diaconia del cristiano - Padre Innocenzo Ricci

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DIACONIA DEL CRISTIANO
AUTORE: DON INNOCENZO RICCI
EDIZIONI MOVIMENTO CATTOLICO PIEMONTESE
Il fondatore del Movimento Cattolico
Piemontese
Una figura particolare è quella del fondatore
dell’associazione Movimento Cattolico Piemontese,
Don Innocenzo Ricci, per tutti don Enzo. E’ solo
per un’illuminazione dello Spirito Santo, come
l’apostolo Paolo colpito sulla via di Damasco, si può
comprendere il cambio di vita di Don Innocenzo
Ricci, una vocazione tardiva che si realizza nel 1980
alla luce degli insegnamenti del Cardinale Michele
Pellegrino e che sceglie come Parrocchia la Strada.
Ora Don Innocenzo ha 53 anni, e prima di essere
prete è stato ingegnere elettronico, capo dell’ufficio
tecnico di progettazione. Ha rinunciato ad una vita di
benessere e di comodità per essere povero fra i più
poveri.
“La mia storia” racconta, “inizia una trentina d’anni
fa, quando studente del Politecnico, mi avvicinai
all’opera dell’Abbè Pierre. Ne ammiravo il grande
carisma, l’amore e la forza mirata ad aiutare chi
soffre. Capito il vero significato alla fedeltà
evangelica mi ispirai a lui. “Con la mia vocazione
arrivata in età adulta, ho cercato di ripetere la sua
esperienza per creare una sorta di umanesimo
nuovo, con la “U” maiuscola.
“Per sostenere chi è in difficoltà non basta ascoltare, bisogna saper comunicare.
Mi riferisco alla “città degli invisibili”, cioè a tutte le persone che non frequentano
chiese e oratori e non hanno famiglia: immigrati e clandestini, tossicodipendenti,
anziani. Per anni ho lottato da solo in questa “missione”, ricevendo ben poca
solidarietà. Ho avuto però qualche soddisfazione: oltre una trentina di vocazioni
adulte e mi piace ricordare che la polizia penitenziaria mi ha scelto come
consulente delle carceri italiane”. E prosegue: “Torino, la mia città, sta
attraversando una fase in cui manca un po’ di tutto: strutture, ma anche spazi
progettuali, lavoro, valori umani e zone per i giovani. Così abbiamo realizzato
un’area per l’aggregazione: un parco tra Alessandria e Asti, dove accanto alla
parte destinata alla preghiera ci sarà spazio per le attività presso la base scout S.
Maria di Cassine (Al)”.
Don Ricci è stato Assistente Nazionale della Polizia Penitenziaria ed Assistente
Spirituale delle guardie di 300 carceri, per cui ha anche curato studi ed analisi, da
cui sono scaturite proposte e progetti per la città degli “invisibili”.
Prefazione
In occasione dell’ “Appello ai liberi e forti” di Don Luigi
Sturzo, del 18 Gennaio 1919, Don Innocenzo Ricci vuole, con questo
scritto, rinnovare nell’animo di tutti i cattolici impegnati
nella
politica
e
nel
sociale
quella
visione
dei
valori
fondamentali e della libertà che si deve radicare nel pensiero
cristiano e che produce un’antropologia specifica e globale.
La persona, la famiglia, la comunità vengono prima dello Stato che
è l’evoluzione sociale realizzata secondo il principio della
sussidiarietà e complementarietà, diventando strumento e non fine.
“Non esiste libertà religiosa se non esiste libertà
politica, non esiste libertà politica se non esiste
libertà economica”
Questo scritto di Don Enzo non vuole essere una biografia di Don
Luigi Sturzo, ma vuole riprenderne il messaggio in un momento come
questo in cui, soprattutto in Torino dopo gli ultimi avvenimenti,
la gestione della “cosa pubblica” è macchiata dal malaffare. Il
messaggio di un uomo e di un sacerdote dalla personalità gigante e
poliedrica, è ancora oggi per molti versi da scoprire e ascoltare
per la sua grande esperienza e la sua azione sociale accompagnata
da studi scientifici, lunga preghiera e profonda conoscenza
dell’uomo. Ricalcando le orme di Don Sturzo, Don Enzo, vuole
lanciare il suo messaggio ripercorrendone il nucleo essenziale.
Ho il piacere di chiudere questa breve prefazione con una frase di
Don Luigi Sturzo che secondo il mio modestissimo parere ben
riassume il suo illuminante pensiero:
“ Ciascuno ha un modo particolare di conoscersi, amarsi, tendere
alla pienezza del proprio essere; può ben dirsi che egli ha una
sua vocazione, quella che una voce interiore fa emergere sempre
con maggior chiarezza in mezzo alle difficoltà in cui si trova,
nell’ambiente che lo circonda, nella posizione raggiunta. Chi può
e sa superare le circostanze limitatrici o avverse saprà meglio
decidere del proprio destino”.
L’obbiettivo è, riprendendo la preghiera di Don Enzo, diventare
quotidianamente il volto di Gesù, il cuore di Gesù, le mani di
Gesù per costruire un nuovo Umanesimo frutto di redenzione e
testimone della grazia.
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LE RADICI PROFONDE DI UN GIGANTE DELLA
STORIA SOCIALE MONDIALE: DON LUIGI STURZO
Le lettere di San Paolo insegnano con estrema chiarezza a chi si accosta alla
meditazione della Parola di Dio il disegno preciso dell’opera di Gesù. Egli si incarna,
assume in pienezza ogni caratteristica dell’antropologia Umana, vi si “umilia” incarnandosi
ed incarnandovi la “natura divina” regalando all’ uomo una dimensione totalmente nuova.
Si parla quindi di straordinario intervento che riqualifica radicalmente la natura dell’ uomo
attraverso la Grazia. Don Luigi Sturzo è un animo molto nobile e sensibile, totalmente
cosciente della sua missione sacerdotale. Egli possiede una capacità di poeta finissimo,
dalla tempra al tempo stesso forte, libera, entusiasta del bene e della difesa dei deboli e
dall’altro canto colorata di venature dalla dolcezza insospettata, di una mistica delicata
somigliante a quella del santo poverello di Assisi, Francesco.
Di qui la capacità sorprendente artistica e letteraria che in Don Sturzo sacerdote si
concentrò sulla celebrazione gioiosa e meravigliata, come Maria nel canto del Magnificat,
sul messaggio centrale già visto più sopra delle lettere di San Paolo: l’antropologia, il
miracolo dell’azione di Dio sull’uomo, sul suo agire, sul suo progetto etico, sulla storia, sul
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senso dei grandi obbiettivi. Il cuore di Don Sturzo diventa motore di una produzione
dapprima letteraria, teologica, morale che poi diventa di antropologia realizzata nelle
opere letterarie ad indirizzo sociale.
Per capire la ricchezza dell’impianto letterario delle opere sociali di Don Sturzo occorre
partire dalla lunga scuola di preghiera contemplativa che costruirono il suo animo
sacerdotale. Prima di tutto egli fu un uomo di Dio, appassionatamente e perdutamente
offerto con atto continuo e cosciente a far conoscere il progetto meraviglioso di Dio per
ogni uomo. Le radici di Don Sturzo sono tra la preghiera di comunione, contemplativa ed
un’ azione carica di sensibilità verso i poveri, gli emarginati, i deboli, gli svantaggiati.
