AF 2016-17 Modulo V Le forme del sapere e la formazione Le forme del sapere e la formazione La conferenza di Max Scheler Max Scheler tenne la conferenza, Die Wissensformen und die Bildung, dedicata ad esplorare i nessi tra le forme del sapere (Wissensformen) e la formazione (Bildung), il 27 gennaio 1925, in occasione delle celebrazioni per i 10 anni dalla fondazione della Lessing Akademie di Berlino.* * Cercare su Wikipedia! La conferenza di Max Scheler (1) L’obiettivo esplicito di tale conferenza era quello di indicare nuovi criteri per la formazione di un’élite culturale e dirigenziale, che sapesse a sua volta formare quelle masse, alle quali il nuovo ordinamento democratico tedesco aveva esteso il diritto di voto (11 agosto 1919, Costituzione di Weimar). Nella conferenza vengono delineate le premesse metafisiche e antropologiche che reggono la teoria scheleriana della formazione. Premesse antropologiche Ogni criterio formativo rimanda, infatti, a una determinata immagine (Bild) dell’uomo cui si vorrebbe dare realizzazione. Tre anni dopo, in La posizione dell’uomo nel cosmo, Scheler avrebbe individuato 3 principali concezioni di sé presenti alla mente dell’europeo colto del XX secolo (PUC, p. 77): - l’uomo peccatore della concezione giudaico cristiana; - l’homo sapiens del mondo greco antico; - l’homo faber delle scienze naturali moderne e della psicologia genetica. Premesse antropologiche (1) In precedenza, nell’articolo Uomo e storia del 1926, Scheler aveva considerato anche - l’immagine dell’uomo come ‘animale malato’, ‘vicolo cieco della vita’ (PUC, p. 136); - l’immagine del ‘superuomo etico’ (Nietzsche, v. PUC pp. 80, 83, 101, 115, 160). Premesse antropologiche (2) Tutte le immagini, che l’uomo si è fatto finora di sé, hanno una relativa validità nel cogliere i tratti essenziali dell’essere umano, ma nello stesso tempo, restando unilaterali, esse realizzano un’indebita assolutizzazione di aspetti antropologici parziali (PUC, pp. 78-79), che ostacolano l’elaborazione di un’autentica e efficace teoria della formazione. Premesse antropologiche (3) Scheler, pertanto, si è applicato a ricondurre le immagini dell’uomo del passato alle corrispondenti concezioni storiche, così da svelarne e neutralizzarne il condizionamento sulla riflessione antropologica presente, che intende elaborare un’immagine dinamica dell’uomo come Allmensch (=uomo globale), che rimanga sempre aperta alle successive acquisizioni, superando l’unilaterale parzialità di quelle precedenti, pur conservandole nei loro elementi di validità La formazione delle élites Scheler esordisce richiamando la nostra attenzione ‘sull’impressione quasi dolorosa’ che esercita su di lui la percezione del suo tempo: «Mai […] una vera formazione delle élites dirigenti è stata più necessaria di quanto lo è oggi, e mai è stata più difficile da realizzarsi! Questa tragica affermazione vale per l’intero globo terrestre, poiché vale per l’epoca di questo tempo dilaniato, in cui le masse sono pressochè ingovernabili» (FSF, p. 49). La formazione delle élites (1) Continua Scheler: «Provo una vera angoscia per la mancanza di libertà e l’oscurità che aumenta di giorno in giorno […]E tuttavia la libertà, intesa come attiva spontaneità personale del centro spirituale dell’uomo – dell’uomo all’interno dell’uomo – resta la prima e più fondamentale tra le condizioni di possibilità della formazione e dell’illuminazione dell’uomo» (FSF, p. 50) Indottrinamento planetario Un breve excursus tra i vari paesi del mondo conferma Scheler nella sua angoscia per la mancanza delle condizioni di possibilità minimali perché all’indottrinamento si vada a sostituire una autentica azione formativa. Scheler passa in rassegna la situazione culturale in Russia, negli Stati Uniti, in Italia, in Spagna, in Giappone. Germania felix Anche in Germania Scheler osserva che è enorme la tensione tra la necessità e la difficoltà per realizzare ciò che è necessario a instaurare adeguati ed efficaci processi formativi. Nel complesso tuttavia, secondo Scheler, i partiti e i capi partito avevano fino ad allora trattato il tema della libertà di ricerca con felice discrezione! Cosa è successo? È avvenuta la