Non una rete di fili ma di persone umane: testo dell`intervento di sr

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COMUNICAZIONE AL SERVIZIO DI UN’AUTENTICA CULTURA DELL’INCONTRO
Incontro per i giovani religiosi in formazione sdb e fma
2 e 3 maggio 2014
Sr. Maria Spólnik, fma
«NON UNA RETE DI FILI MA DI PERSONE UMANE»
La missione di servire la cultura dell’incontro in un mondo digitale
Martin Buber, nella sua Autobiografia, scrive: «Non ne sapevo niente di libri quando
sono nato dal grembo di mia madre, e voglio morire senza libri, stringendo una mano. È
vero che a volte chiudo la porta della mia stanza e mi immergo in un libro, ma solo perché
possa riaprirla e c’è una persona che alza il suo sguardo verso di me».1
Si potrebbe parafrasare questa espressione aggiornando il linguaggio: «Non ne sapevo
niente di computer, iPad, smartphone, Facebook, ecc. quando sono nato dal grembo di
mia madre, e voglio morire senza di essi, stringendo una mano». Spero che – nei tempi
che corrono - la seconda e la terza parte dell’espressione di Buber possano conservare la
loro attualità, cioè che ogni tanto chiudo la porta per frequentare i social network e che
quando la riapro trovo su di me uno sguardo benevolo e amante.
Relazione, incontro, comunione, comunicazione sono realtà prettamente umane
che vanno coltivate e promosse. Anzi il Papa Francesco, nella GMG di Rio de Janeiro, ha
invitato i Vescovi e, in loro, tutti gli educatori, perciò anche noi Salesiane e Salesiani, ad
«essere servitori della cultura della comunione e dell’incontro. Vi vorrei quasi ossessionati
in questo senso».2
Perché questa insistenza sull’incontro interpersonale, quasi da doverne diventare
ossessionati, in un contesto culturale saturo di comunicazioni, di informazioni, di
connessioni varie, di molteplici appartenenze, anche per merito della Rete?
Parlando a più riprese dell’argomento, il Papa Francesco non si riferisce a incontri
sporadici, delle grandi occasioni, o a quelli qualche volta anche inconsistenti vissuti in
Internet, ma parla di una vera e propria cultura dell’incontro come esigenza antropologica,
che scaturisce dall’identità della persona e impegna la sua vocazione, coinvolgendo la
totalità delle esperienze umane: consapevolezza, libertà, capacità di scelta, affettività,
agire morale, sofferenza, tempo, promesse fatte (i voti religiosi), vita comunitaria,
missione. Si tratta quindi di una disposizione stabile ad incontrare, di un autentico stile di
vita, coltivato (cultura-coltura) consapevolmente, con intenzionalità e, innanzitutto, con la
convinzione profonda che non si possa dare una reale conoscenza e una effettiva
maturazione della persona (quella dell’altro, ma in primo luogo la mia), quindi un’efficace
educazione al di fuori della relazione interpersonale. Qui tocchiamo il cuore del Sistema
preventivo, la nostra spiritualità e la nostra professionalità come educatori.
1
BUBER Martin, Incontro. Frammenti autobiografici, Roma, Città Nuova Editrice 1994, 98-99.
FRANCESCO, Omelia nella Messa con i Vescovi della XXVIII GMG e con i Sacerdoti, i Religiosi e i Seminaristi nella
Cattedrale di San Sebastiano – Rio de Janeiro, 27 luglio 2013, in http://w2.vatican.va/content/francesco/it/
homilies/2013/documents/papa-francesco_20130727_gmg-omelia-rio-clero.html (24.04.2014).
2
Purtroppo, sappiamo per esperienza diretta che non ogni relazione che viviamo è
un incontro. Per comprendere il valore dell’incontro, per acquisire il senso per l’incontro,
dobbiamo restituire alla parola il suo significato originario, antropologico e teologico. Si
tratta di una relazione giusta, ossia appropriata alla persona, una relazione che manifesta
l’essere originario della persona umana (voluta da Dio personalmente e trattata da Lui
come un suo Tu, come un interlocutore). L’incontro rivela anche la vocazione originaria
della persona la quale, esistendo, deve imparare a diventare un tu per l’altro (vivere il suo
essere tu orizzontalmente: con ogni donna e ogni uomo; e verticalmente: vivere come tu
con l’Assoluto, con Dio che è il nostro Tu per antonomasia: Tu Creatore, creante e ricreante).
Per incontrare, però, ognuno deve scegliere di incontrare. Ciò richiede la
disponibilità e disposizione ad uscire da sé (si tratta di un esodo intellettuale, affettivo e
morale) ed entrare in relazione; scegliere di custodire la relazione, di prendersi cura di
essa, di rimanere nella relazione, di esservi fedele, di starci costi quel che costi, di essere
pronti di pagare di persona perché il legame non si spezzi, ma si rafforzi e si irrobustisca.
Le relazioni non sono intercambiabili, l’incontro non sottostà alla logica dell’esclusione,
dello scarto: non funziona con quella persona, sostituisco la persona o la evito. Favorire
incontri, invece, presuppone ed esige di vivere secondo la logica dell’inclusione:
dell’accoglienza, dell’ospitalità, della prossimità, della vicinanza, del dialogo, dell’apertura,
della reciprocità, della conversione alla relazione giusta, del vivere da incontrato.
