Monetazione romana

annuncio pubblicitario
MONETAZIONE ROMANA
La monetazione romana studia le monete emesse da Roma dalle prime forme premonetali
alla caduta dell'Impero Romano
Monetazione repubblicana
Monetazione fusa
Nella prima parte della storia di Roma, dalla sua fondazione (21 aprile 753 a.C.) a tutto il
periodo monarchico (753-509 a.C.) e parte del periodo repubblicano, fino al III secolo a.C.,
il commercio non si basava sull'uso della moneta, ma su una forma di baratto che sfruttava
barre di bronzo (aes rude) come mezzo di scambio: si consideri, per contro, che già alla
metà del IV secolo a.C., nel mondo greco, la moneta aveva raggiunto una diffusione e
livelli artistici elevatissimi.
L'utilizzo dell'aes rude si scontrava con la necessità di dover pesare il quantitativo di
bronzo ad ogni scambio; su iniziativa di singoli mercanti, quindi, iniziarono ad essere
utilizzati getti in bronzo di forma rotonda o rettangolare che riportavano il loro valore,
detti aes signatum.
La prima moneta standardizzata da parte dello stato fu l'Aes grave, introdotta con l'avvio
dei commerci su mare intorno al 335 a.C.. La parola latina aes (aeris al genitivo) significa
bronzo; da aes derivano parole come erario.
Il peso dell'asse era inizialmente pari ad una libbra latina (273 g), passando poi ad una
libbra romana (373 g).
1
Multipli dell'asse furono il dupondio (2 assi), il tripondio (3 assi) ed il decusse (10 assi).
Frazioni dell'asse furono il semisse (1/2 asse), il triente (1/3 di asse), il quadrante (1/4 di asse),
il sestante (1/6 di asse) e l'oncia (1/12 di asse).
Il valore dell'asse conobbe un progressivo calo, acquisendo via via il valore delle sue
frazioni, con 1/2 libbra romana nel 286 a.C., 1/6 di libbra nel 268 a.C., 1 oncia (cioè 1/72 di
libbra) nel 217 a.C. e 1/2 oncia nell'89 a.C.. L'uso del bronzo ha termine nel 79 a.C..
Monetazione di stile greco
Didracma: Testa elmata di Marte dx., clava dietro / Cavallo impennato dx., clava sopra,
ROMA sotto.Crawford 27/1; Sydenham 23.
Le prime monete battute emesse da Roma furono alcuni didracmi d'argento ed alcune
monete frazionarie collegate sia in argento che in bronzo. Queste monete sono
comunemente indicate con il nome di romano-campane. Erano realizzate sullo stile di
quelle greche e furono coniate molto probabilmente in Campania allo scopo di facilitare il
commercio con le colonie greche del sud Italia nel III secolo a.C..
Anche se lo stile era chiaramente greco, i tipi erano caratteristici delle civiltà italiche:
Marte, Minerva, la lupa con i gemelli, Giano (divinità). L'etnico che inizialmente, secondo
l'usanza greca, era "ROMANO", diventa presto ROMA, secondo le abitudini italiche.
2
La più famosa è conosciuta col nome di quadrigato. Presenta al diritto una testa giovanile
di Giano ed al rovescio Giove e la Vittoria su una quadriga da cui il nome.
Le prime didracme pesavano intorno ai 7 g (7,3 - 6,8) le ultime intorno ai 6,6 g.
Queste monete sono contemporanee alle emissioni di una serie di colonie e socii, tra cui
Cales, Suessa, Teanum, con tipi simili, che permettono di ipotizzare accordi monetari.
Denario
Roma in un denario del secondo secolo a. C.
La moneta d'argento che costituì l'ossatura dell'economia romana fu, però, il denario,
battuto per la prima volta a Roma intorno al 211 a.C.. Il valore iniziale del denario era di 10
assi, pari a 1/72 di libbra (4,55 g), ed aveva come frazioni il quinario (1/2 denario) ed il
sesterzio (1/4 di denario). In seguito il denario fu rivalutato a 16 assi, a seguito della
riduzione del valore di quest'ultimo.
Il denario rimase la moneta più importante del sistema monetario romano fino alla
riforma monetaria di Caracalla, all'inizio del III secolo quando fu di fatto sostituito
dall'antoniniano.
3
Venne anche coniata un'altra moneta d'argento, il Vittoriato con un valore pari a 3
sesterzi, di scarsa diffusione e usata quasi esclusivamente nei commerci con i Greci
dell'Italia meridionale prima e con le Gallie dopo.
Accanto al denario furono battute monete in bronzo: l'asse e le sue frazioni.