degenerazione di quel processo virtuoso di liberazione del lavoro da tutte le forme di costrizione, che aveva fatto sviluppare, nella storia europea, le nobili forze della ragione, della filosofia e delle scienze, in intima unione con l’affermarsi della democrazia. Oggi proprio tale legame è diventato dubbio per la scienza positiva e per il sapere di formazione, nei quali prevalgono e dominano gli esperti specializzati. Cosa è successo? (1) Oggi, dice Scheler, si è verificata la massificazione della vita. Ovvero: quella che era una democrazia liberale di pensiero si è lentamente trasformata in una confusa democrazia delle masse, dell’interesse e del sentimento, alimentata dall’estensione del voto alle donne e agli adolescenti, nella quale i capi sono soltanto i rappresentanti delle pulsioni di gruppo dominanti (di orientamento ora nazionalistico, ora clericale, ora comunista) (FSF, p. 52). Cosa occorre? Perchè la democrazia salvi se stessa dalla dittatura della massificazione, custodendo e incrementando, nello stesso tempo, il patrimonio culturale e scientifico ereditato, occorre che si sappia promuovere la potente mobilitazione di nuove élites in possesso di un’autentica formazione e quindi in grado di ‘servire lo spirito e la cultura, senza volerli dominare’ (FSF, pp. 52-53). Altrimenti? Nel caso che non si riesca nell’impresa sopra descritta, resta un’unica altra possibilità, che però non ha la stessa valenza formativa del popolo: «una dittatura dispotica illuminata, che non tenga conto della massa avversa alla cultura e dei suoi rappresentanti politici, ma che la governi con il bastone e la carota» (FSF, p. 53). Il triplice interrogativo sulla formazione Chi vuole formare se stesso o gli altri, nella misura in cui è possibile un’azione formativa che viene dall’esterno, ha bisogno della chiara cognizione di 3 ambiti problematici: 1) qual è l’essenza della formazione? 2) come si svolge la formazione 3) quali sono le forme del sapere e del conoscere che determinano il processo per cui un uomo diventa un essere formato? (FSF, p. 54) 1) Il fenomeno della formazione Che cos’è la formazione? La formazione come cultura animi (Cic. Tusculanae, II, 13), cioè come un ideale, qualcosa di già compiuto e perfetto, e non come processo, è - «una forma particolare e peculiare per ciascuno» - «una ritmica che stabilisce limiti e criteri secondo i quali hanno corso tutte le libere attività spirituali di un uomo e, da queste guidate e indirizzate, anche tutte le manifestazioni vitali automatiche di natura psico-fisica (espressione e azione, il parlare e il tacere), dunque ogni ‘comportamento’ dell’uomo in questione» (FSF, p. 54). Formazione come categoria dell’essere La formazione è una categoria dell’essere, non del sapere e del vivere. Si tratta di un’impronta che si è andata fissando (Bild-ung), della configurazione complessiva, presa da un essere umano, non data a una sostanza materiale, ma assunta da una totalità vivente, che consiste soltanto di decorsi, processi, atti, nella forma del tempo. Formazione e microcosmo All’essere formato/formarsi del soggetto corrisponde di volta in volta un mondo, un microcosmo. Esso porta a manifestazione oggettiva la forma di una singola persona, quella forma che si è impressa nella persona e che vi si va sviluppando come un essere vivente. Il microcosmo Non è un ambito del mondo (come oggetto del sapere, dell’opera formativa dell’uomo, come resistenza che egli incontra nel lavoro e nell’azione). È un mondo come totalità, nel quale l’intero patrimonio essenziale, tutte le idee e i valori essenziali delle cose, articolati in una struttura ordinata, si ritrovano realizzati nella contingenza esistenziale di ciascuna persona umana. Il microcosmo (1) Il microcosmo è il mondo della formazione. È quell’universo che si va riunendo e si trova unito in un essere umano individuale. In questo senso non solo Platone, Dante, Goethe, Kant, ma ciascuno di noi ha il suo proprio mondo! Abbiamo difficoltà a comprendere pienamente una singola cosa nella sua realtà contingente, ma siamo in grado di cogliere la struttura essenziale del mondo intero! Il microcosmo (2) La storia dell’idea di microcosmo comincia con