Tesi di dottorato

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XXIII Ciclo di Dottorato di Ricerca in
Fisiopatologia
Chirurgica Angio-Cardio-Toracica ed Imaging
Tesi di dottorato
“Caratterizzazione della placca carotidea instabile:
indicazioni al trattamento chirurgico o endovascolare”
Dottorando: Dott. F. Accrocca
Tutor: Prof. L. Irace
Coordinatore: Prof. F. Benedetti-Valentini
Introduzione
Lo stroke è la seconda causa di morte più comune nei paesi industrializzati con
un’incidenza approssimativa di 400/100 000 nuovi casi per anno nella popolazione
generale1-3. Sebbene sia possibile che alcuni stroke associati alla malattia
aterosclerotica carotidea possano essere dovuti ad ipoperfusione4, la maggioranza
degli stroke è legata a processi di embolizzazione di una placca aterosclerotica o ad
occlusione acuta di un’arteria carotidea con propagazione del trombo a distanza.
Il grado di stenosi, dovuto alla presenza di una placca carotidea aggettante nel lume,
costituisce il criterio più comunemente utilizzato per l’identificazione di sottogruppi
di pazienti ad alto rischio di stroke5. Evidenze cliniche cumulative riportate da diversi
trial suggeriscono che gradi più importanti di stenosi sono correlati con una maggiore
severità del quadro clinico6,7. Inoltre, il rischio di stroke è chiaramente aumentato in
pazienti portatori di stenosi sintomatiche8. Per stenosi < 50% il rischio annuale di
stroke è dell’1% mentre per stenosi > 50% diviene pari al 3%. Per quanto riguarda i
pazienti che hanno già sperimentato un episodio ischemico cerebrale, secondo i dati
del NASCET6 il rischio annuale di stroke è pari al 13% in presenza di una stenosi
carotidea > 70%. Diversa sembra essere la storia naturale delle stenosi asintomatiche.
Infatti, dallo studio ACAS9 è emerso che in 88 pazienti con un grado di stenosi tra
l’80 e il 99% non vi era un rischio di stroke superiore rispetto ai pazienti con stenosi
tra il 70 e l’80%, né rispetto ai pazienti portatori di stenosi tra il 60 e il 70%. A
supporto di questo concetto, vi è il dato che la frequenza di embolizzazione al
Doppler transcranico nelle 24 ore è maggiore in pazienti con attacchi ischemici
transitori recenti, rispetto a pazienti con gradi di stenosi simili ma asintomatici 10.
Questi dati suggeriscono quindi che, a prescindere dal grado di stenosi, vi siano due
tipi di malattia aterosclerotica carotidea: una forma stabile, con un basso rischio di
produrre un’embolia di materiale friabile dalla placca stessa, ed una seconda forma,
instabile, ad alto rischio di complicanze emboligene e/o trombotiche ed insorgenza
conseguente di stroke. In definitiva, è ormai chiaro da una parte come il solo grado di
stenosi non basti ad identificare pazienti ad alto rischio di sviluppare un evento
cerebrovascolare acuto, e dall’altra come il riconoscimento di altri fattori sia oggi
diventato assolutamente necessario per stratificare correttamente il rischio di
complicanze ischemiche cerebrovascolari in pazienti portatori di aterosclerosi
carotidea.
Negli ultimi anni è ormai stato acquisito il concetto che il meccanismo responsabile
degli eventi acuti coronarici e cerebrovascolari sia dovuto al progressivo
accrescimento, progressione e destabilizzazione di una placca aterosclerotica con
formazione di un trombo occludente o con l’embolizzazione di parti di questo a
distanza.
Studi anatomo-patologici e clinici hanno ormai chiarito che il rischio di rottura è
legato più alle caratteristiche istomorfologiche della placca che alle sue dimensioni e
al grado di stenosi luminale che essa provoca. Placche instabili sono caratterizzate da
un grosso core lipidico, un cappuccio fibroso sottile, un ricco infiltrato di cellule
infiammatorie macrofagiche e scarse cellule muscolari lisce. La metodica di
immagine ecografica è estremamente utile per un primo screening di individuazione
dei pazienti portatori di lesioni aterosclerotiche stenosanti del circolo carotideo.