Questi tratti che formano le radici della personalità di questo grande sacerdote, fondatore
del Centro di Studi Sociali strettamente connesso all’Azione Cattolica Italiana ed al
Movimento Cattolico Popolare affiorano in un trattato fondamentale e valido ancora oggi,
di rara lucidità per la trattazione della natura dell’ uomo e della storia.
Quest’ opera fondamentale è “La vera vita. Sociologia del soprannaturale” Edizioni
Zanichelli-Bologna.
Essa è come l’ asse portante per orientarsi e conoscere, valorizzare, amare il ciclopico
lavoro di questo sacerdote pieno di tenacia, di focoso amore di Dio, di umiltà pari alla
grandezza culturale che all’ ingegno, perseguitato e ridotto come San Paolo a vivere in
esilio per molti anni, privo di affetti e lontano dalla sua terra, la bella Sicilia.
Tutto questo dopo aver costruito con pazienza e sacrificio quotidiano, sulle basi dell’
Azione Cattolica e della Dottrina Sociale della Chiesa, il Centro Studi Sociali ed il
Movimento Cattolico Popolare Italiano soprattutto costruito nelle coscienze il desiderio di
essere “liberi e forti“ discepoli di un disegno antropologico che è costruito sulla
consapevolezza di essere “figli di Dio“, inseriti in un progetto in cui non è l’ accumulo di
possessi materiali, vecchi e nuovi idoli che ingabbiano coscienze e pensiero con le loro
antiche o contemporanee dipendenze. Non è la dimensione dell’ avere che realizza senso
della storia e progetti di vita, bensì quella dell’ essere. La coscienza che riesce ad essere
“libera” da condizionamenti ed idolatrie “che incatenano a vizi e tiranni“ diventa anche
“forte“ e riesce ad assumere una dimensione profetica di cui la storia contemporanea ed il
contesto sociale ha bisogno in modo urgente ed a volte drammatico.
Ecco allora che le “coscienze libere e forti“ possono a seconda del bisogno, agire il loro
operato in un contesto “politico” che può essere, con una azione sofferta, profetica,
purificatrice, liberato da dipendenze e manifestazioni dalla pesante matrice materialista
affossata nell’ avere, nel possedere, coartata in una visione riduzionista della persona e
del suo progetto di vita, derivato dalle valenze dell’ essere, dai valori che vanno oltre i dati
brutti quantificabili, ponderati, mercificabili e che senza i quali la morale pubblica, l’ etica
sociale, l’ agire politico diventano vere assurdità, lasciando il campo nell’ agire politico all’
interesse privato, al narcisismo, allo sconfinamento in istinti dominatori che portano ad
esiti imperialisti o tirannici.
La poderosa opera sturziana riporta una volta di più l’ agire relazionale, sociale e politico,
nel contesto dell’ uomo trasformato dall’ avvenimento fondamentale del realismo della
Grazia. In questa visione l’ agire sociale e politico diventa esso stesso “vangelo sociale“ e
“vangelo politico”. Non sembri riduttiva ne tantomeno blasfema questa affermazione. Infatti
il servizio nel politico in spirito di diaconia evangelica ci fa incontrare stupende figure di
Santi. Giorgio La Pira, ricordato come il “santo sindaco di Firenze“ è meditazione
convincente per capire che anche e soprattutto questo campo dell’ agire umano deve
essere illuminato dalla Grazia e diventare “vangelo della realtà“, vangelo integrato nella
vita che ha risvolti sia privati che pubblici. Vita, sia privata che pubblica, liberata e
benedetta dal vangelo della Grazia, che ridà alla persona ed alla storia il senso pieno della
speranza e della gioia di collaborare al grandioso progetto di Dio.
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La realtà della storia non discende da “il caso“ indefinito, cieco, da cui derivano le varie
impostazioni ciniche che riducono l’ uomo ad “oggetto“ da pilotare, sfruttare, schiavizzare,
incatenare. Buttando la storia in pasto ad un progressivo integrismo riduzionista e
idolatrico, avido e goloso di capitali, di armi spaventose, di droghe di tutti i tipi, incurante
delle sofferenze immani procurate da guerre contemporanee volute per vendere armi e
“nuove tecnologie”. Che magari, temendo di essere contrastate in questa concezione
material-edonista paurosamente integrista giungono al colmo di una ipocrisia perfida,
veramente demoniaca, ad accusare di integrismo l’ agire secondo la Grazia, l’ amore di
diaconia, lo spirito di servizio e di attenzione alla Verità.
L’ esperienza del Movimento Cattolico Piemontese, con il Centro Studi Sociali che lo
sorregge ed anima, riporta e riattualizza questo faticoso, ma splendido impegno del
pensiero e della prassi che si lascia trasfigurare dalla Grazia che porta accoglienza dove
esisteva solo rifiuto ed emarginazione.
Che fa scoprire progetti di vita là dove sembrava esistessero solo brandelli di tempo senza
apparente senso progettuale.
Un’ esperienza, quella del Movimento Cattolico Piemontese e del relativo Centro Studi
Sociali, che media e realizza un’ esperienza già iniziata come azione cattolica nel pensiero
e nella prassi, soprattutto in quelle aree dello svantaggio dove più si soffre e si sperimenta
l’ inadeguatezza di modelli interpretativi dell’ uomo, della storia, e della prassi sociale e
politica che non lo difendono né valorizzano.
Questa è l’ esperienza, bellissima, originata ed alimentata dalla fresca sorgente che ha
fatto zampillare l’operato del sacerdote, che come San Giovanni Bosco, il Cottolengo, il
Murialdo fu costruttore di un gigantesco e benefico sistema sociale che riporta lo
strumento politico a servizio dell’ uomo, soprattutto del più debole e sofferente, come
appunto propone il movimento del “popolarismo cattolico” di Don Sturzo.
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DIACONIA DEL CRISTIANO
NEL SOCIALE, NEL POLITICO
E NELL’ETICA PUBBLICA
LUNGO IL FIUME DELLE NOSTRE RADICI CERCHIAMO
PER ASSUMERNE LE SEMBIANZE OGNI GIORNO
IL
TUO VOLTO
Diaconia è un vocabolo greco che esprime l’atteggiamento del servizio fatto con piena
dedizione e senza riserve. Per cui nella diaconia esiste anche una motivazione che
spinge a tale comportamento.
Nella diaconia cristiana la motivazione è la coscienza di esprimere nel servizio svolto la
configurazione di Gesù, diventarne sua espressione viva facendo rievocare in chi ci vede
e operare nel contesto sia sociale che politico l’icona viva , lo stile,l‘amore, il pensiero di
Gesù.
Per cui il cristiano operante in questo atteggiamento di diaconia diventa segno vivo di
Cristo e suo sacramento efficace soprattutto tramite la testimonianza e l’atteggiamento
profetico.
Diaconia che permette di essere consacratori del tempo, dello spazio e della storia
socio-politica nel contesto in cui si opera
Per cui l’azione svolta diventa benedetta ed a sua volta consacratoria del contesto
particolare, sociale o politico, dove il cristiano vive in spirito di diaconia.