Aristotele, che afferma che: «In un certo senso l’anima dell’uomo è tutto» (De Anima, III 8 431b 21) E continua con San Tommaso che dice: «Homo est quodammodo omnia» (Sententia De Anima, l. 3, 1, 13, n. 4) Il microcosmo (3) L’uomo, sotto l’aspetto esistenziale, è parte del mondo e, dunque, non è identico al mondo come intero. Sotto l’aspetto essenziale invece l’uomo è identico al mondo, in quanto l’intero del mondo è pienamente contenuto in quella sua parte che è l’uomo: le essenze delle cose si incrociano nell’uomo e tutte si ritrovano in lui in modo reciprocamente solidale (FSF, p. 55). Innato tendere alla formazione Connaturato all’uomo è, perciò, il tendere alla formazione e volersi chiamare microcosmo. Cioè, il ricercare, con fervore amorevole, una partecipazione ontica/ontologica, una partecipazione a tutto ciò che, nella natura e nella storia, è essenziale al mondo, non solo quindi all’esistenza e all’esser-così. Forma-zione Il diveniente concentrarsi del grande mondo, del macrocosmo, all’interno di un centro spirituale personale e individuale, il microcosmo, e il farsi mondo di una persona umana nell’amore e nella conoscenza, non sono altro che i due sensi reciproci dello stesso profondissimo processo configurativo che si chiama formazione (Bildung) Amore per il mondo Il mondo si è elevato fino ad elevarsi realiter all’uomo; l’uomo deve fare lo stesso elevandosi idealiter al mondo! La fonte sorgiva di questo processo nell’uomo è l’amore ‘platonico’ per il mondo, sempre insaziabilmente assetato della più profonda unione e simpatia con ciò che è essenziale al mondo in ogni sua forma (FSF, p. 56). Amore per il mondo (1) «Questo amore approva con estrema benevolenza tutto ciò che è sorto imperscrutabilmente dal nulla; sopporta tutto ciò che non si è capaci di celebrare e guardare meravigliati; con fiducioso e placido abbandono accetta le circostanze in cui si deve soffrire» (FSF, p. 56). Esiti della formazione Parte costitutiva della formazione sta, pertanto, nel non disprezzare nulla in modo radicale e nel sapersi, al centro più profondo di sé, protetti, ‘placidi’ – nel senso del ‘nil humani a me alienum puto’ e dei versi vivaci e argentini di Schiller: «appoggiato placidamente a Grazie e Muse, egli aspetta la freccia che lo minaccia, [scagliata] dall’arco delicato della necessità» (FSF, p. 56). Il significato della formazione Che cosa accade nella formazione? Formandosi, l’uomo si umanizza e nello stesso tempo si auto-deifica. Infatti, si allontana sempre di più dalla natura subumana per tendere incessantemente verso ciò che lo supera, «esistendo ed essendo essenzialmente al di sopra dell’uomo e di tutte le cose finite» (FSF, p. 56). L’uomo si rivela così come un essere in continua formazione, che, a differenza da altre entità, non ha una forma fissa e conclusa ma continuamente nasce e si rinnova. Precisazione Scheler si rende conto di aver fatto delle affermazioni che contrastavano con il clima culturale della sua epoca, dominata dal Kulturpessimismus e dal Positivismo, per questo si confronta con la tesi secondo la quale l’uomo sarebbe un animale che si è ammalato, un vicolo cieco della vita, in quanto nel processo di adattamento organico e nella sua stessa capacità di adattamento è rimasto indietro rispetto ai suoi consimili. Precisazione (1) Effettivamente, se consideriamo l’uomo dall’esterno e solo come essere naturale, ci colpisce già sotto l’aspetto anatomico la struttura di gran lunga più evoluta, differenziata e gerarchicamente organizzata del sistema nervoso e della corteccia cerebrale in particolare. La corteccia cerebrale esercita importanti funzioni di carattere inibitorio e disinibitorio, determinando l’intera unità funzionale del vivente umano e instaurando un baratro fisiologico anche con i vertebrati più evoluti. Precisazione (2) Infatti, come sempre avviene nell’organico, la diversità anatomica comporta un senso funzionale, cioè implica una specifica disposizione ordinata, relativamente stabile e sempre diversa in ogni singolo caso, di complessi materiali chimico-fisici e stati di energia, che si danno in relazione a campi funzionali. Precisazione (3) L’uomo è schiavo della corteccia