La produzione di monete in oro (aureo) fu estremamente sporadica prima della conquista
della Gallia (e delle sue miniere) da parte di Giulio Cesare.
Le prime emissioni di aurei, ricalcando anche in questo caso il sistema monetario greco per
facilitare gli scambi con il sud dell'Italia e con l'oriente, si ebbero comunque nel 286 a.C.
(con un peso per l'aureo di 6,81g) e nel 209 a.C. (con un peso di 3,41 g).
I primi aurei realmente romani si ebbero nell'87 a.C. da parte di Silla (con un valore di 1/30
di libbra, 9,11 g), seguiti da emissioni nel 61 a.C. da parte di Pompeo (con un valore di 1/36
di libbra, 9,06 g), nel 48 a.C. da parte di Cesare (con un valore di 1/38 di libbra, 8,55 g) ed
ancora nel 48 a.C., sempre da parte di Cesare (con un valore di 1/40 di libbra, 8,02 g).
Monetazione imperatoriale
Il termine è usato per indicare le emissioni coniate degli ultimi anni della Repubblica
romana nel periodo che precede immediatamente la nascita del principato. Il termine, non
accettato da tutti, deriva dal fatto che in questo periodo di guerre civili le monete venivano
emesse a nome dei generali che si combattevano tra loro in virtù del loro imperium.
Si tratta quindi delle monete di Pompeo, Giulio Cesare, Bruto, Cassio, Labieno, Sesto
Pompeo, Lepido, Marco Antonio ed Ottaviano da soli o assieme tra loro o con altre
persone.
4
Le monete emesse in questi anni rispecchiano l'andamento della lotta politica e delle
guerre in corso. I contenuti propagandistici sono accentuati e per le prime volte sono
rappresentati anche le persone viventi.
Le monete di Ottaviano sono a cavallo tra questo periodo ed il periodo successivo.
Monetazione imperiale
Anche se il denario restò l'elemento portante dell'economia romana dalla sua introduzione
nel 211 a.C. fino al termine della sua coniazione nella metà del III secolo d.C., la purezza
ed il peso della moneta andò lentamente, ma inesorabilmente riducendosi.
Il fenomeno della svalutazione nell'economia romana era pervasivo e causato da una serie
di fattori, quali la carenza di metallo prezioso, lo scarso rigore delle finanze statali e la
presenza di una forte inflazione.
Come detto in precedenza, il denario alla sua introduzione conteneva argento quasi puro
con un peso di circa 4,5 grammi. Questi valori rimasero abbastanza stabili durante tutta la
repubblica, ad eccezione dei periodi bellici.
Ad esempio, i denari coniati da Marco Antonio durante la sua guerra con Ottaviano erano
di diametro leggermente più piccolo e con un titolo considerevolmente inferiore: il dritto
raffigurava una galea ed il nome di Antonio, mentre il rovescio presentava il nome delle
particolare legione per la quale la moneta era stata emessa; c'è da notare che queste
monete rimasero in circolazione per più di 200 anni a causa della carenza di metallo
prezioso.
La prima riforma monetaria importante del periodo imperiale fu la Riforma monetaria di
Augusto, che prevedeva dal 15 a.C. la coniazione delle monete in oro ed argento
5
controllata direttamente dall'imperatore, mentre il senato poteva decidere su delibera la
coniazione dei valori minori. Per quanto riguarda le monete d'oro, ci si basava sull'aureo
(1/42 di libbra romana, 7,78 g), con il quaternione come multiplo (4 aurei) ed il quinario
come sottomultiplo (1/2 aureo).
Per le monete d'argento, rimaneva il denario (1/84 di libbra, 3,90 g) ed il suo sottomultiplo
quinario (1/2 denario). Per i valori minori, si aveva l'asse in rame (10,90 g), i suoi multipli
in oricalco, un metallo simile all'ottone, detti dupondio (2 assi) e sesterzio (4 assi); per i
sottomultipli si aveva il quadrante in rame (1/4 di asse).
Sesterzio del 116 in occasione
Sesterzio del 116 con Traiano
di conquiste nell'oriente:
che incorona Partamaspate re di Partia.
Traiano sottomette i re di Armenia,
La Partia è simboleggiata da una figura che
Mesopotamia e Partia.
si inginocchia davanti al palco di Traiano
Durante la dinastia Giulio-Claudia (Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone) il valore del
denario rimase relativamente stabile. Nerone, invece, introdusse nel 65 d.C. una nuova
riforma monetaria: l'aureo venne portato ad 1/42 di libbra (7,28 g), mentre il denario a 1/96
di libbra (3,41 g).