Tempo, spazio, storia che di per sé sono già sacri in quanto dono continuo di Dio,
creatore e fonte continua dell’esistenza.
Questo profondo insegnamento “sapienziale” ci viene riproposto tramite il Giubileo
appena concluso lasciando grandi lezioni preziose per ogni uomo, inserito come tutti nel
tempo, nello spazio e viandante su questa terra.
Il tempo appartiene a Dio
La remissione del debito che ogni 50 anni l’umanità è invitata a fare annuncia con questo
segno potente, che penetra nelle coscienze, che “ tutto appartiene a Dio “ creatore e
fonte continua.
Dell’esistenza per ogni vivente, il tempo esiste perché il suo “cronos” scandisce le sue
pulsazioni sull’azione continua e provvida di Dio che fornisce istante per istante l’essere
a tutte le sue creature.
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Lo spazio appartiene a Dio
Esistono spazi di cui abbiamo percezione e coscienza, ma siamo sia composti che
immersi in spazi di cui possiamo avere solo una vaga intuizione. Questi sono gli spazi
dell’infinito siderale, in cui i pianeti sono immersi, a cominciare da quelli più vicini, la cui
distanza da noi è misurata in milioni di anni-luce. La velocità della luce è di 300.000 km al
secondo. Immaginiamo quanto spazio percorre in un anno; vi sono 31,6 milioni di
secondi.
Gli spazi infinitesimali subatomici delle orbite elettroniche si misurano in milionesimi di
milionesimi di millimetro, con una unità di misura inusuale che è l’Angstrom. Eppure tutta
la materia, anche l’organismo di cui siamo dotati è composta da cellule ed atomi i cui
spazi non ci sono ne consoni ne noti .
Malgrado ciò l’uomo è posto nell’universo che ripone la sua armonia su spazi sia infiniti
quanto sfuggenti, ed è a sua volta formato da miliardi di cellule in meravigliosa armonia
quanto in microscopica composizione.
E questa armonia di spazi tanto diversi è fonte mirabile e perfetta di vita.
In una dimensione che esula dalle nostre esperienze empiriche e commensurabili e ci
sorpassa totalmente, in cui ci si sente non proprietari ma “viandanti in cammino“ e
semplici “usufruttuari di una realtà sia creaturale sia spaziale che ci sfugge “, si fa strada
ed emerge potente in noi la constatazione che lo spazio appartiene a Dio, non è nostro.
Il Manzoni disegna tutto ciò in pochi versi : …”dovunque guardo io giro , potente Dio ti
vedo. Nell’opere tue ti ammiro, ti riconosco in me “….
La terra è di Dio
L’impostazione squisitamente “sapienziale“ delle componenti celebrative e rituali di ogni
giubileo contiene proposte pedagogiche e profetiche di altissimo livello per ogni cultura e
per l’uomo di tutti i tempi.
Dall’ultimo appena concluso, alle prime grandi lezioni giubilari di almeno tremila anni fa
l’insegnamento e’ offerto in semplicità nel recupero sincero e commovente di elementi
agresti ed idilliaci.
Questa potentissima meditazione sul senso della vita e del suo naturale contenitore, ha
un definitivo messaggio liberatorio e gioioso : “la terra e’ di Dio” .
In quanto Essere fonte dell’ essere e Padre che genera e mantiene istante per istante
l’esistenza di ogni vivente, moltissimi dubbi ed angosce che tormentano l’uomo e la
società contemporanea ridiventano privi di acuzie e torna a fiorire la gioia di esistere.
Questo è infatti l’insegnamento centrale. Riportando infatti all’autocoscienza la
consapevolezza certa e serena che “la terra è di Dio“ riaffiora la visione serena di un
”sistema-terra “ che presenta un’ordinata progettazione d’insieme e nel quale ogni vivente
non vive per caso e tanto meno per merito proprio.
Nessuna creatura e tanto meno l’uomo è creatrice di se stessa. Non ci apparteniamo, ne
come tempo della vita nostra ne come organismo corporeo.
La morula della vita che ci porta all’esistenza in quanto frutto del seme paterno e
dell’ovulo materno non è ne’ voluta ne’ posseduta dall’organismo corporeo che nasce,
tantomeno la casualità disordinata può essere la fonte ordinata ed armoniosa della vita,
delle creature e del loro agire, per il semplice motivo che non esiste ne casualità ne
disordine, ma soltanto una miriade infinita di leggi rigorose inserite in un’economia di
sistema armonicamente ordinato.
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E meno male che sia così, perché solo considerando con viva coscienza che la
“terra e’ di Dio” e che la “ vita e’ di Dio”, che si torna a capire il senso della propria
esistenza. Non siamo figli della disperazione, incatenati da un fato cieco e crudele su una
terra inospitale e matrigna, in cui l’unica legge conosciuta e valida
diventa
l’accaparramento di tutto ciò che si può ghermire e casca sotto le nostre zanne di
uomini – lupi di altri uomini più deboli che si possono o in un modo o in un altro rendere
schiavi. Le catene
possono essere indifferentemente
di ferro o di eroina, di
condizionamenti economici da capestro o propagandando la facile e falsa dottrina del
potere imperialista conquistato tramite indebitamenti di economie deboli in armamenti
colossali quanto inutili. Il genere umano quando toglie dall’agire sociale e politico la
prospettiva di Dio precipita in vecchie e nuove idolatrie in cui si adora , questo sempre ,
la superbia umana.
La superbia dell’uomo che genera idolatrie vecchie e nuove, che la storia di tutti
i tempi conosce, e che vediamo annidarsi sia nel fare sociale che nel fare politico di ogni
era, a partire da quella contemporanea.
Idolatrie dell’uomo che accecano chi le inventa, chi vi ricorre con sistemi,
inventiva ed artifizi vecchi e nuovi, che trasformano la creatura umana , capolavoro di
Dio, e l’organismo corporeo di cui Egli ci ha dotati per definire la nostra individualità
personale, in altrettanti lacci e catene che lo imbrigliano scomponendone affetti e
spirito, continuamente derisi demonizzati e messi in minoranza, da pulsioni e istinti al
contrario ingigantiti come l’unica, vera essenza dell’uomo.
In questo modo, scardinando la coscienza ed il senso preciso di Dio, l’uomo diventa
“gabbia e prigione a se stesso “. La sua creaturalità diventa senza significato e pesante
prigione di se stesso, in cui si dibatte penosamente e sempre più debolmente per trovare
una via di uscita o quantomeno un affievolimento della coscienza
tramite cui
percepisce il dramma esistenziale in cui e’ immerso.
Ecco allora l’attaccamento ad oltranza ai comportamenti che uccidono la coscienza e
stordiscono la percezione, fino ad arrivare all’apologia del male costituito dal grave
peccato dell’uccisione della propria autocoscienza tramite abuso di psicofarmaci, droghe ,
alcool, sesso senza progetto.
Addirittura si scade a livello di massa sociale, assecondata poi dall’azione politica
all’apologia di atteggiamenti peccaminosi, contro Dio e quindi contro natura. I media
della grande comunicazione , sovente al solo fine di fare audience
e di migliorare il promover pubblicitario riprendono ed agiscono su questo valzer del
negativo e della morte della coscienza di Dio, in un vortice in cui viene travolta anche la
percezione di scandalo pubblico di massa.
