espresso da Olivieri al momento del suo primo incarico come direttore - di farsi portavoce in Italia e
all’estero della migliore coreografia italiana. Dopo Mauro Bigonzetti, Amedeo Amodio e Jacopo Godani è
infatti la volta di un altro italiano: Fabrizio Monteverde si affaccia con Vanitas in Serata Mozart, sostanzioso
trittico del giugno 2006, che annette al repertorio scaligero altri due chef d’oeuvres di Kylián - Petite Mort e Sechs
Tänze - più Jeunehomme (sull’omonimo concerto mozartiano) di Uwe Scholz, coreografo scomparso nel fiore
degli anni, che la Scala conobbe in occasione dell’allestimento del Rosso e il Nero (1995).
Con un classico della modernità come il balletto esistenzialista Le jeune homme et la Mort di Roland Petit,
interpreti Darcey Bussell e Roberto Bolle, il complesso torna al Teatro degli Arcimboldi. Vi presenta pure
La strada in un debutto ravvicinato rispetto a quello della Scala, nel febbraio/marzo 2006 (con Alessandra
Ferri nel ruolo protagonista), che consente la rotazione di più primi ballerini e solisti nei ruoli di
Gelsomina e Zampanò. Si amplia anche il numero delle star ospiti: Robert Tewsley danza Cenerentola (in
coppia con Marta Romagna), Aurélie Dupont, Leonid Sarafanov e Maximiliano Guerra sono i “guests”
del debutto scaligero di La Sylphide di Pierre
Lacotte, titolo d’apertura della stagione 2005-2006, mentre Svetlana Zakharova in occasione della ripresa
di La Bayadère di Natalja Makarova, scolpisce definitivamente il suo nome a chiare lettere nel cuore del
pubblico scaligero accanto a Bolle.
La partecipazione a un’opera elogiata da tutta la critica, Dido and Aeneas, allestita dall’emergente coreografo
inglese Wayne McGregor, la tournée in Cina (novembre 2006), la prima in assoluto per il Corpo di Ballo
italiano più importante, e un nuovo cartellone nutrito di titoli del grande repertorio tardo-ottocentesco,
rivisti da Nureyev (Lo schiaccianoci, La Bella addormentata, Don Chisciotte) consentono alla compagnia
l’avvicendamento degli emergenti. All’orizzonte, nel marzo 2007, si profila l’affascinante “dance drama”
La Dame aux camélias di John Neumeier (titolo affidato alle grazie di Alessandra Ferri, ma anche a Roberto
Bolle e Massimo Murru) che, assieme a Le Parc (ottobre 2007), giunge a coronamento di un’attività
sempre più intensa e in continua crescita artistica.
Testo a cura di Marinella Guatterini © Teatro alla Scala 2006
LEONID SARAFANOV
Nato a Kiev in Ucraina, si è formato alla Scuola statale di coreografia di Kiev, diplomandosi nel 2000.
Nello stesso anno è diventato Solista nel Balletto dell’Opera Nazionale dell’Ucraina. Il suo repertorio,
in quella compagnia, comprendeva: La Sylphide (James), La Bella addormentata (il principe Desiré,
L’Uccello Blu), Il lago dei cigni (Siegfrid e l’amico di Siegfrid), Lo schiaccianoci (il Principe), Don Chisciotte
(Basilio), Carmen Suite (Escamillo), Petruška (nel ruolo del titolo), Giselle (Albrecht) e il Grand Pas da
Paquita. Entrato a far parte del Balletto del Teatro Mariinskij-Kirov di San Pietroburgo nel 2003, ne è
diventato Solista aggiungendo al suo repertorio: Il corsaro (Ali), La bayadère (Solor), Romeo e Giulietta
(Mercuzio), Lo schiaccianoci (versione Chemiakin, sempre nel ruolo del Principe) e The Vertiginous Thrill of
Exactitude di William Forsythe.
Ha ottenuto la Medaglia d’argento al Concorso Internazionale “Nureyev” di Budapest, nel 2000; la
Medaglia d’oro al Concorso Internazionale del Balletto di Parigi, sempre nel 2000 e ancora la Medaglia
d’oro alla IX edizione del Concorso Internazionale del Balletto di Mosca, nel 2001.
DAVID GARFORTH
Compiuti i primi studi musicali di pianoforte, violino, direzione d’orchestra e di composizione presso il
Royal Manchester College of Music, ha vinto il Premio Ricordi e la Worshipful Company of Musicians
Medal per la direzione d’orchestra. Grazie a una borsa di studio del governo francese è poi entrato al
Conservatorio di Parigi, dove ha ottenuto a fine studio il Primo Premio. Nominato lecteur presso la
Facoltà di Lettere dell’Università di Parigi, per tre anni ha proseguito gli studi musicali con Igor
Markévitch. Garforth è stato Consulente Musicale e direttore d’orchestra dei Ballets e dell’Orchestre
Philharmonique de Monte-Carlo, e direttore ospite per vari teatri, al Ballet National de Marsiglia e
Nancy, all’Opéra de Paris e la Scuola di Ballo dell’Opera di Parigi, al English National Ballet, al
Deutsche Oper Berlin, al Tokyo Ballet e la Compagnia Nazionale di Tokyo.
