Modulo5

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AF 2016-17
Modulo V
Le forme del sapere e la formazione
Le forme del sapere
e la formazione
La conferenza di Max Scheler
Max Scheler tenne la conferenza, Die
Wissensformen und die Bildung, dedicata ad
esplorare i nessi tra le forme del sapere
(Wissensformen) e la formazione (Bildung), il 27
gennaio 1925, in occasione delle celebrazioni
per i 10 anni dalla fondazione della Lessing
Akademie di Berlino.*
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La conferenza di Max Scheler (1)
L’obiettivo esplicito di tale conferenza era quello di
indicare nuovi criteri per la formazione di un’élite
culturale e dirigenziale, che sapesse a sua volta formare
quelle masse, alle quali il nuovo ordinamento
democratico tedesco aveva esteso il diritto di voto (11
agosto 1919, Costituzione di Weimar).
Nella conferenza vengono delineate le premesse
metafisiche e antropologiche che reggono la teoria
scheleriana della formazione.
Premesse antropologiche
Ogni criterio formativo rimanda, infatti, a una
determinata immagine (Bild) dell’uomo cui si
vorrebbe dare realizzazione.
Tre anni dopo, in La posizione dell’uomo nel cosmo,
Scheler avrebbe individuato 3 principali concezioni
di sé presenti alla mente dell’europeo colto del XX
secolo (PUC, p. 77):
- l’uomo peccatore della concezione giudaico
cristiana;
- l’homo sapiens del mondo greco antico;
- l’homo faber delle scienze naturali moderne e della
psicologia genetica.
Premesse antropologiche (1)
In precedenza, nell’articolo Uomo e storia del
1926, Scheler aveva considerato anche
- l’immagine dell’uomo come ‘animale malato’,
‘vicolo cieco della vita’ (PUC, p. 136);
- l’immagine del ‘superuomo etico’ (Nietzsche,
v. PUC pp. 80, 83, 101, 115, 160).
Premesse antropologiche (2)
Tutte le immagini, che l’uomo si è fatto finora
di sé, hanno una relativa validità nel cogliere i
tratti essenziali dell’essere umano, ma nello
stesso tempo, restando unilaterali, esse
realizzano un’indebita assolutizzazione di
aspetti antropologici parziali (PUC, pp. 78-79),
che ostacolano l’elaborazione di un’autentica e
efficace teoria della formazione.
Premesse antropologiche (3)
Scheler, pertanto, si è applicato a ricondurre le
immagini dell’uomo del passato alle corrispondenti
concezioni storiche, così da svelarne e neutralizzarne
il condizionamento sulla riflessione antropologica
presente, che intende elaborare un’immagine dinamica
dell’uomo come Allmensch (=uomo globale), che
rimanga sempre aperta alle successive acquisizioni,
superando l’unilaterale parzialità di quelle precedenti,
pur conservandole nei loro elementi di validità
La formazione delle élites
Scheler esordisce richiamando la nostra attenzione
‘sull’impressione quasi dolorosa’ che esercita su di
lui la percezione del suo tempo:
«Mai […] una vera formazione delle élites dirigenti
è stata più necessaria di quanto lo è oggi, e mai è
stata più difficile da realizzarsi! Questa tragica
affermazione vale per l’intero globo terrestre,
poiché vale per l’epoca di questo tempo dilaniato, in
cui le masse sono pressochè ingovernabili» (FSF, p.
49).
La formazione delle élites (1)
Continua Scheler:
«Provo una vera angoscia per la mancanza di
libertà e l’oscurità che aumenta di giorno in
giorno […]E tuttavia la libertà, intesa come
attiva spontaneità personale del centro
spirituale dell’uomo – dell’uomo all’interno
dell’uomo – resta la prima e più fondamentale tra
le condizioni di possibilità della formazione e
dell’illuminazione dell’uomo» (FSF, p. 50)
Indottrinamento planetario
Un breve excursus tra i vari paesi del mondo
conferma Scheler nella sua angoscia per la
mancanza delle condizioni di possibilità
minimali perché all’indottrinamento si vada a
sostituire una autentica azione formativa.