Ribaltando la concezione della fondazione e signoria su “terra e uomo” si ribalta
automaticamente il progetto di gioia e di bene insito con chiarezza nella creazione di Dio, i
cui attributi fondamentali sono appunto , la pienezza del Bene e della Gioia che Egli
partecipa alle sue creature. San Francesco e’ esempio conosciutissimo di gioia perfetta,
a partire dal Cantico delle creature.
Riportando alla normalità l’Economia della creazione armoniosamente posta e mantenuta
in essere dal suo Creatore e Padre, si sperimenta a livello di
profondità fibrale ontologica che veramente
“la terra e l’uomo sono di Dio”, e si
sperimenta la gioia piena e liberante di questa benefica situazione che va vissuta con
pienezza di coscienza e di progettualità .
Ecco la risposta gioiosa e costruttrice della diaconia del cristiano nei vari settori dell’agire
umano, compreso e ben a ragione, la diaconia nel sociale e nel politico.
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In questa prospettiva acquista una valenza sapienziale liberatoria la constatazione che
se la terra è di Dio, noi ne siamo solo “usufruttuari”, tenuti a rispettare e valorizzare con
amore le realtà creaturali che ci vengono affidate, compreso il tempo e tutta la complessa
fenomenologia socio-politica che vi si muove.
Solo così, tramite questa realista visione dell’economia della creazione di cui sono
elementi base sia il tempo che lo spazio e la terra, l’elaborazione sociale e politica
diventa servizio reso in diaconia di amore con il pensiero, il volto, il cuore e le mani
operose di Gesù.
DIACONIA DEL CRISTIANO NEL SOCIALE E NEL POLITICO
E PRINCIPIO DI IDENTIFICAZIONE CENTRATO SU GESU’
Capolavoro di Dio creatore, Padre e fonte dell’essere e’ l’aver reso visibile
e parte viva della storia umana Gesù di Nazareth.
Gesù a ragione e’ raffigurato come “pantocrator” nelle icone dei primi secoli della chiesa
cristiana. Questo vocabolo greco si rifà all’autorità ed al potere su tutta l’economia
della creazione, che tramite Gesù e’ tutta rigenerata, lavata dal male
trasformata ed
arricchita dalla potenza redentrice di Gesù .
Il Cristo riassorbe e rielabora in sé tutta l’economia della creazione e la rigenera ad una
vita e ad un destino totalmente nuovo e straordinariamente bello.
Con Gesù oltre ad avere la vita umana e costituire così l’oggetto dell’antropologia
umana, veniamo gratuitamente gratificati della Natura Divina, copie battezzate, cioè
stampate come icona completa e veritiera del Cristo.
Ecco perché ci definiamo “ cristiani “ : perché siamo modellati, impressi, coniati, stampati
a immagine del Cristo.
Infatti il vocabolo “battezzare” è preso letteralmente dal greco e significa
esattamente coniare , stampare un’immagine tramite uno stampo.
Quindi è la potenza dello Spirito Santo, che ci viene inviato proprio in modo gratuito dal
Cristo, che ci conia ad immagine di Gesù.
Ci fa essere il volto di Gesù per avere il suo pensiero e la sua parola.
Ci fa essere il cuore di Gesù per amare il Creato con l’amore di Gesù.
Ci fa essere le mani di Gesù per operare come Gesù che beneficava tutti
a perfetta “imitazione “ di Cristo.
ANTROPOLOGIA CRISTIANA COME ANTROPOLOGIA GLOBALE
L’uomo battezzato in Cristo, ovviamente non attraverso un semplice rito di
acqua , ma tramite la trasformazione radicale e fibrale dello Spirito Santo potentissimo
acquisisce una grandezza che lo rende simile a Cristo, coniato, impresso, stampato su di
Lui.
Soprattutto acquista la grandezza, la regalità, la profezia, il sacerdozio di Gesù.
Condivide a sua volta la regalità di Gesù Pantocrator che rigenera, ricrea
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e redime tutta la creazione. Comprese le potenze del male sono ai suoi piedi, qualsiasi
sia la loro provenienza e con la semplice benedizione nel nome di Gesù
ne può allontanare presenza ed influenza, come ci ricorda il vangelo.
Condivide a sua volta la profezia di Gesù Maestro insegnando con lo stile e con il
ragionamento, cui fa da premessa l’esempio della vita vissuta nel quotidiano.
Attività quotidiana che investe tutti i campi del vivere come creature umane ma
“battezzate”, cioè stampate a immagine e somiglianza di Gesù .
Quindi anche l’azione sociale e l’azione politica vengono “stampate” sul modo di
pensare, di insegnare e di fare di Gesù.
Condivide a sua volta il sacerdozio di Gesù Sacerdote, santificando e consacrando lo
spazio in cui opera , lavora , lotta , soffre, insegna, o prega.
Non riti strani ne’ superstizioni sono alla base del sacerdozio di Gesù.
Partecipato a chi e’ “battezzato “, cioè stampato a sua immagine e sequela. Non e’
consono al Figlio di Dio operare segni risibili o riti magici o di superstizione, dove
cartomanzia, oroscopi, negromanzia, evocazione degli spiriti sfere di cristallo sono
palliativi e retaggio di creature impaurite da troppa assenza nella sperimentazione vera e
profonda di Dio in un rapporto di comunione che si definisce “preghiera”. La preghiera
continua, quella del cuore che e’ in perenne comunione ed ascolto di Dio, e’ lo
strumento che rende partecipi al sacerdozio di Cristo,assieme ai sette sacramenti della
chiesa.
Viene così disegnata un “antropologia globale” di respiro totalizzante e che veramente
radicalizza la dignità dell’uomo e la trasfonde nella dignità di Figlio di Dio.
L’uomo così definito fonda una nuova Antropologia il cui animatore e’ Dio
attraverso Gesù nel dono dello Spirito Santo. Una Antropologia veramente globale, cui
competono dimensioni specifiche umane e divine, facendo bene attenzione che la
ricchezza della Grazia arricchisce le dotazioni dell’antropologia Umana.
LA CONSEGUENZA DELL’ANTROPOLOGIA GLOBALE
Per chi come cristiano opera in una Diaconia sociale o politica deve risultare chiaro tutto
quanto sopra esposto.
Le dimensioni in cui il servizio di Diaconia in amor di Dio nel settore sociale o politico sono
attente all’antropologia globale e non possono cedere il fianco a riduzionismi facili ma
dalle conseguenze catastrofiche, soprattutto a livello delle delicate dinamiche spirituali e
comportamentali.
Le persone da servire non sono solo cellule ed apparati anatomici.
Certo che l’anima non può essere sondata dal bisturi o dall’apparecchio a raggi X.
Non bastano pillole, capsule, siringhe pulite e sacchi di pane.
La diaconia del cristiano nel sociale avverte altri confini ed altri bisogni che vanno aldilà
dei rilievi materiali e riduzionisti, ridotti ad uno spaventoso meccanicismo squallido
materialista e senza speranza né sorriso.