L’impiego routinario di software che si avvalgono dell’analisi quantitativa della scala
dei grigi o dell’analisi integrata degli echi riflessi recentemente sviluppati 11, sebbene
di grande valenza nel riconoscimento di lesioni vulnerabili, sono ancora in attesa di
una validazione clinica su larga scala e risultano ancora di difficile integrazione nella
pratica clinica per la loro complessità. Vi è inoltre da considerare che essendo la
prevalenza di soggetti ad alto rischio bassa nella popolazione generale, la
problematica della sensibilità e specificità di una metodica per il riconoscimento di
una lesione vulnerabile risulta maggiormente amplificato. In considerazione che
nessun test è così sensibile e specifico, vi è ancora un’alta percentuale di errori
diagnostici, con numerosi falsi positivi e falsi negativi. Riteniamo però che la
sensibilità e la specificità nel riconoscere lesioni aterosclerotiche complesse possono
però oggi essere migliorate, affiancando alle tecniche di immagine12-14 delle batterie
di marker bioumorali di rischio facilmente ottenibili e riproducibili. Tale
informazione potrebbe risultare di notevole ausilio per stabilire non solo la “placca” a
rischio, ma soprattutto il “paziente” a rischio di sviluppare un evento
cerebrovascolare acuto.
Materiali e metodi
Il progetto di ricerca consta di una prima fase in cui si selezionano mediante
esame ultrasonografico e esame Risonanza Magnetica vascolare i pazienti affetti da
una stenosi carotidea (sintomatica o asintomatica), suscettibile di intervento di
rivascolarizzazione carotidea (tromboendarterectomia o stenting), dovuta ad una
placca che presenti caratteristiche tali da definirla “vulnerabile” o “instabile”.
La seconda fase è costituita dal trattamento della stenosi carotidea mediante
intervento di TEA o stenting.
La terza fase è costituita dallo studio della placca con l’ausilio dell’esame
istopatologico (nei casi di TEA) e dall’analisi dei risultati. In particolare i risultati in
termini di eventi neurologici del trattamento delle stenosi carotidee da placca
vulnerabile saranno confrontate nell’ambito dei due sottogruppi, TEA (sottogruppo
A), e stenting (sottogruppo B) e tra questi e un gruppo di pazienti con stenosi da
placca “non vulnerabile” o stabile.
La ricerca che proponiamo deve essere della durata minima di un anno.
Le figure `professionali coinvolte sono un chirurgo vascolare, un angiologo, un
radiologo vascolare ed un anatomopatologo.
Lo studio è di tipo prospettico con un’analisi statistica di tipo comparativo in quanto
si valuta la sensibilità e la specificità delle metodiche diagnostiche e i risultati del
gruppo di pazienti selezionato con un gruppo di controllo.
Considerando il volume globale di interventi di rivascolarizzazione carotidea eseguiti
presso la Cattedra di di Chirurgia Vascolare del Policlinico Umberto I diretta dal
Prof. B.Gossetti, che consta di 130 casi/anno, si può ipotizzare di identificare un 2030% circa di stenosi carotidee da placca vulnerabile. Tale progetto di ricerca può
contare verosimilmente su un numero di casi pari a circa 25-35, serie quindi limitata,
tuttavia tale da possedere carattere di significatività.