cerebrale: il suo cervello consuma percentuali incredibilmente elevate di energia, sottraendola ad altri organi e funzioni, pur essendo l’organo che si rigenera in misura minore, che ha più ridotte possibilità evolutive filogenetiche e nel quale il processo vitale sembra essersi del tutto sclerotizzato, fino al punto che la funzione cerebrale si pone in diametrale contrapposizione con la funzione riproduttiva! (FSF, pp. 59-60). Precisazione (4) Sembra quindi che, nell’uomo, la natura si sia come arenata e persa, divenendo incapace di procedere oltre con quei metodi, che avevano portato l’evoluzione fino all’uomo stesso, e trasformandosi in ‘spirito’ e in una storia diretta e governata da un principio spirituale. Ma con questa storia, riguardata esclusivamente dal punto di vista scientifico-naturale, l’uomo, nonostante tutta la sua energica laboriosità e operosità, non ottiene altro che quello che l’animale ottiene in modo molto più semplice e automatico: vale a dire la conservazione della specie e la realizzazione dei valori biologici propri di ogni specie! Precisazione (5) Scheler conclude che chi consideri l’uomo nella sua essenza soltanto dal punto di vista della scienza della natura e che dunque ritenga che lo ‘spirito’ sia soltanto «un complicato esito collaterale di quel processo vitale che si esprime in duplice modo – ebbene costui deve essere coerente con queste posizioni e rinunciare all’idea e al valore della ‘formazione’. Con questo termine, infatti, si vuole attribuire un valore in sé a ciò che, secondo la posizione definita in precedenza, può essere soltanto un semplice mezzo per la conservazione e lo sviluppo della vita» (FSF, pp. 60-61).* * Cfr. la teoria della manchevolezza antropologica di J. G. Herder e le ipotesi del naturalista L. Bolk , descritte nel saggio di U. Fadini Antropologia e formazione Viene così in chiaro che il fenomeno della formazione esige una specifica concezione dell’uomo, che sia in grado di considerarlo come realmente vi si manifesta e cioè come appartenente contemporaneamente a due mondi,* quello della vita in cui operano le forze, le pulsioni, gli impulsi e quello dello spirito e della ragione, da cui invece emana la luce che ama, contempla e pensa il tutto. * Cfr. I. Kant, Antropologia pragmatica, trad. it. G. Vidari e A. Guerra, Laterza, Bari 1985. L’uomo e l’AF secondo I. Kant Immanuel Kant osserva che: «tutti i tentativi di acquistare una tal scienza [l’antropologia filosofica] con fondatezza vanno incontro a notevoli difficoltà connesse con la stessa natura umana»; quest’ultima, infatti, sembra comportare un’indagine irriducibilmente dualistica che, da un lato, in prospettiva fisiologica, «mira a determinare quel che la natura fa dell’uomo» e dall’altro, pragmaticamente, evidenzia «quello che l’uomo come essere libero fa oppure può e deve fare di se stesso» (I. KANT, Antropologia pragmatica, cit., p. 3). Antropologia e formazione (1) Nell’uomo che attua la sua formazione, la natura trova la sua fine e insieme la sua massima concentrazione, che conduce all’automanifestazione dello spirito divino, il secondo attributo a noi noto del fondamento del mondo. Infatti, l’uomo è l’ «essere vivente che cerca di deificare se stesso, partecipando attivamente all’esecuzione degli atti spirituali del fondamento del mondo». L’uomo è, quindi, il vicolo cieco della vita e al tempo stesso «la chiara e splendida via d’uscita da questo vicolo cieco, una via d’uscita nella quale l’ente originario comincia a divenire consapevole di se stesso, a comprendere, capire e a salvare se stesso» (FSF, p. 62) Antropologia e formazione (3) Nella misura in cui la formazione rivela l’uomo come un ‘essere vitale capace di spirito’, nel quale, cioè, ha già da sempre inizio il processo relativo di divinizzazione, per quanto egli non ne sia consapevole, allora questo uomo non è mai un essere inattivo, come una cosa o un semplice factum, ma egli è sempre una possibile direzione processuale, una dinamica di compimento che dura finchè dura il tempo: «ciò che si dà con l’uomo è esclusivamente un processo eterno di umanizzazione possibile, da realizzare liberamente in ogni punto temporale», un processo di