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La persona e le persone nelle loro relazioni sociali hanno dimensioni impalpabili ma pur
reali, che però, se non coltivate o peggio trascurate e combattute in modo larvato o con
attacco diretto, portano a conseguenze personali e di rapporti sociali disastrose
imprevedibili e di cui sfugge l’entità del danno.
E’ solo chi coltiva in sé i valori di un’antropologia trasformata dalla grazia che sà
esercitare la finezza del cuore.
Per chi come cristiano opera nella diaconia politica sa benissimo che la menzogna ,
ipocrisia , mentalità di calcolo , ingordigia di denaro e vantaggi economici non vengono
da Dio ma dal male. E non è certo col male che si può costruire il bene. Ancor meno il
bene comune.
Cordate, ostruzionismi ad oltranza, rigidi schematismi di partito, epurazioni, ricatti non
sono frutto di appassionati cercatori di verità e di ricchezza interiore.
Al contrario la difesa dei diritti dei deboli, la difesa del diritto alla vita, la difesa del diritto
naturale e della morale naturale, del senso di venerazione per la riflessione e la pratica
religiosa nella sua globalità, il coraggio dell’amare la propria identità di cristiani il cui
onore e preziosità deriva dal portare sul proprio volto l’icona vera sacramentale ed efficace
di Gesù, la finezza del cuore cristiano che vive in dimensione di “preghiera continua“ a
stretto contatto con la presenza di Dio, un chiaro impegno per concetto e prassi di giustizia
sia dei rapporti sia di tipo distributivo, per un vero dinamismo di solidarietà globale, una
visione veramente completa scientifica e non di parte dei grandi fenomeni di economia e
cripto-economia mondiale, ottimismo incrollabile perché appoggiato ad analisi ferrea della
realtà ma soprattutto ad una fede a tutta prova ,spirito di ecumenismo religioso senza
venir meno alle priorità della propria coscienza che avverte la grandiosità impareggiabile
di essere di natura divina, l’arte della mediazione che si salda all’arte del dialogo senza
confondere i confini con la deresponsabilizzazione e la mancanza di chiarezza sui principi
morali sia pubblici che privati, la convinzione comunque che per fare cose grandi occorre
saper anche pagare di persona.
Molti insigni Maestri di Diaconia cristiana nel politico ci insegnano parecchio a proposito di
sacrifici vissuti per ideali pagati a caro prezzo.
Don Luigi Sturzo dopo il coraggioso messaggio del 18 gennaio 1919 ai liberi e forti fu
esiliato per vent’anni e fu costretto in Inghilterra.
Dietrich Bonhoeffer pastore, tedesco e grande riformatore delle coscienze contro il
nazifascismo fu impiccato in un campo di concentramento.
Luigi Moro pagò con la vita un impegno per una politica fatta di dialogo e chi lo uccise fu
l’estremismo intollerante di estrema sinistra.
Robert Kennedj presidente USA pagò con la vita il suo impegno e la dedizione verso le
classi meno abbienti e l’integrazione razziale, contro l’intransigenza conservatrice e
reazionaria.
Ma prima ci fu il diacono Stefano torturato ed ucciso per la sua diaconia in
Gerusalemme, politicamente avversa ai cristiani per paura dei romani e prima ancora ci fu
Gesù, torturato e ucciso dai romani per paura dei giudei.
DIACONIA E POLIS -TECNE’
Il servizio del cristiano nel politico richiede vera preparazione ed abilità tecnica.
Ogni servizio svolto con amore di carità e grazia di Dio porta a risultati meravigliosi in cui
il moltiplicatore del risultato è la potenza della grazia.
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Però questo servizio svolto in diaconia cristiana richiede preparazione seria e vera
conoscenza professionale delle tecniche di gestione della “polis”.
Il servizio in diaconia cristiana della “cosa pubblica” richiede vocazione, motivazione,
competenza, serietà professionale, appassionato spirito di dedizione che sa affrontare
sacrifici personali, cultura, dinamismo, creatività, tenacia nel raggiungere gli obbiettivi
anche se difficili.
Il servizio di diaconia del cristiano nel politico è garanzia che la “cosa pubblica” ed il bene
comune verrà gestito con nobiltà di ideali e di obbiettivi, in rettitudine di cuore e vera
vocazionalità che da una preziosa ed inconfondibile colorazione a tutto il management
gestionale, dialettico, operativo.
Farà emergere una finezza di cuore ed una percezione particolarmente viva di cosa
significa servire il bene di tutta la collettività di cui “ci si prenderà cura senza prenderne
possesso”. La diaconia cristiana ci configura alla Diaconia di Cristo, che pur essendo
Pantocrator, signore di tutto il creato, non ha governato ne con superbia arroganza
finzione ipocrisia cupidigia maldicenza e tantomeno con forme tiranniche dittatoriali
imperialiste.
Egli ci ha insegnato a governare assumendo coscienza e stile di “colui che serve”.
Vi sarà chiara consapevolezza, profondamente condivisa a livello di essenza fondale
e di sostanza di quei principi che a livello di forma vengono espressi come: principio
di solidarietà, sicuramente globale.
Principio di sussidiarietà, sicuramente sia trasversale che verticale.
Principio di mutua cooperazione, sicuramente non emarginante ed onnicomprensiva.
Principio della dignità ontologica della persona, che può essere organizzata in forme
liberamente scelte, ma non sicuramente gestita a sua insaputa, cooptata , tanto meno
coartata o peggio soppressa.
Principio dell’analisi della realtà, storica, sociale, fenomenica, operativa.
Principi che non possono essere svuotati nella sostanza e sbandierarti come vuote
bandiere incantatrici in altrettanti messaggi proclamatori di velate od ostentate ipocrisie,
di coscienze distorte o ancora di ambizioni o interessi privati.
Le grandi e nobili figure di Maestri intramontabili dell’arte politica, che hanno saputo
guidare progresso, ascesa ed elevazione di popoli interi, erano prima di tutto personalità di
lunga frequentazione della grazia, forgiate tramite questa palestra interiore di virtù.
Questo substrato è la base ontologica sostanziale e soprannaturale che fa’ da fondamenta
alle più grandi figure immortalate nella storia della politica. Infatti e’ verità sperimentata e
sperimentabile da tutti che la grazia di Dio perfeziona arricchisce e trasforma la natura
della persona che la vive in profondità e continuità.
Esperienza di Dio che si vive anche come “preghiera” .
Essa non offende ne umilia l’attività dell’umano pensiero ne’ del suo ingegno, come
invece asserivano a gran voce alcune scuole di pensiero dalle conclusioni
troppo
superficiali empirico-meccaniciste che fecero un pessimo servizio all’antropologia
globale, riducendo l’uomo al solo francobollo fisiologico materiale e misurabile, e di cui
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unico scandaglio è la cosiddetta scienza razionale matematica, che presenta il gravissimo
limite di essere misura inadeguata che l’uomo empirico-matematico produce per definire
l’Uomo nella sua interezza e globalità metafisica.
Errore imperdonabile di estrema superficialità, insipienza ed cultura, che causò
conseguenze di indicibili sofferenze negli ultimi due secoli, peggiorando nettamente il
modello rappresentativo e di gestione della persona, sempre più assimilata “per comodità
scientifica di descrizione” a ciò che non è semplicemente perché non lo rappresenta in
realtà, cioè ad una macchina smontabile in più apparati dal funzionamento
“perfettamente “ descrivibile.
