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Fantasmi al cinema
Secci Eleonora 2C
anno scolastico 2013/2014
Vicino alla mia casa, c’è un cinema chiuso da venti anni, lì dentro è scomparso
un ragazzo di nome Andrea durante la proiezione del film “L’esorcista”.
Ogni volta che ci passo davanti, cerco di guardare all’interno dell’edificio, ma
intravedo soltanto vecchi cartelloni pubblicitari dei film: l’unico che manca è
proprio quello de “L' esorcista”.
L’altro ieri è venuto a trovarmi il mio migliore amico, Enrico, e così abbiamo
deciso di andare ad indagare sulla scomparsa di Andrea.
Ci siamo organizzati e un’ora dopo la mezzanotte, siamo usciti di casa e ci
siamo diretti verso il cinema.
Arrivati lì, abbiamo scassinato il lucchetto che blocca le porte e, armati di
torce, siamo entrati.
Io ed Enrico ci siamo divisi: lui sarebbe andato nella biglietteria per
controllare dove proiettarono il film, io avrei vagato per le sale vuote in cerca
di qualche indizio.
Entrai in una di esse: era piena di polvere, le seggioline da rosse erano
diventate grigie e, nell’ultima fila, c’erano borse, scarpe, gioielli e anche
proiettori usati.
Uscii dalla sala e andai a cercare Enrico. Lo trovai intento a rovistare in una
biglietteria dove c’era appeso un cartellino con la scritta “chiuso”, gli chiesi se
avesse trovato qualcosa, ma lui scosse la testa.
Cercammo ancora finché trovammo un biglietto ingiallito, con le lettere
scolorite: era quello per andare a vedere “L’esorcista” e la sala indicata era la
numero diciotto, l’ultima del cinema.
Esultammo e ci dirigemmo verso il “fondo” dell’edificio, ma più ci
avvicinavamo, più ci sentivamo osservati e seguiti.
Arrivati di fronte alla porta, strinsi la mano di Enrico che mi fece un sorriso
rassicurante, entrai ed un soffio di vento mi passò sull’orecchio, come un
sussurro: una voce mi avvertiva che avrei rischiato la vita!
Guardai Enrico che era impallidito e gli feci un sorriso forzato perché anch'io
avevo paura.
Il telone dello schermo era stracciato, sotto le poltroncine c’erano dei
popcorn, patatine e caramelle gommose a forma di orso, di delfino e di
giraffa.
Andammo nella sala di controllo. Dissi ad Enrico di entrare prima lui perché
era il più coraggioso, ma si rifiutò. Passammo un quarto d’ora a litigare su chi
sarebbe entrato per primo e, alla fine, decidemmo di farlo insieme, mano
nella mano.
La saletta aveva fogli sparsi da tutte le parti, proiettori, pellicole ammassate
l’una sopra l’altra e bottiglie di plastica ovunque. Dopo dieci minuti di ricerca,
trovammo un cadavere: era una giovane bionda, dalla bocca sembrava
uscirle un urlo muto ed i suoi vestiti erano tutti stracciati.
Impaurita, uscii di corsa dalla sala, lasciando Enrico da solo.
Quando fui vicina a delle scale, vidi alcune figure quasi trasparenti muoversi:
chi andava in biglietteria, chi a prendere degli snack, chi chiacchierava
seduto ai tavolini. Appena mi videro, smisero di parlare e di muoversi. Uno di
loro si avvicinò e mi chiese che ci facessi al cinema.
Presa dal panico, urlai ed in mio soccorso venne Enrico che, vedendo tutte
quelle strane persone, per prova, mise una mano dentro la testa di uno di
essi, capimmo entrambi che non erano uomini, ma bensì fantasmi.
La figura ci rincorse, noi scappammo e ci rinchiudemmo in un vecchio
stanzino dove scoppiai a piangere: era colpa mia se eravamo in questo brutto
guaio!
Enrico mi abbracciò e dopo un po’ uscimmo dal nostro nascondiglio e
ritornammo nella sala diciotto. Il cadavere era scomparso ed io, disperata, lo
cercai da tutte le parti, finché non lo trovai in braccio ad un fantasma: era una
donna, alta, bionda, con una tuta da ginnastica con su scritto “New York
millenovecentottantacinque”.
Per lo spavento, urlai, ma Enrico mi tappò la bocca con una mano, chiusi gli
occhi facendo finta che fosse tutto un incubo mostruoso.
Appena li riaprii, il mio amico non era più al mio fianco, lo cercai per tutto il
cinema, ma non lo trovai. Tornai a casa e denunciai la sua scomparsa.
La polizia lo cerca ancora inutilmente per tutta Cagliari e nel cinema ormai
chiuso da vent'anni.
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