Scheler passa in rassegna la situazione culturale
in Russia, negli Stati Uniti, in Italia, in Spagna,
in Giappone.
Germania felix
Anche in Germania Scheler osserva che è
enorme la tensione tra la necessità e la
difficoltà per realizzare ciò che è necessario a
instaurare adeguati ed efficaci processi formativi.
Nel complesso tuttavia, secondo Scheler, i partiti
e i capi partito avevano fino ad allora trattato il
tema della libertà di ricerca con felice
discrezione!
Cosa è successo?
È avvenuta la degenerazione di quel processo
virtuoso di liberazione del lavoro da tutte le forme
di costrizione, che aveva fatto sviluppare, nella
storia europea, le nobili forze della ragione, della
filosofia e delle scienze, in intima unione con
l’affermarsi della democrazia.
Oggi proprio tale legame è diventato dubbio per la
scienza positiva e per il sapere di formazione, nei
quali prevalgono e dominano gli esperti
specializzati.
Cosa è successo? (1)
Oggi, dice Scheler, si è verificata la massificazione
della vita.
Ovvero: quella che era una democrazia liberale di
pensiero si è lentamente trasformata in una confusa
democrazia delle masse, dell’interesse e del
sentimento, alimentata dall’estensione del voto alle
donne e agli adolescenti, nella quale i capi sono
soltanto i rappresentanti delle pulsioni di gruppo
dominanti (di orientamento ora nazionalistico, ora
clericale, ora comunista) (FSF, p. 52).
Cosa occorre?
Perchè la democrazia salvi se stessa dalla
dittatura della massificazione, custodendo e
incrementando, nello stesso tempo, il patrimonio
culturale e scientifico ereditato,
occorre che si sappia promuovere
la potente mobilitazione di nuove élites in
possesso di un’autentica formazione e quindi in
grado di ‘servire lo spirito e la cultura, senza
volerli dominare’ (FSF, pp. 52-53).
Altrimenti?
Nel caso che non si riesca nell’impresa sopra
descritta, resta un’unica altra possibilità, che
però non ha la stessa valenza formativa del
popolo:
«una dittatura dispotica illuminata, che non
tenga conto della massa avversa alla cultura e dei
suoi rappresentanti politici, ma che la governi
con il bastone e la carota» (FSF, p. 53).
Il triplice interrogativo
sulla formazione
Chi vuole formare se stesso o gli altri, nella
misura in cui è possibile un’azione formativa che
viene dall’esterno, ha bisogno della chiara
cognizione di 3 ambiti problematici:
1) qual è l’essenza della formazione?
2) come si svolge la formazione
3) quali sono le forme del sapere e del conoscere
che determinano il processo per cui un uomo
diventa un essere formato? (FSF, p. 54)
1) Il fenomeno della formazione
Che cos’è la formazione?
La formazione come cultura animi (Cic.
Tusculanae, II, 13), cioè come un ideale, qualcosa
di già compiuto e perfetto, e non come processo, è
- «una forma particolare e peculiare per ciascuno»
- «una ritmica che stabilisce limiti e criteri secondo
i quali hanno corso tutte le libere attività spirituali
di un uomo e, da queste guidate e indirizzate, anche
tutte le manifestazioni vitali automatiche di
natura psico-fisica (espressione e azione, il parlare
e il tacere), dunque ogni ‘comportamento’
dell’uomo in questione» (FSF, p. 54).
Formazione come categoria dell’essere
La formazione è una categoria dell’essere,
non del sapere e del vivere.
Si tratta
di un’impronta che si è andata fissando (Bild-ung),
della configurazione complessiva,
presa da un essere umano,
non data a una sostanza materiale,
ma assunta da una totalità vivente,
che consiste soltanto di decorsi, processi, atti,
nella forma del tempo.