Nel 1996 ha debuttato alla Scala in Coppélia e Il gattopardo di Roland Petit con il Ballet National de
Marseille e l’Orchestra Sìnfonica Giuseppe Verdi. Dopo ha diretto Notre Dame de Paris, Romeo e
Giulietta, Amarcord, La Strada, Don Chisciotte, Lo Schiaccianoci con il Balletto e Orchestra della Scala.
Garforth ha anche diretto e preparato una nuova edizione musicale, con l’Archivio Musicale della Scala, di
Giselle con coreografia di Sylvie Guillem al Teatro alla Scala e anche in tournée a Los Angeles, New York
e Londra. In maggio 2002 ha ricevuto il premio di Danza e Danza per la sua direzione d’orchestra per la
danza. Nel 1991 ha fondato a Londra la Blackheath Opera, con la participazione de celebri cantanti al fine
di preparare giovani cantanti lirici e di offrire loro l’opportunità di partecipare a spettacoli. Oltre ad aver
diretto una serie di programmi televisi per la BBC soprattutto a capo dell’Orchestra del Covent Gaden e
l’Orchestra del teatro Maryinsky di San Pietroburgo, ha effettuato la registrazione video e DVD di Notre
Dame de Paris con il Balletto e l’Orchestra dell’Opera di Parigi, Romeo e Giulietta con il Balletto e
l’Orchestra della Scala e Lo Schiacianocci con i complessi di Monte-Carlo. Tra le sue registrazione CD: La
Sylphide con la Royal Danish Orchestra e musiche inglese con la English Chamber Orchestra, e inoltre
composizioni di Ravel, Rimskij-Korsakov, Borodin e Gershwin, infine la registrzione integrale di Romeo
e Giulietta di Prokof’ev con l’Orchestre Philharmonique de Monte-Carlo.
ORCHESTRA DEL TEATRO REGIO DI PARMA
La storia dell’Orchestra del Teatro Regio di Parma affonda le sue radici in una tradizione secolare: già
nel Rinascimento raffinate Cappelle vocali e strumentali e brillanti Compagnie dei violini
accompagnano la vita musicale del Ducato, mentre tra Seicento e Settecento più nutrite compagini
sostengono quella vivacità teatrale che da allora diviene caratteristica della città. Crocevia politico e
culturale tra Parigi e Vienna, Parma vive tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento uno
dei momenti salienti di questa storia, divenendo un vero e proprio laboratorio per lo sviluppo della
musica e del ruolo dell’orchestra in particolare. Il punto culminante è senz’altro quello nel quale Maria
Luigia vuole a capo dell’Orchestra Ducale il più celebre dei musicisti del tempo, Niccolò Paganini. Con
lui, e per sua affermazione, l’orchestra parmigiana diviene «la migliore d’Italia». Da quel momento, e per
tutto l’Ottocento e il Novecento, strumentisti parmigiani costituiscono il nerbo delle migliori orchestre
italiane. Esempio probante: l’orchestra formata e diretta da Toscanini nelle sue grandi tournée dei primi
anni Venti, per quasi un quinto costituita da musicisti di Parma. Da allora, per molti decenni,
l’Orchestra ha accompagnato il canto di quegli straordinari interpreti che hanno contribuito ad
alimentare nel mondo il prestigio del Teatro Regio. Nel solco di questa tradizione, l’Orchestra del
Teatro Regio, come formazione stabile, debutta nel 2000 con Lohengrin di Wagner e Dinorah di
Meyerbeer, riscuotendo elogi di critica e pubblico. Dal 2002 è impegnata in tutte le produzioni liriche e
concertistiche del Teatro Regio di Parma e del Festival Verdi, affronta il grande repertorio operistico,
sinfonico e sacro sotto la guida di alcuni tra i migliori direttori del panorama musicale internazionale.
All’estero, grande successo riscuotono le tournée del dicembre 2001, con il Coro della Fondazione
Arena di Verona per le celebrazioni del Centenario Verdiano, ad Annecy e all’Auditorium National di
Lione, del luglio 2002 con Nabucco all’Arena di Nîmes, del settembre 2003 in Corea del Sud, con Aida
al Jamshil Olympic Stadium, e del settembre 2004 con lo Stabat Mater di Rossini a Marsiglia per il
Festival de Musique à Saint Victor. Nello scorso mese di novembre, l’Orchestra partecipa all’applaudito
Rigoletto, produzione del Teatro Regio, all’Auditorio Nacional di Città del Messico. Dall’incontro con
Bruno Bartoletti, e dalla sua nomina a direttore musicale della Fondazione Teatro Regio di Parma, è
nata una proficua collaborazione. I solisti dell’Orchestra danno vita al Parma Opera Ensemble,
formazione cameristica, specializzata nel repertorio lirico e vocale, con un’intensa attività concertistica e
discografica internazionale.
LA DANZA DIETRO LE QUINTE
Prosegue il ciclo di iniziative formative collaterali a ParmaDanza.
Si riconferma il ciclo di “classi” aperte e rivolte in particolare agli allievi delle scuole di danza, ma anche
al pubblico di appassionati.
Il pubblico avrà inoltre la possibilità di incontrare, prima dello spettacolo, coreografi ed étoiles delle
prestigiose compagnie ospiti del Regio.
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