6
Alla fine della dinastia del Flavi (Vespasiano, Tito, Domiziano), Domiziano annullò la
riforma di Nerone, riportando le monete ai valori della riforma di Augusto, mentre nel
periodo degli imperatori adottivi (Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio),
Traiano reintrodusse i valori della riforma di Nerone.
Il terzo secolo
Un'altra riforma si ebbe nel 215 per opera dell'imperatore Caracalla. Il denario, infatti,
continuò il suo declino durante tutto l'impero di Commodo e di Settimio Severo.
Con Caracalla l'aureo venne svalutato di nuovo, portandolo ad 1/50 di libbra (6,54 g).
Inoltre, sia per l'aureo che per il denario (ridotto ad avere meno del 50% di argento)
vennero introdotte monete con valore raddoppiato: il doppio aureo (o binione) ed il doppio
denario (o antoniniano), anche se per quest'ultimo non contenne mai più di 1,6 volte il
contenuto d'argento del denario.
Comunque, mentre l'aureo riuscì ad avere una valutazione abbastanza stabile, anche
l'antoniniano conobbe la stessa progressiva svalutazione vista col denario, fino a ridursi ad
un contenuto d'argento del 2%.
Tra il 272 ed il 275, Aureliano riformò nuovamente il sistema monetario romano,
eliminando la possibilità di coniazione locale delle monete minori per riportarle ad un
livello qualitativo paragonabile a quello delle altre monete.
L'aureo fu portato inizialmente a 1/60 di libbra (5,54 g), ma poi il suo valore fu fissato ad
1/50 di libbra (6,50 g). Per l'antoniniano si fissò un peso di 3,90 g ed un titolo di 20 parti di
rame ed uno d'argento, rapporto indicato sulla moneta tramite il simbolo XXI in Latino o
KA in Greco.
7
La tetrarchia
A seguito della riforma di Diocleziano, la monetazione romana cambiò radicalmente.
Dato che il governo introdotto da Diocleziano si basava su di una tetrarchia, con la
suddivisione dell'impero in due territori assegnati a due diversi imperatori e con due
Cesari a supporto ai due reggenti, le monete iniziarono a non personificare più un singolo
reggente, ma a dare un'immagine idealizzata dell'imperatore sul dritto, con il rovescio che
celebrava tipicamente la gloria di Roma e la sua potenza militare. Anche dopo l'adozione
del cristianesimo come religione di stato, quest'impostazione rimase abbastanza invariata:
solo in poche eccezioni vennero utilizzate immagini cristiane come il chi-rho,
monogramma greco per il nome Gesù Cristo. Nel 300 venne emanato un editto (l'Editto sui
prezzi massimi) che fissava i prezzi massimi delle merci, con l'intento di calmierarli: i prezzi
venivano espressi in denarii, anche se questa non era ormai più una moneta in
circolazione. L'aureo torna ad un peso di 1/60 di libbra. Si introduce una moneta in
argento, detta argenteo, con un peso pari a 1/96 di libbra. Oltre ad un antoniniano con un
peso di 3,90 g, fu introdotta anche una moneta in bronzo, il follis, con un peso di circa 10 g.
Ultima riforma dell'impero romano fu nel 310 quella di Costantino, che si rifaceva al
sistema bimetallico di Augusto. Venne introdotto il solido d'oro, con un peso di 4,54 g pari
a 1/72 di libbra, e la siliqua d'argento, di 2,27 g pari a 1/144 di libbra: il miliarense, con un
valore doppio della siliqua, aveva quindi lo stesso peso del solido. Per quanto riguarda i
bronzi, il follis, ormai fortemente svalutato, venne sostituito da una moneta di 3 g, detto
nummus centonionalis, cioè 1/100 di siliqua.
Questo sistema monetario durò fino alla fine dell'Impero d'Occidente.
Monetazione provinciale
8
Nell'impero romano alcune città conservarono il diritto di emettere monete proprie.
Queste monete erano essenzialmente indirizzate ai commerci interni di una città o di
un'area limitata.
Di conseguenza le emissioni furono molto più limitate e meno regolari. Inoltre i tipi
utilizzati riflettevano temi locali. Questa monetazione ci permette di conoscere particolari
della vita del mondo romano altrimenti poco conosciuti
Coniazione e ruolo della moneta
Il valore delle monete romane, e di tutte le monete antiche, era dato, a differenza delle
monete attuali, dal loro valore intrinseco cioè dal valore del metallo con il quale erano
realizzate.
In realtà, il valore delle monete era maggiore di quello del solo metallo in esse contenute:
stime del valore di un denario, ad esempio, vanno da 1,6 a 2,85 volte il suo contenuto in
argento.