Formazione e microcosmo
All’essere formato/formarsi del soggetto
corrisponde di volta in volta un mondo,
un microcosmo.
Esso porta a manifestazione oggettiva
la forma di una singola persona,
quella forma che si è impressa nella persona
e che vi si va sviluppando
come un essere vivente.
Il microcosmo
Non è un ambito del mondo (come oggetto del
sapere, dell’opera formativa dell’uomo, come
resistenza che egli incontra nel lavoro e
nell’azione).
È un mondo come totalità, nel quale l’intero
patrimonio essenziale, tutte le idee e i valori
essenziali delle cose, articolati in una struttura
ordinata, si ritrovano realizzati nella contingenza
esistenziale di ciascuna persona umana.
Il microcosmo (1)
Il microcosmo è il mondo della formazione.
È quell’universo che si va riunendo e si trova unito
in un essere umano individuale.
In questo senso non solo Platone, Dante, Goethe,
Kant, ma ciascuno di noi ha il suo proprio mondo!
Abbiamo difficoltà a comprendere pienamente una
singola cosa nella sua realtà contingente, ma siamo
in grado di cogliere la struttura essenziale del
mondo intero!
Il microcosmo (2)
La storia dell’idea di microcosmo
comincia con Aristotele, che afferma che:
«In un certo senso l’anima dell’uomo è tutto» (De
Anima, III 8 431b 21)
E continua con San Tommaso che dice:
«Homo est quodammodo omnia»
(Sententia De Anima, l. 3, 1, 13, n. 4)
Il microcosmo (3)
L’uomo, sotto l’aspetto esistenziale, è parte del
mondo e, dunque, non è identico al mondo come
intero.
Sotto l’aspetto essenziale invece l’uomo è
identico al mondo, in quanto l’intero del mondo
è pienamente contenuto in quella sua parte che
è l’uomo: le essenze delle cose si incrociano
nell’uomo e tutte si ritrovano in lui in modo
reciprocamente solidale (FSF, p. 55).
Innato tendere alla formazione
Connaturato all’uomo è, perciò,
il tendere alla formazione
e volersi chiamare microcosmo.
Cioè, il ricercare, con fervore amorevole,
una partecipazione ontica/ontologica,
una partecipazione a tutto ciò che,
nella natura e nella storia,
è essenziale al mondo,
non solo quindi all’esistenza e all’esser-così.
Forma-zione
Il diveniente concentrarsi del grande mondo,
del macrocosmo, all’interno di un centro
spirituale
personale
e
individuale,
il
microcosmo, e il farsi mondo di una persona
umana nell’amore e nella conoscenza, non sono
altro che i due sensi reciproci dello stesso
profondissimo processo configurativo che si
chiama formazione (Bildung)
Amore per il mondo
Il mondo si è elevato fino ad elevarsi realiter
all’uomo; l’uomo deve fare lo stesso elevandosi
idealiter al mondo!
La fonte sorgiva di questo processo nell’uomo è
l’amore ‘platonico’ per il mondo, sempre
insaziabilmente assetato della più profonda
unione e simpatia con ciò che è essenziale al
mondo in ogni sua forma (FSF, p. 56).
Amore per il mondo (1)
«Questo amore approva con estrema
benevolenza tutto ciò che è sorto
imperscrutabilmente dal nulla;
sopporta tutto ciò che non si è capaci di celebrare
e guardare meravigliati;
con fiducioso e placido abbandono accetta le
circostanze in cui si deve soffrire»
(FSF, p. 56).
Esiti della formazione
Parte costitutiva della formazione sta, pertanto,
nel non disprezzare nulla in modo radicale e nel
sapersi, al centro più profondo di sé, protetti,
‘placidi’ – nel senso del
‘nil humani a me alienum puto’
e dei versi vivaci e argentini di Schiller:
«appoggiato placidamente a Grazie e Muse,
egli aspetta la freccia che lo minaccia,
[scagliata] dall’arco delicato della necessità»
(FSF, p. 56).