In sintesi: l’incontro, nella sua realtà intima e originaria, è essenzialmente:
-
una potenzialità: capaci d’incontro si nasce, perché tutti siamo stati iniziati all’incontro in
quanto siamo stati incontrati per primi («In Principio era l’incontro»); siamo persone, realtà
spirituali di natura relazionale, creati nell’incontro e mediante l’incontro, mediante parola e
amore;
-
una conquista, una competenza, un traguardo a cui giungere mediante un lavoro
formativo serio e costante: la persona umana nasce strutturalmente predisposta
all’incontro, ma deve imparare a incontrarsi, deve attivare questa capacità relazionale ogni
volta che si trova di fronte al volto dell’altro/dell’altra/dell’Altro;
-
un percorso: si impara ad incontrarsi mediante incontri, quindi incontrandosi, scegliendo
di incontrarsi, senza evadere dalla relazione, specie se impegnativa o difficile.
Per noi Salesiane e Salesiani, educatori dei giovani, la realtà dell’incontro è fondamentale
anche per un’altra ragione: la nostra fede è l’incontro con Qualcuno, con Gesù Cristo
e la nostra missione è essenziale far incontrare ai giovani quel Qualcuno: Gesù
Cristo.
Il Papa Francesco lo ribadisce con forza, quando include la cultura dell’incontro fra i tre
aspetti essenziali della vocazione alla vita consacrata. Egli afferma in proposito: siamo
«chiamati da Dio; chiamati ad annunciare il Vangelo; chiamati a promuovere la cultura
dell’incontro».3
3
L. cit.
Perciò, in ultima analisi, la questione comunicativa, oggi, non si pone tanto a livello
della tecnica/tecnologia/strumenti, ma piuttosto su un piano di discernimento spirituale.
Ciò che può aiutare – da un punto di vista pedagogico –a crescere in umanità e nella
comprensione reciproca nell’ambiente digitale è:
-
approfondire continuamente l’antropologia integrale (una visione della persona
relazionale, dialogica, tuale, …) ponendola in un dialogo costruttivo e critico con le
istanze culturali attuali;
-
essere convinti che, come educatori, come Chiesa, dobbiamo essere presenti dove
stanno i giovani, quindi anche nella Rete che per loro costituisce un «ambiente di vita»;
però la nostra presenza non è un passatempo narcisistico e autoreferenziale; deve avere
invece un impatto culturale, spirituale, valoriale, deve essere una condivisione e
testimonianza di esperienze, un dialogo nella consapevolezza dei processi storici in atto;
-
rivalutare e formare con pazienza e tenacia all’incontro con le persone anche fuori
della Rete (nella comunità, negli ambienti dove svolgiamo la missione educativa),
ponendo in continuità queste due modalità ed esigenze di comunicazione; ciò che uno è
nella comunità, lo porta con sé nella Rete; la moltiplicazione delle connessioni non
garantisce l’efficacia della presenza né un reale incontro interpersonale; vivere la mistica
dell’uscire da sé;
-
concretizzare, con l’esercizio degli atteggiamenti coerenti, la “profezia” simboleggiata
dalla metafora moderna dell’internet: costruire una rete di condivisione e di fraternità,
attraverso la formazione della disposizione personale al dono, alla solidarietà, convinti che
lo stile di vita che assumo nell’ambiente in cui mi trovo a vivere contribuisce al cambio
della mentalità, al ripristino dei valori umani, al rispetto della dignità di ognuno, alla
promozione di ciascuno;
-
individuare e superare progressivamente e con determinazione i segni concreti della
«cultura dello scarto», presente dentro e fuori di me, che ostacola pesantemente la
possibilità di incontrarsi.
Ciò che può aiutare a crescere in umanità e nella comprensione reciproca nell’ambiente
digitale è riassunto in modo magistrale da Papa Francesco quando sembra leggere nella
rete il segno di un dono e di una vocazione dell’umanità a essere unita, connessa. Le reti
hanno raggiunto sviluppi inauditi – scrive nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium
n. 87 – e noi dunque sentiamo «la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere
insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci per braccio, di appoggiarci, di
partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di
fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio».
Perché la rete è, sostanzialmente, una rete di persone e comunicare significa condividere
un messaggio all’interno di reti di relazione, di prossimità; significa coinvolgersi,
testimoniare ciò che si comunica, facendosi carico di chi ci sta accanto. Significa toccare
l’altra persona, essendo consapevoli del contatto. Significa, in definitiva, avere
consapevolezza del sostanziale significato dell’essere persone e figli di Dio.
Curriculum vitae di sr. Maria Spólnik
Professore Straordinario, docente di filosofia dell’educazione e di antropologia filosofica
alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium”, Roma.
Interessi di ricerca: antropologie relazionali; persona umana; fondamenti dell’educativo;
verità, valori ed educazione; etica ed educazione; bellezza ed educazione; relazione
educativa; figura dell’adulto-educatore; sfide antropologiche al Sistema preventivo nel
contesto attuale.
Alcune pubblicazioni sull’argomento:
-
L’incontro è la relazione giusta (2004);
«Una formazione completa per l’intera persona». Riflessione su inquietudini e speranze
dell’educazione integrale oggi (contributo in collettanea, 2005);
La gratitudine: uno stile di vita relazionale. Aspetti antropologici (contributo in collettanea,
2012)
Relazione: una categoria che interpella l’educazione. Alcune prospettive per un
approfondimento (contributo in collettanea, 2012);
Vita consacrata e questione antropologica (contributo in collettanea, 2014; in
pubblicazione);
Verso l’educazione alla filialità oggi. Scommettere sulla verità, sull’amore e sull’educazione
(contributo in collettanea, 2014);
“In mare con le stelle”. Educare ai valori con i giovani in un mondo che cambia (2014)
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