Nel 1950 Jaap Kunst, di origini olandesi, studioso di musica est

annuncio pubblicitario
Lezione 4
Nel 1950 Jaap Kunst, di origini olandesi, studioso di musica est-asiatica, ridefinisce la disciplina in
un libro che uscì, in seconda edizione, nel 1955 con il titolo Ethnomusicology. Da quel momento il
termine più diffuso per la disciplina fu appunto Ethnomusicology, ovvero Etnomusicologia. Il
termine non era sconosciuto, per esempio in Italia negli anni Trenta alcuni studiosi di folklore
musicale usavano il termine Etnofonia, che è un sinonimo di Etnomusicologia.
Una differenza sostanziale tra Etnomusicologia e Musicologia comparata è la rilevanza assunta a
partire dagli anni Quaranta della ricerca diretta sul campo (registrazione e confronto con i
musicisti locali, nonché con il pubblico, mostrando il rapporto rivelatore che c'è dietro al legame fra
la musica e la cultura di un popolo): le teorie nascono dall'osservazione.
Il lavoro degli etnomusicologi dopo la Seconda guarra mondiale si articola principalmente in due
direzioni:
 Urgent Ethnomusicology: nasce dalla necessità di documentare le tradizioni orali delle
culture musicali a rischio di estinzione, rischio dovuto ad un' accelerazione della
modernizzazione (che si traduce ad esempio nella diffusione dei media e nelle ampie
possibilità di viaggiare). Questa comporta un'uscita dall'isolamento delle culture meno
conosciute e ad un appiattimento di queste nei confronti dei modelli dominanti. Gli studiosi
avvertirono dunque la necessità, dunque, di salvare almeno attraverso la conservazione delle
testimonianze, gli eterogenei patrimoni musicali delle varie culture.

Monografie: costituiscono la finalità delle ricerche su questa o quella cultura musicale, con
il conseguente abbandono delle metodologie comparative e della ricerca degli universali
musicali.
Negli anni Sessanta si fa strada una nuova tendenza formulata da Alan Merriam nel suo libro The
Anthropology of Music del 1964. Per Merriam l’antropologia della musica è lo studio della musica
nella cultura. Egli pone l’enfasi soprattutto sugli aspetti “contestuali” più che “testuali”. Nel suo
libro non si parla tanto di linguaggi e sistemi musicali, ma di temi quali l’apprendimento musicale e
lo stato sociale dei musicisti nelle diverse culture (in alcune culture è prevista la professione del
musicista, in altre l’apprendimento della musica è riservato solo ad alcune caste o gruppi familiari,
ecc.), le funzioni della musica, il valore estetico dell’esperienza musicale che, negli esempi riferiti
nel libro, è vissuta molto diversamente nelle musiche delle tradizioni orali, rispetto a quanto
avviene nella musica d’are europea.
Uno studioso che può essere considerato un antropologo della musica fu John Blacking. Nel suo
libro How musical is man? del 1974 recupera la dimensione universalistica degli studi etnomusicali,
anche se non più in riferimento alle tecniche e agli stili musicali, ma a proposito dei comportamenti
e delle motivazioni del fare musica. Per esempio uno dei terreni di ricerca di Blacking è capire
come il corpo umano, con i suoi schemi motori e la sua stessa fisiologia, possa influenzare la
produzione musicale. La scoperta di “come è musicale l’uomo”, passa dunque per la comparazione
su larga scala dei comportamenti musicali di tutti gli uomini, pur appartenenti a diverse culture.
Le tre definizioni della disciplina : musicologia comparata, etnomusicologia, antropologia della
musica, succedutesi nel XX secolo, non vanno però pensate oggi come tappe evolutive degli studi.
Piuttosto vanno intese come tendenze che hanno camminato parallelamente e che vengono tuttora
utilizzate.
Una posizione più recente e particolare è quella espressa da Steven Feld che ha battezzato i suoi
lavori “Antropologia del suono”. Su questo si veda l’intervista introduttiva al libro Suono e
Sentimento (testo d’esame).
La prima parte del testo riassuntivo è di Roberta Prosperi
Scarica