Il significato della formazione
Che cosa accade nella formazione?
Formandosi, l’uomo si umanizza
e nello stesso tempo si auto-deifica.
Infatti, si allontana sempre di più dalla natura
subumana per tendere incessantemente verso ciò che
lo supera, «esistendo ed essendo essenzialmente al di
sopra dell’uomo e di tutte le cose finite» (FSF, p. 56).
L’uomo si rivela così come un essere in continua
formazione, che, a differenza da altre entità, non ha
una forma fissa e conclusa ma continuamente nasce
e si rinnova.
Precisazione
Scheler si rende conto di aver fatto delle
affermazioni che contrastavano con il clima
culturale della sua epoca, dominata dal
Kulturpessimismus e dal Positivismo, per questo
si confronta con la tesi secondo la quale l’uomo
sarebbe un animale che si è ammalato, un vicolo
cieco della vita, in quanto nel processo di
adattamento organico e nella sua stessa capacità di
adattamento è rimasto indietro rispetto ai suoi
consimili.
Precisazione (1)
Effettivamente, se consideriamo l’uomo dall’esterno
e solo come essere naturale, ci colpisce già sotto
l’aspetto anatomico la struttura di gran lunga più
evoluta, differenziata e gerarchicamente organizzata
del sistema nervoso e della corteccia cerebrale in
particolare.
La corteccia cerebrale esercita importanti funzioni
di
carattere
inibitorio
e
disinibitorio,
determinando l’intera unità funzionale del vivente
umano e instaurando un baratro fisiologico anche
con i vertebrati più evoluti.
Precisazione (2)
Infatti, come sempre avviene nell’organico, la
diversità anatomica comporta un senso
funzionale, cioè implica una specifica
disposizione ordinata, relativamente stabile e
sempre diversa in ogni singolo caso, di complessi
materiali chimico-fisici e stati di energia, che si
danno in relazione a campi funzionali.
Precisazione (3)
L’uomo è schiavo della corteccia cerebrale:
il suo cervello consuma percentuali incredibilmente
elevate di energia, sottraendola ad altri organi e
funzioni, pur essendo l’organo che si rigenera in
misura minore, che ha più ridotte possibilità
evolutive filogenetiche e nel quale il processo vitale
sembra essersi del tutto sclerotizzato, fino al punto
che la funzione cerebrale si pone in diametrale
contrapposizione con la funzione riproduttiva!
(FSF, pp. 59-60).
Precisazione (4)
Sembra quindi che, nell’uomo, la natura si sia come
arenata e persa, divenendo incapace di procedere oltre
con quei metodi, che avevano portato l’evoluzione fino
all’uomo stesso, e trasformandosi in ‘spirito’ e in una
storia diretta e governata da un principio spirituale.
Ma con questa storia, riguardata esclusivamente dal
punto di vista scientifico-naturale, l’uomo, nonostante
tutta la sua energica laboriosità e operosità, non ottiene
altro che quello che l’animale ottiene in modo molto più
semplice e automatico: vale a dire la conservazione della
specie e la realizzazione dei valori biologici propri di ogni
specie!
Precisazione (5)
Scheler conclude che chi consideri l’uomo nella sua
essenza soltanto dal punto di vista della scienza della
natura e che dunque ritenga che lo ‘spirito’ sia soltanto
«un complicato esito collaterale di quel processo vitale
che si esprime in duplice modo – ebbene costui deve
essere coerente con queste posizioni e rinunciare all’idea
e al valore della ‘formazione’. Con questo termine,
infatti, si vuole attribuire un valore in sé a ciò che,
secondo la posizione definita in precedenza, può essere
soltanto un semplice mezzo per la conservazione e lo
sviluppo della vita» (FSF, pp. 60-61).*
* Cfr. la teoria della manchevolezza antropologica di J. G.