Ovviamente, non tutte le monete in circolazione erano in metallo prezioso, per avere
anche valori utilizzabili per un uso quotidiano. Nel primo secolo dopo Cristo, ad esempio,
con un asse si poteva acquistare metà libbra di pane.
Questo, però, portava ad una dicotomia tra monete con elevato valore intrinseco (sulla
circolazione delle quali lo stato era particolarmente attento) e quelle che non ne avevano.
Questo si può constatare, ad esempio, nella scarsa produzione di monete in bronzo dalla
fine del periodo repubblicano, quando dal tempo di Silla a quello di Augusto non venne
coniata nessuna moneta in bronzo; anche quando queste monete venivano poi prodotte,
esse erano molto grossolane e di bassa qualità. La coniazione di monete in bronzo, infatti,
9
venne permessa a molte autorità locali, mentre questo non avvenne per le monete in
metallo prezioso. Uno dei motivi per i quali l'emissione locale di monete in bronzo era
considerata di scarsa importanza per Roma, risiedeva nel fatto che le spese per lo stato
erano sempre di entità considerevole e quindi venivano pagate con monete in metallo
prezioso.
Oltre al riflesso economico, le monete ebbero anche un ruolo fondamentale nei diffondere
nella società romana idee e messaggi tramite le iscrizioni e le immagini in esse utilizzate.
La scelta delle immagini veniva delegata a dei monetari ("tresviri monetales"), giovani in
attesa di diventare senatori. Questa carica, creata nel 289 a.C. e che durò fino alla metà del
III secolo d.C., prevedeva inizialmente solo tre magistrati, ma il loro numero fu portato a
quattro da Giulio Cesare verso la fine delle Repubblica.
Le immagini dei primi denari consistevano di solito nel busto di Roma sul dritto e di una
divinità alla guida di una biga o di una quadriga al rovescio. Il nome del magistrato
monetario non appariva, anche se a volte le monete presentavano dei segni di controllo,
come lettere o simboli che potevano essere utilizzati per identificare chi era responsabile di
una particolare moneta. Questi simboli, poi, iniziarono ad essere sostituiti da forme
abbreviate del nome del magistrato ed in seguito si iniziarono ad utilizzare le monete per
rappresentare scene della storia della famiglia dei monetari: ad esempio, Sesto Pompeio
Fostulo rappresentò il suo avo Fostulo che assisteva Romolo e Remo allattati dalla lupa. Il
numero di questi casi si fece sempre più ampio e con riferimenti sempre più recenti,
diventando strumento di promozione delle classi in lotta per il governo delle Repubblica.
Un salto di livello nella immagini utilizzate si ebbe con l'emissione da parte di Giulio
Cesare di monete con il proprio ritratto, invece di quello di propri antenati. Questa
impostazione venne adottata anche nel periodo imperiale, con l'immagine del capo del
governo utilizzata per rafforzare l'impersonificazione nell'imperatore dello stato e delle
10
sue regole. Successivamente, l'immagine dell'imperatore venne progressivamente
associata a quella delle divinità.
Ulteriore salto di livello si ebbe durante la campagna contro Pompeo, nella quale Cesare
emise monete con anche immagini di Venere ed Enea, con l'obiettivo di avallare in questo
modo l'ipotesi di una sua discendenza divina. Questa tendenza venne portata all'estremo
da Commodo, che proclamò il suo stato divino emettendo nel 192 una moneta che
raffigurava sul dritto il suo busto vestito con una pelle di leone, mentre sul rovescio
un'iscrizione lo proclamava come la reincarnazione di Ercole.
Ulteriore sviluppo dell'utilizzo della moneta si ebbe come legittimazione della successione
al trono. Dal tempo di Augusto fino alla fine dell'impero, infatti, la rappresentazione di
antenati venne sostituita da quella dei familiari e degli eredi dell'imperatore, rafforzando
l'immagine pubblica di quelli che si voleva venissero considerati all'altezza dell'imperatore
stesso.
Mentre il dritto continuava a riportare l'immagine dell'imperatore, si assistette ad una
progressiva diversificazione del rovescio delle monete per uso propagandistico.
L'incisione di frasi propagandistiche, già avvenuta al termine della repubblica, durante
l'impero venne spesso utilizzata in concomitanza di eventi bellici, per sottolineare
l'occupazione, liberazione o pacificazione di un territorio. Alcune di queste iscrizioni erano
a volte estremamente di parte, come avvenne nel 244, quando si annunciò la conquista
della pace con la Persia, anche se in realtà Roma era stata costretta dai persiani a pagare
forti somme di denaro per ottenere la fine delle ostilità.
11
Scarica