3_3pasqua_A - salesiani don Bosco

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Anno A
3ª DI PASQUA
 At 2,14a.22-33 - Non era possibile che la morte lo tenesse in suo potere.
 Dal Salmo 15 - Rit.: Mostraci, Signore, il sentiero della vita.
 1 Pt 1,17-21 - Siete stati liberati con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello
senza macchia.
 Canto al Vangelo – Alleluia, alleluia. Signore Gesù, facci comprendere le Scritture;
arde il nostro cuore mentre ci parli. Alleluia.
 Lc 24,13-35 - Lo riconobbero nello spezzare il pane.
Un invito alla speranza
L’annuncio gioioso di Maria di Magdala, che abbiamo udito ripetere nel giorno di Pasqua,
continua a risuonare, incoraggiante, in queste settimane che ricordano i quaranta giorni
trascorsi fra la risurrezione e l’ascensione: «Cristo, mia speranza, è risorto!». Ce lo
ricorda la colletta di questa domenica: guardando a lui risorto, il popolo di Dio pregusta,
«nella speranza, il giorno glorioso della risurrezione».
«Noi speravamo...»
La prima risposta del viandante sconosciuto ai due discepoli non sembra tale da consolarli
e incoraggiarli. Egli li rimprovera apertamente e duramente: «Stolti e tardi di cuore nel
credere alla parola dei profeti». S. Agostino viene di rincalzo con un confronto non certo
lusinghiero per quei due: «Speravate: e non sperate più? E questo vuol dire per voi essere
discepoli? Il ladrone sulla croce era meglio di voi: voi avete dimenticato il vostro Maestro,
lui ha riconosciuto il suo compagno di supplizio». Ma cosa avevano sperato per subire una
delusione così amara? «Che fosse lui a liberare Israele». Vedevano in Gesù un messia
politico, come molti allora, per esempio gli apostoli che gli domanderanno: «Signore, è
questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?» (At 1,6).
Se lettura «politica» della Bibbia significa che nel programma di Gesù c’è la liberazione
dal peccato, dalla «condotta», dirà Pietro nella lettera, «ereditata dai vostri padri», con
tutte le tristi conseguenze delle ingiustizie, delle oppressioni, degli sfruttamenti che
pesano su tanti uomini, tutti uguali, tutti figli di Dio, condannati dall’egoismo di alcuni a
una vita indegna dell’uomo, siamo d’accordo. Ma non possiamo essere d’accordo con chi
vuol vedere in Gesù un agitatore rivoluzionario. L’atteggiamento di lui «non è un
incoraggiamento all’immobilismo nei confronti del mondo presente, ma, al contrario, uno
stimolo a lavorare in questo mondo per farvi regnare l’amore e la giustizia... Alla luce del
Regno che verrà, Gesù vuole cambiare i cuori degli uomini, non il quadro del mondo»
(Cullmann). Sarà compito dei cristiani, mentre lavorano incessantemente alla propria
conversione, stare attenti ai segni dei tempi e impegnarsi secondo la propria vocazione,
collaborare con tutti per attuare le «molte riforme che si richiedono nella vita
economico-sociale» e per promuovere «in tutti un mutamento nella mentalità e nelle
abitudini di vita» (Gaudium et Spes, 64).
La liberazione d’Israele, cioè, come spiegherà Paolo, di tutti coloro che imitando Abramo
nella fede e nella speranza saranno il vero Israele (cf Rm 4), verrà se si accoglie il
messaggio evangelico di giustizia, di amore e di pace. Tutto il messaggio: a cominciare
dal «manifesto» che lo inaugura solennemente, le beatitudini. Beati i poveri in spirito,
3ª di Pasqua “A” - “Omelie per un anno - vol. 1”, Elledici
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beati gli afflitti, beati gli affamati e assetati di giustizia, beati i promotori di pace, beati i
perseguitati.
Fondamento della speranza
«Voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l’avete ucciso. Ma Dio lo ha
risuscitato». È questa fede nella risurrezione di Gesù che infonde speranza a Pietro, il
quale non esita ad affrontare coloro che poche settimane prima avevano crocifisso il
Maestro e che non cesseranno di minacciare e perseguitare i suoi seguaci. La risurrezione
di Gesù costituiva la prova irrefutabile che egli era l’inviato di Dio e che in lui si adempiva
la profezia a cui si appella l’apostolo. Dio, che ha sciolto il suo inviato dalle «angosce della
morte», cosicché anche la carne di lui riposerà nella speranza, non abbandonerà coloro
che in lui credono, che lo proclamano Signore, che operano e soffrono per causa di lui.
Il cristiano fonda la sua speranza su Cristo Salvatore che lo ha liberato versando il suo
«sangue prezioso... come di agnello senza difetti e senza macchia». Il cristiano fonda la
sua speranza sulla parola di Dio, sulle Scritture che Gesù spiega ai due discepoli. Esse
invitano a sperare e a sopportare tutte le sofferenze della vita, perché attraverso queste
il Cristo doveva entrare nella sua gloria, e la sorte del cristiano non può essere diversa. Le
parole di Gesù c’insegnano come dobbiamo leggere la Bibbia. Lo spiegherà il Vaticano II,
nella Costituzione Dei Verbum (n. 16), citando anche questo passo del Vangelo: «I libri
dell’Antico Testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano
e manifestano il loro completo significato nel Nuovo Testamento e a loro volta lo
illuminano e lo spiegano».
Mentre il compagno di viaggio, ancora sconosciuto, conversava con loro e spiegava le
Scritture, i due si sentirono «ardere il cuore nel petto». Ma solo «quando fu a tavola con
loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro... si aprirono loro gli
occhi e lo riconobbero». Cosa significhi questo per noi, ce lo spiega s. Agostino:
«Vediamo, fratelli, dove il Signore ha voluto farsi riconoscere: nello spezzare il pane.
Siamo sicuri: spezziamo il pane e riconosciamo il Signore. Solo lì ha voluto farsi
riconoscere, per noi, che non l’avremmo visto nella carne, ma avremmo mangiato la sua
carne... Dunque lo spezzare il pane è ciò che ti consola. L’assenza del Signore non è vera
assenza; abbi fede, e colui che non vedi è con te».
«Riferirono ciò che era accaduto»
Ritornati subito a Gerusalemme, i due «trovarono riuniti gli undici e gli altri che erano con
loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. Essi poi
riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare
il pane». Gli undici compiono in quel modo il «ministero» di testimoni autentici, a cui li
chiama esplicitamente il Maestro (At 1,8). Così faranno nella Chiesa i vescovi, successori
degli apostoli, trasmettendo la testimonianza ricevuta da questi. Ma anche i due discepoli
rendono la loro testimonianza. Così, nella Chiesa, c’è un ministero di testimonianza e di
annunzio che è diritto e dovere di tutti i battezzati; ministero di testimonianza e di
annunzio da esercitare, secondo le occasioni e le possibilità, anche con la parola, sempre
con la vita (cf Lumen Gentium, 12). Ministero che è sempre irradiazione di speranza,
perché è sempre il prolungamento dell’annunzio di Maria Maddalena: «Cristo, mia
speranza, è risorto!».
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