Si può schematizzare la ricerca secondo la seguente flow-chart:
Pz con stenosi carotidea
EcoColorDoppler
tronchi epiaortici
(I livello diagnostico)
placca stabile
placca vulnerabile
Caratteristiche Eco
placca vulnerabile
TEA o Stent
(II livello diagnostico)
AngioRm vasi epiaortici
+
Caratteristiche RM
placca vulnerabile
RM
(III livello
diagnostico)
cerebrale pre
Angiografia TSA
TEA carotidea
+
Stenting carotideo
Esame istologico (III livello diagnostico)
RM cerebrale post
Tutti i pazienti saranno inseriti in un database che comprende dati demografici, fattori
di rischio, dati ultrasonografici e dati della Risonanza Magnetica, valutazione
istopatologica. All’esame EcoColorDoppler verranno definiti la % della stenosi, la
lunghezza della placca, la sede della lesione (bulbo, carotide interna, origine, distale),
carotide esterna, stenosi o occlusione della carotide controlaterale, superficie,
margini, ecogenicita’, componente lipidica, calcificazioni, presenza di ulcerazioni,
emorragia intraplacca, scala dei grigi (GSM < > 25). All’esame angioRM saranno
valutate anche qui la % della stenosi, la lunghezza della placca, la sede della lesione
(bulbo, carotide interna, origine, distale), carotide esterna, stenosi o occlusione della
carotide controlaterale, superficie ma anche il potenziamento della lesione con il
mezzo di contrasto e l’emorragia intraplacca.
Verranno infine registrati i risultati del trattamento in termini di pervietà della
carotide disostruita, complicanze perioperatorie e a 30 giorni, minor e major stroke,
mortalità ed incidenza di microembolizzazioni cerebrali asintomatiche postoperatorie.
Il follow-up è limitato dalla durata dello studio ma i dati significativi che vogliamo
valutare si verificano nell’immediato periodo post-operatorio.
Esistono dei criteri di esclusione sono: encefalopatie di natura degnerativa, vasculiti
ed aritmie che potrebbero essere causa di eventi ischemici cerebrali e dunque falsare i
risultati.
I pazienti del gruppo di controllo (stenosi carotidea da placca stabile) non saranno
sottoposti ad esame RM cerebrale post-operatorio di routine come invece i pazienti
del gruppo “placca vulnerabile”. Ciò avviene per ovvi problemi etici ed economici e
purtroppo non consente il confronto dei risultati di eventuali microembolizzazioni
cerebrali asintomatiche post-TEA carotidea. In caso, invece, di minor o major stroke
post-TEA ovviamente verrà eseguito un esame RM cerebrale post-operatorio.
Risultati attesi
La metodica di immagine ecografica è estremamente utile per un primo screening di
individuazione dei pazienti portatori di lesioni aterosclerotiche stenosanti del circolo
carotideo con le caratteristiche della “vulnerabilità”. Vi è tuttavia ancora un’alta
percentuale di errori diagnostici, con numerosi falsi positivi e falsi negativi.
Riteniamo quindi che la sensibilità e la specificità nel riconoscere lesioni
aterosclerotiche complesse possono però oggi essere migliorate, affiancando alle
immagini ultrasonografiche quelle che ci fornisce la Risonanza Magnetica, specie
nell’auspicabile versione con bobina dedicata. Tale informazione potrebbe risultare di
notevole ausilio per stabilire non solo la “placca” a rischio, ma soprattutto il
“paziente” a rischio di sviluppare un evento cerebrovascolare acuto. La scelta
terapeutica, chirurgica od endovascolare, dovrebbe fondarsi sul riconoscimento della
morfologia della placca carotidea per offrire al paziente la migliore opzione possibile.
Protocollo di ricerca
Scopo della ricerca
Identificare e definire criteri diagnostici obiettivabili per caratterizzare le placche
carotidee instabili e per ottimizzare il miglior protocollo terapeutico.
Figure professionali coinvolte:
Chirurgo vascolare
Radiologo vascolare
Durata della ricerca 3 anni con inizio settembre 2008
Tipo di studio: prospettico
Numero di pazienti selezionati: 100 pz affetti da stenosi carotidea suscettibile di
intervento di rivascolarizzazione carotidea (TEA o Stenting), la cui placca abbia
caratteristiche definibili come “instabile”.
