Omelia nella memoria di S

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Diocesi di Piacenza-Bobbio
Il Vescovo
23 gennaio 2010
Festa di San Francesco di Sales
patrono dei giornalisti
Omelia del Vescovo mons. Gianni Ambrosio
Desidero innanzi tutto ringraziarvi per il vostro impegno nel campo della
comunicazione sociale e per la vostra presenza in questa celebrazione. Rivolgo questo
mio vivo ringraziamento a voi giornalisti per la serietà con cui svolgete il vostro lavoro
ed anche per l’amicizia con cui seguite la vita della Chiesa di Piacenza-Bobbio. Un
lavoro bello ma delicato e sempre più sottoposto a spinte contrapposte, quella dello
scoop o dell’audience a ogni costo e quella del rispetto della verità e delle persone di cui
parlate nei vostri servizi.
Questa celebrazione non è solo un’occasione che ci consente, secondo una bella
consuetudine, di riflettere su alcuni temi legati al vostro impegno, ma è anche - direi
soprattutto - un momento prezioso in cui, uscendo dal ruolo di comunicatori per gli altri,
diventiamo comunicatori a noi stessa di una “bella notizia”: una notizia che non
abbiamo cercato, ma è arrivata a noi, alla nostra coscienza, come dono prezioso e
coinvolgente.
Invocando l’intercessione del santo patrono dei giornalisti, san Francesco di Sales,
di cui ricorre la memoria liturgica, vorrei che il brano del Vangelo di Matteo risuonasse
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dentro il vostro cuore e vi offrisse spunti preziosi di riflessione sul ‘comunicare’, sulla
gioia, sulla bellezza, sull’importanza del comunicare. Di solito siete voi a porre le
domande nelle vostre interviste, questa volta è la pagina del Vangelo che pone a voi
delle domande. Lasciatevi intervistare, sapendo che è interpellata la vostra coscienza. Io
mi limito a suggerire un breve commento.
Nel brano ascoltato, Gesù invita i suoi discepoli ad essere sale della terra e luce
del mondo. Anzi, dice loro: voi siete il sale, voi siete la luce. Non dice loro: voi dovete
essere. Sarebbe un’impresa impossibile. È invece possibile incontrare Gesù, accogliere
la sua parola, lasciarsi toccare dai suoi gesti. Allora è possibile, con Lui, essere il sale
della terra e la luce del mondo. È un dono che è rivolto a tutti, è una sfida che interpella
tutti, è un compito che coinvolge tutti. Tutti noi, nessuno escluso. Forse siamo distratti,
siamo smemorati, siamo presi dai tanti impegni. Ma il dono, la sfida, il compito sono lì,
per noi. Se accolti, cambiano la vita, nel senso che la rendono illuminata, significativa,
costruttiva.
Anche il vostro mestiere cambia. Assume il senso di una missione il vostro lavoro
di giornalisti: perché racconta la fatica e la bellezza di una comunità di persone che
cercano di collaborare pur nelle tante ostilità, che desiderano aiutarsi pur nelle molte
incomprensioni, che cercano di leggere i segni di speranza pur nelle pesanti oscurità che
segnano la nostra storia.
Essere sale e luce non vuol dire ignorare i tanti lati oscuri del nostro cammino
umano. Piuttosto vuol dire far emergere i motivi per cui vale la pena di vivere, vuol dire
portare alla luce ciò che promuove la dignità della persona, scorgendo nei fatti i segni
che aprono alla speranza, al dialogo, alla fiducia reciproca.
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"Voi siete il sale della terra... voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13-14): Le due
immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono ricche di senso e di domande.
"Voi siete il sale della terra...". Una delle funzioni del sale è quella di dare gusto e
sapore al cibo. Per lungo tempo il sale è stato anche il mezzo abitualmente usato per
conservare gli alimenti. Lasciatevi interpellare da questa immagine del sale. Quali sono
gli alimenti da conservare, quali sono gli aspetti della vita cui dare gusto e sapore perché
siano gustati, apprezzati e stimati?
"Voi siete la luce del mondo...". Il simbolo della luce evoca il desiderio di verità,
di conoscenza, di speranza: è un desiderio impresso nell'intimo del cuore di ogni persona
e di ogni popolo.
Forse le immagini del sale e della luce vi invitano a non accontentarvi di ciò che
sta al di sotto dei vostri ideali, a non lasciarvi scoraggiare da coloro che, delusi dalla
vita, sono diventati sordi ai desideri più profondi e più autentici del loro cuore, a non
rassegnarvi alle mode passeggere, ai progetti riduttivi, alla mediocrità, al pessimismo.
Proprio nei momenti di difficoltà, vi è maggior bisogno di luce e di sale.
Forse le immagini possono invitarvi ad approfondire la conoscenza del grande
patrimonio di cultura e di spiritualità che vi è stata trasmessa, dei testimoni e dei maestri
che vi hanno preceduto, anche nel campo del giornalismo.
Forse le immagini possono stimolarvi ad affermare la vostra responsabilità
personale. Perché per il giornalista è facile trincerarsi dietro al fatto che «oggi il lettore
o il pubblico vuole così..., oggi la società è così». Il comunicatore deve essere sempre
consapevole delle proprie responsabilità: non può rassegnarsi e poi giustificarsi. Il sale
che non dà sapore merita di essere gettato via. La luce che è posta sotto il moggio, come
dice il Vangelo, non riesce ad illuminare, è inutile. Vi sono circolo viziosi, ma possono
esserci circoli virtuosi per cui l’imitazione evolve in senso positivo. Esiste anche un
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contagio positivo, non soltanto un contagio negativo. Se si riesce ad instaurare un
rapporto vero tra parole e fatti, fuggendo dagli stereotipi, si può vincere la deriva della
volgarità, dello stile gridato, della cattiveria, della diffamazione.
Concludo. Dentro la storia, c’è quel di più che occorre saper scoprire per poterlo
comunicare. Con la luce che ci proviene dal Vangelo, i fatti della vita diventano di per sé
espressivi, perché accolti nella loro profondità umana. Allora si raccontano senza
forzarli, all’insegna del rispetto di ogni persona e sapendo che abbiamo tutti bisogno di
luce e anche di un po’ di sale.
Permettetemi di leggere una frase scritta da Haiti da un amico sacerdote, don
Mauro di Milano. Ha scritto questa lettera qualche giorno prima del terremoto ed è
rivolta alle persone che lo hanno aiutato. Non so se questo amico è vivo e anche lui è tra
i tanti morti di quella immane tragedia. Don Mauro scrive: “Con ciò che voi dite, con
quello che voi date non risolvete le tante domande e attese presenti, ma fate qualcosa di
più prezioso: accendete nella realtà di tante persone una luce di speranza, segni di una
vita migliore se si rompono le barriere della solitudine e dell’egoismo”.
San Francesco di Sales, vostro patrono, aiuti voi, cari giornalisti, e tutti noi ad
accendere una luce di speranza e a porre segni di una vita migliore.
+ Gianni Ambrosio
Vescovo di Piacenza-Bobbio
Cappella Palazzo Vescovile, 23 gennaio 2010
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