Herder e le ipotesi del naturalista L. Bolk , descritte nel saggio di
U. Fadini
Antropologia e formazione
Viene così in chiaro che il fenomeno della
formazione esige una specifica concezione
dell’uomo, che sia in grado di considerarlo come
realmente vi si manifesta e cioè come appartenente
contemporaneamente a due mondi,* quello della
vita in cui operano le forze, le pulsioni, gli impulsi e
quello dello spirito e della ragione, da cui invece
emana la luce che ama, contempla e pensa il tutto.
* Cfr. I. Kant, Antropologia pragmatica, trad. it. G. Vidari e A.
Guerra, Laterza, Bari 1985.
L’uomo e l’AF secondo I. Kant
Immanuel Kant osserva che:
«tutti i tentativi di acquistare una tal scienza [l’antropologia
filosofica] con fondatezza vanno incontro a notevoli
difficoltà connesse con la stessa natura umana»;
quest’ultima, infatti, sembra comportare un’indagine
irriducibilmente dualistica che,
da un lato, in prospettiva fisiologica, «mira a determinare
quel che la natura fa dell’uomo»
e dall’altro, pragmaticamente, evidenzia «quello che
l’uomo come essere libero fa oppure può e deve fare di se
stesso»
(I. KANT, Antropologia pragmatica, cit., p. 3).
Antropologia e formazione (1)
Nell’uomo che attua la sua formazione, la natura trova la
sua fine e insieme la sua massima concentrazione, che
conduce all’automanifestazione dello spirito divino, il
secondo attributo a noi noto del fondamento del mondo.
Infatti, l’uomo è l’ «essere vivente che cerca di deificare
se stesso, partecipando attivamente all’esecuzione degli
atti spirituali del fondamento del mondo».
L’uomo è, quindi, il vicolo cieco della vita e al tempo
stesso «la chiara e splendida via d’uscita da questo vicolo
cieco, una via d’uscita nella quale l’ente originario
comincia a divenire consapevole di se stesso, a
comprendere, capire e a salvare se stesso» (FSF, p. 62)
Antropologia e formazione (3)
Nella misura in cui la formazione rivela l’uomo come un ‘essere
vitale capace di spirito’, nel quale, cioè, ha già da sempre inizio
il processo relativo di divinizzazione, per quanto egli non ne sia
consapevole, allora questo uomo non è mai un essere inattivo,
come una cosa o un semplice factum, ma egli è sempre una
possibile direzione processuale, una dinamica di compimento
che dura finchè dura il tempo: «ciò che si dà con l’uomo è
esclusivamente un processo eterno di umanizzazione possibile,
da realizzare liberamente in ogni punto temporale», un processo
di umanizzazione sempre attivo, pur se di frequente inframezzato
da spinte involutive di relativa animalizzazione.
In ciò consiste anche il nucleo della deificazione antica come di
quella cristiana.
Antropologia e formazione (4)
Dallo spirito all’opera nella formazione
dell’uomo derivano anche quelle distinzioni
essenziali (non quantitative o qualitative) tra
uomo e animale, che solo i più recenti studi di
etologia e psicologia animale sono stati in grado
di confermare (FSF, p. 64, nota 12, riferimento a
W. Köhler).
«Imparate a conoscere gli animali per tenere a
mente quanto è difficile essere uomo».
Animali e uomini
Gli animali non sono più riducibili al ‘cieco’ essere
pulsionale che ci si figurava in passato. Essi sono
certamente dotati di istinto, in cui desiderio e sapere sono
una cosa sola, ma sono anche in grado di apprendere e
fare esperienza, essendo dotati di memoria associativa,
di
intelligenza
tecnica,
di
comportamenti
autenticamente altruistici.
Tuttavia, sono propri degli uomini solo atti che hanno una
legalità autonoma rispetto a tutta la causalità vitale
psichica. Si tratta di atti che non procedono da una legalità
analoga e parallela al decorso delle funzioni nel sistema
nervoso, bensì in analogia e in parallelo alla struttura
oggettiva, reale e assiologica del mondo stesso.