Pz
Anamnesi
Età
Asintomatico/sintomatico
Tipo di sintomatologia (CI, vertebro-basilare,)
Fattori di rischio
PCR, VES esami di laboratorio
TC cerebrale +/Lato controlaterale
1mo esame: EcoColorDopller vasi epiaortici:
(eseguito possibilmente da un solo, max due operatori)
Si definiscono:
% della stenosi
lunghezza della placca
sede Bulbo, CI origine, distale, CE
Controlaterale
GSM < > 25
Placca instabile
PLACCA INSTABILE: stabilire le caratteristiche della placca instabile cosi da
poterne codificare la presenza o meno in base a quattro parametri principali:
Fibrous cap +/Calcificazioni +/Core lipidico-necrotico +/Emorragia intraplacca +/-
2o esame: AngioRM vasi epiaortici con bobina dedicata:
(eseguito possibilmente da un solo, max due operatori)
Si definiscono:
% della stenosi
lunghezza della placca
sede Bulbo, CI origine, distale, CE
Controlaterale
Placca instabile
Si scartano le stenosi da placca non instabile. Le stenosi da placca instabile (si valuta
la % sul totale) vengono selezionate per il tipo di trattamento terapeutico.
TEA chirurgica
Stenting (CAS)
Per quanto riguarda il CAS, bisogna considerare ulteriormente la possibilità di
utilizzare stent differenti a seconda della lesione.
Stent a open cell
Stent a closed cell
Si registrano i risultati delle due metodiche in termini di:
Minor stroke
Major stroke
Complicanze minori (ematomi)
Lesione dei nervi cranici
Successo tecnico
Fattibilità della metodica
Pervietà immediata
Pervietà a 30 gg, 6 mesi , 1 anno (max)
Metodo
Tutti i pazienti vengono inseriti in un database che comprende dati demografici,
fattori di rischio, dati di laboratorio, dati ultrasonografici e dati della Risonanza
Magnetica, dati istopatologici.
1° fase della ricerca
Verranno confrontati diagnostici ed istopatologici al fine di determinare le
caratteristiche della placca instabile.
2° fase della ricerca
I risultati del trattamento TEA vs stenting verranno confrontati in termini di:
•pervietà della carotide trattata*
•complicanze perioperatorie (minor e major stroke)
•mortalità
•incidenza di nuove lesioni cerebrali ischemiche asintomatiche **
Indicazione chirurgica
In caso di placca carotidea instabile si preferisce un’opzione chirurgica tradizionale
(TEA).
Solo in caso di condizioni generali del paziente ad alto rischio (ASA III-IV) si
preferisce l’opzione endovascolare (stenting)
Caratteristiche della placca prese in esame
(all’esame ultrasonografico e all’esame AngioRM)
1.sede della lesione (bulbo, carotide interna, origine, distale), carotide esterna
2.% della stenosi
3.estensione della placca
4.superficie (presenza di ulcerazioni)
5.struttura (grado di ecogenicità, presenza di aree emorragiche alla RM)
Caratteristiche della placca prese in esame
(all’esame istologico)
1.infiltrato di cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti T)
2.impronte di cristalli colesterolo
core lipidico
3.spessore del cappuccio fibroso < 100 μm
4.CD34
presenza di microvasi
5.VEGF
6.Depositi di Fe
emorragia
Risultati
Presso l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia vascolare ed endovascolare
dell’Ospedale S.Paolo di Civitavecchia sono stati trattati nel periodo che va dal
Dicembre 2007 al Dicembre 2010, 358 pazienti affetti da insufficienza
cerebrovascolare dovuta a patologia steno-ostruttiva degli assi carotidei in 380 casi
(22 pazienti presentavano stenosi carotidee bilaterali).
Delle 380 stenosi carotidee trattate, in 95 (25%) casi si trattava di stenosi da placca
cosiddetta “instabile” all’EcoColorDoppler preoperatorio (GSM < 25) come definito
nei Metodi del lavoro.
Solo 93 su 95 placche sono state studiate con esame AngioRM con tecnica steadystate in quanto un paziente è stato sottoposto ad intervento di TEA carotidea in
urgenza mentre nel secondo caso non si è potuto eseguire un esame con RM per la
presenza di una protesi al cristallino.
Dopo l’analisi con risonanza magnetica in 89 (95.6%) casi si è confermata la
presenza di uno o più parametri (cap fibroso, emorragia intraplacca, core lipidiconecrotico) che erano stati considerati diagnostici per caratterizzare la placca come
“instabile”. In 4 (4.3%) casi, invece, nessuno di questi parametri era stato individuato
all’AngioRM cosi da classificare quelle placche come non instabili.