umanizzazione sempre attivo, pur se di frequente inframezzato da spinte involutive di relativa animalizzazione. In ciò consiste anche il nucleo della deificazione antica come di quella cristiana. Antropologia e formazione (4) Dallo spirito all’opera nella formazione dell’uomo derivano anche quelle distinzioni essenziali (non quantitative o qualitative) tra uomo e animale, che solo i più recenti studi di etologia e psicologia animale sono stati in grado di confermare (FSF, p. 64, nota 12, riferimento a W. Köhler). «Imparate a conoscere gli animali per tenere a mente quanto è difficile essere uomo». Animali e uomini Gli animali non sono più riducibili al ‘cieco’ essere pulsionale che ci si figurava in passato. Essi sono certamente dotati di istinto, in cui desiderio e sapere sono una cosa sola, ma sono anche in grado di apprendere e fare esperienza, essendo dotati di memoria associativa, di intelligenza tecnica, di comportamenti autenticamente altruistici. Tuttavia, sono propri degli uomini solo atti che hanno una legalità autonoma rispetto a tutta la causalità vitale psichica. Si tratta di atti che non procedono da una legalità analoga e parallela al decorso delle funzioni nel sistema nervoso, bensì in analogia e in parallelo alla struttura oggettiva, reale e assiologica del mondo stesso. Animali e uomini (1) Solo l’uomo pone se stesso e la sua autocoscienza di fronte al mondo; solo nell’uomo l’ambiente degli oggetti e l’esperienza vissuta dell’io si separano l’uno dall’altra. Solo l’uomo può afferrare una cosa attraverso contenuti percettivi provenienti da sensi diversi e coglierla come la ‘stessa cosa’. L’animale non ha la capacità di cogliere un valore in astratto, indipendentemente e separatamente da beni cosali, determinati e concreti; nemmeno è in grado di preferire un valore rispetto a un altro più basso sulla scala assiologica, p. es. l’utile al piacevole o di preferire un valore spirituale alla conservazione della propria esistenza. L’Uomo asceta della vita Tre sono le determinazioni fondamentali alle quali si riconducono le funzioni umane precedentemente indicate: 1) La determinabilità del soggetto in base alla considerazione esclusiva del contenuto della cosa in contrapposizione all’essere determinato da impulsi, bisogni, condizioni interne dell’organismo. 2) L’amore privo di desiderio per il mondo, inteso come entusiasmo oltrepassante l’intera struttura relazionale con cui le pulsioni ci legano alle cose. 3) La capacità di separare il ‘che cosa’ (essenza) dal ‘che è’ (esistenza) e di acquisire, una volta raggiunta l’essenza, conoscenze che valgono e si mantengono vere per tutte le cose e i casi contingenti che ricadono sotto di essa (conoscenza evidente a priori). L’uomo si rivela così il relativo asceta della vita (FSF, p. 66). La libera volontà dell’uomo L’uomo è l’essere vivente in cui l’evoluzione universale – nella quale la divinità realizza la sua essenza e rivela il suo divenire senza tempo – arriva a scoprire un regno di enti che oltrepassa ogni possibile milieu (=ambiente) della vita, che è al di sopra di tutto ciò che ha o non ha rilevanza sotto l’aspetto esclusivamente vitale, e vi troneggia. Anche la libera volontà dell’uomo, in quanto distinta dalla pulsione e dall’istinto, non è una forza positiva che crea e produce; al contrario, essa si limita a inibire e disinibire le tendenze pulsionali. L’atto del volere un’azione è sempre un non fiat, non un fiat. Costituzione dell’uomo L’uomo è l’essere in se stesso superiore e sovrastante tutta la vita e i suoi valori, persino l’intera natura. Egli è l’essere in cui lo psichico si è liberato dal servizio alla vita, nobilitandosi fino a innalzarsi allo ‘spirito’, uno spirito al cui servizio ora entra la vita, in senso tanto oggettivo quanto soggettivo-psichico. Costituzione della formazione (1) Il nucleo di ogni ‘formazione’, come anche la giustificazione filosofica ultima del suo senso e del suo valore, Scheler li ravvisa in un ‘divenire uomo’, sempre rinnovantesi e in crescita costante, in una umanizzazione che è al contempo autodeificazione, in quanto co-realizzazione dell’idea della divinità spirituale solo eternamente ‘essente’, nel sostrato