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ADULTI DI AC E RINNOVAMENTO DELLA PARROCCHIA
IL NOSTRO ESSERE CHIESA LOCALE
MARIA GIOVANNA RUGGIERI
(Nuova Responsabilità, 3/2001)
La riflessione che segue è la sintesi di un contributo di idee che i vicepresidenti del sa
hanno raccolto tra i consiglieri nazionali del Settore circa il ruolo di un laico adulto di ac
all’interno di una comunità parrocchiale, oggi in via di trasformazione.
SONO NOTE a tutti le trasformazioni in atto nelle nostre comunità ecclesiali.
Un cristianesimo diffuso e radicato nella cultura individuale e collettiva lascia il posto a una
situazione che risente del forte secolarismo. Sono sempre di meno i cristiani “ferventi”, mentre
aumenta il numero dei cosiddetti battezzati “tiepidi” e di conseguenza mutano le modalità
dell’evangelizzazione.
Per quanto riguarda la Chiesa le vengono riconosciuti i meriti per il suo impegno sociale e
solidale e il suo ruolo in termini di promozione umana, mentre si rivendica una sorta di diritto
soggettivo nelle scelte di coscienza sul piano personale, politico e sociale, rifiutando, quindi, tutto
quanto la Chiesa possa insegnare nelle scelte di vita quotidiana.
Da questo quadro risulta che la religione costituisce per molti soltanto lo scenario che “abbellisce”
soprattutto alcuni momenti cruciali e straordinari della vita, non incidendo oltre nella vita delle
persone che sperimentano, così, una sostanziale frattura tra fede e vita.
Allo stesso modo, molti osservatori sostengono che assistiamo alla presenza di una forza della
religione e di una debolezza della fede, perché incapace di parlare e dare forma alla vita ordinaria
degli uomini del nostro tempo. Di qui la necessità di una vita che torni a fare i conti con la cultura.
Già nel 1982 Giovanni Paolo II diceva: «Una fede che non diventa cultura è una fede non
pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta». Ma come è possibile
favorire questa dimensione di vita di fede in parrocchia? L’urgenza che si pone è sicuramente
quella di aiutare i parroci a fare discernimento su come essere Chiesa esigente e ferma per i pochi
cristiani ferventi, ma misericordiosa e benevola con i tanti tiepidi. Tutto si traduce con il riscrivere
attività, iniziative e strutture (per esempio l’oratorio) pensate per un cristianesimo di maggioranza
e per un altro contesto di chiesa in un nuovo contesto, quello odierno.
Una seconda trasformazione riguarda la transizione verso una nuova forma di parrocchia dovuta
a un processo di istituzionalizzazione della pastorale e alla moltiplicazione delle aree di intervento
pastorale con l’obbiettivo di rispondere a tutti i problemi e a tutte le domande che la gente pone alla
Chiesa, con il rischio invece di creare una Chiesa satura.
Infine si può parlare della trasformazione relativa alla costruzione di una parrocchia che sia
Chiesa nella città, capace cioè di essere fermento e di fare discernimento dell’esperienza storica,
attraverso quei battezzati che vivono in pienezza e nell’esistenza quotidiana (lavoro, famiglia,
studio, relazioni sociali, tempo libero...) la loro corresponsabilità alla missione di annunciare il
Vangelo di Gesù.
Le trasformazioni richiamate convergono tutte nel mettere al centro dell’attenzione le persone, nel
senso che il problema attuale della Chiesa risiede nella qualità cristiana dei battezzati. Il compito della
Chiesa allora è formare laici contagiosi, lieti, corresponsabili, fermentatori prendendo a icona la
Chiesa degli Apostoli e attraverso una riapertura del dialogo tra fede e vita, un dialogo con l’uomo
e la donna di oggi, suscitando domande piuttosto che dando risposte; non bisogna fare altro se non
far dialogare la fede con la mentalità diffusa dell’uomo postmoderno circa le esperienze qualificanti
della sua vita, quali il lavoro, la malattia, il generare dei figli, l’uso del denaro, il fare famiglia, il
divertirsi...
Occorre quindi accrescere la capacità di “parlare alla vita”, con la ridefinizione del modello di vita
cristiana adulta e del modello di religiosità per l’oggi proposto e incarnato dall’adulto. Tale
ridefinizione deve riguardare gli ambiti fondamentali dell’esperienza del battezzato: la spiritualità
laicale, la missionarietà, la responsabilità pubblica, che deve riscoprire luoghi di impegno e di
testimonianza cristiana del fedele laico oggi dimenticati o poco attrattivi.
Alla luce di una ridefinizione come quella richiamata è chiara l’importanza di ri-scommettere
sull’associazionismo laicale e soprattutto sull’Ac e a guadagnarci sono entrambi: la parrocchia e
l’Ac stessa.
La parrocchia acquisisce:
stabilità e continuità di presenze laicali qualificate. Può cambiare il parroco, possono mutare le
situazioni, e non si ricomincia ogni volta da capo; la costituzione in parrocchia dell’Ac garantisce
la presenza di alcuni laici dedicati in modo stabile e vocazionalmente motivato alla costruzione
della Chiesa locale;
creatività autonomia e responsabilità laicale. Non laici a immagine e somiglianza del prete, ma laici
autonomi, capaci di associarsi e di esprimere il proprio originario contributo alla Chiesa
diocesana e alla società civile;
logica della globalità, del bene comune, della comunione, che favorisce il dialogo tra le generazioni, tra le
aggregazioni ecclesiali, l’interlocuzione tra preti e laici. L’Ac è associazione che sta insieme per far
stare insieme gli altri: vanta una soggettività associativa, ma lavora in un’ottica di diocesanità
(quindi al servizio degli altri e della Chiesa locale);
capacità di “parlare alla vita”, con la ridefinizione del modello di vita cristiana adulta. La scarsa
attrattività del modello adulto tradizionale e la crisi di riferimenti adulti significativi, anche per
quanto riguarda la vita cristiana, sollecitano la ridefinizione di stili di vita adulta eloquenti in
chiave educativa per le giovani generazioni.
Il laico di Ac acquisisce:
una via di santificazione, infatti prima che un compito pastorale, l’Ac è un modo di vivere la propria
vocazione cristiana con scelte di vita stabili. È scuola di santità dentro il percorso di vita
quotidiano;
gli strumenti concreti per la santificazione: gli orientamenti per una vita spirituale e l’itinerario
formativo specifico che completa la proposta formativa della parrocchia;
una formazione permanente indispensabile al cammino laicale;
la possibilità di crescere in pienezza di corresponsabilità, affinando quel sensus ecclesiae che è risorsa
quanto mai preziosa e segno peculiare di una comunità cristiana edificata sulla roccia.
Anche l’Ac quindi può e deve concorrere a costruire la Chiesa degli Apostoli, cioè il cammino di
una comunità cristiana che tenta di lasciar trasparire il cuore della propria presenza nella storia
degli uomini.
In particolare l’adulto di Ac deve promuovere la crescita di una autentica corresponsabilità nella
Chiesa, che richiede la valorizzazione dei doni diversi di cui va custodita l’alterità e che quindi non
teme e non frena, ma anzi stimola quella soggettività e relativa autonomia dei laici, le quali sono
ricchezza di interlocuzione e di scambio, giungendo però, alla fine, alla sintesi nella comunione.
* Vicepresidente nazionale SA
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