L’identificazione dell’Uomo alla “macchina” coincide con le teorie della “morte dell’anima”
che approdano poco dopo alla irreale proclamazione della “ morte di Dio”.
Levato così di mezzo ogni scomodo freno inibitore nei confronti della reale dignità
ontologica della vera natura dell’Uomo e del suo armonioso e stupendo fondamento di
essenza e di esistenza, Dio creatore, si apre nell’ultimo secolo una serie di orrori e di
abusi appunto ontologici, veramente abominevoli.
Nasce la teoria del Superuomo su cui appoggerà il nazifascismo.
Si arriva al delitto ontologico della eliminazione programmata appunto “scientificamente”
della razza ariana. Tre milioni di sventurate persone assurgono nel loro atroce calvario
ad essere segno efficace e crudelmente visibile, marchiato per sempre nella storia
umana, di un fallimentare modello interpretativo dell’Uomo. Come pure il materialismo
ateo che crede solo chissà poi perché e su quali basi, sulla scienza e sullo stato
totalitarista che si arroga l’assurdo ontologico di “essere l’unico” a pensare per tutti,
obbligando tutti ad avere l’unico pensiero ammissibile , cioè quello dello stato totalitario
che pensa agisce gestisce orienta governa punisce chi sgarra a questo assurdo abissale
sconquassante errore ontologico sul modello interpretativo di Uomo.
Milioni di persone colpevoli solo di essere “se stesse” a livello di ontologia , con una
propria identità, un proprio pensiero differenziato, una intelligenza, volontà, libero arbitrio
eccetera vengono orribilmente torturate, mutilate incatenate nei gulag uccise. Se l’assurdo
nazista commise un abominio addirittura a livello di disastrosa offesa ontologia all’Uomo in
quanto tale per una durata storica di circa cinque anni , l’abominio ontologico sovietico dei
martiri dei gulag durò almeno settanta anni. Colossali errori storici tanto presenti ed
obbrobriosi da non poterne mai più dimenticare la vergogna ci mostrano quanto sia
assurdo, riduttivo, obbrobrioso delitto di interpretazione dell’Uomo il fascio di teorizzazioni
che lo riducono “per comodità scientifica” ad una macchina che si può senza scrupoli di
coscienza comandare, gestire, smontare , torturare , uccidere, farne povere carni da
ricoprire con povere divise di colori diversi da inviare e sacrificare in spaventose guerre
mondiali gestite senza scrupoli ne’ ritegno, ne di donne ne di innocenti ne di bambini,
perché non esiste più base ontologica della dignità e grandezza metafisica della Persona.
Per cui non esiste più la crisi di coscienza, il senso di colpa, l’autocoscienza del delitto
contro la dignità della Persona, sia essa di un bambino, di una donna o uomo, di un
vecchio,. di un malato che si possono tutti con metodi vari più o meno scientifici uccidere.
Ammazzare è un termine espressivo che si usa poco, per scarsa eleganza, ma che
esprime con crudezza l’azione di dare la morte a un individuo. Ma sostanzialmente la
crudeltà e assurdità di un’azione che se posta in essere va “contro natura “ perché e’
contraria alla dignità ontologica della Persona, la cui grandezza appoggia sul Dio
creatore, che le conferisce un valore enorme metafisico. Togliendo questa base le teorie
riduzioniste demoliscono ogni residua difesa dell’uomo, specie se debole , indifeso,
povero, indesiderato, non voluto, concorrente. Per cui passa in modo paurosamente
preoccupante nella prassi storica l’eufemismo che camuffa e giustifica la barbarie.
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Ammazzare un bimbo che sta per nascere diventa “aborto”.
Ammazzare feti umani per scopi “terapeutici” diventa clonazione.
Ammazzare vecchi ed ammalati diventa “eutanasia”
Ammazzare bambini poveri per strappare gli organi per pazienti ricchi diventa pensabile
applicabile fattibile quindi operativo.
Ammazzare migliaia di povere persone in un colpo solo come fossero mosche.
Diventa pensabile e praticabile “azione di terrorismo” spudoratamente spacciata come
terrorismo religioso, come se Dio creatore fosse il capo oscurantista e retrivo dei terroristi,
a cui in realtà nulla importa di Dio e lo sfidano direttamente.
Ammazzare popolazioni intere con armi da genocidio, possono essere chimiche,
batteriologiche, atomiche poco importa diventa pensabile ammissibile e tatticamente
operativo e semplice operazione tattica.
Gli errori spaventosi derivati dal positivismo scientifico ed i relativi sbocchi nei materialismi
di varia natura hanno quindi, in modo assurdo ,decretato la ”morte dell’anima”. Poco dopo
è stata sancita in ignobile ignoranza allegra la “morte di Dio “. I risultati che vediamo
abbondanti e tremendi sono la morte fisica e “l’annullamento totale” dell’uomo, in un
ritorno puntuale drammaticamente nichilista di ontologia totalmente negativa e senza
baluardi di difesa all’autodistruzione non solo dell’ Uomo ma di ciò che nel creato l’ uomo
arriva con i suoi mezzi, per fortuna molto limitati, a distruggere ed uccidere.
Altrimenti farebbe scoppiare il Pianeta, come farneticano i tanti film attualissimi di “Guerre
Stellari”.
Ultimo atto di una folle impostazione di ontologia descrittiva sull’uomo, se ciò fosse
possibile sarebbe la distruzione totale della creazione.
Occorre tornare rapidamente anche perché si sono perpetrati già danni enormi nella
diaconia del cristiano nel politico ad una chiara concezione di ontologia della Persona,
della sua dignità trascende che poggia aldilà del piano materiale su Dio Creatore, che
garantisce continuamente essere ed esistenza.
La meditazione e la preghiera contemplativa quindi torna ad essere preziosissima fonte di
sapienza, di cultura, del progetto globale della storia e del progetto generale che attende
ogni singolo Uomo, soprattutto conoscendone la preziosità in un Progetto globale che è il
Progetto di Dio, fonte di vita, di concreta e sperimentabile speranza, di provvidenza
quotidiana e della storia.
Soprattutto con un chiarissimo progetto di finalità obbiettiva di ogni uomo, della creazione
e della storia stessa: essa coincide con la storia stessa della salvezza .
E’ segno di grande maturità e atteggiamento sapienziale interiore, base per ogni attività
del cristiano in servizio di diaconia sia sociale che politica che di etica pubblica, dedicare le
profondità dell’anima ad una continua comunione col Dio che ha creato il mondo e la storia
stessa che cerchiamo di servire.
Di servire molti illustri politici furono infatti persone dalla fiduciosa, continua profonda
preghiera. Il servizio del cristiano come diaconia nel “politico” si alimenta alla sorgente
della Grazia di Dio che crea e mantiene all’esistenza il mondo e la storia, ben sapendo
che l’oscurità che annebbia momenti decisionali incerti ed angoscianti trova luce serena
grazie all’azione dello Spirito Santo ottenuto nella preghiera.