dell’impulso, manifestantesi nella natura organica e inorganica (FSF, p. 67). Costituzione della formazione (2) 1) Il fatto che l’uomo sia e che nella storia del mondo divenga sempre più ciò che è in nuce per la sua essenza; 2) il fatto che egli nutra il suo spirito – in sé e per sé soltanto essente, originariamente impotente, per sua natura privo della possibilità di effettuare un’attività che abbia un’intensità graduabile – con l’energia attiva di tutte le sue pulsioni (fame, forza, libido) e del suo sangue; 3) il fatto che egli realizzi e incarni questa sua idea spirituale fino alla punta delle dita e al sorriso che porta sulle labbra Tutto ciò non è un semplice mezzo per ottenere prestazioni quantitativamente misurabili. Si tratta, invece, del senso di questa nostra terra, persino del mondo stesso, della co-realizzazione di Dio tramite l’uomo. Costituzione della formazione (3) La formazione non è ‘preparazione a qualcosa’, ‘a’ una professione, a un mestiere, a un lavoro di un qualsiasi tipo; nemmeno esiste al fine di ottenere una tale preparazione. Al contrario: ogni preparazione ‘a qualcosa’ esiste in vista dell’uomo ben formato in sé! Formazione e volontà Tuttavia, la formazione non è un possibile scopo immediato della volontà. La formazione non è voler fare di sé un’opera d’arte, non è un’intenzione narcisisticamente rivolta a sé, sia questa intenzione diretta alla propria bellezza, alla propria virtù, alla propria forma o al proprio sapere. È l’esatto contrario di questo artificioso godimento di sé, il cui culmine è il ‘dandysmo’. L’uomo non è un’opera d’arte, né deve esserlo! (FSF, p. 70) Il divenire della formazione Il divenire della formazione si dà e si svolge alle spalle del semplice proposito e del semplice volere. Perché in ogni momento del processo della sua vita nel mondo e con il mondo (attivo superamento delle passioni e delle resistenze + duro lavoro), l’uomo attende ad un’autentica deificazione d’atto: al velle in Deo, amare in Deo, cognoscere in lumine Dei, di Agostino e Lutero. Il divenire della formazione (1) L’uomo diventa autentico se stesso, conquista il proprio autentico sé, traendolo dalla divinità stessa, cioè perdendosi in una nobile causa o in una qualche specie di autentica comunione. Ciò significa che per attuare la formazione non basta la spinta dell’amore platonico per il mondo, ma si deve aggiungere qualcosa dall’esterno, che ci faccia «accogliere attivamente la chiamata della nostra destinazione» (FSF, p. 71) Il modello Il mezzo esteriore più efficace e potente per stimolare la formazione è il modello assiologico, offerto da una persona che si è conquistata il nostro amore e la nostra ammirazione. Un tale modello non si sceglie: è il modello che ci afferra seducendoci e invitandoci, attirandoci impercettibilmente al suo seno. Modelli nazionali, modelli professionali, modelli artistici, infine, i pochi modelli della più pura ed elevata formazione umana, i pochissimi individui santi, puri, integri che questa terra ha visto. Commisurandoci a questi modelli, possiamo combattere per elevarci a noi stessi, al Sé spirituale in ognuno di noi: essi conoscono le nostre forze e ci insegnano a farne attivamente uso. Il modello è personale nel senso che ciascun uomo, ma anche ciascun gruppo, ciascuna professione, ciascuna epoca con i suoi capi ha i suoi particolari modelli e ideali formativi, commisurati alla Il modello (1) Il modello è personale nel senso che ciascun uomo, ma anche ciascun gruppo, ciascuna professione, ciascuna epoca con i suoi capi ha i suoi particolari modelli e ideali formativi, commisurati alla sua particolare e tipica struttura pulsionale, al suo ethos peculiare. La persona nell’uomo è una concentrazione unica e individuale di sé dello spirito divino pertanto anche i modelli non sono oggetti che richiedono imitazione o cieca sottomissione. Al contrario, essi sono solo precursori che ci spingono ad ascoltare la chiamata della nostra persona, quella coscienza morale e quella legge che sono nostre in modo individuale. Le personalità esemplari devono renderci liberi per l’accoglimento della nostra destinazione e per la compiuta emanazione della nostra forza (FSF, p. 72)