Animali e uomini (1)
Solo l’uomo pone se stesso e la sua autocoscienza di
fronte al mondo; solo nell’uomo l’ambiente degli
oggetti e l’esperienza vissuta dell’io si separano l’uno
dall’altra. Solo l’uomo può afferrare una cosa attraverso
contenuti percettivi provenienti da sensi diversi e
coglierla come la ‘stessa cosa’.
L’animale non ha la capacità di cogliere un valore in
astratto, indipendentemente e separatamente da beni
cosali, determinati e concreti; nemmeno è in grado di
preferire un valore rispetto a un altro più basso sulla
scala assiologica, p. es. l’utile al piacevole o di preferire
un valore spirituale alla conservazione della propria
esistenza.
L’Uomo asceta della vita
Tre sono le determinazioni fondamentali alle quali si
riconducono le funzioni umane precedentemente indicate:
1) La determinabilità del soggetto in base alla considerazione
esclusiva del contenuto della cosa in contrapposizione
all’essere determinato da impulsi, bisogni, condizioni
interne dell’organismo.
2) L’amore privo di desiderio per il mondo, inteso come
entusiasmo oltrepassante l’intera struttura relazionale con
cui le pulsioni ci legano alle cose.
3) La capacità di separare il ‘che cosa’ (essenza) dal ‘che è’
(esistenza) e di acquisire, una volta raggiunta l’essenza,
conoscenze che valgono e si mantengono vere per tutte le
cose e i casi contingenti che ricadono sotto di essa
(conoscenza evidente a priori).
L’uomo si rivela così il relativo asceta della vita (FSF, p. 66).
La libera volontà dell’uomo
L’uomo è l’essere vivente in cui l’evoluzione universale
– nella quale la divinità realizza la sua essenza e rivela il
suo divenire senza tempo – arriva a scoprire un regno di
enti che oltrepassa ogni possibile milieu (=ambiente)
della vita, che è al di sopra di tutto ciò che ha o non ha
rilevanza sotto l’aspetto esclusivamente vitale, e vi
troneggia.
Anche la libera volontà dell’uomo, in quanto distinta
dalla pulsione e dall’istinto, non è una forza positiva che
crea e produce; al contrario, essa si limita a inibire e
disinibire le tendenze pulsionali. L’atto del volere
un’azione è sempre un non fiat, non un fiat.
Costituzione dell’uomo
L’uomo è l’essere in se stesso superiore e
sovrastante tutta la vita e i suoi valori, persino
l’intera natura.
Egli è l’essere in cui lo psichico si è liberato dal
servizio alla vita, nobilitandosi fino a
innalzarsi allo ‘spirito’, uno spirito al cui
servizio ora entra la vita, in senso tanto
oggettivo quanto soggettivo-psichico.
Costituzione della formazione (1)
Il nucleo di ogni ‘formazione’,
come anche la giustificazione filosofica ultima
del suo senso e del suo valore,
Scheler li ravvisa
in un ‘divenire uomo’,
sempre rinnovantesi e in crescita costante,
in una umanizzazione che è al contempo autodeificazione,
in quanto co-realizzazione dell’idea della divinità spirituale
solo eternamente ‘essente’,
nel sostrato dell’impulso,
manifestantesi nella natura organica e inorganica (FSF, p. 67).
Costituzione della formazione (2)
1) Il fatto che l’uomo sia e che nella storia del mondo
divenga sempre più ciò che è in nuce per la sua essenza;
2) il fatto che egli nutra il suo spirito – in sé e per sé
soltanto essente, originariamente impotente, per sua natura
privo della possibilità di effettuare un’attività che abbia
un’intensità graduabile – con l’energia attiva di tutte le
sue pulsioni (fame, forza, libido) e del suo sangue;
3) il fatto che egli realizzi e incarni questa sua idea
spirituale fino alla punta delle dita e al sorriso che porta
sulle labbra
Tutto ciò non è un semplice mezzo per ottenere prestazioni
quantitativamente misurabili.