DIACONIA DEL CRISTIANO NELL’ETICA PUBBLICA
La collettività sociale si organizza in forme di gestione che individuano tramite affinità di
tradizioni, cultura, linguaggio delle autonomie locali.
Esse sono lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni.
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Il desiderio di autonomia gestionale generato da affinità naturali e storiche si deve
equilibrare armoniosamente con i principi di sussidiarietà, mutua cooperazione ,
solidarietà, bene comune.
Le tentazioni analizzate sopra del nichilismo, della visione materialista dell’uomo e dei
rapporti sociali, della morte di Dio e della conseguente riduzione della persona a
macchina senza spirito ne’ dignità, spingono ad un individualismo sistematico, in cui torna
a campeggiare la sinistra “ teoria del Superuomo e della Super razza”.
La conseguenza è una frenetica, isterica corsa a tante manifestazioni di individualismo sia
personale, narcisista o comunque interessata ,oppure organizzato in formazioni gestionali
del Politico che creano una conflittualità permanente tra i principi fondamentali codificati
dell’ Etica Pubblica, già enunciati, che mirano al bene comune, alla sussidiarietà, alla
solidarietà ed alla realizzazione di un vero progetto di antropologia globale sia della
singola persona che dei rapporti pubblici sociali.
La diaconia del cristiano nell’Etica Pubblica mostra l’ampia panoramica di questo servizio,
espresso secondo una precisa e rispettosa visione dell’uomo e della sua dignità
metafisica.
Esso va dall’amministrazione della Giustizia dello Stato alla tutela, in qualità di ricercatori o
di Maestri del Diritto, del Patrimonio etico della morale naturale e del conseguente Diritto
Naturale presso le sedi Accademiche, Legislative o Giudiziarie.
Morale naturale e diritto naturale sono strettamente connessi nella formazione di un
patrimonio corretto di Etica Pubblica e di Diritto della collettività e dello Stato. Concezioni
distorte o addirittura ribaltate sulla natura dell’Uomo, della sua globalità valoriale e
metafisica, del suo Progetto e della sua storia, delle dimensioni di relazioni sociali che
valorizzino la vera natura antropologica, hanno conseguenze disastrose e creano un
conflitto di fondo a livello di ontologia e di epistemologia ontologica della realtà stessa .
Infatti il principio di realtà afferma che una verità non può essere il contrario di se stessa .
La natura non può essere il contrario di se stessa, perché sarebbe impossibile e significa
andare contro il principio di realtà. Le leggi di natura non sono opinabili , vere e false allo
stesso tempo. Ad esempio l’uomo non è donna, e la donna non può essere uomo. La
natura e l’esistenza precedono sul piano di realtà la percezione di sé , che può anche
essere falsata o deforme, ma che oggettivamente ammette una situazione “vera” e l’altra
situazione “falsa”.
Altro esempio è la generazione della vita, che avviene all’interno della coppia genitoriale
composta da un uomo e da una donna, che mettono in essere, secondo “natura”, tutta una
serie di atteggiamenti diversificati e complementari, di “padre” e di “madre”.
Ne consegue che la vita ed i figli nascono “secondo natura”, solo all’interno della coppia ,
costituita da un uomo e da una donna , unita in vincolo naturale stabile per porre in essere
sia “paternità” che “maternità”, necessarie ambedue in stessa identica misura per la
crescita e lo sviluppo evolutivo della personalità del figlio.
Natura vuole quindi che la persona umana non si generi per clonazione ma tramite
l’intervento del padre e della madre, ugualmente importante ed indispensabile.
Natura vuole che le leggi della fecondazione della donna fertile portino alla vita una nuova
“persona” definita, individua ed a sé stante, con caratteristiche irripetibili ed autonome.
Quindi e andare contro natura uccidere la vita di una persona, anche se in via di
formazione. Ancora e andare contro natura demolire la definizione ontologica naturale del
concetto di famiglia che pone l’assioma fondante della coppia stabile di uomo-donna, nel
cui seno si genera la vita e se ne sviluppa la persona .
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Il piano di realtà naturale prevede di conseguenza la stretta connessione dell’attività
genitale-sessuale all’interno della coppia genitoriale, il cui orientamento di fondo è la
generazione e la tutela della vita.
Il contrario esatto del piano di realtà naturale pretese di slegare l’attività sessuale genitale
dal dono della vita ritagliandola in uno schizofrenico quanto fantasioso mondo erotico
senza senso e demolitore, che privilegia ed assolutizza pulsioni ed istinti.
Il piano di realtà naturale, architettato come un sistema armonioso e perfetto, prevede
attenzione alla verità oggettiva .
Verità oggettiva che deve essere principio base ispiratore di ogni rapporto sia pubblico che
privato, sia nel campo sociale che politico che nella fondazione e gestione della giustizia.
Concussioni, vicende di interessi privati nell’amministrazione pubblica o della giustizia,
asservimento della giustizia ad ideologismi di parte, strumentalizzazione della magistratura
come mezzo di pressione o ritorsione politica amministrativa, abuso di potere finalizzato
ad avere altro potere, arbitrario e senza limiti ne ritegno, scandali pubblici, scadimento
della “soglia di coscienza collettiva” eventi di immoralità privata o pubblica che scardinano
la base ontologica del piano etico naturale sono riportati ed ingigantiti dalle cronache dei
maggiori mass media internazionali, senza il coraggio di aiutare la formazione di metri
obiettivi di riflessione e di etica pubblica.
Il cristiano nel servizio di diaconia nell’Etica Pubblica è chiamato urgentemente a
riproporre ai “liberi e forti“ della collettività a cui appartiene e che sta servendo come
Magistrato o come Accademico cultore del diritto o come Educatore, una vera
ricostruzione aderente al piano di realtà , alla fedeltà alla morale naturale che deriva la
sua impostazione da un grandioso e stupendo progetto basato su ordine ed armonia
infiniti. Soprattutto orientato ad un Progetto in cui la stessa fonte ontologica di ogni essere
è salvata, benedetta, appagata di gioia, in cui la storia dell’umanità rimane liberata da ogni
visione angosciante e pessimista da guerre stellari e diventa sperimentata continua
comunione con il Creatore che si è fatto chiamare “Padre”.
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BIOGRAFIA DI DON LUIGI STURZO:
IL FONDATORE DEL PARTITO POPOLARE ITALIANO
Luigi Sturzo nasce a Caltagirone
(Catania) il 26 novembre 1871, da
una famiglia dell'aristocrazia agraria.
La pubblicazione della Rerum
novarum (1891), prima enciclica
sulla condizione operaia, e lo scoppio
delle rivolte dei contadini e degli
operai delle zolfare siciliane, i
cosiddetti Fasci, spingono Sturzo a
orientare i suoi studi filosofici verso
l'impegno sociale.
A
Roma,
mentre
frequenta
l'Università Gregoriana, partecipa del
fervore culturale dei giovani cattolici,
attratti dalle tendenze neotomiste
della prima Democrazia Cristiana.
Il giovane Sturzo assume posizioni entusiastiche nei confronti di Leone XIII, il papa della Rerum
novarum. Allo stesso tempo si mostra assai critico rispetto allo Stato liberale, al suo centralismo,
alla sua pratica del trasformismo elettorale, all'assenza di una politica per il Mezzogiorno.