Successivamente, durante il ricovero, i pazienti sono stati sottoposti ad intervento di
TEA carotidea in 70 (78.6%) casi di stenosi carotidea instabile mentre nei restanti 19
(21.4%) casi è stata eseguita una procedura di stenting carotideo. Ricordo che il
nostro atteggiamento terapeutico per quanto riguarda l’indicazione al tipo di
intervento chirurgico (TEA o stenting) prevede che in caso di placca carotidea
instabile la procedura di scelta è sempre quella di TEA. Solo in caso di pazienti ad
alto rischio chirurgico (pazienti classificati ASA IV secondo l’AHA per cardiopatia
ischemica severa, scompenso cardiaco congestizio, bronco pneumopatia cronica
ostruttiva di grado molto severo oppure in caso di paralisi della corda vocale
controlaterale) è stato preferito l’approccio endovascolare.
Abbiamo considerato per l’analisi dei due tipi di trattamento i seguenti risultati:
incidenza di minor stroke, major stroke, mortalità e poi positività per nuove lesioni
ischemiche alla RM cerebrale ad un mese dall’intervento. I risultati sono riportati
nella Tabella 1.
Gruppo TEA
Gruppo STENTING
70 casi
19 casi
Minor stroke
2 (2.8%)
1 (5.9%)
0.2
Major stroke
0
0
0
Mortalità
0
0
0
1 (1.4%)
4 (21.0%)
0.001
Nuove lesioni
p
Tabella 1
Nel gruppo TEA l’incidenza di minor stroke è stata del 2.8% (2 casi) mentre nessun
major stroke o decesso si è verificato a 30 giorni dell’intervento. Nel gruppo stenting
i casi di minor stroke hanno raggiunto il 5.2% (un caso su 19) e in nessun caso
abbiamo osservato major stroke o decessi entro i 30 giorni postoperatori. Tali
percentuali non hanno mostrato, tuttavia, una significatività a livello statistico avendo
un valore di p uguale a 0.2 ed avendo considerato all’inizio dello studio un valore
significativo di 0.001.
La differenza statisticamente significativa dei risultati è stata quella riguardante
l’incidenza di nuove lesioni cerebrali asintomatiche all’esame RM cerebrale
postoperatorio dopo i due tipi di intervento: nel gruppo TEA, infatti, abbiamo
osservato solo 1 caso su 70 (1.4%) mentre nel gruppo stenting abbiamo osservato 4
casi su 19 (21.0%). Il valore di p è risultato essere di 0.001, quindi significativo a
livello statistico.
La pervietà primaria a 30 giorni della carotide disostruita è risultata del 100% per
entrambi i tipi di trattamento terapeutico. Nel caso dello stenting una stenosi residua
inferiore o uguale a 30% della carotide disostruita non viene considerata come
restenosi carotidea.
Discussione
Il concetto di placca carotidea ”instabile”15 o più recentemente “vulnerabile”16 è stato
introdotto ormai da alcuni anni, da quando gli studi anatomo-patologici della placca
escissa durante gli interventi di tromboendoarterectomia carotidea hanno dimostrato
che la morfologia e la composizione intrinseca della placca stessa risultava altamente
variabile.
Ciò a dimostrare il fatto che non tutte le placche sono da considerare uguali sia nella
loro natura ma soprattutto nella loro evoluzione. Quando parliamo di evoluzione,
infatti, dobbiamo considerare che il fine ultimo del medico è quello di comprendere il
meccanismo della patologia e prevenirne le complicanze cliniche. Alla placca
instabile si associa un alto grado di incidenza di complicanze17 della “vita di
placca”(ovvero del suo destino) che si trasformano in complicanze emboliche prima e
in quadro sintomatologico neurologico poi. Nel caso di placche carotidee sarà un
quadro neurologico18 mentre nel caso di placche coronariche il quadro sarà
prevalentemente cardiaco.