Si tratta, invece, del senso di questa nostra terra, persino del
mondo stesso, della co-realizzazione di Dio tramite l’uomo.
Costituzione della formazione (3)
La formazione non è ‘preparazione a qualcosa’,
‘a’ una professione, a un mestiere,
a un lavoro di un qualsiasi tipo;
nemmeno esiste al fine di ottenere una tale preparazione.
Al contrario:
ogni preparazione ‘a qualcosa’
esiste
in vista dell’uomo ben formato in sé!
Formazione e volontà
Tuttavia, la formazione non è un possibile scopo
immediato della volontà.
La formazione non è voler fare di sé un’opera d’arte,
non è un’intenzione narcisisticamente rivolta a sé, sia
questa intenzione diretta alla propria bellezza, alla
propria virtù, alla propria forma o al proprio sapere.
È l’esatto contrario di questo artificioso godimento di
sé, il cui culmine è il ‘dandysmo’.
L’uomo non è un’opera d’arte, né deve esserlo! (FSF, p.
70)
Il divenire della formazione
Il divenire della formazione si dà e si svolge
alle spalle del semplice proposito e del semplice
volere.
Perché in ogni momento del processo della sua
vita nel mondo e con il mondo (attivo
superamento delle passioni e delle resistenze +
duro lavoro), l’uomo attende ad un’autentica
deificazione d’atto:
al velle in Deo, amare in Deo, cognoscere in
lumine Dei, di Agostino e Lutero.
Il divenire della formazione (1)
L’uomo diventa autentico se stesso, conquista il
proprio autentico sé, traendolo dalla divinità
stessa, cioè perdendosi in una nobile causa o in una
qualche specie di autentica comunione.
Ciò significa che per attuare la formazione non
basta la spinta dell’amore platonico per il mondo,
ma si deve aggiungere qualcosa dall’esterno, che
ci faccia «accogliere attivamente la chiamata della
nostra destinazione» (FSF, p. 71)
Il modello
Il mezzo esteriore più efficace e potente per stimolare la formazione
è il modello assiologico, offerto da una persona che si è conquistata
il nostro amore e la nostra ammirazione.
Un tale modello non si sceglie: è il modello che ci afferra
seducendoci e invitandoci, attirandoci impercettibilmente al suo
seno.
Modelli nazionali, modelli professionali, modelli artistici, infine, i
pochi modelli della più pura ed elevata formazione umana, i
pochissimi individui santi, puri, integri che questa terra ha visto.
Commisurandoci a questi modelli, possiamo combattere per elevarci
a noi stessi, al Sé spirituale in ognuno di noi: essi conoscono le
nostre forze e ci insegnano a farne attivamente uso.
Il modello è personale nel senso che ciascun uomo, ma anche
ciascun gruppo, ciascuna professione, ciascuna epoca con i suoi
capi ha i suoi particolari modelli e ideali formativi, commisurati alla
Il modello (1)
Il modello è personale nel senso che ciascun uomo, ma anche
ciascun gruppo, ciascuna professione, ciascuna epoca con i suoi capi
ha i suoi particolari modelli e ideali formativi, commisurati alla
sua particolare e tipica struttura pulsionale, al suo ethos peculiare.
La persona nell’uomo è una concentrazione unica e individuale di
sé dello spirito divino pertanto anche i modelli non sono oggetti che
richiedono imitazione o cieca sottomissione.
Al contrario, essi sono solo precursori che ci spingono ad ascoltare la
chiamata della nostra persona, quella coscienza morale e quella
legge che sono nostre in modo individuale.
Le personalità esemplari devono renderci liberi per l’accoglimento
della nostra destinazione e per la compiuta emanazione della
nostra forza (FSF, p. 72)
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