Nel 1895 Sturzo fonda il primo comitato parrocchiale e una sezione operaia nella parrocchia di S.
Giorgio; a Caltagirone dà vita alle prime casse rurali e cooperative. All'interno dell'Opera dei
Congressi, sostiene il non expedit, che però interpreta come fase di transizione all'impegno politico,
"preparazione nell'astensione". La lotta per le autonomie comunali è ritenuta da Sturzo scuola
ideale per la formazione politica.
Dopo la laurea conseguita alla Gregoriana nel 1898, Sturzo si dedica pienamente al lavoro politicoorganizzativo. Il sacerdote di Caltagirone tenta invano di introdurre nell'Opera una riflessione sui
problemi del Mezzogiorno, che aveva sempre più approfondito nell'esperienza diretta del mondo
contadino negli anni della crisi agraria.
"Pochi — scrive Gabriele De Rosa — ebbero, come Sturzo, la conoscenza specifica della struttura
agraria e artigianale siciliana e la sua capacità di analisi degli effetti negativi del processo di
espansione del capitalismo industriale sui fragili mercati del Sud e sulla piccola e media borghesi
agricola e artigiana locale, che si sfaldava sotto i colpi di una impossibile concorrenza. Tra le cause
della disgregazione dei vari ceti artigianali in Sicilia, Sturzo indicava la 'forte concorrenza delle
grandi fabbriche estere o nazionali di materie prime'; la lotta 'rovinosa' che si facevano gli artigiani
locali, la mancanza di capitali, l'indebitamento, l'impoverimento delle campagne dovuto alla crisi
agraria" (De Rosa 1982, p. 616). Sturzo insegna anche la filosofia di Rosmini, nonostante l'opera
principale del Roveretano, le Cinque piaghe della Chiesa, fosse messa all'indice. Nei primi anni del
secolo collabora al quotidiano cattolico palermitano "Il Sole del Mezzogiorno" distinguendosi tra i
meridionalisti più battaglieri, accanto a Salvemini e a Nitti.
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Le tesi di Sturzo sono a favore di un decentramento regionale amministrativo e finanziario e di una
federazione tra regioni; privilegiano inoltre la lotta sociale, ovvero l'organizzazione della resistenza
contadina e del credito agrario attraverso le casse rurali e le cooperative in vista della crescita di una
piccola e media proprietà agricola, a fianco della quale deve svilupparsi anche la piccola e media
industria. Il comune rappresenta, secondo Sturzo, la vera base della vita civile, libero dalle ingerenze
dello Stato, non ente burocratizzato con funzioni delegate, ma padrone e gestore delle proprie attività
economiche, a cominciare dai servizi pubblici, autentica espressione di governo amministrativo locale.
Nel 1902 i cattolici di Caltagirone, guidati da Sturzo, si presentano come partito di centro nelle
amministrazioni locali. Nel 1905 Sturzo è nominato consigliere provinciale; dal 1905 al 1920 ricopre
anche la carica di pro-sindaco.
Il discorso di Sturzo I problemi della vita nazionale dei cattolici, pronunciato a Caltagirone il 24
dicembre 1905, segna uno spartiacque tra la vecchia posizione dei cattolici papali militanti nell'Opera dei
Congressi, obbedienti alla norma del non expedit, e la nuova fase storica, che prelude alla formazione di
un partito laico, democratico e costituzionale di ispirazione cristiana. In questo discorso, Sturzo delinea
infatti le caratteristiche di un futuro partito dei cattolici, la cui fisionomia verrà precisata nell'appello A
tutti gli uomini liberi e forti e nel programma del Partito Popolare Italiano (PPI) del 1919: la piena
autonomia dall'autorità ecclesiastica e la rinuncia a fregiare il partito del titolo di cattolico, per porsi con
gli altri partiti sul comune terreno della vita civile. Nel 1915 Sturzo viene eletto vice presidente
dell'Associazione Nazionale dei Comuni italiani. Allo scoppio della prima guerra mondiale, Sturzo è
favorevole all'intervento dell'Italia. Alcuni mesi prima della fine della guerra, si appresta a fondare un
partito nazionale; nel novembre del 1918 raduna nella sede dell'Associazione Unione Romana un gruppo
di amici per gettare le basi del nuovo partito.
Il 18 gennaio 1919 viene diffuso l'appello A tutti gli uomini liberi e forti, con il quale nasce il Partito
Popolare Italiano. Nel primo Congresso (Bologna, 1919), Sturzo ribadisce il carattere laico e
aconfessionale del partito e precisa la sua concezione dello Stato, una concezione diversa da quella degli
altri movimenti politici italiani fra cui il fascismo; "siamo sorti — egli afferma - a combattere lo Stato
laico e lo Stato panteista del liberalismo e della democrazia; combattiamo anche lo Stato quale primo
etico e il concetto assoluto della nazione panteista o deificazione, che è lo stesso". Nel congresso del PPI
che si tiene a Venezia, Sturzo traccia le linee della riforma regionalista dello Stato.
Tra il primo ministero Mussolini e il Congresso di Torino (1923) si colloca il più importante discorso di
Sturzo sulla questione meridionale, pronunziato a Napoli il 18 gennaio 1923, in cui si sostiene che il
bacino del Mediterraneo è il naturale ambito di espansione dell'economia del Mezzogiorno. Dopo il
Congresso di Torino, Sturzo prende posizione contro la legge elettorale maggioritaria (legge Acerbo), il
che scatena la forte reazione dei fascisti che si concreta in una violenta campagna stampa contro di lui. Il
Segretario di Stato, cardinale Gasparri, lo invita a dimettersi dalla carica di segretario politico del PPI; il
gruppo parlamentare vota a favore della legge, contravvenendo al precedente deliberato di astensione.
Durante la campagna per le elezioni dell'aprile 1924, Sturzo lavora comunque attivamente, in qualità di
membro della Direzione del PPI; il partito, che si qualifica come il più forte per numero di suffragi, va
all'opposizione.
Dopo il delitto Matteotti, Sturzo sostiene la tesi di De Gasperi, segretario politico del PPI, sulla
possibilità di collaborazione con i socialisti. Gravemente minacciato nella vita dai fascisti, Sturzo viene
invitato dal cardinale Gasparri a lasciare l'Italia, e, il 25 ottobre 1924, parte alla volta di Londra. Il
soggiorno londinese si trasforma in esilio; il discorso del 30 marzo 1925 segna l'inizio di un nuova fase
politica, in cui si pone l'accento sulla salvaguardia dei princìpi più che sulle formule politiche. Il
fascismo è visto come l'aspetto "più grave" di un turbamento e di un conflitto fra reazione e democrazia
che coinvolge tutta l'Europa. Negli anni londinesi Sturzo conduce la sua battaglia antifascista sulle
pagine di "People and Freedom" e attraverso l'"Aube"; critica duramente la guerra decisa da Mussolini
contro l'Etiopia. Tornato in Italia nel 1946, Sturzo non entra a far parte della DC, pur mantenendo
rapporti, non sempre facili, con i suoi maggiori esponenti. Il 17 dicembre 1952 Sturzo viene nominato
senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, e aderisce al Gruppo misto del Senato.
Muore a Roma l'8 agosto 1959.
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