Focalizzando l'attenzione sui risultati del nostro lavoro che ricordo essere finalizzato
all'identificazione precoce di placche carotidee instabili e quindi alla loro
“neutralizzazione” mediante un trattamento terapeutico adeguato, possiamo in via
preliminare dire che i nostri risultati sono in linea con quanto riportato dalla più
recente letteratura.19-22
Il primo punto affrontato è quello dell'inquadramento diagnostico migliore da
intraprendere in caso di placca instabile: l'EcoColorDoppler si è mostrato essere il
gold migliore nell'identificazione di una placca carotidea instabile. La scala dei grigi,
introdotta da El Barghouti et al23 nel 1996 si dimostra tutt'oggi come un ottimo
parametro di codifica dell'ecogenicità della placca: ad una placca ipoecogena (GSM <
25) corrisponde una placca costituita da materiale lipidico in maggioranza e quindi
tendenzialmente poco stabile. Al contrario una placca iperecogena (GSM > 25) con
una forte presenza di calcio viene considerata più stabile nel senso che più
difficilmente, ma non in maniera assoluta, si sfalderà e quindi sarà responsabile di
micro o macroembolizzazioni distali.
Un'altra conferma che abbiamo avuto dall'analisi della nostra esperienza è che come
secondo step diagnostico risulta molto affidabile in termini di sensibilità (pari al
95,6%) l'angioRisonanza Magnetica. La RM ci ha fornito non solo una conferma
della composizione a rischio della placca carotidea, come già affermato da Trivedi et
al nel 2004 e in altri numerosi studi24-28, ma anche alcune importanti informazioni
sulla vascolarizzazione della placca stessa. Sarebbe utile un supplemento di ricerca
per stabilire la corrispondenza tra la diagnosi di placca altamente vascolarizzata
all'esame angioRM e la presenza di microvasi all'interno della placca all'esame
istologico post-TEA. L'esame angioRM è stato eseguito con uno scanner 1.5 Tesla e
con tecnica “steady-state” utilizzando come mezzo di contrasto il gadobenato
dimeglumina16. Tale tecnica permette di incrementare la risoluzione spaziale e di
migliorare pertanto la capacità di valutazione della placca con particolare riferimento
alla sua vascolarizzazione: il gadobenato, infatti, si lega all'albumina sierica che si
manifesta poi in un ritardato passaggio a livello arterioso. Questo si traduce,
nell'ambito della visualizzazione di placca, in un ristagno a livello dei microvasi: si
può facilmente associare ad un immagine di ristagno del mezzo di contrasto
un'aumentata vascolarizzazione della placca stessa. Ecco pertanto giustificata la
necessità di ricorrere ad un esame angioRM dei vasi cerebrali in caso di sospetto di
placca carotidea instabile. Inoltre si può associare allo studio dei tronchi epiaortici
anche
lo
studio
preoperatorio
del
parenchima
cerebrale,
sempre
utili
nell'identificazione di lesioni silenti o di alterazioni della barriera ematoencefalica nei
pazienti sintomatici recenti.
Spostandoci all'analisi dei risultati del trattamento, nella nostra esperienza abbiamo
osservato che le due metodiche (TEA e stenting) rappresentano entrambe una valida
opzione terapeutica. In termini di pervietà primaria a 30 giorni, infatti, le due
metodiche non differiscono minimamente e anche in termini di complicanze
perioperatorie (major e minor stroke, mortalità) non si evincono differenze
statisticamente significative tra i due gruppi. Questi dati sono in linea con una parte
dei dati riportati in letteratura: le recenti linee-guida dell'ESVS29 e della SVS30 e lo
studio CREST31 forniscono dati dibattuti. Senza entrare nel merito della vicenda,
possiamo dire che alcuni sostengono che le complicanze neurologiche dopo le due
procedure sono identiche mentre altri sostengono che ancora oggi la TEA sia una
metodica più sicura. Nel nostro caso abbiamo avuto delle differenze non significative
con un minor stroke (5,9%) nel gruppo stenting e due (2,8%) minor stroke nel
gruppo TEA. Ma il valore della p si è dimostrato pari a 0,2 per cui non significativo.
Anche se la serie di pazienti è limitata in termini numerici, dobbiamo altre sì dire si
tratta di pazienti con stenosi da placca instabile quindi una netta minoranza dei
pazienti carotidopatici. Non abbiamo avuto episodi di major stroke e di decessi
postoperatori a 30 giorni. Il basso numero di eventi neurologici maggiori può essere
anche spiegato dal fatto che sapendo in anticipo che si trattava di lesioni “a rischio”,
abbiamo adottato alcuni accorgimenti tecnici durante le procedure atti a prevenire o a
limitare al massimo fenomeni di embolizzazione distale. Questi accorgimenti sono
rappresentati per quanto riguarda la tecnica chirurgica tradizionale dalla scarsa
mobilizzazione del bulbo carotideo durante la preparazione dei vasi, dalla precoce
eparinizzazione, dal preventivo clampaggio della carotide interna32. Per quanto
riguarda invece la tecnica endovascolare si è proceduto ad una rapida e accorta
cateterizzazione della carotide comune, dell'uso routinario di un sistema di protezione
cerebrale (filtro distale in tutti i casi) e della scelta di uno stent con design a celle
chiuse33-35.
Il quadro più significativo, infine, nella nostra esperienza è stato quello per cui dopo
la procedura di stenting carotideo abbiamo osservato un'elevata incidenza (21%) di
lesioni cerebrali di nuova insorgenza, anche se asintomatiche, all'esame RM cerebrale
postoperatorio. Sia Yamada36 che Bonati37 hanno osservato un'incidenza di tali eventi
pari addirittura rispettivamente al 63% e la 73% dei casi. Le nuove lesioni cerebrali,
va sottolineato, sono del tutto asintomatiche da un punto di vista macroscopico al
momento della loro diagnosi. Tuttavia tali lesioni non sono del tutto innocue perché
Grunwald38 ha osservato l'associazione di nuove lesioni cerebrali asintomatiche ad un
quadro di scadimento dello stato cognitivo a distanza di mesi dallo stenting. Mediante
l'uso di questionari pre e post procedura, tali autori hanno osservato l'insorgenza di
deficit dello stato cognitivo tali da essere classificati come “demenza” post-stenting
carotideo. In un recente studio pubblicato su Lancet39, gli autori hanno osservato
un'incidenza di nuove lesioni cerebrali asintomatiche alla RM diffusione/perfusione
(DWI RM) circa tre volte superiore nei pazienti sottoposti a stenting rispetto a quella
dei pazienti sottoposti a TEA carotidea. E' altrettanto vero che in questo studio i
risultati dello stenting sono inficiati dal mancato uso di alcun sistema di protezione
cerebrale. Schnaudigel40 hanno infatti dimostrato che l'utilizzo routinario di sistema
di protezione e di stent a celle chiuse può ridurre in maniera significativa l'incidenza
di nuove lesioni ischemiche cerebrali, sia esse asintomatiche che sintomatiche.
Conclusioni
Dall'analisi della nostra esperienza abbiamo osservato che in caso di stenosi
carotidea, il miglior protocollo diagnostico per l'identificazione di un'eventuale placca
instabile consiste nell'esecuzione di un esame EcoColorDoppler con la valutazione
della scala dei grigi. In caso di GSM< 25, infatti, è indicato eseguire un esame
AngioRM de tronchi epiaortici con tecnica “steady state” al fine di evidenziare la
vascolarizzazione della placca.
Per quanto riguarda l'atteggiamento terapeutico da tenere, sia la TEA che lo stenting
carotideo sembrano essere procedure sicure e fattibili con un ridotto tasso di
complicanze maggiori. Nel caso dello stenting, visto la maggior incidenza di nuove
lesioni ischemiche cerebrali procedura, anche se asintomatiche nell'immediato, esiste
un verosimile rischio di demenza tardiva. Per tale motivo, la procedura di stenting in
caso di placca instabile dovrebbe essere riservata a pazienti in età avanzata e/o ad alto
rischio chirurgico.
Fig.1 Placca instabile (esame EcoDoppler)
Fig 2 Placca instabile (esame angiografico)
Fig 3 AMezzo di contrasto VASOVIST® AngioRM
Tecnica di acquisizione First-Pass e Steady-State
Fig 4 Macrofagi e linfociti T di placca instabile (esame istologico)
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